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note. Versi 67-68 127


Ma la fama di questi due autori non iscema per qualche abbaglio, tributo che noi tutti mortali paghiamo alla nostra natura. Li ho notati perchè lo sciame de’ poeti prima di stordire l’Italia econ le sue ciance, studj gli antichi i quali malgrado le loro infinite allegorie, sono esattissimi tutti e dotti delle scienze de’ loro tempi. Ben io, leggendo Ovidio e Lucano, mi meraviglio come il primo che visse fra le amorose donne ed i vizj della corte, e l’altro che morì prima de’ trent’anni, ambedue ingegni impazienti, abbiano scritto sì lunghi libri e con sì universale e profonda dottrina. Sebbene anche a questi due grandi i retori movono quella guerra che suscitarono a Torquato Tasso e che non è ancora sopita. Ma i retori sono corvi che si gettano sulle piaghe de’ generosi cavalli. —

Arte del poeta. Dal verso 65 al 68. — Descrive con esattezza astronomica e secondo le più antiche tradizioni gli asterismi che circondano la chioma: onde s’accresce la verità della traslazione. La mente del lettore è piena delle storie di tante stelle ch’erano prima persone mortali, e diviene meno ritrosa a concedere lo stesso onore a Berenice; tanto più che il poeta descrive già le sue fasi. Ei vuole stringere i lettori a dubitare quale si fosse più onore per la chioma, se il risplendere sul capo della regina o fra le stelle; onde così si tempri lo stupore che potrebbe far sospettare di finzione e l’astronomo ed il poeta. Perciò la chioma raccontando l’onore a cui viene ascritta, si cruccia della lontananza dal capo della regina. Il che si vedrà ne’ versi seguenti.