Istoria delle guerre persiane/Libro secondo/Capo XXI
Questo testo è stato riletto e controllato. |
Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1833)
◄ | Libro secondo - Capo XX | Libro secondo - Capo XXII | ► |
CAPO XXI.
I. Cosroe alla notizia che Belisario stava a campo in vicinanza di Europo, fermò di non iscorrer oltre, e di mandare Abandane, altro de’ regj segretarj ed uom chiaro di nome e di prudenza, in traccia di lui, ovunque si fosse, per richiamarsi della trascuraggine di Giustiniano, il quale di soverchio indugiava a spedirgli ambasciadori per ratificare le convenzioni di pace: questa pero dir si poteva una mezza finzione, volendo egli prima di tutto indagare i divisamenti del condottiero e conoscere le forze dell’esercito romano. Belisario avvertitone preparossi a ricevere l’inviato come sono per dire: Scelti sei mila guerrieri di forme eccellenti e della miglior taglia dilungossi in loro compagnia dal campo facendo sembianza di volere attendere alla caccia; inviò parimente alle ripe dell’Eufrate Diogene capitano degli astati, e Adulio figliuolo dell’armeno Acacio, silenziario1 di grado, nome di chi presiede alla quiete della reggia, ed in allora alla testa d’un corpo di Armeni, e mille cavalieri, ingiugnendo loro di prendere tutte le guise più atte ad incutere al nemico gravissimo timore che là si rimanessero per tragettare l’Eufrate ed assalire i persiani confini. Quando poi udì vicino Abandane fecesi erigere con alcune grosse tele una tenda, nomata padiglione dai Romani, e vi dimorava seduto come se stato fosse in mezzo a un deserto, volendo comparire al tutto privo d’ogni equipaggio. Senza che erano le sue truppe siffattamente ordinate: cingevano il padiglione a destra ed a sinistra i Traci e gli Illiri; quindi venivano i Goti, secondi a questi gli Eruli, e da ultimo i Vandali ed i Maurusii. I quali tutti occupavano spazioso terreno, conciossiachè non tenevansi fermi ed immobili, ma ivan discorrendo da quinci e da quindi, e passeggiavano impensierati, e mostravano in rimirando l’ambasciadore di curarsene ben poco, e di averlo quasi a vile; nessuno avea clamide o altro mantello, ma tutti vestivano brache ed una semplice tunica di lino cinta sui lombi; e non più che uno scudiscio appariva nelle mani loro. D’armi, chi di essi aveva la spada, chi la scure e chi la sola faretra; in fine e’ si parevano tali che, deposto ogni pensiero, adoperassero unicamente a sollazzarsi colla caccia.
II. Abandane presentatosi a Belisario espose: dolersi Cosroe grandemente che Cesare (detto così in Persia l’imperator di Roma) non avessegli spedito ambasciadori a ratificare i fatti accordi; il perchè egli fu costretto di assalirne colle armi le frontiere. Il duce romano, appalesandosi nell’aspetto intrepido alla prossimità del forte campo nemico, serenissimo nella mente, e sciolto di lingua, con tutta ilarità sogghignando rispose: «Il retto procedere degli uomini è ben differente da quello di Cosroe, imperciocchè ove sorgan tra loro dispute, chiunque opina farglisi torto, cerca dapprima col mezzo di legati la via d’un risarcimento, e quindi, non soddisfacendogli, ricorre alle armi. Il tuo re per lo contrario inoltratosi già coll’esercito su quel di Roma, vuole con grandissima sfacciataggine favellare di pace». Qui tacque, e diedegli commiato.
III. Questi rivenuto a Cosroe lo consiglia di ritirare l’esercito prontamente, accertandolo che non aveva mai veduto duce più forte ed accorto, nè truppa di egual coraggio, encomiandone soprattutto la robustezza. Mostragli ancora la disparita somma nell’aringo tra lui e Belisario, da che riuscendo egli vittorioso non ne riporterebbe altra gloria salvo quella di aver vinto un suddito di Giustiniano, ma se contraria avesse la sorte delle armi farebbe gran vituperio a sè stesso ed alla sua prosapia. I Romani di più all’uopo d’una sconfitta avrebbero ogni dove luoghi muniti da ripararvi, quando alle reali truppe, nell’egual circostanza, mancherebbe qualunque asilo, nè rimarrebbevi forse chi di loro tornasse in Persia a riferirne la nuova.
IV. Il monarca indotto e persuaso da queste rimostranze desiderava conformarvisi, ma trovavane difficilissima la esecuzione, sapendo molto bene la impossibilità di retrocedere per quelle terre all’intutto devastate nella sua venuta, e paventando non i Romani stessero all’erta per fargli opposizione al valicare dell’Eufrate. Dopo lungo pensare in fine risolvè aprirsi la via per lo mezzo de’ nemici, e traversare una regione assai ricca d’ogni maniera di vittuaglia. E Belisario conoscendo meglio d’ogni altro che cento mila guerrieri non impedirebbero al re il passaggio del fiume, guadabile in molti punti, e che indarno opporrebbesi collo scarso numero delle sue truppe all’immenso esercito di lui, ordinò che Diogene e Adulio abbandonassero l’Eufrate, e mettessero in angustia il nemico ascondendogli la destinazione loro. Quanto poi a sè provava tutto il contrario di quelle reali determinazioni, che mettevanlo fuor del pericolo di guerreggiare colla pochissima gente sua, trepidante al solo proferirsi del nome persiano, contro un esercito di tanta mole2.
V. Cosroe allora condusse tutte le truppe al di là dell’Eufrate erettovi con prestezza somma un ponte; nè il varcar de’ fiumi può intrattenere giammai gli eserciti persiani forniti sempre dei necessarii mezzi a compiere di subito questi lavori. E giunto all’altra sponda mandò a Belisario dichiarandogli che ritiravasi unicamente per mostrare il suo buon animo ai Romani, ed attendeva i loro ambasciadori, com’era giustizia di vederli prontamente comparire. Il duce imperiale, trapassato anch’egli l’Eufrate, inviò a ringraziare il Persiano dell’urbanità sua, ad accertarlo che presto riceverebbe l’ambasceria per conferire sulle condizioni della pace, ed a pregarlo che non guastasse il suolo romano, ma riguardasselo, passandovi, qual pertinenza di confederati suoi. Quegli rispose ne’ più gentili modi, e promettea secondarlo in tutto, purchè fossegli mandato qualche ragguardevole personaggio in istatico. E Belisario al primo giugnere in Edessa inviògli Giovanni, figliuolo di Basilio, nobile e ricco sopra ogni altro della città, ma dispiacente assai di questa sua destinazione.
VI. Per tale evento il duce ebbe grandissimi encomi dai Romani e parve loro eziandio più glorioso di quando menò prigionieri in Bizanzio Gilimero e Vitige; e che tale si fosse il giudicheremo pure noi ove consideriamo che prima della sua venuta gli imperiali alla custodia di que’ luoghi, paventando il nome stesso dei nemici, per ogni loro operare non sapevano che tenersi ascosi ne’ luoghi muniti, e lasciavano porre a ferro e fuoco da un formidabile esercito le proprie terre; ma egli, sollecitamente accorsovi da Bizanzio, con debolissime truppe fiaccò l’orgoglio persiano mettendoglisi di contro a campo, e fe sì che il re, o impaurito della fortuna e del valor di lui, o da stratagemma gabbato, rinunziasse all’estendere più oltre le sue rapine e retrocedesse, coprendo la pusillanimità dell’animo suo coll’addurre a pretesto della improvvisa ritirata una finta brama di pace.
VII. Cosroe indi rinvenuta Callinico senza difesa entrovvi armata mano e con piena trasgressione delle promesse fatte, introducendovi l’esercito da una fortuita apertura nelle muraglie: conciossiachè i Romani demolite appunto allora le antiche e guaste dagli anni eran dietro a costruirle di nuovo. Gli agiati cittadini però al primo romore che le truppe nemiche marciavano da quella via ripararono con tutte le preziose masserizie ne’ luoghi muniti di que’ dintorni; ma i poveri ed i moltissimi agricoltori accorsivi da ogni banda furono costretti a seguire, demolita la città, come prigionieri il Persiano, che dappoi, arrivato lo statico Giovanni, ricondusse l’esercito nel suo regno.
VIII. Nello svolgersi di queste vicende quelli Armeni che dalla divozione dell’imperio erano ribellati al re fecero volontariamente istanza di tornare sotto gli antichi loro padroni, ed ottenuto un salvo condotto giunsero in Bizanzio con Bassace; ultima delle cose avvenute nella terza persiana scorreria. Giustiniano di poi richiamò a sè Belisario per commettergli nuovamente gli affari dell’Italia3 agitata da serie turbolenze.
Note
- ↑ I manipoli delle truppe aventi in Bizanzio la custodia del palazzo imperiale si chiamavano scuole, e gli individui loro scolari; questi erano esperti della guerra, sebbene registrati sui ruoli militari, abitavano i più la città, ed avevano il privilegio di vestire la divisa del corpo; tale instituzione pertanto sembra non avere avuto altro scopo che la pompa del principe, ed il servire alla maestà delle sue funzioni. Distinguevansi poi le scuole in parecchi ordini, ognuno de’ quali avea il suo particolar nome, per esempio i soldati pretoriani, i custodi del palazzo, quelli del corpo, gli escubitori, o vogliam dire le sentinelle; e di loro chi avea stipendio, chi era semplicemente onorario.
Ad un più nobile ordine tuttavia appartenevano i domestici, i protettori, ed i silenziarii, questi ultimi in ispecie, il cui capo nomavasi gran silenziario, riscuotevano somma riputazione, e siccome dimoravano nell’intimo gabinetto, o sia nella camera di riposo dell’imperatore, erano anche detti cubicularii, dove custodir dovevano il maggior silenzio, rammentato loro ognora dalla propria denominazione. La stanza inoltre ove dimoravano chiamavasi pure il secondo velo a differenza del primo velo collocato all’ingresso delle prime sale, appellate concistorii dal trattenervisi la moltitudine in aspettativa di essere presentata. Le voci poi primo e secondo velo corrispondono a prima e seconda porta, mercecchè un velo, o cortina o portiera, chiudeva l’ingresso ne’ palazzi e negli appartamenti. L’ordine de’ silenziarii in fine tenevasi di tanta dignità da essere agguagliato a quello de’ senatori, de’ patrizj, e de’ prefetti, come rileviamo di leggieri anche da queste parole di Doroteo: «Il senato, i patrizj, i prefetti, i silenziarii, milizie tutte onoratissime». - ↑ Ben differentemente pero fu interpretato da molti questo procedere del romano duce, come narra il Nostro nella Storia Segreta. Imperciocchè dopo aver detto ch’egli discacciò dalle terre imperiali con laude il nemico, soggiunge «Pur ne trasse macchia d’obbrobio. E fu per questo, che avendo Cosroe, passato l’Eufrate, presa Callinico, città spopolatissima e sprovveduta d’ogni presidio menandone via infinite moltitudine di Romani, Belisario non curò d’inseguirlo, ma si tenne chiuso ne’ suoi alloggiamenti: sicchè ingerì sospetto o di essersi a bella posta condotto male così, o di avere secondati i nemici con la sua poltroneria» (cap. 7).
- ↑ «Ammalatosi Giustiniano di pestilenza (gravissima in Bizanzio a que’ dì come vedremo nel capo seguente) e pervenuta all’esercito la nuova di sua morte, alcuni de’ prefetti pretendevano sediziosamente che l’esercito proclamasse il nuovo imperatore onde non vedersi costretti a rimanere sempre nei campi. Smentitasi però tal voce Pietro e Giovanni Elluone sostenevano essere autori della congiura Belisario e Buze. Il perchè Teodora avutone sentore ottenne dal consorte che fossero chiamati in Bizanzio, ove il primo, sebbene non accusato di colpa veruna, fu tolto di carica, surrogatogli nel comando dell’orientale esercito Martino» (Storia Segreta, cap. 7).