Le odi e i frammenti (Pindaro)/Frammenti/Iporchemi

Iporchemi

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Pindaro - Le odi e i frammenti (518 a.C. / 438 a.C.)
Traduzione di Ettore Romagnoli (1927)
Iporchemi
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IPORCHEMI

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Gl’iporchemi erano canzoni a ballo. Naturalmente, non si deve intendere che danzassero quelli stessi che cantavano: i danzatori erano altri; e il coro compieva, in certo modo, l’ufficio della nostra orchestra.

Da quando il piú bello dei frammenti pindarici, che credevamo appartenesse ad un iporchema, è passato ad arricchire il bagaglio dei peani, ci troviamo in povere condizioni; e non ci riesce di vedere se questi iporchemi pindarici avessero un carattere speciale che li distinguesse fra le altre composizioni liriche.

I

Fu composto per Ierone di Siracusa, ed è famoso per la storiella narrata dallo scoliaste agli «Uccelli» d’Aristofane, che ne riporta il principio. Negli «Uccelli», dunque, un poeta famelico e pitocco, dopo aver ricevuto in dono un camiciotto, declama i versi di Pindaro, per chiedere, con la sentenza che egli presume in essi nascosta, la giunta d’un gabbano. E lo scoliaste afferma che analogamente Pindaro, avendo ottenute da Ierone delle mule, chiedeva anche il carro a cui poterle aggiogare. Al medesimo iporchema appartenne anche, probabilmente, il frammento che segue, riferito da Ateneo. [p. 264 modifica]


A IERONE DI SIRACUSA


Ciò ch’io ti dico intendi,
o padre che il nome dai riti
sacri derivi, ch’Etna fondavi.
Dalla tribú ramingo
va errando, fra i nomadi Sciti,
chi non possiede una casa
costrutta su carri.
Privo di tale onore moveva....

· · · · · · · · · · ·

Dal Taigèto allevare
conviene la cagna lacona
contro le fiere, sagace fra tutte alla caccia:
la capra di Sciro
eccelle fra tutte,
per mungere il latte:
l’armi d’Argo, il carro di Tebe;
ma nella Sicilia di pomi opulenta
si cerchino i cocchi di lusso.


III

Il frammento che segue è riportato da Stobeo. Il quale attribuisce agli iporchemi anche l’altro brano, riportato da Polibio, per dimostrare che Pindaro partecipò la persofilia dei Tebani. Certo, i due brani sono intonati a un forte spirito di pacifismo. Per l’onore di Pindaro, si vorrebbe credere che non li avesse scritti in momento di tanto lutto per la sua patria. [p. 265 modifica]


LA GUERRA E LA PACE


Agl’inesperti, soave
sembra la guerra; ma quelli
che l’hanno provata,
tremare si sentono il cuore
quand’ella s’appressa.

· · · · · · · · · · ·
E sia chi, la calma

tornata fra i suoi cittadini,
rechi la fulgida luce
di Tranquillità,
dai cuor l’odïosa Discordia
bandendo, l’infesta
nutrice di pargoli,
che arreca miseria.


IV

È riportato nella prima lettera dello Pseudo-Socrate.


In tutte le cose, se un Nume
insegna il principio,
diretta è la strada
per coglier virtudi,
piú certa è la fine.


VI

È riferito da Erodiano, nel suo Glossario d’Ippocrate. Vi si parla d’Ercole. [p. 266 modifica]


Le temperò, le abbeverò di sangue;
e molte ferite,
vibrando l’aspra sua clava,
apriva; ed infine, levandolo
alto, squarciò del guerriero
i fianchi gagliardi; e il midollo
schiacciato fu dentro nell’ossa.


VII

È riferito da Ateneo.


Una schiera lacona di vergini.