La chioma di Berenice (1803)/Coma Berenices/Versi 67-68
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Vertor in occasum tardum dux ante Booten
Qui vix sero alto mergitur Oceano. 68
note.
Vertor in occas. etc. Piego all’occaso prima del tardo Boote quasi servendogli di guida. Altri chiamano Boote il figliuolo di Callisto trasformato in costellazione con la madre: onde si chiama Arctofilax, custode dell’Orsa. Ma Boote suona guidatore di buoi; e s’è veduto che l’Orsa chiamasi anche plaustro. La sua stella più fulgida è Arturo. Vedendola presso al polo si nomava dalle genti più antiche Atlante quasi sostenesse l’asse del mondo. Ebbe in moglie Pleïone figlia dell’Oceano, e sette figliuole, Ovid. Fast. v verso 81.
Duxerat Oceanus quondam Titanida Tethyn,
Qui terram liquidis, qua patet, ambii aquis.
Hinc sata Pleïone cum coelifero Atlante
Jungifur, ut fama est; Pleïadasque parit.
E le sette Plejadi veramente levano quando Arturo è presso al tramonto; le quali stelle anche Virgilio, georg. i, chiama Atlantides. Ma mille tradizioni e nomi infiniti ha, come gli altri, l’asterismo di Boote; e puoi vederne alcuni negli Aratei di Germanico Cesare. Tutti i poeti dopo Omero, dianzi citato, concorrono nel nome di tardo; Ovidio elegantemente nell’incendio di Fetonte.
Te quoque turbatum memorant fugisse, Boote,
Quamvis tardus eras et te tua plaustra tenebant.
Diffatti è uno degli ultimi che si veda a tramontare. Il Partenio, primo e di tempo e di meriti fra tutti gl’interpreti del nostro poemetto, chiosa a questo passo = «Bootes ad occasum tendens tantum temporis in peragendo minimi circuii artici spatio consumit, quantum signa Zodiaci in toto mundo revolvendo». Questa unica esposizione ( gli altri ltutti non fanno osservazioni astronomiche ) è anch’essa inesatta. Gli astri spendono tutti lo stesso tempo: se non che i più vicini all’equatore compensano la ampiezza del cerchio con la velocità; i più vicini al polo compensano la velocità con l’angustia. Vi sono altre stelle più d’Arturo vicine al polo, le quali sì potrebbero dire più tarde d’Arturo, perchè percorrono nello stesso tempo, ma più lentamente, un cerchio più stretto. Che se per questa ragione Boote fosse cantato tardo da tutti i poeti, come crede il Partenio, essi avrebbero inesattamente scritto anteponendolo alle altre stelle più vicine al polo. Ma la ragione vera di questo attributo perpetuo si è; perchè essendo settentrionale tramonta assai tardi, e prima discorre lento sull’orizzonte; e questo suo tardo occaso era più osservabile agli antichi per Arturo splendidissima fra le stelle di Boote.
Il Pagnini, unendo questi due versi alle ultime parole del pentametro precedente, traduce:
« Precorro con Callisto Licaonia
» Il tramontar del pigro ed indugevole
» A tuffarsi Boote entro l’oceano .
Dove s’hanno a notare due gravissimi abbagli. 1.° Né Callimaco che scriveva in Alessandria, né Catullo che traduceva questo poema in Roma intesero mai di dire che l’Orsa maggiore tramontasse. Omero anzi dice, ne’ versi da noi dianzi tradotti, che questa costellazione è intatta da’ lavacri dell’oceano. La distanza dall’Orsa al polo artico, è minore dal polo all’orizzonte ove si prenda la latitudine di Grecia e d’Italia, e molto più ove nel globo celeste si elevi il polo a norma della
Ma la fama di questi due autori non iscema per qualche abbaglio, tributo che noi tutti mortali paghiamo alla nostra natura. Li ho notati perchè lo sciame de’ poeti prima di stordire l’Italia econ le sue ciance, studj gli antichi i quali malgrado le loro infinite allegorie, sono esattissimi tutti e dotti delle scienze de’ loro tempi. Ben io, leggendo Ovidio e Lucano, mi meraviglio come il primo che visse fra le amorose donne ed i vizj della corte, e l’altro che morì prima de’ trent’anni, ambedue ingegni impazienti, abbiano scritto sì lunghi libri e con sì universale e profonda dottrina. Sebbene anche a questi due grandi i retori movono quella guerra che suscitarono a Torquato Tasso e che non è ancora sopita. Ma i retori sono corvi che si gettano sulle piaghe de’ generosi cavalli. —
Arte del poeta. Dal verso 65 al 68. — Descrive con esattezza astronomica e secondo le più antiche tradizioni gli asterismi che circondano la chioma: onde s’accresce la verità della traslazione. La mente del lettore è piena delle storie di tante stelle ch’erano prima persone mortali, e diviene meno ritrosa a concedere lo stesso onore a Berenice; tanto più che il poeta descrive già le sue fasi. Ei vuole stringere i lettori a dubitare quale si fosse più onore per la chioma, se il risplendere sul capo della regina o fra le stelle; onde così si tempri lo stupore che potrebbe far sospettare di finzione e l’astronomo ed il poeta. Perciò la chioma raccontando l’onore a cui viene ascritta, si cruccia della lontananza dal capo della regina. Il che si vedrà ne’ versi seguenti.