XI - Caccia ai bisonti

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CAPITOLO XI


Caccia ai bisonti


Fin dove giungeva lo sguardo, schiere immense di enormi animali, con alte gobbe villose, il pelame rosso-nerastro, le teste massicce armate di corna ricurve, s’avanzavano tagliando il passo al treno, il quale aveva dovuto interrompere la sua rapida marcia per non investire quei colossi e rovesciarsi.

Erano bisonti che emigravano dal Nord al Sud in cerca di nuovi pascoli e che, come accadeva sovente in quei tempi, intercettavano le comunicazioni ferroviarie.

Quanti erano? Migliaia e migliaia senza dubbio, che procedevano lentamente, fermandosi di quando in quando per brucare le ricche e gustose foglie del buffalo-grass che coprivano la prateria, e sono preferite da quei pesanti ruminanti. [p. 81 modifica]

L’arrivo improvviso del treno non aveva affatto scombussolate le linee dei bisonti. Solamente i maschi, con una rapida mossa, si erano disposti sui fianchi della colonna, per proteggere le femmine ed i vitelli, e guatavano ferocemente, coi loro occhi tetri, la macchina che sbuffava e fischiava.

— Quanti animali! — gridava Blunt, che pareva impazzisse per la gioia. — Signor Harris!... Miss Annie!... Le carabine!... Le carabine!...

— Non abbiate fretta, amico, — disse l’ingegnere. — Credete che questa colossale emigrazione cessi fra un paio d’ore? Può durare giorni interi, mio caro. Avremo tempo di fare qualche colpo.

— Un colpo!... Eh!... Che dite, signor Harris?

— Che cosa vorreste farne di queste masse di carne? Il capotreno si rifiuterebbe di caricarveli e i soli indiani ne godrebbero.

— Che i pelli-rosse seguano questi animali?

— Non tenderanno a mostrarsi, — rispose Harris. — Dove c’è il bisonte si trova sempre l’indiano. È una emigrazione assolutamente straordinaria per questi tempi. Mi avevano detto che ormai non avvenivano che a rarissimi intervalli e non così immense.

— E dove vanno tutte queste bestie? — chiese Blunt.

— Al Sud per ora, poi torneranno al Nord. Svernano qui, poi, quando giungono i grandi calori e la siccità distrugge le alte erbe, risalgono verso le terre dei possedimenti britannici, dove gl’indiani credono che scompaiano per sempre per recarsi nel paradiso verdeggiante del Grande Spirito.

— E non vi è pericolo che assalgano il treno? — chiese Annie.

— Può darsi, però questi carrozzoni sono troppo pesanti per venire rovesciati. E poi il macchinista conosce un mezzo infallibile per allontanarli.

— Fischiando? — chiese Blunt.

— Con l’acqua bollente della macchina, — rispose Harris. — È già notte: andiamo a pranzare, e domani, se vorrete, mio caro Blunt, tireremo qualche fucilata. Guardate, anche i bisonti cominciano a sdraiarsi attraverso i binarî. Sono stanchi, e non riprenderanno la marcia prima dell’alba.

— Vedersi dinanzi tanti animali e non dar loro la caccia!... — esclamò lo scrivano.

— Vi rifarete domani. Non ci lasceranno continuare la marcia tanto presto.

Anche i viaggiatori degli altri carrozzoni cominciavano a ritirarsi, certi di ritrovare il giorno seguente quegli enormi animali.

Tutto il settentrione era coperto di bisonti; non era quindi da temere che se ne andassero senza ricevere prima un saluto.

In lontananza si udivano le urla lugubri dei lupi, quei [p. 82 modifica]formidabili predatori che non lasciano mai le colonne dei bisonti nelle loro emigrazioni, pronti a piombare sui ritardatari o su quelli che si sbandano, per farli a brani.

D’ordine del capo-treno, i lumi furono mantenuti accesi durante la notte, e parte del personale vegliò sulle piattaforme dei carrozzoni, con le rivoltelle a portata di mano, non già perchè temessero un assalto da parte dei ruminanti, ma perchè potevano essere attaccati da qualche banda di indiani: non era infatti improbabile che qualche reparto di Apaches o di Navajoes indipendenti seguisse la colossale emigrazione.

Non fu che verso le sei del mattino, quasi un’ora dopo la levata del sole, che i pigri animali si decisero a riprendere le mosse, con una lentezza così esasperante da far temere che la fermata del treno dovesse prolungarsi tutta la giornata e anche la notte successiva.

Le colonne si organizzavano a poco a poco, si fermavano a brucare le saporite erbe dei buffalo-grass, poi attraversavano i binari coi maschi sempre sui fianchi.

Parecchi minatori erano scesi dai carrozzoni armati di rivoltelle.

Blunt e l’ingegnere avevano caricate le loro carabine, splendide armi di fabbrica inglese, di lunga portata, e si erano affrettati ad imitarli, poichè desideravano offrire a miss Annie, per colazione, una lingua di bisonte, un piatto veramente da re, apprezzato soprattutto dai cacciatori della prateria, ed un filetto di gobba pel pasto serale.

— Faremo un massacro, — disse lo scrivano, con accento tragico.

- Non tanto fuoco, amico Blunt, — disse Harris. — Non sempre i bisonti si lasciano fucilare senza proteste. Guardatevi anzi dalle loro corna e tenetevi pronto a rifugiarvi sui carrozzoni.

I bisonti avevano operato una conversione affinchè le loro colonne non venissero disturbate, e non sfilavano più a breve distanza dal treno. A poco a poco si erano allontanati e tagliavano la linea ferroviaria mezzo chilometro circa più all’Est; era quindi necessario che i cacciatori percorressero un bel tratto, specialmente quelli che avevano soltanto delle rivoltelle.

Una mezza dozzina di minatori e due o tre cow-boys armati di buoni rifles di lungo tiro, si erano uniti all’ingegnere ed allo scrivano, poichè volevano anche essi assaggiare un buon pezzo di bisonte.

Miss Annie, dopo non poche preghiere da parte del fidanzato, si era rassegnata a rimanere sul terrazzino del suo carrozzone, quantunque avesse vivamente desiderato prendere parte a quella caccia emozionante e non priva di pericoli: era infatti una valente tiratrice che aveva fatto già le sue prove contro la grossa selvaggina del Gran Cañon, in compagnia di suo padre. [p. 83 modifica] Aveva però armata la sua piccola carabina americana, pronta ad accorrere in aiuto dei suoi amici, se ve ne fosse stato bisogno.

I cow-boys, tre bei giovani di forme tarchiate, che indossavano il loro pittoresco costume mezzo messicano e mezzo indiano, abituati già a quelle pericolose cacce e sprezzanti d’ogni pericolo, si erano messi alla testa del drappello, dicendo:

— Chi non è lesto, ritorni al treno.

— Veniamo tutti, — avevano risposto i minatori.

— Avanti, e quando io lo comanderò, gettatevi al suolo — disse uno dei tre.

Poichè le erbe erano assai alte ed in quel punto crescevano numerosi cactus a boccia, il drappello poteva facilmente accostarsi alle colonne dei bisonti senza venire scorto e nemmeno fiutato: il vento era infatti in loro favore e soffiava dalla parte dei ruminanti.

I cacciatori, giunti a duecento passi, si imboscarono in mezzo ai cactus, poi, i tre cow-boys, l’ingegnere e lo scrivano si allungarono fra le erbe, armando i rifle e raccomandando ai minatori di non fare, per il momento, uso delle loro rivoltelle, poichè i bisonti non erano ancora a tiro per quel genere d’armi.

I bisonti continuavano a sfilare lentamente, senza dare segno alcuno d’inquietudine. Solamente qualche vecchio maschio, più sospettoso, usciva di quando in quando dalle file per guardare il treno, che rimaneva sempre immobile a mezzo chilometro, coi fuochi semispenti.

— Mirate le femmine ed i vitelli e lasciate in pace i maschi, — disse il più anziano dei tre cow-boys. — Se ci caricano, lasciateli fare, e non scappate se non quando avrete esaurite le cartucce delle vostre rivoltelle. Scegliete il vostro capo, riflemen.

I cinque uomini puntarono le carabine mirando chi una femmina e chi un vitello, poi cinque spari rimbombarono a breve distanza l’uno dall’altro. Due femmine ferite si misero a fuggire all’impazzata muggendo, mentre tre vitelli cadevano dietro la prima linea dei maschi.

Udendo quelle detonazioni, una viva agitazione si manifestò fra le colonne. Le prime linee si sbandarono, rovesciandosi verso il grosso, urtandosi e spargendo la confusione anche fra gli altri branchi; sette od otto maschi invece, di taglia colossale, rimasero al loro posto, annusando l’aria e scuotendo le loro teste massicce, armate di corna formidabili.

— Ricaricate in fretta, — disse il cow-boy. — Ci guardano e hanno già scorto il fumo.

Avevano appena introdotte le palle nei rifles, quando i sette maschi mandarono un lungo muggito, abbassarono la testa e partirono al galoppo, facendo tremare il suolo sotto il loro enorme peso. [p. 84 modifica]Caricavano all’impazzata, con slancio irresistibile, falciando le alte erbe con gli zoccoli robusti. Pareva che un uragano s’avanzasse verso i cacciatori. Due su cinque minatori, spaventati dall’avvicinarsi di quei mostruosi animali, nonostante le raccomandazioni dei cow-boys, si slanciarono fuori dei cactus scappando verso il treno e sparando qualche colpo in aria.

— Non muovetevi voi e fate fuoco a brucia-pelo!... — gridò il cow-boy che aveva diretta la caccia. — Chi fugge è uomo perduto.

— Ventre di orso grigio!... — esclamò lo scrivano, che, quantunque si sforzasse di apparire calmo, era agitato da un tremito nervoso. — Fanno davvero impressione questi animali. Che ci stritolino?

— Non alzatevi, Blunt, — disse l’ingegnere con voce tranquilla. — Scapperanno.

Due bisonti si erano staccati dal gruppo e si erano lanciati dietro ai minatori che si dirigevano verso il treno, urlando. Gli altri cinque continuarono la loro carica furibonda, rovesciandosi addosso ai primi cactus che abbatterono a colpi di corna e di zoccolo.

Già stavano per gettarsi sui cacciatori nascosti fra le alte erbe, quando si udì il cow-boy gridare:

— Fuoco, signori!...

Una scarica di carabine e di rivoltelle accolse quasi a bruciapelo i cinque colossi, incendiando i lunghi peli del loro muso.

Spaventati e feriti in più parti, i ruminanti s’arrestarono di colpo, poi fecero un fulmineo voltafaccia scappando in direzione delle loro colonne. Uno però, dopo aver percorso una cinquantina di passi, era caduto per non rialzarsi più.

— Ecco la colazione assicurata!... — urlò Blunt.

Stava per slanciarsi verso il caduto, quando udì il capo dei cow-boys urlare:

— Salviamoli, signori!... Stanno per essere raggiunti!...

I due minatori fuggiti prima che i bisonti giungessero addosso ai cactus, nella speranza di poter raggiungere il treno e rifugiarsi sui pesanti carrozzoni, quantunque corressero come lepri, non erano ancora riusciti a mettersi in salvo e si trovavano in grave pericolo.

I due ruminanti, che si erano staccati dal gruppo, li inseguivano vigorosamente, anzi, con abile manovra, li avevano obbligati a deviare verso il nord, per tagliare loro la ritirata.

Udendo le grida di terrore dei fuggiaschi, il personale del treno, guidato dal conduttore, si era slanciato attraverso la prateria sparando colpi di rivoltella per tentare di mettere in fuga i due colossi; questi invece, maggiormente inferociti, non avevano interrotto l’inseguimento, anzi raddoppiavano di velocità.

— Avanti i riflemen!... — gridò il cow-boy. — Sono le carabine che potranno salvare quei due stupidi. [p. 85 modifica] I suoi compagni, l’ingegnere e Blunt, i soli, come dicemmo, che avevano armi da fuoco di lunga portata, si erano slanciati dietro i due furibondi animali che galoppavano a circa trecento metri, stringendo da presso i minatori.

— Non avvicinatevi troppo, Blunt, — aveva gridato l’ingegnere allo scrivano, il quale essendo il più magro di tutti e avendo le gambe più lunghe, sopravvanzava i compagni. — I bisonti quando sono infuriati non temono più gli uomini.

Era fiato sprecato. Il bravo giovane che doveva sentirsi ribollire nelle vene il sangue di suo padre, continuava impavido la sua corsa indiavolata, distanziando sempre più i cow-boys ed i minatori.

Ad un tratto si udì un urlo d’angoscia. Un bisonte aveva raggiunto uno dei fuggiaschi e con un colpo di testa lo aveva scaraventato in aria, facendogli fare tre o quattro capitomboli su se stesso.

Quando lo vide ricadere al suolo con le costole e la spina dorsale probabilmente fracassate, gli fu subito addosso, calpestandolo ferocemente coi larghi e robusti zoccoli.

I cow-boys e Harris avevano scaricate simultaneamente le carabine, nella speranza di abbatterlo, ma ancora agitati per la lunga corsa, lo avevano solamente ferito.

Lo scrivano, da uomo prudente, aveva serbato il suo colpo.

Udendo dietro di sè risuonare quegli spari, l’indemoniato animale, che aveva già ridotto il povero minatore in una massa di carne sanguinante, si era voltato e, scorgendo a breve distanza Blunt, gli si era precipitato addosso, muggendo furiosamente.

Lo scrivano non si era mosso. Appoggiò risolutamente il calcio del fucile alla spalla, attese che l’animale fosse giunto a dieci passi, poi fece fuoco mirandolo al petto.

— Bel colpo, per bacco!... — gridò il capo dei cow-boys, stupito dall’audacia e dal sangue freddo del giovane.

Il bisonte, quantunque gravemente ferito, continuò la corsa per una quindicina di passi ancora, obbligando lo scrivano a gettarsi rapidamente da parte; poi cadde bruscamente sulle ginocchia alzando il muso sanguinante: mandò un lungo muggito, dimenò per qualche istante la testa, indi stramazzò pesantemente su un fianco.

Nel medesimo istante un nutrito fuoco di rivoltelle accoglieva il secondo animale, costringendolo ad una pronta ritirata.

Il personale del treno, seguito da miss Annie e da alcuni vaqueros che si trovavano nei carrozzoni, era giunto in tempo per strappare ad una morte più che certa l’altro minatore che era caduto fra le erbe, esausto da quella lunga corsa.

— Mio caro Blunt, — disse l’ingegnere, accostandosi al bravo giovane che contemplava superbamente la grossa preda, — non credevo che voi foste capace di tanto. [p. 86 modifica]

— Sono figlio di un famoso cacciatore, — rispose modestamente lo scrivano. — Mio padre avrebbe fatto di più! Mi rincresce solo di non aver potuto salvare quel pover’uomo!

— È colpa sua se è fuggito. I cow-boys lo avevano avvertito di rimanere con noi.

Miss Annie si era accostata, tenendo in mano la sua piccola carabina che fumava ancora.

— Bravo, signor Blunt, — gli disse. — Cominciate bene la vostra carriera di cacciatore. Vi nomineremo nostro provveditore. Vi va?

— Accetto di buon grado, miss, — rispose il giovane, sorridendo. — Aspettate però che siamo giunti nel Gran Cañon.

— Tacete!... — disse in quel momento Harris.

In distanza si era udito un fischio: si cominciava a scorgere una colonna di fumo in direzione della linea ferroviaria del Rio Colorado.

— Un treno di soccorso? — chiesero varie voci, rivolgendosi ad capo conduttore che faceva scavare una fossa per seppellire il minatore.

— È impossibile, signori, — rispose l’interrogato. Nessuna stazione può aver telegrafato che noi siamo immobilizzati. E poi chi sbarazzerebbe la linea da queste migliaia di bisonti? Ci vorrebbero tre o quattro reggimenti di truppa con artiglieria. Non può essere che un treno speciale.

— Che si arresterà malgrado la fretta dei viaggiatori, — disse Harris. — Amico Blunt, strappiamo la lingua al bisonte che avete ucciso e andiamo a farla cucinare. Faremo una colazione deliziosa, miss Annie, ve l’assicuro.