Le odi e i frammenti (Pindaro)/Frammenti/Frammenti varii
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FRAMMENTI VARII
I
Di molti frammenti non riesce possibile precisare, sia pure in linea congetturale, a che tipo di composizione appartennero. Questo non scema, naturalmente, né il loro valore intrinseco, né la loro importanza per l’intelligenza del poeta. S’intende che una isolata immagine sfolgorante o una profonda sentenza foggiata in forma perfetta possono illuminare sul genio d’un poeta assai piú d’un’integra ma stanca ed incolore composizione.
Anche per questi frammenti seguo la disposizione del Puech, omettendone alcuni — a cominciar dal primo — che tradotti non potrebbero presentare alcun interesse.
II
Il poeta musicista di cui qui si parla, è quel Senocrate di Locri (Magna Grecia) che Plutarco (De mus., IX) cita come uno dei principali rappresentanti della seconda epoca del lirismo, e che passa per inventore del modo locrio. Pindaro aveva anche frequenti contatti coi Locresi (Olimpia X e XI). Qui è notevole la vivace espressione dell’entusiasmo suscitato nel suo animo dalla trovata d’un altro poeta — in sostanza d’un rivale.
L’ARMONIA LOCRIA
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III
LA CANNA PEI FLAUTI
Scolii d’Ammonio al XXI dell’Iliade. Papiri d’Ossirinco, II, 22. Vi si parla della canna che serviva a fabbricare flauti.
Prima la fonte dall’ampia foce e le fluenti del fiume negro, |
IV
IL TEMPO
Plut. Quest. Plat., VIII.
Il tempo, signore possente |
V
LA NASCITA D’ATENA
Efestione, 61. Consbruch. Si parla, naturalmente, di Giove.
Che, percosso da pura bipenne, |
VI
NULLA DI TROPPO
Efestione, 161.
I saggi, a quella sentenza pure |
IX
LA FORTUNA
Aristide, II, 334.
Nelle gare non vince la forza, |
X
DARE RAGIONE A TUTTI
Ateneo, XII, 513 c. Dice che erano i consigli d’Anfiarao a suo figlio. È massima turpe, ma, bisogna pur convenirne, indispensabile a viver tranquilli.
Figlio, alla cute del mostro |
XI
APOLLO FONDA UN SUO TEMPIO
Strab., IX. 412.
E prese lo slancio e su le vedette |
XIV
IL CACCIATORE FEROCE
Scol. Nem., VII, 17. Forse parla Giove.
. . . . . Orïone |
XIX
ONNIPOTENZA DIVINA
Clem. Aless., Strom., V, 1708. Non è detto espressamente pindarico.
Dio può dalla tenebra |
XX
APOLOLO ISPIRA IL POETA
Efestione, p. 44.
Il duce delle Muse m’invita alla danza. |
XXII
I CANTI DEGLI ELLENI
Scol. vatic., Reso, 895. Questo brano, molto corrotto, è tuttavia interessante, perché ci fa vedere con quanta poesia un poeta greco sentisse quella che oggi si chiamerebbe storia della letteratura.
Canti vi sono ch’ogni stagione la terza, Iàlemo, |
XXIII
IDDIO
Clem. Aless., V. 726.
Iddio che cosa è? Il tutto?
XXIV
TUTTO PROVIENE DA DIO
Clem. Aless., Strom., V, 26.
Tutto il Nume concede ai mortali: |
XXV
CONDIZIONE DEI NUMI
Plut., De superstit. VI, p. 167.
E da vecchiezza, da morte immuni, sfuggono il tramite dell’Acheronte |
XXVIII
ATENA
Scol., T, II, 100.
Tu che alla destra del padre siedi, |
XXX
APOLLO
Ateneo, I, 22 B.
Apollo dall’ampia faretra, |
XXXV
BACCO
Plut., De Is. et Osir., p. 365.
Possa Bacco, datore di gioia, |
XXXVII
PAN
Paus., III, 25. 2.
Il folle di danze, l’estroso, |
XXXVIII
DIALOGO FRA OLIMPO E SILENO
Scol., Aristof., Nuv., 223.
O stolto mortale, che futili |
XLI
CHI MUORE GIACE
Stob., Floril., 126, 2.
Tradiscono i defunti anche gli amici.
XLIII
OTO ED EFIALTE
Cramer, Anecd. Oxon., I, 201, 14.
Gittata un’agile scala |
XLVI
I CENTAURI
Ateneo, 476 b. È la famosa lotta fra Lapiti e Centauri nelle nozze di Piritoo.
Poi che i Centauri sentirono |
XLVII
LA MORTE DI CENEO
Ateneo, XI, 476. Appartenne probabilmente alla medesima composizione del frammento precedente. Cenèo, capo
dei Lapiti, era invulnerabile; e i Centauri poterono averne ragione solo seppellendolo sotto tronchi d’abete.Colpito dai rami d’abete |
XLVIII
IL PASTO D’ERCOLE
Ateneo, X, 411, b. Parla il Lapita Coròno, nella cui casa s’era svolta la scena. Come si vede, il motivo comico d’Ercole mangione non era sdegnato neanche dalla poesia austera.
Due corpi di bove ancor caldi |
XLIX
L’USO DELLA MORALE
Platone, Gorgia, 484 b. È sentenza sulla quale ciascuno può esercitare la propria riflessione, senza bisogno di sussidii eruditi.
È d’ogni cosa sovrano l’uso,
per i mortali, per i Celesti:
ei tutto adduce con potentissima
mano, il sopruso sommo giustifica.
V’adduco a prova l’esempio d’Ercole.
Egli ai vestiboli
ciclopî addusse d’Euristio, i greggi
di Gerïone; né comperati
li aveva o chiesti.
LI
LA STRAGE DEI NELIDI
Porfirio, scol. B, II, X, 255. Si parla di Ercole, che uccise Neleo e i suoi dodici figli: rimase in vita solamente Nestore.
Dodici figli d’età fiorente |
LII
PELEO GIOVANE
Scol., Eurip., Androm., 796.
Per mille gesta rifulse ei mosse a conquidere il cingolo |
LIII
LE AMAZZONI
Strabone, XII, 544.
Esse reggevano il popolo |
LVII
IL CANTO È UN DIADEMA
Scol., Nem., VII. 116.
Per gli Amitaònidi appresto |
LVIII
IL SILENZIO È D' ORO
Clem. Aless., Strom., I, 345.
Non pronunciare parole C’è quando sono piú fide |
LIX
CHI SI LODA S’IMBRODA
Scol., Nem., VII, 89.
L’elogio che viene da casa |
LX
CECITÀ UMANA
Aristide, II, 238. Keil.
Ahimè, come s’inganna |
LXI
UN ALLEATO DEGLI ACHEI
Strab., IX, 431.
Fenice guidava dei Dòlopi maestri, che aiuto |
LXXI
PINDARO IN CULLA
Biografia ambrosiana di Pindaro, p. 218, ed. Drachmann.
La festa dei buoi |
LXXII
IL CANTO È UN MONUMENTO
Aristide, II, 159, Keil.
Ho pei miei cantici sacri
già non sia, renderà pei sentieri |
LXXIII
IL LEONE E LE VOLPI
Aristide, II, 159, Keil. Il quale dice che erano parole rivolte da Pindaro a un uditore poco attento. Ma Pindaro non improvvisava. Sarà una delle solite altere uscite contro i suoi subdoli nemici.
Dietro alle volpi temerarie |
LXXIV
UNA STATUA PER TEBE
Scol., Pit., IV, 25.
Tebe dal carro bello, dall’aurea |
LXXVI
SUME SUPERBIAM
Crisippo, Περὶ ὰποφατικῶν, 2. Non è detto esplicitamente che sia di Pindaro; ma l’accento è senza dubbio pindarico.
L’inclita Tebe in me |
LXXVII
UNA FONTE CELEBRE
Ateneo, II, 41, e.
L’acqua ambrosia, dolce come il miele, |
LXXVIII
LA VITA A SPARTA
Plut., Licurgo., 21.
Qui di vecchi savie assemblee, |
LXXIX
LE DONNE DI MENDE
Strab., XVII, 802. Forse la pratica ributtante aveva una base nel culto teriomorfo.
L’egizia Mendète, |
LXXXI
L’UVA ACERBA
Zenobio, III, 23. La cita a chiarimento d’un proverbio che diceva, su per giú: «Sciti e cavalli», e la cui sentenza doveva corrispondere alla morale della nostra favola della volpe e dell’uva.
Gli Sciti ipocriti |
LXXXIII
ALLA VERITÀ
Stob., Flor., XI. 18.
Verità, che di grandi virtudi |
LXXXV
LA FATALITÀ
Plut., Cons. ad Apol., VI.
L’abisso invincibile coi ceppi del màlleo |
LXXXVI
NON AVER FRETTA
Stob., Ecl., II, pag. 719, Wachsmuth.
Il frutto di saggezza cogliere non maturo.
LXXXVII
LA TRISTA GENTE
Plut., De cohib. ira, VII.
La gente ambizïosa, e di contese |
LXXXIX
INVIDIA E STUPIDITÀ
Plut., De inimic., Util., X.
Invidia e teste sceme |
XC
SCETTICISMO
Plat., Repub., II, 365 b. Veramente, la massima è piú degna di Simonide che di Pindaro.
Con la giustizia sopra fastigi |
XCI
SPES ULTIMA DEA
Plat., Rep., I, 33.
Speranza, la dolce |
XCII
PAESE CHE VAI USANZA CHE TROVI
Cramer, Anecd., Par., II, 154, 13.
D’usanze han gli uomini varia dovizia, |
XCV
NATURA NON FALLA
Plut., Quest. conv., VII, V, 3.
Nulla è biasimevole, |
XCVI
VARIETÀ DEI GUSTI
Sesto Empir., Hyp. Pyrr., p. 20, Bekker. Fa pensare alla famosa prima ode d’Orazio.
Seducono alcuni |
XCVII
ORO PERFEZIONE
Scol., Pit., IV, 407.
L’oro è di Giove prole: |
XCIX
LA PROTEZIONE DEI NUMI
Scol., II, XVII, 98.
Schivar tanto un Nume conviene, |
C
CHI HA FORTUNA NON HA CUORE
Scol., Olimp., II, 42.
Se la gioia a un mortale un Nume invia, |
CI
PRIMA CHARITAS AB EGO
Aristide, II, 238.
Nessuno il proprio mal cerca da sé.
CII
LAVORO E FAMA
Clem. Aless., Strom., IV, 586.
Dei giovani le cure trovan la fama; e l’opere col tempo |
CIII
MERITO E INTRIGHI
Plut., An seni, etc., I.
Spesso il cavillo nelle gare fa |
CIV
I VINTI
Scol. Olymp., VIII, 92.
Nel silenzio irretiti, |
CVII
ONNIPOTENZA DEL DESTINO
Plat., Marcello, XXIX.
Né fuoco, né muro di ferro |
CVIII
OMNIA IMMUNDA IMMUNDIS
Clem. Aless., Paed., III, 307.
Nulla di fido c’è per gl’infidi.
CIX
OGNI COSA AL SUO POSTO
Plut., De vita mor., p. 451.
Il cavallo sotto il cocchio, |
CXI-CXII
LE GREGGI DI CIRCE
Scol., Pit., II, 31.
Quivi addomesticate sono greggi |
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Erod., De fig. (Rhet. gr. III, 100, Spengel).
Gravi ruggiti mandano |