La quarta dimensione o l'iperspazio/II
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II.
Considerazioni sulle figure simmetriche — Metapsichica e matematica — Geometria non euclidea — Ricerca di leggi e modelli della 4ª dimensione — L’etere e l’àkàsa — Ottaedroidi, poliedroidi, tesseract — La glandola pineale e l’occhio della chiaroveggenza.
«Alcune considerazioni sulle figure simmetriche potranno essere giovevoli ad illustrare quanto già venne presentato innanzi».
Siano due triangoli ABO ed Oba, rettangoli, con lati reciprocamente uguali; cioè, AB uguale ad ab; BO uguale ad Ob; AO uguale ad aO. I medesimi sono tracciati in modo simmetrico; il constatarne la uguaglianza sarà per noi cosa facile assai, purchè si facciano rotare amendue l’uno verso l’altro attorno al punto O, come se quest’ultimo fosse una cerniera, finchè vengano a combaciare; ovvero ribaltando convenientemente uno dei due. Tale operazione, così semplice per noi, diventa impossibile nel mondo sul piano, i cui abitanti non hanno alcuna idea di quella dimensione, che noi denominiamo altezza o profondità. Se però, anche solo colla mente, supponiamo i due triangoli foggiati a sacco, pur conservando la forma originale, allora si potrà farli combaciare, anche sul piano, quando uno di essi si rovesci come si farebbe di un guanto, che da sinistro può diventare destro e viceversa; ma in questo caso una delle due forme mostrerebbe il diritto e l’altra il rovescio.
Analogo ragionamento può fare l’abitante sulla superficie o piano, per rispetto a quello sulla linea, riconoscendosi egli superiore nelle proprie facoltà. Infatti, sia una retta A a divisa in parti simmetriche in modo che A B sia uguale ad ab; B X uguale a b X.
Sarà facile, per l’abitante in seconda dimensione, di far coincidere il punto A con a, B con b, strisciando sul piano ed attorno al perno X le rette A X od a X, i cui punti segnati dalle lettere s’incontreranno lungo il percorso delle circonferenze tracciate dai punti A, B, ovvero a, b, attorno ad X come centro, la quale cosa invece sarebbe impossibile sulla linea, per gli abitanti che abbiamo pel momento chiamati microbi. Questi ultimi, non avendo idea di ciò che sia superficie, non potranno mai materialmente far combaciare i vari segmenti della retta A a in modo che ad un tempo si tocchino A con a e B con b girando attorno ad X come si è detto sopra.
Della stessa natura è il problema che può essere presentato a noi, esseri in 3ª dimensione, ponendo a confronto due tetraedri uguali e simmetrici A ed a.
Quantunque essi abbiano rispettivamente faccie ed angoli uguali, tuttavia non è possibile metterli uno entro l’altro, in modo che tutti i punti A, B, C, D coincidano con a, b, c, d, a meno di rivoltare uno dei tetraedri, come si farebbe per un guanto o per un sacco. Ma qui pure osserviamo, similmente ai triangoli simmetrici, che pel rivoltamento si ottiene bensì la sovrapposizione; ma, come già nei triangoli e come per i guanti, la superficie esterna del tetraedro diventerebbe interna e viceversa. Pertanto con un ragionamento analogo a quello già fatto per le figure simmetriche in 1ª e 2ª dimensione, si verrà a concludere di poter presumere che debba esservi nel quarto spazio un movimento, mediante il quale diventi possibile la sovrapposizione dei tetraedri, e così pure possibile al guanto sinistro di adattarsi come destro e viceversa, senza che le superficie esterne diventino interne. Ciò che è detto per i tetraedri può riferirsi a due spirali, di cui l’avvolgimento di una sia da dritta a sinistra e dell’altra da sinistra a dritta.
Se ora notiamo che gli abitanti di seconda dimensione devono far rotare le proprie figure (linee) attorno ad un punto, e quelli in terza dimensione devono far rotare le proprie figure (superficie) attorno ad una linea, si potrà arguire che il movimento, per passare in quarta dimensione, dovrà certamente avverarsi facendo rotare una figura di volume attorno ad un piano. E si comprende come tutto ciò sia in modo relativo; cioè per rispetto alle possibilità organiche dei vari esseri considerati; mentre in modo assoluto: se negli ambienti di 1ª e 2ª dimensione sono possibili per noi i fatti giudicati impossibili da quei supposti abitanti, analogamente sarà possibile in quarta dimensione, ciò che abbiamo giudicato impossibile per noi di terza.
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Una difficoltà, per intuire la quarta dimensione, sorge dal confondere, per consuetudine, lo spazio colla materia. Quest’ultima ha sul nostro piano fisico quelle proprietà, che i nostri sensi distinguono con i qualificativi di lunghezza, larghezza e profondità, ed occupando un posto può bensì considerarsi come porzione dello spazio, ma non è mai lo spazio e meno ancora poi lo spazio infinito, pel quale ammettendo pure di non poterlo dimostrare suscettivo di altre dimensioni, neppure si può provare il contrario. D’altronde se anche vogliamo considerare la materia interamente connessa all’idea dello spazio, è d’uopo altresì considerare che pei nostri sensi attuali, la materia stessa non ha solamente la proprietà dell’estensione, ma eziandio quella di presentarsi con altri attributi, p. e. con il colore, il gusto, ecc. a cui possiamo aggiungere, come ben osserva H. P. Blavatsky 1 la permeabilità per la quale noi, in questo momento dell’evoluzione, siamo privi del senso adatto.
Il professore Dessaint, in un suo studio avente per titolo: Lo spazio, l’iperspazio e la sua esperienza, dopo aver tentata la dimostrazione, che noi pure tentiamo, così conclude: «Le tre dimensioni essendo la caratteristica delle nostre esperienze sugli oggetti che ci toccano da vicino, non possiamo colle medesime circoscrivere l’infinito, nè tampoco circoscriverlo con quelle limitazioni proprie del piccolo astro sul quale abitiamo e di cui siamo ben lungi dal conoscerne i misteri. Dopo lo stato radiante, o quarto stato della materia, abbiamo avuto la sorpresa del radio ed avremo certamente, nel corso infinito del tempo, altre sorprese maggiori. Egli è quindi naturale il pensare come ulteriori scoperte decisive ci possano portare alla conoscenza della quarta dimensione, il che sarà forse compito della metapsichica».
Io soggiungo che la metapsichica fu sempre ed è tuttora l’alleata della matematica, la quale, particolarmente con le elucubrazioni algebriche, salendo dal concreto all’astratto, dalle quantità positive a quelle immaginarie e via via per i colli apollinei dell’integrale, differenziale ed infinitesimale fino alle celesti regioni del calcolo sublime, c’insegna come il mondo reale sia compenetrato da quello delle idee e come queste, nel modo come comunemente sono intese, hanno del sostanziale, mentre la realtà, alla maniera pure della comune comprensione, ha qualche cosa d’ideale; anzi, a seconda la concezione della filosofia indiana, è una continua illusione.
Nè tampoco ci parrà non assimilabile al nostro intelletto lo studio generico dell’iperspazio ripensando a quanto già venne precedentemente esposto sulla soggettività del medesimo come forma o stato di coscienza; imperocchè ogni cosa soggettiva avendo un contrapposto oggettivo, viene così a delinearsi l’esistente pel fatto di un soggetto e di un oggetto che si completano reciprocamente; quindi una quarta dimensione soggettiva come spazio va ad oggettivarsi nella sostanza, la quale dovrà essere materia contenuta in un quarto spazio.
È questo il ragionamento che ci guida per mano ad accostarci all’ipotesi dell’etere, che la fisica non può a meno di ammettere per necessità dell’intera fenomenologia propria; e ciò assevera Augusto Righi nella recente sua pregevole monografia: La moderna teoria dei fenomeni fisici e con lui tutti gli altri fisici e matematici.
Per tal modo viene ad essere di molto attenuata la taccia di visionario a chi attenta di servirsi d’ipotesi, figure ed analogie per agevolare alla comprensione della mente la possibilità in natura di fatti cui i nostri sensi, nel modo ordinario di percepire, non giungono a constatare. Ed ammessa quale necessità scientifica l’esistenza dell’etere, viene spontaneo il pensare come una tale sostanza considerata a sè debba obbedire alle leggi delle altre differenti specie di materia; pertanto alla stessa guisa che noi di quest’ultima conosciamo i diversi stati: solido, liquido, gazzoso, radiante, e che ogni stato ha gradazioni senza che sia possibile tracciare nettamente il passaggio dall’una all’altra, così nell’etere dovranno esservi stati, ossia densità diverse, a ciascuna delle quali corrisponda un adatto spazio, cioè a dire una dimensione, che cominciando dalla terza si estenderà all’infinito, ossia, esprimendoci matematicamente, giungerà ad n dimensioni.
Nasce quindi una geometria ad n dimensioni detta non euclidea, per distinguerla da quella di Euclide basata unicamente sulle figure ad una, due e tre dimensioni.2
La sapienza antica ci ha tramandata l’idea di un qualche cosa, che col nome sanscrito di ákása dev’essere l’etere ed io ritengo sia così; poiché una tale sostanza ci viene descritta come riempiente ogni spazio e di maggiore o minore sottigliezza ed elasticità in strati, che si sovrappongono e si compenetrano precisamente come deve avvenire per l’etere, che la nostra scienza occidentale considera omogeneo, mentre l’occultismo lo differenzia coll’autorità del ragionamento e con quella maggiore fornita dall’esperienza dei chiaroveggenti.3
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Altra esperienza, nella quale tutti possono esercitarsi, è il calcolo; a quest’ultimo adunque ricorriamo tentando di scoprire una qualche legge, che ci porti direttamente alla intuizione di una figura geometrica a quattro dimensioni. Ecco una linea retta, un quadrato, un cubo rispettivamente rappresentati dalle figg. 1ª, 2ª e 3ª. Osservando la fig. 1ª si vede che ha due vertici (estremità, punte, angoli uguali a zero); la fig. 2ª ne ha quattro, ossia il doppio della 1ª; la fig. 3ª ne ha otto, il doppio pure della precedente. Dunque la figura successiva di 4ª dimensione per analogia dovrà averne sedici. fig. 1 Regola generale: Il numero dei vertici od angoli di una figura di qualsiasi dimensione è uguale al doppio dei vertici od angoli della figura precedente. La fig. 2ª porta quattro rette, o lati, ossia il doppio della figura precedente di origine, più tante rette, o lati quanti sono i vertici (estremità, punte, angoli uguali a zero) della figura stessa, cioè della fig. 1ª. La fig. 3ª, cubo, ha pur essa il doppio delle rette, lati o spigoli della fig. 2ª, ossia della prece- fig. 2 dente d’origine, cioè, del quadrato, più tante altre rette, lati o spigoli quanti sono i vertici od angoli del quadrato stesso; ossia 8 + 4 = 12. Seguendo la stessa norma per la successiva figura di quarta dimensione, si dovrà avere: il doppio delle rette, lati o spigoli del cubo, più altrettante rette, lati o spigoli, quanti sono gli angoli del cubo stesso, cioè, 12 × 2 + 8 = 32.
fig. 3 Pagina:Ballatore - La quarta dimensione o l'iperspazio, 1908.djvu/21 Pagina:Ballatore - La quarta dimensione o l'iperspazio, 1908.djvu/22 Pagina:Ballatore - La quarta dimensione o l'iperspazio, 1908.djvu/23 Pagina:Ballatore - La quarta dimensione o l'iperspazio, 1908.djvu/24 Pagina:Ballatore - La quarta dimensione o l'iperspazio, 1908.djvu/25 Pagina:Ballatore - La quarta dimensione o l'iperspazio, 1908.djvu/26 Pagina:Ballatore - La quarta dimensione o l'iperspazio, 1908.djvu/27 Pagina:Ballatore - La quarta dimensione o l'iperspazio, 1908.djvu/28 Pagina:Ballatore - La quarta dimensione o l'iperspazio, 1908.djvu/29 Pagina:Ballatore - La quarta dimensione o l'iperspazio, 1908.djvu/30 Pagina:Ballatore - La quarta dimensione o l'iperspazio, 1908.djvu/31Roma, 1908 — Tipografia E. Voghera
Prezzo L. 0,50 integralmente a favore della Rivista Ultra.
Note
- ↑ «Dottrina segreta». Tomo I.
Non solo come teoria; ma come esperimento il Le Bon, nel già citato suo libro «L’évolution de la Matière», dimostra la permeabilità della materia, dovuta all’energia intra-atomica, la quale è causa della lenta dissociazione della materia stessa. - ↑ La geometria non euclidea, che ci porta alla considerazione dell’iperspazio, nacque colla confutazione del postulato V di Euclide sulla teoria delle parallele. A chi prenda vaghezza di conoscerne lo svolgimento consiglio di studiare il trattato del professore Roberto Bonola «La geometria non euclidea». Dal medesimo apprenderà, forse con stupore, come su di un argomento, che a tutta prima pare semplicissimo e che abbiamo imparato nelle scuole elementari, siasi formata una intera letteratura matematica, che da noi sale al Rinascimento, agli arabi ed ai greci.
- ↑ A. Besant. — « La Sapienza antica ».