Io cerco moglie!/XVII
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XVII.
ED ALTRI ANIMALI.
L’avvocato è venuto a trovarmi, per sentire se avevo bisogno di niente.
Ci facciamo reciprocamente soggezione: io con la mia linea composta, lui con quei baffi da moschettiere.
È meravigliato vedendo che io avevo già in mano la mia corrispondenza, mentre lui aveva fatto tanti reclami.
— Niente reclami, — dico io. — Usi col postino il sistema turco del piccolo bascisc, e sarà servito puntualmente.
Passiamo all’esame della casa.
— Guarda come mi hanno lasciata questa povera casa! — esclamava. — La cucina bisognerà farla imbiancare, assolutamente.
Mi racconta la dolorosa storia: gli inquilini precedenti se ne sono andati via, zitti e quieti, di notte, come un campo arabo che levi le tende, e, naturalmente, senza pagare.
— Grave! — dico io.
Mi fa notare che la villetta era stata data in affitto ad un prezzo di favore, considerate le condizioni speciali di quella famiglia.
— Ah, molto grave! — ripeto io.
— Non me lo sarei proprio mai imaginato.
— Molto più grave ancora — ripeto io.
Mi guarda meravigliato.
Ma anch’io sono meravigliato. Che vale essere avvocato, avere baffi alla moschettiera, quando si ignora che fare favori equivale a farsi dei nemici?
Il mio “grave!„ vuol dire tutto questo. Mi limito a domandare se per caso avesse nella sua villa una rimessa per la mia automobile.
— Lei ha l’automobile?
— Ma certamente.
È curioso ed è lusinghiero: per questi piccoli borghesi sentir dire “la mia automobile„ è come sentir dire “io sono conte„. E quando poi i sassolini del vialetto hanno scricchiolato sotto le gomme della mia limousine, constato una profonda impressione.
L’avvocato aveva fatto sgombrare, in fretta e furia, una rimessa, dove la mia automobile entrò a pena a pena.
Vedo la signora che fa due occhi, stringe lo labbra in giù; e l’avvocato dice: — Perbacco!
Anche la signorina Oretta guarda la mia automobile.
— Come è bella, è vero, papà?
— Diciotto-ventiquattro HP, signorina — dico io — nuovo modello, messa in moto automatica, illuminazione elettrica.
La signora mi domandò come ho dormito. Volevo rispondere: “Letto molto sconquassato„. Ma vi sostituisco l’affare della gatta.
— Già — mi dice l’avvocato — hanno portato via tutto; e ci hanno lasciato i gatti.
Dico io:
— Però lei, avvocato, si varrà dell’articolo del codice 1950, o qualche cosa di simile.
— Oh, bravo! — mi fa la signora con significazione. — Senti che te lo dice anche il signore? Gli infami! Dopo tutto quello che avevamo fatto per loro. Persino il carbone in cucina ci avevamo messo! E quello che hanno rovinato! Gli elastici del letto eran novi noventi. Cosa ci facevano poi...? I ragazzi ci saltavano sopra.
Qui interviene la signorina Oretta: — Lui, papà, ti ha scritto che pagherà.
— Mi dispiace, signorina, — dico allora io — ma pagherò non basta. Tutti possono dire pagherò. Si dice: pago! signorina.
— Senti, bambina, — dice mamà, — il signore come parla bene?
Io ho parlato con amabile sorriso, ma con tutto questo inspiro soggezione.
La signorina Oretta è confusa, e non risponde.
*
L’accordo fra me e la signora è completo, e diventa più completo quando io pago l’affitto sùbito e senza discussione. Chi discute è lei. Entra in confidenza con me. Il Comune socialista è il suo incubo, è l’orco che le mangia la casa, cioè gliela rosica con l’aumento delle tasse.
— Signora, — io le rispondo, — non c’è che un rimedio: loro ròsicano da una parte, e noi rosichiamo dall’altra.
La signora non capisce il mio elegante linguaggio. Dice che mi farà imbiancare la cucina.
*
È idillico! È una famiglia idillica; e anch’io divento idillico.
Pranzano — con la buona stagione — sotto la pergola. Quando si fa sera, accendono una gran lampada ad acetilene. È la signorina che fa i servizietti, porta il vassoio, si alza, va e viene, porta i fiammiferi, quei benedetti fiammiferi, che l’avvocato non sa mai dove se li metta.
Spesso mi invitano a prendere il caffè. La signorina mi serve il caffè col suo bel tovagliolino.
— Oh, che bei ricamini! Ricamato da lei, scommetto.
— Invece sono stata proprio io — dice madama Caramella.
Faccio le mie più vive congratulazioni.
Famiglia molto buona, ma anche alla buona.
L’altro giorno, visita, — chiudeva il corteo il cane Leone — al brolo, all’orto. Pere e pesche sono l’ambizione della signora. Ma i bruchi all’interno e i ladroncelli all’esterno, costituiscono una minaccia perenne, come il Comune socialista.
— Non si può salvar niente! Vi sono queste pesche che vengono mature adesso, di giugno, grosse così, e che sono una bontà. — Le ha persino contate. Macchè! — Oh, ma c’è adesso Leone per quei ladroncelli.
Io cito la Svizzera dove le pesche possono pendere sul capo dei passanti senza che nessuno le tocchi.
— Quelli son paesi! Da noi non c’è nessun rispetto per la roba degli altri!
Visitiamo anche il porcello, già a me ben cognito. Mi dice la signora: — Ogni anno, per Natale, ammazziamo il maiale, perchè, lei capirà, se si dovesse comperare tutto alla bottega, non si finirebbe più, col prosciutto oggi a 0.90 all’etto. Pensi! Noi facciamo in casa i salamini, i ciccioli, le finocchiate, le coppe, il budino dolce col sangue.
Il porcello, metà roseo e metà bianco, in età ancor giovanile, viene fuori baldanzoso e ignaro di queste cose che lo riguardano. Il cane lo annusa con benevola sopportazione.
— È un maialino inglese, un Yorkshire — dice l’avvocato.
— Carino, eh? — dice la signora. — Sentisse che prosciutti!
Mi accorgo che esiste fra tutta quella ménagerie una certa familiarità. Guardo Oretta che mangia i ciccioli e il salamino. Forse questo matrimonio è una mésalliance.
*
Non c’è che il cane Leone che non sia idillico, anzi è insopportabile.
Tutte le volte che varco il cancelletto della villa dell’avvocato, pare che mi veda per la prima volta: mi sbarra la strada con salti tremendi e con espressioni di cattivo augurio.
È accorsa la signorina Oretta.
— Non abbia paura, signor cavaliere. Scherza. E non te l’ho detto, bestione, che il signore è nostro amico?
— Io credo, signorina, che converrà rinnovare la presentazione — dico io. — Ha una fisonomia sospetta.
— Tanto intelligente! Leone, dà subito la zampa al signore.
Ma la bestia si rifiutò.
— Guarda che caparbio!
— Ma è naturale — dice sorridendo l’avvocato. — È un cane pastore di pura razza tedesca.
— Papà, ti prego! Sai che mi fai dispiacere. Non è vero Leone che sei italiano?
Il cane Leone agita il testone festoso, e lo dimostra tutto il suo nazionalismo. La signorina Oretta eseguisce una lotta a corpo a corpo col bestione: è molto graziosa.
Il cane è abbattuto e sta.
Contemplo.
La testolina della signorina Oretta, con quei capelli, un po’ sconvolti, mi appare più seducente; gli occhi splendono all’improvviso come se dentro si fosse sviluppato un incendio.
— Figlia mia! La mia piccola primavera — disse l’avvocato quasi sospirando.
“E anche la mia„ — pensai.
*
Riscontro dei motivi di decorazione anche su la signorina Oretta: il nasino posa sopra le mensole di due graziosi ricami. Sul naso, in alto, sta un neo, non avvertito prima, ma non guasta perchè si confonde con le sopracciglia. Le guance sono coperte di una peluria come le pesche. La bocca è disegnata con colorito assai forte, e quando ride le si formano agli angoli due piccoli ghirigori birichini. Però l’apertura delle labbra sembra che non chiuda bene; questa cosa permette tuttavia di vedere il ricamo dei denti. Da quella bocchina semi-aperta mai ho visto venir fuori la punta della lingua; ma sembra che debba venir fuori quella vocina che dirà sempre cose stupidine ma molto gentili.
In complesso mi piace, e mi dichiaro soddisfatto.
*
L’altra mattina che sono partito presto per Milano, mentre salivo in automobile, la signorina mi ha domandato come sta mia madre.
— Benissimo, signorina. Vuol venire a Milano?
— Col papà e la mamà.
“Sì, stella, caricheremo tutti„. Carina quella fanciulla! La purità, checchè ne dica Lionello, è un articolo che andrà sempre.
*
Rivedo il mio appartamento, a Milano. Curioso! Mi pare deserto. Direi che ci sia caduta la polvere.... Cosa inverosimile e oltraggiosa per la mia governante. Eppure mi fa un certo effetto.... No, non è la polvere: è che c’è poco sole. Eppure c’era il sole a Milano! Ma poi ci colloco, con la fantasia, la signorina Oretta, che è diventata signora Oretta, e mi pare che vi sia una fontanella di campagna che sparge intorno la sua deliziosa freschezza.