Ione (Euripide)/Primo episodio
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Entra Creúsa riccamente vestita, e si appressa lentamente al tempio. Il suo aspetto è triste. Ione la guarda con interesse, e le rivolge la parola.
ione
È, la tua, generosa indole; è prova
dei tuoi costumi il tuo contegno, o donna,
quale tu sia: la nobiltà d’un uomo
già dall’aspetto per lo piú si giudica.
Creúsa fissa Ione, si nasconde il viso e piange.
Ahimè!
Tu mi colpisci di stupore, quando
il tuo viso hai celato, e la tua nobile
gota di pianto hai resa molle, come
le sacre sedi dell’Ambiguo hai viste.
Perché piombare in tanta ambascia, o donna?
Dove s’allegran gli altri, appena vedono
del Nume il santuario, ivi tu lagrimi?
creusa
Del mio pianto stupire, ospite, segno
di stoltezza non è. Questo vedendo
tempio d’Apollo, ad un ricordo antico
io corsi: pure essendo qui, la mente
restava in patria. Ahimè, donne infelici!
O soprusi dei Numi! E che? Giustizia
dove trovare piú, quando ci strugge
l’iniquità di quelii che comandano?
ione
Perché disperi, e parli oscuri detti?
creusa
Nulla! Il dardo ho lanciato. Il resto ascondere
vo’ nel silenzio; e tu cura non dartene.
ione
Chi sei tu? Donde giungi? E da qual padre
sei nata? E quale il nome onde io t’appelli?
creusa
Creúsa è il nome mio: d’Erettèo nacqui;
mia terra patria è la città d’Atene.
ione
Celebre la città, nobili sono
i padri tuoi: come t’ammiro, o donna!
creusa
Di tanto, e non di piú, sono felice.
ione
Pei Numi, è vero, come narran gli uomini...
creusa
Che vuoi saper? Fa’ ch’io chiaro lo intenda.
ione
Che dal suol nacque di tuo padre il padre?
creusa
Certo, Erittònio: e poco io n’ebbi d’utile.
ione
E da le zolle lo raccolse Atena?
creusa
Che sua madre non fu, con man virginea.
ione
E lo die’, come sogliono dipingere....
creusa
Senza mostrarlo, alle figlie di Cècrope.
ione
So che il cestello le fanciulle aprirono.
creusa
Perciò, spente, le rocce insanguinarono.
ione
E dimmi ancora:
è vera forse quella voce, è falsa...
creusa
Qual voce? Chiedi, tempo ho da risponderti.
ione
Che le figlie Erettèo sacrificò?
creusa
Per la sua patria, cuore ebbe d’ucciderle.
ione
E come tu salvata unica fosti?
creusa
Or ora nata, in braccio ero a mia madre.
ione
Vero è che il padre tuo nasconde un baratro?
creusa
Il tridente marin l’apriva, a struggerlo.
ione
È Rupilunghe di quel luogo il nome?
creusa
Che chiedi? Oh quale in me ricordo susciti!
ione
Febo e i suoi vampi onorano quel luogo....
creusa
d’onore indegno. Oh mai l’avessi visto!
ione
Che? Quanto al Nume è piú diletto aborri?
creusa
No; ma quell’antro sa meco un obbrobrio.
ione
Qual degli Ateniesi a te fu sposo?
creusa
Non fu d'Atene: d'altra terra fu.
ione
E chi? Certo di stirpe ei nacque nobile.
creusa
Xuto, d’Eolo figlio, Eolo di Giove.
ione
Come te cittadina ebbe, egli estraneo?
creusa
Presso ad Atene è la città d’Eubèa.
ione
Che di mare ha confini, a ciò che dicono.
creusa
Questa distrusse, a fianco dei Cecròpidi.
ione
Giunto alleato? E quindi ebbe il tuo talamo?
creusa
Dote di guerra, e premio al suo valore.
ione
E con lui giungi, o sola, a quest’oracolo?
creusa
Con lui: nell’antro di Trofonio or trovasi.
ione
Sol per vedere? O a consultar gli oracoli?
creusa
Anche il responso di Trofonio vuole.
ione
Forse intorno ai ricolti? O intorno ai pargoli?
creusa
Siamo sposi da tanto, e senza figli.
ione
Né partoristi mai? Sei senza prole?
creusa
Bene Febo lo sa, se non ho figli.
ione
O te felice in tutto, e in questo misera!
creusa
E tu chi sei? Beata la tua madre!
ione
Servo del Dio son detto, e tale io sono.
creusa
Dono dei cittadini? Oppur venduto?
ione
Appartengo ad Apollo: altro non so.
creusa
Ospite, allora anch’io compiango te.
ione
Giusto è: ché il padre mio, la madre ignoro.
creusa
Abiti in questo tempio, oppure in casa?
ione
Mia casa è il tempio, i sonni miei lí dormo.
creusa
Pargolo qui venisti, o giovinetto?
ione
Pargolo, dice chi saper lo può.
creusa
Quale donna di Delfo t’allattò?
ione
Mammella io non conobbi: mi nutrí...
creusa
Chi? Dogliosa qui giungo, e doglie trovo.
ione
La ministra del Dio: madre io la chiamo.
creusa
Da chi sinor sostentamento avesti?
ione
Mi nutrîr l’are, e quanti ospiti giunsero.
creusa
Misera, quale ella pur sia, tua madre!
ione
Certo dal fallo d’una donna io nacqui.
creusa
Belle son le tue vesti: hai di che vivere?
ione
Per il Nume che servo io mi fo bello.
creusa
La tua stirpe a cercar mai non pensasti?
ione
Indizio non possiedo alcuno, o donna.
creusa
Ahimè! Patí
ciò che patí tua madre, un’altra donna.
ione
Quale? M’allegro, se il mio duol partecipa.
creusa
Per essa qui, pria del mio sposo io venni.
ione
A quale scopo? Aiuto io ti darò.
creusa
Per chiarire di Febo un motto oscuro.
ione
Parla: ché in tutto io vo’ servigio renderti.
creusa
Odimi, dunque... Ah, mi trattien vergogna!
ione
È inetta Diva: a nulla approderai.
creusa
Stretta un’amica mia d’amor con Febo...
ione
Con Febo una mortale? Oh, piú non dire!
creusa
N’ebbe un pargolo; e suo padre nol seppe.
ione
Ma no, l’ebbe da un uomo; e n’ha vergogna.
creusa
Essa lo nega. E un tristo atto compie’.
ione
E come mai, se a un Nume ella soggiacque?
creusa
Portò fuori di casa, espose il pargolo.
ione
E quel pargolo, ov’è? Vede la luce?
creusa
Niuno lo sa: perciò venni all’oracolo.
ione
Se piú non vive, in che modo scomparve?
creusa
Pensa che fiere ucciso abbiano il misero.
ione
Ed a qual prova s’affidò per crederlo?
creusa
Tornò dove l’espose; e piú non c’era.
ione
E c’era su la via stilla di sangue?
creusa
Dice di no, per quanto il suol cercasse.
ione
E quanto tempo corse, dalla perdita?
creusa
Gli anni tuoi, se vivesse, appunto avrebbe.
ione
Empio quel Nume, e quella madre misera!
creusa
Né piú, dopo quel punto, ebbe altro figlio.
ione
Che rapito e nutrito il Nume l’abbia?
creusa
Chi gode solo un ben comune, è ingiusto.
ione
Ahi, questa sorte al mio dolore è cònsona.
creusa
Anche te bramerà tua madre misera.
ione
Non ricordarmi un duol posto in oblio.
creusa
Taccio. L’ufficio compi onde io t'interrogo.
ione
Sai qual’è dei tuoi detti il punto debole?
creusa
E che, tapina, è in lei, che non sia debole?
ione
Svelar può il Nume ciò che vuol nascondere?
creusa
Sul tripode non sta per tutta l’Ellade?
ione
Onta di ciò che fece egli ha. Non chiedere.
creusa
E doglie ha quella che patí tal sorte.
ione
Niun v'ha che possa a te dar quest’oracolo.
Se di tristizia nel suo tempio stesso
fosse Febo convinto, a chi ti desse
tale responso, un danno infliggerebbe.
Allontànati, o donna: ai Numi chiedere
ciò che ad essi fa scorno, non è lecito.
Della stoltezza attingeremmo il vertice,
se lor malgrado i Numi costringessimo,
le vittime sgozzando, o degli aligeri
spiando il volo, a dir ciò che non vogliono.
I beni a forza conquistati, o donna,
contro il voler dei Numi, util non recano.
Giova ciò sol che di buon grado accordano.
coro
Molti gli uomini son, molti gli eventi,
di varia forma; e avventurato in tutta
la vita, a stento trovi alcun degli uomini.
creusa
Né lí giusto, né qui, Febo, tu sei
verso l’assente, ond’io la causa pèroro.
Non salvasti tuo figlio, e lo dovevi,
né rispondi alla madre, e sei profeta,
che dimande ti volge, affin che un tumulo
se non vive, gl’innalzi, e se ancor vive,
di sua madre al cospetto infine giunga.
Quando impedisce il Dio che quello io sappia
che bramo, è vano che ci siano oracoli.
Ma veggo, ospite, il mio sposo bennato,
Xuto: lasciato di Trofonio ha l’antro,
e viene qui. Di ciò ch’io dissi, nulla
ridire a lui, ché scorno a me non rechi
di segreti impacciarmi, e i detti miei
altri da come io svolti li ho, non corrano.
La femminil condizione, facile
non è, di fronte agli uomini: le buone,
se pratican le tristi, in odio vengono
anch’esse; tanta è la miseria nostra.
Entra Xuto.
xuto
Dei miei saluti le primizie accolga
primo, e s’allieti il Nume; indi tu, sposa.
Forse a temer t’indusse il mio ritorno?
creusa
No: pure ero in pensiero. E adesso, dimmi,
quale responso da Trofonio rechi?
Come daranno figli i nostri amplessi?
xuto
Non volle anticipar d’Apollo i detti:
sol disse ciò: che senza figli riedere
né io né tu dovremmo dall’oracolo.
creusa
Madre di Febo veneranda, fausta
sia la nostra venuta, e in bene torni
l’amistà ch’ebbi con tuo figlio un giorno.
xuto
Cosí sia. Ma di Febo ov’è l’interprete?
ione
Io degli esterni: dei responsi interni
altri, che piú siedono presso al tripode,
fra i Delfi eletti, e l’indicò la sorte.
xuto
Bene. Quanto chiedevo or tutto so.
Entriamo dentro: poiché già la vittima
offerta dai foresti, innanzi al tempio,
dicono, cadde: e in questo dí, ch’è fausto,
del Nume consultar voglio i responsi.
E tu, del mirto i ramicelli, o sposa,
prendi, agli altari dei Celesti appressati,
e implora ch’io propizi rechi, dalla
casa d’Apollo, ai pargoli gli oracoli.
Entra nel tempio.
creusa
Lo farò, lo farò. Se vuole almeno
l’Ambiguo riscattar le colpe antiche,
in tutto caro esser non può; ma come
brama, l’accoglierò: ch’egli è pur Nume.
Si allontana.
ione
Con quali detti oscuri al Nume allude
la stranïera, e sempre lo vitupera!
Per amor di colei, forse, per cui
l’oracolo consulta? O tace cose
che conviene tacer? Ma della figlia
d’Erettèo che m’importa? Ha con me forse
rapporto alcuno? Adesso vado, e verso
negli aspersorî, con le coppe d’oro,
rorida linfa. Ma convien ch’io biasimi
quello che Febo fa. S’unisce a forza
con le fanciulle, e le tradisce, e i figli
furtivamente procreati, lascia,
senza pensiero darsene, che muoiano.
Non imitarlo tu! Ma, fatto grande,
pratica la virtú. Vedete! Quando
tristo è un mortale, i Numi lo puniscono.
Bella giustizia! Voi, Numi, sancite
le leggi pei mortali, e siete i primi
a vïolarle? Se doveste un giorno
(non sarà mai, ma pure supponiamolo)
tu, Posidone, e tu, Giove, che reggi
il firmamento, rendere giustizia
dei soprusi d’amore a tutti gli uomini,
i vostri templi vuoti rimarrebbero
in poco d’ora. Ingiusti siete, quando
piú del vostro piacer che della cura
dovuta a noi, pensier vi date. Giusto
non sarà, no, chiamare tristi gli uomini
che quanto ai Numi sembra bello imitano,
bensí quelli che a noi sono maestri.
Si allontana.