Le odi e i frammenti (Pindaro)/Frammenti/Encomii
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ENCOMII
Gli encomii erano canti di vittoria cantati per re e principi nei banchetti (ὲν κώμοις). Esistevano poi anche altri canti, che nei banchetti intonavano un dopo l’altro i convitati: i famosi scolii, di cui la tradizione ci ha conservato un discreto numero. Di Pindaro sono citati alcuni brani come appartenenti a scolii, altri ad encomii. Qui, seguendo il Puech, li riunisco tutti sotto il secondo titolo, che è l’unico dato dalla lista ambrosiana delle opere di Pindaro.
ENCOMIO I
Riferito dallo scoliaste della seconda Olimpica. Fu composto per Terone.
e, mossi di qui, nella rocca |
ENCOMIO II
Questo brao appartiene ad un encomio scritto per Alessandro Filelleno. I primi tre versi sono riportati dallo scoliaste alla Nemea VII di Pindaro; gli altri due da Dionigi d’Alicarnasso.
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ENCOMIO III
Il ricco Senofonte di Corinto, concorrendo ai giuochi olimpici, nel 466, aveva fatto voto che, se fosse riuscito vincitore, avrebbe offerto una schiera di cento ieròdule o cortigiane sacre. Esaudito, mantenne. E Pindaro, che aveva già scritto per lui l’epinicio (Olimpia XIII), compose anche l’encomio di accompagnamento per la turba delle fanciulle.
Il frammento è d’incomparabile vaghezza, e presenta speciale interesse, perché ci presenta un Pindaro insolito, lontano da ogni gravità e da ogni solennità. Ed egli stesso, con molto spirito, si chiede che cosa diranno i Corinzi nel vedere questo suo nuovo atteggiamento.
PER SENOFONTE DI CORINTO
che cosa dell’Istmo
nel bosco tuo sacro |
ENCOMIO IV
Le circostanze di fatto in cui fu composto l’encomio per il giovinetto Teòsseno di Tènedo, figlio di Agèsila, difficilmente si potranno identificare con sicurezza (vedi il mio «Pindaro», pag. 170 seg.). Fortunatamente, questa ignoranza non ci vieta di apprezzare in tutta la sua bellezza, in tutta la sua pienezza di passione, il bellissimo brano che ce ne ha conservato Ateneo (XIII, 564). La leggenda narrava che Pindaro, sul punto di morire, nel teatro d’Argo, reclinò la vecchia fronte sull’omero del giovinetto bellissimo.
PER TEOSSENO DI TENEDO
e tutto di brama non èstua, |
ENCOMIO V
L’encomio a cui appartennero questi frammenti, fu composto per il Trasibulo, figlio di Senòcrate, e nipote di Terone d’Agrigento, al quale sono anche dedicate la VI pitica e la II istmica. Il tòno, piuttosto giocoso, fa credere che appartenesse al periodo in cui le tenebre non si erano ancora addensate sulle case degli Emmenidi: dunque, piú presso al tempo della Pitia VI. Non è certo, ma neanche si potrebbe escludere, che al medesimo encomio appartenesse anche il framm. VII.
A TRASIBULO
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VI
Anche dopo mangiato a sazietà, |
VII
È riferito da Ateneo (XIV, 635 b), a proposito della mágadis, antico strumento a corde. Piú che d’uno strumento, io credo si parli d’una costituzione modale, foggiata da Terpandro sull’esempio della musica lidia.
PER GERONE DI SIRACUSA
della vita: la cosa piú bella |
VIII
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IX
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