Istoria delle guerre persiane/Libro secondo/Capo XX

Capo XX

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[p. 226 modifica] [p. 227 modifica]commesso trafugamento alcuno. Ma Cosroe fingendosi non pago del valore di que’ sacri arredi vi mandò nuovi ministri coll’ordine apparentemente d’investigare se il tempio conservasse. tuttavia un che di prezioso, tendendo in effetto la sua mandata a conoscere se fossevi mezzo di sorprendere all’improvista la città.

III. Stando però negli eterni decreti che andassero falliti gli insidiosi piani del barbaro, uno de’ Saraceni, cristiano, di nome Ambro e sotto le insegne di Alamandaro, accostatosi nelle tenebre alle porte disvelse ai cittadini l’ordita trama, e diede loro il consiglio di non permettere l’entrata in esse ad uom de’ Persiani. Il re vedendo retrocedere gli esploratori senza aver dato compimento a’ suoi ordini, deliberò la rovina di Sergiopoli mandandovi incontamente sei mila guerrieri ad assediarla e a diroccarne le mura. Il presidio tennesi da principio valorosamente, ma quindi scoraggiato dal pericolo e dal poco suo numero, sommando appena dugento gl’idonei alle armi, risolvè di patteggiare cogli assalitori. Così era la bisogna quando nel buio della notte rivenne Ambro ad annunziargli che tra due giorni il nemico leverebbe l’assedio per la totale mancanza d’acqua; e quello pieno d’allegrezza depose ogni pensiero di arrendimento. Nel secondo giorno di fatto i barbari arsi dalla sete di là movendo tornarono presso del re, il quale in vendetta dell’avvenuto non accordò più al vescovo di tornare alla propria sede. Or parmi avere costui portato la pena dell’essere addivenuto spergiuro; ma di tali vicende a bastanza si è detto. [p. 228 modifica]

IV. Entrato Cosroe nel paese de’ Commageni detto Eufratesia1, nè volendo arrestarvisi per raccorne bottino, anche di troppo da lui manomesso nella prima scorreria2, divisò invece comparire all’improviso tra’ Sirii, ed ora debellavane le città, ora imponeva loro gravissimi tributi, sempre a sè stesso conforme nei suoi diportamenti. Ed ebbe sino il pensiero di procedere al dritto verso la Palestina3, informatissimo della ubertà di quelle terre e del molto oro posseduto dagli abitatori, col proposito di saccheggiarne i tempj, e principalmente la [p. 229 modifica]sacra e preziosa suppellettile del Gerosolimitano; nè ai Romani, duci e truppe, bastò l’animo di affrontarlo o di essergli molesti per la via, deliberando invece riparare ne’ luoghi muniti, e difenderli com’e’ potessero il meglio.

V. Se non che Giustiniano avvisato della spedizione di Cosroe elesse nuovamente Belisario a condottiero dell’esercito contro i Persiani, e questi partì di subito co’ pubblici cavalli per accelerare l’arrivo nel’Eufratesia. Divulgatasi la sua venuta, Giusto, nipote dell’imperatore, e Buze ed altri duci riparati entro Gerapoli inviarongli una lettera del tenore seguente:

VI. «Cosroe, ti è noto, marcia contro di noi alla testa d’un esercito ben più forte del primo: ignoriamo ancora dove tenda, ma è di certo da qui non lunge, e passa oltre non depredando la calcata regione. Se brami conservare la tua libertà per usarne a pro dell’imperatore, di noi stessi e de’ Gerapolitani non hai miglior partito a scegliere che quello di rinchiuderti entro queste mura». Belisario nondimeno, riprovando il consiglio e la pusillanimità loro, avviossi incontamente ad Europo4, castello presso dell’Eufrate, e raccolto l’esercito da ogni banda vi pose il campo; dopo di che tal riscrisse ai prefati duci.

VII. «Se Cosroe prendesse a guerreggiare uomini [p. 230 modifica]non romani o sudditi dell’imperio, buono e provvido giudicherei il vostro consiglio, sendo follia l’andare in traccia di pericoli allorchè possiamo avere sicurezza nel riposo; ma quando il barbaro vuol partirsi di qui per iscorrazzare altra provincia dell’imperator nostro, e questa ottima ed inerme, reputo migliore avviso il morire valorosamente combattendo, anzi che metterci fuor di guai con vituperio senza cimentare la sorte delle armi, nomandosi ciò tradigione e non salvezza. Affrettatevi dunque di venire in Europo, dove raccogliendo tutto l’esercito che Dio ne ha dato avrem mezzo di travagliare il nemico». I duci al ricevere della lettera n’ebbero grande letizia e rincoramento; quindi, commessa a Giusto la difesa di Gerapoli, gli altri tutti colle truppe entrarono in cammino alla volta del castello.

Note

  1. Scilicet Euphratesia, leggiamo in Teodoreto, medio aevo dicta fuit, quae olim fuit Commagena, ampliatis paullisper finibus (lib. ii). Plinio laconicamente ne stabilisce i limiti con queste parole: Cingilla Commagenem finit, Imma civitas incipit. Così poi Strabone parla di lei: «La Commagene, piccolissima regione, ha Samosata, città naturalmente forte e capitale del regno; ora è addivenuta provincia. Le sue terre sono poche in vero, ma fertili assai» (lib. xvi).
  2. V. cap. 5 e seg. di questo libro.
  3. «La Palestina, detta parimente Giudea, termina da settentrione colla Siria, da levante e meriggio coll’Arabia Petrea, e da occaso coll’egizio continente che giugne sino al mare» (Tolom., lib. v, cap. 16). Ammiano Marcellino così la descrive: Ultima Syriarum est Palaestina per intervalla magna protenta, cultis abundans terris et nitidis, et civitates habens quasdam egregias, nullam nullis cedentem, sed sibi vicissim velut ad perpendiculum aemulas: Caesaream, quam ad honorem Octaviani principis exaedificavit Herodes, et Eleutheropolim, et Neapolim, ibidem que Ascalonem, Gazam et Iuliam aevo superiore extructas (lib. xiv, cap. 26). V. Strab., lib. xvi; Tacito, lib. v Hist, cap. 6 e 8.
  4. Nominato da Plinio con queste parole: In Syria oppida, Europum, Tapsacum (lib. v).