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— Senza precedenti, eh? — disse allora Maioli filando con grazia nella sua bella bocchina il primo tortellone tutto lagrimoso di burro.

— Che cosa? I tortelloni?

— No! Donna Ghiselda. Dite la verità: voi non credevate, Sconer.

Mica male. È impressionante anche per uno che viene da Milano. A sciogliere quei capelli viene giù un Niagara di biondo.

— Ma poi la resistenza! — dice Maioli. — Vedete, le vere bellezze sono quelle resistenti, organiche, di razza. E avete osservato! In donna Ghiselda voi avete la fusione del rettilineo col curvilineo; dell’evanescenza con la consistenza; della beltà classica con il capriccio moderno. E il modo come cammina? Adesso queste donnette borghesi camminano a passo artefatto. Ma Ghiselda è naturale, come una berlina a otto molle del buon tempo antico, e nel tempo stesso è ritmica come se genietti nascosti le segnassero il passo al suono di gighe e violini. La vera bellezza, vedete Sconer, ubbidisce sempre ad un ritmo in tutti i suoi movimenti. E le estremità? Amico, avete osservato le estremità? A Venere callipigia date due piedoni, e Venere è rovinata. (In questo punto entrarono le costolette col prosciutto. Maioli si arrestò, esaminò

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