La mia vita, ricordi autobiografici/XXXIV

Capitolo XXXIV. Seconda giovinezza

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XXXII Conclusione
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XXXIV.

Seconda giovinezza.

Una delle ragioni principali per cui la mia opera di scrittrice si è sempre conservata giovane è stato il mio perfetto adattamento al tempo in cui sono vissuta. Io non ho mai avuto quell’illimitata fiducia nel valore dei miei pensieri che confina con l’orgoglio presuntuoso, nè ho mai creduto che anche dai giovani non si potesse attingere calore di convincimenti e modernità di idee.

L’elemento giovane, in arte come nella vita, è necessario all’opera di uno scrittore; rinsangua, riscalda, vivifica, scuote dai facili assopimenti e dalle amare stanchezze; incoraggia l’ardire, rende lo sforzo più valido.

I giovani sono naturalmente meno esperti e più impetuosi; ma hanno per così dire i difetti di queste qualità; quindi chi vive in mezzo a loro deve valutare, se è onesto, i non pochi pregi del loro carattere. Perciò ho cercato sempre di essere circondata da giovani — e quello che val meglio — di non soffocare le loro espansioni con i rancidi consigli di una troppo antipatica esperienza.

Come ho scritto ripetutamente in più libri, io non credo che l’ostinazione cieca nei propri convincimenti sia un segno di nobiltà e di fermezza di carattere: credo invece che come tutto nel mondo materiale e morale si svolge e si trasforma, così debba esser sottoposto alla medesima legge anche quel complesso vario di sentimenti e di idee che costituisce la personalità. [p. 286 modifica]

Nei primi tempi della mia vita letteraria ero convinta che una sola fosse la missione della donna; la cura della casa, ed un solo il suo dovere: di adempiere agli uffici di moglie e di madre. Fedele a questo programma non ho esitato un momento a colpire con le frecce di una satira beffarda chiunque si discostasse con l’opera e col pensiero da questo ideale, e a combattere per lunghi anni le teorie femministe. Dopo, a poco a poco, e non per suggestione, ma per convinzione sincera la luce si è fatta nel mio pensiero; ho assolutamente rinnegato i miei principii conservatori e sono diventata quello che si dice una femminista militante, almeno nel senso di chi vuol lasciata una assoluta libertà d’azione alla donna, e crede i suoi diritti e i suoi doveri, nel vasto campo della morale, assolutamente eguali a quelli dell’uomo. E ciò che mi ha portato a correggere e a modificare radicalmente le mie idee antiquate su questo argomento, sono stati i fatti, i fatti eloquenti, indiscutibili che hanno provato di quanto possa essere capace una donna forte, buona, intelligente, scevra da ogni pregiudizio.

Io cominciai a manifestare questa nuova corrente di idee nella mia Cordelia quando una mia egregia amica, la signora Costanza Giglioli Casella mi presentò una gentilissima donna: miss Turton che voleva istituire in Firenze una scuola di infermiere simili a quelle che funzionano in Inghilterra e in molti paesi dell’America1. [p. 287 modifica] Già da un pezzo la Cordelia aveva per così dire preludiato al nuovo indirizzo di idee che serpeggiava in Europa; e in un periodico d’educazione — italiano — fui io la prima a sostenere la utilità e la necessità dei corsi di cucina e come ho già detto altra volta — la necessità e l’utilità delle scuole professionali. Ed io stessa proprio in questi ultimissimi tempi ho scritto un libro di cucina, intitolandolo Fuoco sacro e dedicandolo alle giovinette lettrici del mio periodico2.

Dal 95 al 900 la mia attività, invece che diminuire, crebbe. Essendosi quasi completamente rimessa dalla mia malattia nervosa, il lavoro non mi stancava più, [p. 288 modifica] tanto che anno per anno ho voluto io stessa preparare il premio alle associate della Cordelia. Scrissi così Un anno della mia giovinezza. Fotografie istantanee e un Libro di preghiere di cui si sono completamente esaurite due edizioni Questo Libro di preghiere che ha incontrato tanto favore nel pubblico, volli dedicarlo alla Maestà di Margherita di Savoia. Ma trattandosi [p. 289 modifica] appunto di un libro ascetico, volli che mi fosse approvato dall’Autorità Ecclesiastica. Presentai, in tempo debito, il libro alla Curia Arcivescovile di quì; mi venne negata l’approvazione. Interessai il vescovo di Forlì; inutilmente.

Io domandai premurosamente quali fossero i motivi del «gran rifiuto», ma mi venne negato qualunque schiarimento. Potei presentare il volume, per l’intercessione del mio buon amico Vincenzo Boccafurni a Monsignor Bonomelli, vescovo di Cremona, il quale non soltanto approvò il mio libriccino, ma me ne rimandò le bozze accompagnandole con una cortesissima letterina che il mio editore volle pubblicare a guisa di prefazione in principio del volumetto. Il Libro di preghiere era finalmente entrato in porto.

Verrebbe fatto di credere che, data questa febbre di incessante produzione, la mia energia di scrittrice dovesse rapidamente esaurirsi. Invece, tutt’altro. Man mano che un lavoro è finito, mi compaiono nella mente il tema, lo scheletro, le linee generali e particolari di un altro, differentissimo dal primo, tantoché io potrei esporre qui il disegno di una diecina di volumi di là da venire ... se non temessi giustamente che altri prima di me, valendosi delle idee esposte, non li scrivesse e li pubblicasse. Si vive così frettolosamente, al giorno d’oggi!

Nel 98 ero quasi in trattative coll’editore fiorentino Barbèra per iscrivergli un volume su «Santa Caterina da Siena» da pubblicarsi nella collezione del Phantheon. Ma per certe divergenze sorte all’ultim’ora, non fu possibile l’accordo e il libro lo scrisse invece di me, un’egregia gentildonna: la signora Caterina [p. 290 modifica] Pigorini-Beri. Un volume mancato, dunque! Pazienza! Ne ho scritti tanti!3

Sempre nel periodo di tempo che va dal 1895 al 900 si accese fra la Cordelia e il Marzocco (un’eccellente periodico di letteratura e d’arte che si pubblicava, come si pubblica ancora a Firenze), una terribile polemica. I giovani redattori che sostenevano a [p. 291 modifica] spada tratta i diritti dell’arte più pura ed aristocratica stringendosi intorno alla personalità di Gabriele D’Annunzio che ne rappresentava l’ardita teoria, mi attaccarono coprendomi di impertinenze, e dicendomi, fra le altre piacevolezze che avendo io scritto «Le memorie di un pulcino» dovevo rimaner... nel pollaio. Io risposi per le rime. Fra gli aggrediti ci fu anche Giovanni Pascoli, che dopo una prima lettera piena di sdegno, me ne scrisse un’altra, soavissima, che rivelò tutto il suo ingegno e tutto il suo cuore4. Ora sono diventata assai più pacifica, almeno apparentemente: ma non giurerei che se qualcuno tornasse a [p. 292 modifica] ristuzzicare il vespaio, gli fossero risparmiate delle atroci punture! Sono cosi cattive le persone buone, quanto ci si mettono!

Note

  1. Pubblico qui la lettera di presentazione:
    Gent.ma Sig. Baccini,
    Eccole un’occasione di fare un gran bene colla sua Cordelia, La signorina Turton che le presento e raccomando apre una scuole di infermiere coll’appoggio delle autorità mediche e amministrative della città, ma vorrebbe avere ora l’appoggio delle donne intelligenti e gentili che possono far la propaganda fra i giovani alle quali sorrida l’uscita dalla via affollata dell’insegnamento per entrare in questa, così propizia ai più alti e più santi istinti femminili.
    Già in Inghilterra è formata tutta una classe d’infermiere educate e raffinate che sono la provvidenza degli ospedali; si tratta ora di fare altrettanto da noi. La signorina Turton parla un ottimo italiano e son certa che con lei si intenderà prestissimo.
    Dolente di non poter venir io in persona le stringo affettuosamente la mano.

    Sua dev.ma
    Costanza Giglioli.




  2. Le mie velleità culinarie mi valsero questa lettera di Lorenzo Stecchetti a cui m’ero indirizzata per alcuni schiarimenti sopra una conferenza da lui stesso tenuta dal titolo La cucina nei secoli XIV e XV:
    «Scusi se non ho risposto subito alla sua cortese domanda. Gl’importuni contro i quali ho inveito, sono gli incogniti: ed Ella non è incognita. Faccia conto che il mio, più che amico, fratello Raffaele Belluzzi, ci abbia presentati: e poi siamo vittime tutti e due della stampa. Mal comune mezzo gaudio.
    Ma i torbidi universitarii, il Ministro che vuol lettere, relazioni, memorie, statistiche con giovanile irrequietezza; impegni di scrivere forse superiori al tempo di cui dispongo; cure di famiglia; la sacrosanta bicicletta etc. mi fanno essere villano anche con chi non vorrei.
    Quanto alla mia conferenza, essendo stampata dal Barbèra, deve essere alla Biblioteca Nazionale, ma io non ne ho più copia...
    · · · · · · · · · · · · · · ·

    La ringrazio dell’aver ristampati alcuni miei versin 1 che potrebbero esser migliori; ma è strano che, appunto quelli che mi contentano meno, sieno quelli che possono entrar da per tutto. Si vede che le dico grosse per solito.
    Non sia ciclofoban 2 che, me lo creda, è un errore; anzi, quel che è peggio, una sciocchezza.
    Certo, in tutto ci vuol misura ed è la misura che Ella deve raccomandare: non l’astensione che, a questi tempi, non ha più ragione d’essere.
    Creda, il ciclismo non è immorale, anzi richiede tutte le virtù possibili: temperanza, castità, prudenza etc.: tutte le virtù cardinali e le altre: e il resultato è la salute.
    Scusi la chiacchierata, scacita, perchè mentre scrivevo sono stato interrotto quattro volte. Ma ad ogni modo mi creda ecc....

    Dev.mo
    Olindo Guerrini


    1. Nella Cordelia.
    2. Si allude a qualche articolo contro il ciclismo femminile, comparso nella Cordelia.
  3. Per chi possa interessare pubblico qui sotto l’elenco dei miei libri:
    1. Le memorie di un pulcino. — 2. I piccoli viaggiatori nella China. — 3. Favole e cose vere. — 4. Il libro del mio bambino. — 5. Terra, mare e cielo. — 6. Il Lunario dei bambini. — 7-11. Libri di testo per le scuole elementari maschili. — 11-15. Libri di testo per le scuole elementari femminili. — 16. Storia di Firenze. — 17. Grammatica intuitiva. — 18. La fanciulla massaia. — 19. Il sogno di Giulietta. — 20 Felice ad ogni costo! — 21. Il novelliere delle signorine. — 22. Dal salotto alla chiesa! — 23. Impariamo a vivere! — 24. Il libro della giovinetta! — 25. Come vorrei una fanciulla. — 26. Le mie vacanze. — 27-28. Manfredo. — 29-30. Primi passi al comporre. — 31. L’abito nero è di rigore! — 32 Tra una lezione e l’altra. — 33. Per i più piccini. — 34. Per i più grandicelli. — 35-36 37. In città e in campagna. — 38. Figurine e racconti. — 39. Realtà e Fantasia. - 40. Storia di una donna. — 41. Una famiglia di saltimbanchi. — 42. Come andò a finire il pulcino. — 43. Poesia? — 44. Il libro delle novelle. — 45. Con l’oro o con l’amore? — 46. Vita Borghese. — 47. Libro moderno. — 48. Piccole lezioni di cose. — 49. Per le veglie invernali. — 50. Una famiglia di gatti. — 51. Vorrei fare il signore! — 52. Il Thè delle cinque. — 53. Scrittrice! — 54. I giorni più belli. — 55. Racconti. — 56. Nuovi racconti. — 57. Un’ora di svago. — 58. Le future mogli. — 59-60-61. L’Italiano nelle scuole elementari. — 62. Come si diventa uomini. — 63. Tonino in calzoni lunghi. — 64. Angeli del Cielo e Angeli della Terra. — 65. Uno sciopero di nuovo genere. — 66. Fuoco sacro. — 67. Un anno della mia giovinezza. — 68. Fotografie istantanee. — 69. Il libro delle preghiere. — 70 Discorsi varï. — 71 La mia vita.
  4. Eccole qui tutt’e due:

    9 Aprile del 1897.

    Gentile signora, ricevo oggi due numeri della sua Cordelia (122 e 245) nel primo dei quali vedo che ella mi canzona aggiungendo al mio nome e cognome l’epiteto «il Grande» e mi riprende, a quel che pare, di oscurità. Della riprensione, sebbene formulata con un motteggio, faccio tesoro: mi ingegnerò d’essere più chiaro che io possa. Ma quanto alla canzonatura, la prego, quando ella voglia castigare i miei giovani amici per ciò che dicano o lascino intendere di soverchio sul fatto mio, la prego e scongiuro di prendersela con loro e non con me che nè sono in tempo di prevenirli e impedirli nè sono in dovere di biasimarli e vituperarli. Se la prenda dunque con loro: io sono troppo tribolato per accogliere i suoi dileggi e i suoi sarcasmi. E non voglio che i suoi lettori e lettrici suppongano che tal io mi creda e dica quale ella, beffandomi, mi proclama. Io sono uno che da 15 o 16 anni si studia invano con assiduo lavoro anche letterario (maledetto!) di pareggiare il bilancio della sua esistenza. Non cerco altro e non mi importa d’altro. Vorrei che tutti tacessero di me, se codesto silenzio fosse compatibile con la mia attività obbligatoria. E non so dirle quanto avrei preferito che tale attività si avesse a esercitare in tutt’altro campo che quello delle lettere; in cui si è tanto fitti che basta fare un passo avanti per sentirsi una gomitata nello stomaco...

    Sabato Santo del 1897.

    Gentile Signora,
    Oh! io ho letta la sua lettera così buona e soave, ma non l’ho riletta: mi fa male. Le dichiaro che non avrei voluto scrivere io la mia. Io che ho sopportato e sopporto con pazienza tante ingiurie di cattivi, io prendermela sabito con lei così buona, per uno scherzo così innocente! Non me ne consolerò mai. Ma la mia cara sorella mi dice: se tu non avessi scritto, non avresti conosciuto il cuore di quella signora! Questa considerazione tempera in verità la mia amarezza. Mi perdoni, cara signora. Io non dovevo dimenticare la sua amicizia con quel nobile cuore ed alto intelletto di Ermenegildo Pistelli, non dovevo dimenticare che nella sua Cordelia era apparso quell’articolo sulle Myricae che m’imbalsamò il cuore. Mi perdoni, le ripeto. Quando mi troverò ad aver fatto qualche cosa di dolce e di buono o di pio — non, per carità, di grande — glie lo manderò per le sue lettrici. Va bene?...
    Voglia un po’ del suo bene a chi gode dì dichiararsi

    Suo aff.mo

    Giovanni Pascoli





    P. S. Ora si sono sciolte le campane e io ho sparato nove colpi col mio bellissimo hammerless gun.