Le Coefore/Lamentazione funebre
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LAMENTAZIONE FUNEBRE
CORIFEA
Somme Parche, deh!, fate che l’esito,
col soccorso di Giove, pervenga
alla mèta cui segna Giustizia.
Reclamando Giustizia i suoi debiti,
335alto grida: «All’ingiuria nemica
sia compenso l’ingiuria nemica:
alla piaga mortale, riscatto
sia la piaga mortale. Chi offese
patisca! È antichissimo detto! ».
ORESTE
Strofe scenica I
340O padre, o padre misero,
quale opra mai, qual detto
mi basterà, per giungere
da sí remoti lidi
al tuo funereo letto?
345Opposti sono e tènebre1
e luce. Eppure, cantici
lieti i funerei gridi
furono ai prischi Atridi.
CORIFEA
Strofe corale I
Figlio, la fauce rabida
350della fiamma, non prostra
l’anima: anche dal tumulo
essa il corruccio mostra!
Leva il morto una querela,
e il delitto mal si cela;
355e dei padri e dei parenti
che riposo ancor non trovano,
alti e giusti ammoniscono i lamenti!
ELETTRA
Antistrofe scenica I
O padre, anche ti giungano
le mie flebili doglie!
360Levan due figli a gemerti
il canto sepolcrale.
La tomba tua ci accoglie
supplici entrambi e profughi.
Donde non giunge un male?
365Dove rifulge un bene?
E mille, ahi!, son le pene!
CORIFEA
Ma potrebbe il fatidico Nume
da queste sciagure
suscitare più lieti clamori,
370ed invece dei lugubri canti,
il peana guidare l’amico
che ritorna alla casa del Re!
ORESTE
Strofe scenica II
O padre!, oh, se di lancia,
sotto le mura d’Ilio,
375t’avesse data morte
alcun dei Licî! Gloria
lasciata alla tua casa,
d’invidïata sorte
schiuso ai tuoi figli il tramite,
380in terre oltremarine
tu avresti eccelso tumulo,
e la tua casa gloria senza fine.
CORIFEA
Antistrofe corale I
Caro agli amici ch’ebbero
fulgida morte in guerra,
385e d’onor segno, e principe
illustre anche sotterra.
E ministro a quei possenti2
che laggiú reggon le genti;
poi che in vita ei fu sovrano,
390e lo scettro, che concessero
a lui le Parche, mite era in sua mano.
ELETTRA
Antistrofe scenica II
Non sotto i valli d’Ilio,
dello Scamandro ai margini,
accanto all’altre fosse
395di quei che in pugna caddero,
o padre, avesti il tumulo!
Deh, chi ti uccise fosse
morto, da un colpo simile
trafitto! E d’ogni male
400scevro, tu avessi il termine
visto di loro fine esizïale!
CORIFEA
Piú che l’oro, fanciullo, rifulgono.
i tuoi voti, la sorte che t’auguri
vale piú che la sorte iperborea.
405Sono agevoli i voti! Ma duplice
suona il fischiò di questo flagello!
Chi poteva recarci soccorso
è sotterra; e le mani sono empie
dei signori odiosi che imperano:
410e più crude sui figli imperversano.
ORESTE
Strofe scenica III
Giunge all’orecchio il mònito
aguzzo a mo’ di strale.
O Giove, o Giove, tu mandi dagl’Inferi,
sia pur tarda, la pena,
415su l’audace mortale,
sopra la man malefica;
né su gl’iniqui genitor’ si frena.
CORIFEA
Strofe corale II
Deh!, perché l’inno lugubre
levare ancor non posso
420sul tiranno percosso,
sopra la donna spenta?
Perché celo l’immagine
che ondeggia al mio pensiero?
Sul mio viso l’imprenta
425segnan l’odio, la furia,
del cuore il cruccio fiero.
ELETTRA
Antistrofe scenica III
Deh!, Giove potentissimo
su la fronte dell’empio
quando la mano aggraverai? Visibili
430fa’ che ne siano i segni,
e del nefando scempio
sia giustizia! Ascoltatemi,
Erinni, voi, dai tenebrosi regni!
CORIFEA
È destino che stille cruente
435sovra il suolo cadute dimandino
nuova strage. L’Erinni a gran voce
scempî chiedono, e stragi che adducano
nuove stragi, a vendetta degli avi.
ORESTE
Strofe scenica IV
Or dove, dove siete, degl’Inferi
440regine? Dive di morte, a questi
d’Atreo mirate miseri resti,
che privi d’ogni soccorso vivono,
dalle lor case banditi. Dove,
dove possiamo volgerci, o Giove?
CORIFEA
Antistrofe corale II
445Il cuor dentro mi palpita
a udir questi lamenti;
al suon di questi accenti,
priva d’ogni speranza
spesso rimango, e l’anima
450cupa tenebra fascia;
poi, súbita baldanza,
all’apparir d’un raggio,
lontana tien l’ambascia.
ELETTRA
Antistrofe scenica IV
Che posso io dire, che affretti l’esito
455della mia brama? Forse i tormenti
che patir debbo dai miei parenti?
Nulla a blandirli vale: implacabile
contro mia madre, come di crudo
lupo, furore, nel seno io chiudo.
IIa PARTE
CORIFEA
Strofe I
460Ario gemito io levo3, a mo’ di prèfica
cissia: le chiome lacero:
su le mie membra le mie mani avventano
dure percosse e fitte,
dall’alto spinte e da lontano: strepito
465levano i colpi su le fronti afflitte.
ELETTRA
Ahimè, ahi! temeraria,
ahi!, trista madre, con esequie tristi,
il re senza il suo popolo,
senza i funerei gemiti
470lo sposo tuo tu seppellire ardisti!
ORESTE
Antistrofe I.
Ahi!, di qual vituperio
tu mi favelli! Ma scontar l’obbrobrio
dovrà, mercè dei Superi,
mercè delle mie mani!
475Poi muoia anch’io, se i colpi non fûr vani!
CORIFEA
Strofe II.
Lo fece a brani, sappilo,
con questo onore lo condusse al tumulo:
volle d’ogni miseria
segnare in te l’impronta.
480Del padre udita hai la sciagura e l’onta!
ELETTRA
Antistrofe II.
Questa la sorte fu del padre. Io, misera,
senza onor, senza pregio.
dai tetti esclusa, a mo’ di cagna rabida,
lacrime, anzi che riso
485conobbi, in cuor celando il pianto flebile.
Or tutto ascolta, e in cuore abbilo inciso!
CORIFEA
Per l’orecchio ti pènetri
negli anfratti del cuor questo lamento.
Tanto avvenne. Desidera
490altre novelle il padre, or. Con indomita
furia convien discendere al cimento.
ORESTE
Strofe III
A chi t’ama, ritoma, o padre, accanto!
ELETTRA
Anch’io, padre, t’invoco, e verso pianto!
CORIFEA
E grida tutta questa schiera: «Ascoltaci,
495ritorna a questa luce:
combatti, e siine duce».
ORESTE
Antistrofe III
Forza s’oppone a forza, e dritto a dritto.
ELETTRA
Giustizia, o Dei, trionfi nel conflitto!
CORIFEA
Odo le preci, e in me serpeggia un brivido.
500Da tempo attende il fato:
giunga adesso invocato!
ORESTE, ELETTRA e CORIFEA
Strofe IV
Ahi!, pene consanguinee!
Orribili, cruenti
colpi dell’ira vindice!
505Ahi!, gravosi tormenti
lagrimosi! Ahi!, rancura
ch’eternamente dura!
Antistrofe IV
V’è nella casa un farmaco;
né mano lo prepara
510estrania, anzi domestica:
tale è la cruda gara
del sangue: cosí gl’inni
suonano dell’Erinni!
CORIFEA
Udite, o Dei, dalla profonda terra,
515questa preghiera, e ai figli aiuto e grazia,
concedete, e che vinta abbian la guerra!
ORESTE
Padre, che qui cadesti, e non da re,
dei lari tuoi fa che signore io sia!
ELETTRA
Simile prece esaudisci a me,
520padre: ch’io scampi, e morte a Egisto dia!
ORESTE
E sante epule avrai. Ché s’altro pensi,
andrai privo d’onor, mentre banchettano
gli altri defunti, tra flagrar d’incensi!
ELETTRA
Dai patrî lari anch’io, dal mio retaggio,
520le nuzïali offerte a te vo’ porgere,
alla tua fossa il mio primiero omaggio.
ORESTE
Terra, a veder la pugna il padre rendici!
ELETTRA
Concedi il bel trionfo a me, Persèfone!
ORESTE
Ricorda il bagno in cui, padre, t’uccisero!
ELETTRA
525Ricorda i lacci in cui t’avvilupparono!
ORESTE
Non di ferree catene essi t’avvinsero!
ELETTRA
Ma nelle reti de la turpe insidia!
ORESTE
Queste ingiurie pativi: e non ti desti?
ELETTRA
Alta non levi la diletta fronte?
ORESTE
530Manda Giustizia accanto ai fidi tuoi,
a darci in mano l’armi onde ti uccisero
se, già sconfitto, vincere or tu vuoi!
ELETTRA
Ascolta, o padre, questo ultimo grido:
mira prostrati al tumulo, e commisera
535il maschio e il femminil germe del nido.
ORESTE
Né mai si sperda il seme dei Pelòpidi:
cosí, pur morto, morto non sei tutto.
ELETTRA
No: ché dei padri il nome i figli serbano,
alto lo tengon, come rete i sugheri,
540salvando i fili dal profondo flutto.
ORESTE
Odi: son questi lagni a te diretti:
la tua salute, se li ascolti, affretti.
CORIFEA
Chi biasimar potria questa preghiera
levata a onor de l’incompianta fossa?
545Ma or, poi che ad oprare hai volta l’anima,
sperimenta la sorte e la tua possa!
ORESTE
Lo farò. Ma non è fuor di proposito
chieder perché, da che ragioni spinta,
mandò questi libami, e cosí tardi
550volle espiare un lutto immedicabile!
A un insensibil morto mandò queste
miserevoli offerte: or che ne attende?
Troppo è minore dell’offesa il dono!
Tutti i libami della terra versa
555pel sangue d’un sol uomo, e invan t’affanni:
è detto antico. — Or se tu sai, favellami.
CORIFEA
Lo so, figliuolo, ero presente. Un sogno
spinse, con l’ansia del notturno orrore,
l’empia femmina a offrir questi libami.
ORESTE
560Conosci il sogno? Non sapresti dirmelo?
CORIFEA
Le parve, disse, generare un serpe!
ORESTE
E qual fine il racconto ebbe, qual esito?
CORIFEA
Lo ponea nelle fasce, a mo’ d’un parvolo.
ORESTE
Qual cibo diede al mostro pur mo’ nato?
CORIFEA
565Sognò che gli porgea le proprie mamme.
ORESTE
Né il sen feriva l’odïosa fiera?
CORIFEA
Certo! E col latte sangue a grumi bevve!
ORESTE
Non andrà sperso vanamente il sogno.
CORIFEA
Sbigottita dal sonno, ella gridò.
570E per la reggia, al grido, molte lampade,
sopite già nell’alta notte, brillano.
Ed ella manda i funebri libami
sperando ch’essi le sue pene tronchino.
ORESTE
A questa terra e al tumulo del padre
575chiedo ch’esito il sogno abbia per me:
e ben mi sembra ch’esso a me s’attagli.
Ché se quel serpe, dallo stesso grembo
ond’io son nato, uscí, se nelle fasce
mie fu ravvolto, e sugge’ la mammella
580che me nutriva, ed un grumo di sangue
mischiò nel latte, ed essa nel terrore
per lo strazio geme’; conviene adesso
che, come un mostro orrendo ella nutrì,
morte abbia dura: e, come il sogno dice,
585io, fatto serpe, morte le darò.
CORIFEA
E cosí sia! Non io cerco altro interprete
del sogno! Il resto ai fidi tuoi chiarisci:
dove non fare, e dove far conviene.
ORESTE
Sarà breve discorso. Elettra in casa
590rientri, e voi tacete i miei disegni,
sicché quei due che con la frode uccisero
l’uomo onorato, per la frode muoiano,
presi nel laccio istesso. E cosí pure
predisse Febo, il Nume ambiguo; e mai
595per l’innanzi non fu falso profeta.
Dunque, in arnese da viaggio, e simile
a stranïero, sosterò con Pilade
presso la porta della reggia: entrambi
parleremo la lingua del Parnasso,
600l’accento imiteremo della Fòcide.
Niun dei custodi ci farà buon viso,
poi che la reggia è asilo ai mali spiriti.
Rimarremo cosí, fin che, qualcuno
giunga presso la reggia, e qui ci scorga,
605e dica: « Egisto sa che giunto è un ospite,
e lo respinge dalle porte? Come?».
Or, se le soglia della porta io varco,
e sul trono di mio padre lo colgo,
o se, venendo contro me, mi volge
610una parola, o gli occhi su me gitta,
prima che dica: — Donde, ospite, giungi? —
lo colpirò con la veloce spada,
morto lo stenderò. Berrà l’Erinni
da questa terra rossa, un pretto sangue,
615la sua sete di sangue estinguerà!
Ad Elettra.
Or nella casa veglia tu, ché tutto
all’esito concorra. E voi, sappiate
con opportuno labbro, ora tacere,
or favellare, al punto giusto. Il resto
620lo rimetto ad Apollo. Egli m’assista
che m’indusse alla lotta e allo sterminio.
Elettra si allontana a destra, verso la reggia. Oreste e Pilade escono da sinistra. Le ancelle dalla tomba di Agamènnone scendono in orchestra, e circondano l’ara di Diòniso.
- ↑ [p. 275 modifica]Credo che il pensiero sia questo. Cantici lieti e funerei gridi sono opposti fra loro come la tenebra e la luce. Eppure gli Atridi ebbero gridi funerei in circostanze che avrebbero richiesto clamori gioiosi.
- ↑ [p. 275 modifica]Quei possenti sono Ade e Persefone. Agamènnone, re potentissimo su la terra, sarebbe stato loro ministro. Il luogo si presta a varie riflessioni, che però riguardano strettamente la storia della religione.
- ↑ [p. 275 modifica]Ario, dice lo scoliaste, è sinonimo di persiano: i Cissî erano una tribú della Susiana. L’uso della lamentazione funebre, con alti gemiti, lacerazione di vesti, e picchiar di petti e di fronti, era, o almeno era creduto, d’origine asiatica. Non m’associo all’intendimento comune che qui si abbia una rievocazione del seppellimento d’Agamènnone: allora non ebbero luogo onori funebri (ved. Pag. 154, v. 4). Qui il coro illustra con le parole azioni che compie simultaneamente.