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Già da un pezzo la Cordelia aveva per così dire preludiato al nuovo indirizzo di idee che serpeggiava in Europa; e in un periodico d’educazione — italiano — fui io la prima a sostenere la utilità e la necessità dei corsi di cucina e come ho già detto altra volta — la necessità e l’utilità delle scuole professionali. Ed io stessa proprio in questi ultimissimi tempi ho scritto un libro di cucina, intitolandolo Fuoco sacro e dedicandolo alle giovinette lettrici del mio periodico1.

Dal 95 al 900 la mia attività, invece che diminuire, crebbe. Essendosi quasi completamente rimessa dalla mia malattia nervosa, il lavoro non mi stancava più,


    La signorina Turton che le presento e raccomando apre una scuole di infermiere coll’appoggio delle autorità mediche e amministrative della città, ma vorrebbe avere ora l’appoggio delle donne intelligenti e gentili che possono far la propaganda fra i giovani alle quali sorrida l’uscita dalla via affollata dell’insegnamento per entrare in questa, così propizia ai più alti e più santi istinti femminili.
    Già in Inghilterra è formata tutta una classe d’infermiere educate e raffinate che sono la provvidenza degli ospedali; si tratta ora di fare altrettanto da noi. La signorina Turton parla un ottimo italiano e son certa che con lei si intenderà prestissimo.
    Dolente di non poter venir io in persona le stringo affettuosamente la mano.

    Sua dev.ma
    Costanza Giglioli..




  1. Le mie velleità culinarie mi valsero questa lettera di Lorenzo Stecchetti a cui m’ero indirizzata per alcuni schiarimenti sopra una conferenza da lui stesso tenuta dal titolo La cucina nei secoli XIV e XV:
    «Scusi se non ho risposto subito alla sua cortese domanda. Gl’importuni contro i quali ho inveito, sono gli incogniti: ed Ella non è incognita. Faccia conto che il mio, più che amico, fratello Raffaele Belluzzi, ci abbia