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la via del male 315


Che fare? Che fare? Come fingere, come sfuggire al suo sguardo, al suo bacio mostruoso?

Fu picchiato al portone.

Eccolo, è lui! Per qualche istante Maria stette immobile, senza respiro; ma una voce di bambina gridò:

— Zia Luisa, aprite. Eh, che, siete morti o malati?

Maria non aprì, ma le parole della bambina le suggerirono l’idea di fingersi ammalata per non insospettire Pietro col suo turbamento. Levò la spranga e lasciò il portone chiuso come al solito, col solo saliscendi, poi si ritirò nella sua camera. Nello scorgere il letto, bianco nella penombra della camera silenziosa, un impeto di pianto la soffocò.

Alla paura e all’istinto di difesa, che fino a quel momento avevano reso il suo dolore feroce, seguì la disperazione per il bene perduto. La sua angoscia si fece più cosciente e più profonda.

Ella si buttò ginocchioni davanti ad un quadretto della Madonna del Rosario, e agitando di nuovo le mani supplicanti, balbettò confuse preghiere.

Che voleva? Non sapeva bene. Voleva che Pietro fosse innocente, o desiderava che le potenze divine l’aiutassero a vendicarsi, a liberarsi di lui? Non sapeva, non sapeva.

La preghiera, però, come avviene spesso nelle anime primitive, riuscì un momento a suggestionarla: si alzò, sollevata, e le parve che tutto fosse un brutto sogno.