Capitolo XXIII

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XXII
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XXIII.

Otto giorni trascorsero. Mai luna di miele fu più ardente e completa di quella di Maria e di Pietro.

Zio Nicola e zia Luisa se ne andavano quasi tutti i giorni in campagna, dalla mattina alla sera, per lasciare in libertà i due giovani sposi.

Maggio morente, con tutte le sue dolcezze ed i suoi ardori, completava l’idillio: i due sposi si abbandonavano senza freno alla loro passione selvaggia, e si amavano come dovevano amarsi le coppie primitive, nelle foreste giovani del mondo appena abitato.

Una volta Maria ebbe persino paura di Pietro, perchè egli la guardava con uno sguardo quasi feroce, con gli occhi verdognoli, iridati e misteriosi; ma quella paura del maschio, del predatore violento, la illanguidiva, accresceva in lei il piacere della dedizione. Le pareva d’esser portata via da un vento, da un turbine di voluttà: e diventava anche lei selvaggia, perdeva facilmente la leggera scorza di civiltà che l’avvolgeva in tempi ordinari; [p. 306 modifica]ritornava ad esser la ninfa ignuda che aspettava il fauno tra l’erba a cui era ignota la falce.

Egli arrivava: un velo cadeva intorno a loro, spariva il mondo, la casa, il passato e l’avvenire. Qualche volta Pietro si mostrava inquieto, melanconico, specialmente se, rientrando, non trovava subito Maria pronta a sorridergli ed a guardarlo con passione. La cercava, la chiamava, le domandava se aveva veduto qualcuno durante la sua assenza. Ella cominciava a credere ch’egli fosse geloso. Ma per lo più egli si mostrava tenero, dolce, quasi rispettoso: pareva non avesse dimenticato la sua antica condizione di servo. Ed a lei piaceva anche così: le sembrava di rivivere in tempi lontani, quando Pietro non osava dimostrarle tutta la sua passione.

Ma dopo una settimana di ubbriacatura violenta ella cominciò a sentirsi stanca; la nebbia ardente che la circondava cominciò a diradarsi.

Un giorno ella se ne stava seduta presso la porta di cucina, all’ombra della casa, e trapuntava una camicia di Pietro. Era sola. Zio Nicola e zia Luisa erano andati alla vigna; Pietro sollecitava gli ultimi lavori della sua casetta.

Nel cortile pulito e inaffiato regnava la solita pace; si sentiva un grato calore primaverile, un odor di garofani e di basilico, un incessante garrire di rondini innamorate. Maria cuciva e pensava. [p. 307 modifica]

Sentiva un lieve peso alla testa, ma i suoi pensieri erano meno torbidi e il suo respiro meno ansante del solito; ella ricominciava a curarsi dei suoi affari, rivedeva le cose intorno, ripensava alle chiacchiere delle sue vicine.

Era come convalescente, ancora un po' languida e spossata, ma già libera dalla febbre che l’aveva resa per tanti giorni incosciente.

— Sì, — pensava, — mia madre è già pentita del suo proposito di mandarci via, ma oramai Pietro è deciso. Sì, bisogna cambiar casa, almeno per un po’ di tempo. Dopo sono certa che ritorneremo qui. Pietro non rassomiglia al beato; se stiamo qui ancora un po’, egli finirà col questionare con mia madre... Anche ieri sera, come egli si è offeso perchè mama disse, veramente con poca delicatezza: «Se avrete un bambino lo chiameremo Francesco!». Sì, egli è ancora geloso del morto. Ah, cosa succede in cucina?

S’alzò e andò a vedere. Era il gatto che aveva fatto cadere un coperchio: ella rimise tutto a posto, rincorse il gatto che attraversò di corsa il cortile, poi sedette nuovamente e guardò fin dove arrivava l’ombra della casa, per indovinare l’ora.

- Son le dieci: Pietro rientrerà forse a mezzogiorno.

Le pareva di vederlo: egli spingeva il portone, entrava e se non la scorgeva subito la chiamava. Ella gli andava incontro: si guardavano smarriti, come due amanti al primo momento d’un convegno, e si baciavano perdutamente. [p. 308 modifica]

Per qualche minuto, al solo ricordo dello sposo, Maria ricadde in quella specie di ossessione amorosa che da tanti giorni la turbava: un nodo le strinse la gola, il suo respiro si fece ansante; ella si rimise a cucire, ma l’ago le tremava fra le dita.

Da questo sogno la scosse un forte colpo picchiato al portone.

Ella mise per terra la camicia, ed andò ad aprire.

Era il portalettere, un omone rosso dai grandi baffi gialli, che guardò Maria da capo a piedi, quasi per assicurarsi che era lei. E quando se ne fu assicurato trasse lentamente dalla borsa una lettera con cinque grossi sigilli, sui quali si notava l’impronta d’un bottone a filigrana.

— Una raccomandata per la signora Maria Noina vedova Rosana, — egli disse, leggendo l’indirizzo. — Viene dall’Algeria.

— Dia, — pregò Maria, porgendo la mano e pensando a Sabina che si trovava ancora laggiù.

— Firmi qui, — disse l’altro, porgendole uno scartafaccio. — Ecco qui.

Ella dovette salire nella sua camera, firmò, guardò una firma che seguiva la sua e si domandò:

— Che vorrà da me Sabina? Dei soldi, forse? Ella non sa ancora che mi sono sposata?

Ridiscese, richiuse il portone e aprì subito la lettera. Era senza firma, ma ella riconobbe la calligrafia di Sabina. D’altronde la lettera cominciava così:

«Cara Maria, tu sai chi io sono: non mi firmo per prudenza, ma tu sai che io sono una persona [p. 309 modifica]che ti vuol bene. Solo oggi, da una persona che arriva da Nuoro, ho saputo del tuo prossimo matrimonio; voglio pregare Iddio che la mia lettera non ti arrivi troppo tardi. Sarebbe un’orribile sventura per te, ed io scrivo questa lettera solo per salvarli da questa sventura. Senti, Maria, non sposare Pietro Benu: è lui che ha ucciso Francesco Rosana. Prima, egli e un suo complice, che è Zuanne Antine, hanno ucciso Zizzu Croca, poi col coltello di questo hanno ucciso Francesco. Il cadavere di Turulia fu nascosto fra le roccie della tua tanca dello Spirito Santo, in un nascondiglio che solo i pastori conoscono. C’è ancora lo scheletro, e tu potrai assicurarti ch’io dico la verità facendo ricercare i miseri avanzi di Turulia. I pastori dei dintorni, Antonio Pera, zio Andria ed altri, conoscono il segreto: essi videro i due assassini, che sono pure due ladri, perchè tutte le vacche scomparse in quel lembo dagli ovili nuoresi furono rubate da loro. Così cominciò la fortuna di Pietro Benu, e solo per questo fatto, anche se non esistessero le prove del suo orribile delitto, egli non è degno di sposarti. I pastori tacquero per paura, per viltà: anch’io avevo fatto voto di tacere se tu non ti decidevi a sposare il tuo antico servo.

«Prego Maria Santissima che questa lettera ti arrivi a tempo: fa quello che credi, ma sii prudente, perchè Pietro sarebbe capace di ucciderti se si accorgesse che sai». [p. 310 modifica]

Senza avvedersene Maria attraversò il cortile e si lasciò cadere sulla seggiolina dove poco prima stava seduta. Il suo viso si fece livido, si contrasse; le sue mani e la sua testa tremarono. Per qualche tempo ella rimase così, come sopraffatta da una leggera convulsione e da una completa incoscienza, poi sollevò il capo e si guardò attorno meravigliata. In quei momenti d’incoscienza la sua anima s’era come assentata da lei e aveva fatto un viaggio misterioso: era stata in un paese ignoto, dove aveva veduto cose terribili e grandi, e ritornava mutata e vedeva intorno a sè ogni cosa mutata e ne provava terrore.

Solo dopo qualche istante, pure sentendo la verità terribile e come stringendola nel pugno con quella lettera che era più inesorabile d’una sentenza di morte, Maria cominciò a dubitare. E nel suo smarrimento, dimenticandosi di sè stessa e delle sue forze già messe alla prova, ella sentì un istintivo bisogno di protezione, di sollievo, e desiderò il ritorno di Pietro.

— S’egli venisse subito! — pensò, guardando la lettera. — Gliela farei leggere e... tutto sarebbe finito. È una vendetta di Sabina, questa. Sì, ella lo amava, un tempo, ed anche lui le voleva bene... Allora...

In un attimo ella ricordò tutto il suo triste romanzo, cominciato come un idillio e finito in tragedia. Ricordò tutto. Rivide Pietro che attaccava [p. 311 modifica]il suo cappotto alla parete di cucina, dietro l’angolo della porta... Era una giornata fosca e triste... Ella gli aveva versato da bere e lo aveva guardato con diffidenza, poichè egli godeva cattiva fama, sebbene nulla giustificasse allora questa calunnia.

Poi i giorni erano passati, così, come passano le nuvole nell’aria, senza lasciar traccia... Che aveva ella fatto durante quel tempo? Aveva sognato: era bella e beffarda, lo ricordava, sì, ed era superba come una figlia di re.

Perchè era poi caduta tanto in basso? Aveva ascoltato il suo servo, ed a poco a poco s’era abbandonata a lui come l’ultima delle donne. Egli era buono, allora; ella lo aveva creduto docile e mite come un bambino e ne aveva fatto od aveva creduto farne un suo trastullo... Ma ora ricordava le parole e le promesse di lui, in quel tempo.

— Io diventerò ricco, io sarò fortunato... per te... Farò l’impossibile...

Ah, fin d’allora egli doveva essere un ladro o pensava di diventarlo. E lei, cieca, non vedeva; sorda, non udiva: sentiva solo il sapore dei baci di lui, e non si accorgeva che questi baci le avvelenavano la vita.

Eppure, se egli tornasse! Se egli tornasse e con uno di quei suoi baci selvaggi le facesse dimenticare quest’ora di spaventoso tormento!

— Come, io dubito di lui? — grida una voce dal profondo dell’anima sgomentata. [p. 312 modifica]

E una voce più forte e più profonda risponde:

— Tu non dubiti: sei certa! La verità è nel tuo cuore.

Di secondo in secondo la lotta si fece più aspra. Per la prima volta Maria considerò le cose passate con intensità di pensiero, e le parve che un velo cadesse dai suoi occhi. Ricordò l’inquietudine di Pietro, ogni volta che egli rientrava in casa e non la trovava pronta a sorridergli. Particolari minimi le ritornarono al pensiero: ricordò la figura dell’amico di Pietro, di quel Zuanne Antine arricchitosi anch’egli misteriosamente: e la testimonianza di lui, l’accusa contro il servo scomparso, le parve una rivelazione.

— Egli è il suo complice, — pensò, — non c’è dubbio...

Non c’è dubbio! Sì, ad un tratto le parve di non dubitare più. Quasi timidamente spiegò ancora la lettera e la rilesse. Ogni parola la feriva come un pugnale.

Quando ebbe riletta l’ultima frase trasalì, colta da un nuovo sentimento. Ebbe paura del ritorno di Pietro. Egli era capace di un nuovo delitto per coprire gli altri.

Allora Maria nascose la lettera nel seno e guardò con una specie di terrore la linea scura dell’ombra che si accorciava, avvicinandosele ai piedi. L’ora [p. 313 modifica]passava, correva col sole: quella linea d’ombra lentamente mobile aveva qualche cosa di vivo, era un nemico che s’avanzava...

E una domanda echeggiò finalmente nell’anima della disgraziata:

— Che fare? Che fare?

Fra poco egli sarebbe rientrato. Maria lo vedeva, come l’aveva veduto pochi momenti prima nel suo sogno amoroso: egli la chiamava, s’avvicinava, si gettava su lei, e il suo abbraccio la soffocava... Ecco, egli aveva perduto la sua spoglia di amante: appariva nel suo vero aspetto d’omicida e di ladro...

Che fare? Che fare?

Di nuovo Maria diventò incosciente. S’alzò, pensò di fuggire, di correre alla vigna per domandare protezione a suo padre; s’avanzò fino al portone, ma la stessa frase della lettera, che aveva destato il suo delirio di paura, le ritornò in mente e la calmò. «Maria, sii prudente».

Chiuse il portone con la spranga e si aggirò intorno al cortile come una belva assediata nel suo covo dal cacciatore inesorabile.

Che fare? Che fare?

I ricordi la riassalirono con violenza, sovrapponendosi, mischiandosi ai suoi terrori, alla sua angoscia, alla sua speranza, e rendendo più torbido il caos della sua mente.

Ella rivedeva la figura di Pietro, nel crepuscolo lunare, in fondo al sentiero della tanca; ricordava tutti i particolari della morte di Francesco, tutti gli avvenimenti dei suoi lunghi anni di vedovanza; [p. 314 modifica]i dubbî che l’avevano tormentala dopo la tragedia; il giuramento di Pietro, la sua lunga attesa, la sua evidente astuzia, la sua crescente fortuna, il desiderio di tener nascosto il loro matrimonio, la ripugnanza a sentir nominare l’ucciso, ad abitare dove Francesco aveva abitato, a dormire nel letto dove Francesco aveva dormito...

Ma, giurando, egli era parso così sincero, così offeso, che nel ricordare quella scena Marja sentiva ancora un impeto di gioia sollevarle il cuore. Allora respirava, per un attimo, come il naufrago che riesce a metter la testa fuori delle onde; ma poi ricadeva nel mare pauroso dei dubbî, nella disperazione che la affogava.

— Egli ha giurato, sulla santa croce ha giurato... ed io l’ho creduto! Perchè, Signore, perchè avete ritirato da me il raggio di luce che mi rischiarava l’anima? Che ho fatto io per meritarmi questo castigo?

Ella agitava in alto le mani intrecciate, fissando disperatamente quel profondo cielo di primavera che un’ora prima rallegrava i suoi sogni di sposa felice; ma dall’alto non rispondevano al suo grido che i garriti, quasi beffardi, delle rondini in amore.

E il sole proseguiva il suo corso, e la linea dell’ombra s’avanzava sempre, fatale.

Pietro poteva tornare da un momento all’altro, anche prima di mezzogiorno. [p. 315 modifica]

Che fare? Che fare? Come fingere, come sfuggire al suo sguardo, al suo bacio mostruoso?

Fu picchiato al portone.

Eccolo, è lui! Per qualche istante Maria stette immobile, senza respiro; ma una voce di bambina gridò:

— Zia Luisa, aprite. Eh, che, siete morti o malati?

Maria non aprì, ma le parole della bambina le suggerirono l’idea di fingersi ammalata per non insospettire Pietro col suo turbamento. Levò la spranga e lasciò il portone chiuso come al solito, col solo saliscendi, poi si ritirò nella sua camera. Nello scorgere il letto, bianco nella penombra della camera silenziosa, un impeto di pianto la soffocò.

Alla paura e all’istinto di difesa, che fino a quel momento avevano reso il suo dolore feroce, seguì la disperazione per il bene perduto. La sua angoscia si fece più cosciente e più profonda.

Ella si buttò ginocchioni davanti ad un quadretto della Madonna del Rosario, e agitando di nuovo le mani supplicanti, balbettò confuse preghiere.

Che voleva? Non sapeva bene. Voleva che Pietro fosse innocente, o desiderava che le potenze divine l’aiutassero a vendicarsi, a liberarsi di lui? Non sapeva, non sapeva.

La preghiera, però, come avviene spesso nelle anime primitive, riuscì un momento a suggestionarla: si alzò, sollevata, e le parve che tutto fosse un brutto sogno. [p. 316 modifica]

— Ecco, — pensò, palpandosi sul petto la lettera, — ora la strappo, la butto via, e tutto è finito. È una calunnia, una menzogna. Anche la finzione di chi l’ha scritta, di credermi ancora vedova, è una perfidia... Come sono stata stupida a spaventarmi!

Di nuovo ricordò la fama di violento e di poco scrupoloso che Pietro godeva prima di entrare al loro servizio. Nulla, mai, aveva giustificato questa mala fama di lui. Calunniato: allora come adesso. Egli invece era così buono e mite!

Ella tirò fuori la lettera, calda e come palpitante, e la guardò. E tutt’ad un tratto ripiombò nel suo terrore.

Quel pezzo di carta, quei cinque sigilli di un rosso cupo, color sangue coagulato, le destavano un’impressione misteriosa, erano come un segno mnemonico che le ricordava orrende cose. Ella rivide il sangue di Francesco coagulato sull’erba e sulle pietre del sentiero; rivide la mano rivolta all’insù, implorante pietà...

La paura e l’angoscia la riafferrarono tutta.

— I morti risorgono, — disse a voce alta, nascondendo la lettera in modo che Pietro non potesse vederla. — Francesco è risorto: è lui che ha inspirato questa lettera; è lui, l’agnello sgozzato...

Lagrime di tenerezza le solcarono il viso al ricordo di Francesco. E quel ricordo la commosse come forse mai l’aveva commossa; e per la prima volta, in quell’ora di verità spaventosa, ella pensò a Francesco con giustizia e con affetto. [p. 317 modifica]

I versetti dello prefiche, le parole che ella aveva un tempo ripetute come una lezione, le tornarono in mente con insistenza e le parvero nuove, sgorgate dal profondo dell’anima sua.

«Egli era buono come un agnello e come tale lo hanno sgozzato...»

Come era tenero, casto, affettuoso!

L’anima gli traspariva dagli occhi: vivendo con lui si diventava buoni e leali. Pietro invece bruciava dove toccava, portando con sè e spandendo intorno a sè la maledizione del suo destino.

Se Francesco fosse vissuto ella lo avrebbe amato di vero amore, — ella pensava, — di quell’amore comandato da Dio, casto e profondo, eterno come il tempo, sempre eguale e sempre dolce, e non dell’amore carnale che l’aveva bassamente unita ad un servo...

— Egli, il servo vile, egli mi ha perduto, mi ha assassinato... — ella disse a voce alta, gettandosi sul letto e affondando disperatamente il viso fra i guanciali. — Ha ragione mia madre; egli mi ha stregato. Cosa son diventata io; io, Maria Noina, io, Maria Rosana! Son diventata una donna perduta, la serva di un servo; ho peccato contro mia madre, contro la memoria del morto, contro tutta la mia razza; ho raccolto nel mio letto un servo, un’immondezza vile. Sono stata castigata per questo? Oh, no, Signore, il castigo sarebbe troppo orribile... Che ho fatto io?...

Dalle tenebrose lontananze della sua coscienza, una voce accusatrice cominciava a salire: ma ella [p. 318 modifica]si difendeva disperatamente e riusciva a farla tacere.

Ella capiva che Pietro aveva seguita la via del male per lei sola, ma che colpa ne aveva lei? Era forse stata la prima a guardarlo?... Anche se ella non avesse sposato Francesco, Pietro sarebbe diventato egualmente un ladro e all’occasione un omicida, pur di raggiungere il suo scopo: arricchirsi, sposarla. Ah, sì, ella ricordava bene le promesse che egli le faceva, nei primi tempi del loro amore:

— Io diventerò ricco, io cercherò la fortuna... farò di tutto... per te!...

E lo aveva fatto! Egli era nato col suo destino sulle spalle. Misera lei che era caduta fra i suoi artigli come il passero fra gli artigli del nibbio!

L'ora passava. Maria piangeva e ricordava, e mentre in fondo all’anima sperava ancora, i peggiori istinti di lei insorgevano e la dominavano.

Così le parve di ritornare a poco a poco padrona di sè, della sua volontà, della sua astuzia.

Sì, ora le sembrava di veder Pietro nel suo vero aspetto, come tante volte lo aveva confusamente intraveduto.

Ella era ancora la padrona: egli il servo, ma il servo ladro, grassatore, nemico: era il servo che rubava al padrone, che lo uccideva per usurpargli [p. 319 modifica]il posto. Anche in amore era un violento, un predatore; ed ella ora lo sentiva, e tutto il suo rancore d’altri tempi, il suo misterioso odio di razza si sviluppava in lei come un male nascosto che finalmente aveva il suo sfogo.

— Che fare, ora, che fare?

Ed a misura che il male aumentava, la domanda risuonava più forte.

L’idea di perdonare neppure le passò per la mente. Per lei non v’era che la speranza dell’innocenza di Pietro: se egli era colpevole bisognava colpirlo.

Colpirlo? Ma come? Ma come, anzi tutto, riuscire ad assicurarsi del suo delitto?

Da sola, per quanto abile e astuta. Maria non si sentiva capace di indagare, cercare, scoprire. Bisognava o tacere o cercare un aiuto potente e colpire Pietro a tradimento prima che egli potesse difendersi e sottrarsi al castigo.

Ma a chi rivolgersi? A chi domandare consiglio? A sua madre? Per il decoro della famiglia, nonostante il rancore nutrito contro Pietro, zia Luisa sarebbe stata capace di consigliarle il silenzio. A suo padre? Egli era buono, ma vuoto e leggero: egli forse avrebbe riso di lei, rimproverandole di non aver sposato Pietro prima di Francesco. A chi dunque rivolgersi? Ella non aveva amici, non parenti di cui fidarsi.

Ma aveva molti denari. Aveva un cofanetto d’asfodelo colmo di monete d’oro e d’argento... [p. 320 modifica]

Sì, col denaro si ottiene tutto. Col denaro ella poteva far parlare anche le pietre della sua tanca, poteva scavare, trarre la verità della sua profonda sepoltura. Col denaro si arriva a tutto. Ma poi? Che fare, poi? Che fare? Che fare?

La frase che del resto le fremeva fin dal primo momento in fondo all’anima, minacciosa e cupa come un tuono lontano, le salì finalmente alle labbra amare di lagrime:

— Andrò dal giudice.

Il giudice era la colonna, l’unica colonna del suo mondo crollato, contro la quale ella potesse appoggiarsi.

Era il padre, l’amico, il difensore e il giustiziere; l’unico che non l’avrebbe tradita. Egli solo, con la sua potenza formidabile, poteva far parlare i morti, frugare tra le roccie, squarciare il mistero; egli solo poteva costringere i vivi ed i morti a pronunziare la verità, e punire i colpevoli o salvare gl’innocenti.

In un momento Maria fece il suo piano.

— Andrò segretamente dal giudice. Dopo tutto egli è un uomo e capirà la mia dolorosa posizione. Egli farà subito arrestare Pietro, e non dirà certo chi ha fatto la denunzia. Se Pietro è colpevole, sarà condannato. E di me che accadrà?... E mia madre? E mio padre? Noi saremo disonorati per [p. 321 modifica]tutta la vita: la gente si rallegrerà della nostra sventura. Ogni persona più vile potrà buttare su noi la sua pietra.

Ad un tratto fu riassalita da una cupa incertezza. Si gettò dal letto e riprese ad aggirarsi disperatamente per la camera, come aveva fatto nel cortile. Che fare? Che fare? Era mai possibile che ella, ella stessa, andasse dal giudice ed accusasse Pietro, l’uomo che fino a poche ore prima ella aveva amato ciecamente?

Ogni oggetto, in quella camera bianca e tranquilla, animata da madonnine e da santi rustici sorridenti dalle pareti, le ricordava quegli otto giorni di ebbrezza: la sua persona ne fremeva ancora. Come fare? Come rinunziare alla gioia afferrata avidamente come un frutto da tanto tempo agognato?

Minuti di lotta furiosa contro la potenza dei sensi scorsero e parvero ore alla disgraziata: ella si gettò ancora per terra, davanti alla Madonnina rossa e gialla che giocherellava col suo rosario di perle, e implorò ciò che in fondo al cuore sentiva impossibile.

— Fate che risulti la sua innocenza. Pietà di me, Maria Santissima.

E ripetè a voce alta:

— È tutto un sogno. Non è vero niente: è una calunnia. Perchè ho creduto? Sono pazza? [p. 322 modifica]

Si mise una mano sul petto e sentì la lettera, i cui cinque sigilli pareva le marchiassero la carne.

«...sii prudente, perchè Pietro sarebbe capace di ucciderti se si accorgesse che sai...».

Si alzò, ricominciò a vagare qua e là intorno alla camera, si accostò allo specchio e quasi non riconobbe il suo viso alterato e verdognolo. Sembrava una maschera.

L’ombra del dubbio la circondò ancora: e la figura del giudice cambiò aspetto, da amica diventò nemica e minacciosa.

Il giudice è come lo scavatore d’un pozzo, che non riposa finchè non ha trovato la sorgente.

E per quanto Maria si difendesse con sè stessa, ella capiva dov’era e quale era la sorgente del suo male.

Troppe cose contro di lei potevano risultare, se il giudice investigava bene. Gli uomini della giustizia potevano condannare Pietro: ma la gente avrebbe condannato lei. La gente! No, la gente doveva ignorare il dramma come aveva ignorato l’idillio: per la gente ella doveva sacrificarsi ancora, per tutta la vita...

Sembrandole di nuovo che Pietro attraversasse il cortile si gettò ancora sul letto, ripresa da un terrore infantile.

Le pareva di esser ridiventata bambina e di trovarsi sola nel letto, al buio, nel mistero [p. 323 modifica]pauroso d’una notte invernale, con la mente ancora piena di storie terribili udite accanto al focolare.

Per lunghi anni, nella sua infanzia, l’essere che più le aveva destato terrore era stato il «ladrone». Ella se lo figurava alto come una quercia, con due grandi occhi di gatto e due mani simili ad artigli di nibbio.

Egli viveva nelle grotte della montagna, dove nascondeva i suoi tesori; di là scendeva, la notte, armato di sette coltelli, coi piedi enormi fasciati per non destar rumore...

Passava tacito e lieve, rompeva le porte... penetrava nelle case dei ricchi...

Qualche volta Maria, quando zio Nicola russava nella camera attigua, aveva desiderato di vedere il «ladrone».

— Io griderò, — pensava con un brivido di piacere angoscioso, fatto di curiosità e di terrore. Mio padre si alzerà, prenderà il fucile e lo ucciderà.

Ma Pietro non viene, ed ella si calma di nuovo, pronta e vigile, decisa a combattere da sola il nemico. Ella è nata per combattere, per lottare, per ferire a tradimento. Ella ha sempre tradito. Ha tradito Pietro, tradito i parenti, tradito Sabina. Anche Francesco ha tradito, non confessandogli la verità. Forse egli non sarebbe morto se ella avesse parlato. Ma il mondo tutto è pieno di tradimenti e d’insidie: l’uomo deve lottare con l’uomo [p. 324 modifica]per avere la sua parte di sole e di terra! Che colpa ne ha lei se ha dovuto lottare e se ancora deve lottare per non essere vinta e presa al laccio nell’agguato terribile della vita?

Ecco, l’essere primordiale risorge in lei; non più per amare, come nei giorni passati, ma per lottare e difendersi. Ed a misura che l’ora passa e il pericolo si avvicina, ella si munisce di tutte le sue armi femminili, che sono i suoi istinti primitivi, dominati da una volontà implacabile. Ella torna ad essere la donna che ha veduto intorno a sè i fantasmi più misteriosi, le ombre spaventevoli della morte, del delitto, del dolore; ed è passata come una figura leggendaria attraverso il bosco nero, nella notte tragica, ed è andata incontro al suo triste destino, pronta a sfidarlo.

Un passo nel cortile.

— Maria, dove sei?

Eccolo! Egli saliva, egli veniva, lieve e sicuro come una tigre: eccolo, egli si avanzava, pronto all’assalto, egli, il «ladrone». Finalmente si avverava il barbaro sogno della bambina ricca: ed ella aveva paura, come nella sua infanzia, ma nello stesso tempo sentiva che qualcuno l’avrebbe difesa come un tempo la difendeva suo padre.

Nel vederla a letto Pietro si spaventò. Le si curvò sopra, le prese una mano. [p. 325 modifica]

— Maria! Che hai? Che c’è? Perchè sei a letto?

La baciò, la guardò. I suoi occhi inquieti parevano gli occhi di un bimbo spaventato.

Ella lo guardò, lo respinse.

— Mi sento male. Dolori... dolori di testa fortissimi: ora sto meglio... Lasciami.

Egli si guardò intorno inquieto, poi fissò di nuovo, su lei, gli occhi chiari, pieni di un misterioso spavento.

— Dolori di testa? Che sarà? E non hai chiamato nessuno? Non hai fatto niente? Neppure un po’ di aceto ti sei messa? Sei come una bambina! Ora vado... prendo un po’ d’aceto...

Uscì: ella non disse nulla, non si mosse.

— Egli ha paura, — pensò. — Come mi ha guardato! Ha paura di me!

Egli ritornò, con l’aceto. Cercò un fazzoletto, lo inzuppò, e lo mise sulla fronte di Maria. Ella lo lasciò fare. Curvo, ansioso, egli non cessava di guardarla, e parlava, parlava; ma parlava troppo, ma si affannava troppo per un così piccolo male.

— Ti senti meglio, ora? Un poco, sì, vero? Ma cosa è stato? Ma cosa sarà? È da molto? Il fuoco è spento... Chi è venuto, stamattina? Ti senti meglio?

— Sì, meglio. Va, lasciami. Va e cercati da mangiare. Va, lasciami, ora.

Ma egli insisteva: voleva sapere chi era venuto, quella mattina, e se il male era cominciato da molto tempo, e che cosa poteva averlo causato. [p. 326 modifica]

A un tratto, i suoi occhi sempre più inquieti, s'illuminarono.

— Che tu sii incinta, Maria? Di’!

Ella chiuse gli occhi, scosse la testa: e non pronunziò parola, ma la domanda di Pietro, che ella ancora non s’era fatta, le ricolmò nuovamente l’anima di dolore furibondo.

Un figlio di lui! Bel rampollo doveva nascere! Eppure!...

Riaprì gli occhi, li fissò sul volto di Pietro. E le parve che, in un attimo, il viso di lui si fosse trasformato, diventando dolce, infantile, con due occhi non più turbati, ma teneri, supplichevoli. Quando ella lo aveva veduto così? Quando, quando? Non ricordava: forse in un giorno lontano, nel tempo del loro primo amore; forse quel giorno, nella vigna, quando egli avrebbe potuto farle del male, e invece l’aveva pregata di andarsene: forse la prima sera, quando egli l’aveva abbracciata e le aveva detto: non ti farò del male!

E invece, quanto gliene aveva fatto. Quanto gliene faceva e gliene farebbe ancora! La sola sua presenza, oramai, le recava un mortale dolore. Ella non aveva più paura di lui, e anzi sentiva che egli medesimo, con la sua cieca passione, era per lei il miglior protettore. Egli l’avrebbe difesa anche contro sè stesso, egli che per arrivare a lei aveva percorso una via piena di pericoli e di orrori.

Curvo su lei Pietro le parlava con dolcezza, insistendo per sapere se ella si sentiva meglio, [p. 327 modifica]proponendole di farsi visitare dal medico, di chiamare qualche vicina che le preparasse un po’ di caffè.

Ella rispondeva sempre no, con rabbia mal repressa. Non potersi liberare di lui! Averlo sempre così, vicino, attento, investigatore! Restare con lui, sempre, come la bimba della favola nella tana del «ladrone».

Ella sentiva che questo era il suo maggior dolore: restare con lui! averlo sempre vicino, sempre con sè, entro di sè, come un male fisico, come un cancro inguaribile! S'alzò a sedere sul letto, si strinse con le mani la fronte coperta dal fazzoletto bagnato: l’aceto le scorse sulle guancie, le bagnò le labbra, mescolato a lagrime d’ira affannosa. E le parve che qualcuno le desse da bere il fiele e l’aceto, come a Gesù.

Pietro s’era scostato e la guardava sempre: ma il suo sguardo non era più desolato e inquieto. Anch’egli capiva, o credeva di capire. Il male di Maria era troppo esagerato.

— Piangi? — le disse, riavvicinandosele. — È così forte il dolore? E non vuoi che chiami il medico!... Io vado, mando una vicina. Puoi star sola un momento? Maria, rispondi!

Col busto ripiegato, le mani intorno alla fronte, gli occhi fissi sul pavimento, ella pareva intenta solo al suo terribile male. Pietro non osava più toccarla.

— Vado? — ripetè.

Ella disse a denti stretti:

— Va pure! Va tu; non chiamare le vicine. [p. 328 modifica]

Egli uscì. Ella pensò:

— Egli ha paura: egli ha capito: egli non chiamerà il medico: nessun medico della terra può guarire il nostro male. Dio mio, Dio mio, che faremo noi?

«Che faremo noi?» Per la prima volta, dopo quelle due lunghe ore di incubo, ella associò al suo il dolore di Pietro. La presenza di lui, per quanto odiosa ed insopportabile, le aveva ricordato molte cose. Lo sguardo di lui tenero e selvaggio, sguardo da schiavo e da condannato, le aveva spiegato molte cose.

«Che faremo noi?»

Ed ella previde lucidamente ciò che doveva avvenire. Ella avrebbe taciuto, ella avrebbe sperato ancora; ma come un giorno era riuscita ad arrivare fino al cadavere di Francesco, un altro giorno sarebbe arrivata a scoprire gli avanzi dell’altra vittima ed ha farli parlare. Sì, anche i morti parlano. Ed anche i vivi, talvolta. Col denaro e con la volontà si arriva a tutto. Il denaro, ch’ella aveva amato tanto, amato più di sè stessa, le avrebbe dato almeno il conforto di arrivare fin dove ella voleva: fino alla verità.

— Solo Pietro tacerà, — ella pensava, morsicando il fazzoletto imbevuto di aceto. — Egli fingerà e tacerà sempre. I morti, i vivi, le pietre, gli alberi, ogni cosa potrà parlare, ma non lui! No, no, egli non parlerà... [p. 329 modifica]

E quando anche egli avesse parlato, ella non l’avrebbe certo accusato al giudice. Come nessun medico poteva guarire il loro male, nessun giudice poteva condannarli ad una pena maggiore di quella a cui erano condannati.

Ella ricordava appunto di aver veduto, una volta, una fila di condannati diretti ad una colonia penale. Procedevano a due a due, incatenati assieme. Ella e Pietro erano simili a quei disgraziati; legati da una stessa catena, diretti allo stesso luogo di castigo.

Da anni ed anni essi procedevano assieme per una via grigia, vigilata dal fantasma del male: ed erano giunti ad un crocicchio, ora, intorno al quale s’aprivano altre strade, tutte eguali, tortuose e buie.

Tanto valeva prendere l’una o l’altra di quelle vie: tutte conducevano allo stesso luogo di espiazione.



Fine.