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che voi possiate derivare dal mio discorso un’idea chiara e adequata di ciò che sia, od esser debba, la Statistica, considerata in sè e ne’ suoi metodi, nel suo ufficio e nella sua posizione dirimpetto all’altre scienze, più specialmente alle sociali, e nella sua competenza di applicazione.
I.
La Statistica, nel suo proprio e sommario concetto, è l’esposizione ordinata dello stato sociale, in tutti i suoi aspetti, a un dato momento.
Essa ne assegna i dati di fatto, ne indaga il sistema causale, formola il modo in cui si esplica l’azione delle varie cause, ossia legge a cui esse in quel momento obbediscono.
Il suo punto di partenza è quello dell’osservazione ripetuta sopra un grande numero di fatti omogenei e fra loro comparabili; il suo linguaggio naturale, quello della cifra; il suo stromento scientifico, l’induzione matematica.
Prendete uno Stato, un complesso sociale qualunque, e proponetevi di studiarlo e conoscerlo sotto tutti i punti di vista, nel sistema delle forze vitali da cui è animato, e nel loro modo attuale di azione, nel loro prodotto molteplice.
A tal fine, cominciate con un procedimente di analisi; decomponete la grande unità organica ne’ suoi elementi (è la parola); assegnate di questi l’espressione e il valore quantitativo; ordinatene il sistema; poi divisatene i risultati; e non già isolatamente, e come se gli uni andassero indipendenti e separati dagli altri, bensì nella mutua loro azione e reazione, nel loro nesso e nelle loro ragioni causali, intendendo sotto il nome di cause, in senso larghissima, ogni circostanza comunque efficace.
Pigliate, per esempio, il territorio e la popolazione, due fattori fondamentali di ogni Stato, di ogni società civile, e analizzateli in tutti i loro elementi, in tutte le principali loro relazioni.