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più largo e sintetico, che tende ad affigurare lo Stato nel suo sistema ordinato, nelle sue forze operanti, nella potenza sua risultante.
E allora non è più una semplice descrizione a cui si possa starne contenti, ma vuolsi un’esposizione sistematica, dominata da un corrispondente ordine logico.
Poi, per la stessa via, si passa all’idea di uno studio anche delle cause, anzichè contenersi nella sola notizia dei risultati; e insieme allo studio delle cause va pur quello della loro legge, o modo di agire; e così fino a considerare lo Stato, non più come un semplice aggregato di cose importanti o curiose, ma quale un complesso organico, e alcunchè di vivente; e la scienza chiamata a ritrarlo, quale un’anatomia comparata dei suoi organi, e un’analisi fisiologica delle sue funzioni e del loro prodotto a un determinato momento.
Più ancora, il concetto stesso di Stato veniva grandemente ad ampliarsi; e mentre dapprima in quel concetto non si mostrava comprendere che il sistema degli ordini e de’poteri politici, ossia il governo e ciò che può ad esso servire, ravvisavasi in appresso lo Stato, con assai più larga veduta, come l’insieme di tutte le forze umane accolte in Società. E con ciò la Statistica, la quale colle sue proprie indagini aveva non poco contribuito a siffatto risultamento, da semplice disciplina politica, ancella all’arte governativa e niente più, come dapprima si concepiva, sorgeva a grado di disciplina sociale, che considera la vita del grande aggregato umano nel suo insieme, in tutte le sue manifestazioni, ed in tutti i suoi elementi singoli, in servizio di ogni scienza od arte, senza distinzione, compresa (non ultima, ed anzi pur sempre la prima, non però l’unica) anche la grande scienza ed arte di Stato.
Nello stesso tempo, e mentre si andava di tal modo rettificando e fissando il suo generale concetto, la Statistica risentiva l’efficacia di un altro ordine di studi, che