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XXXIV.

Seconda giovinezza.

Una delle ragioni principali per cui la mia opera di scrittrice si è sempre conservata giovane è stato il mio perfetto adattamento al tempo in cui sono vissuta. Io non ho mai avuto quell’illimitata fiducia nel valore dei miei pensieri che confina con l’orgoglio presuntuoso, nè ho mai creduto che anche dai giovani non si potesse attingere calore di convincimenti e modernità di idee.

L’elemento giovane, in arte come nella vita, è necessario all’opera di uno scrittore; rinsangua, riscalda, vivifica, scuote dai facili assopimenti e dalle amare stanchezze; incoraggia l’ardire, rende lo sforzo più valido.

I giovani sono naturalmente meno esperti e più impetuosi; ma hanno per così dire i difetti di queste qualità; quindi chi vive in mezzo a loro deve valutare, se è onesto, i non pochi pregi del loro carattere. Perciò ho cercato sempre di essere circondata da giovani — e quello che val meglio — di non soffocare le loro espansioni con i rancidi consigli di una troppo antipatica esperienza.

Come ho scritto ripetutamente in più libri, io non credo che l’ostinazione cieca nei propri convincimenti sia un segno di nobiltà e di fermezza di carattere: credo invece che come tutto nel mondo materiale e morale si svolge e si trasforma, così debba esser sottoposto alla medesima legge anche quel complesso vario di sentimenti e di idee che costituisce la personalità.