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La Rosetta era veramente una bella giovine. Non una bellezza da romanzo; neppure una figurina elegante, ideale, com’era stata la Nanna a diciassette anni. Ma una bella contadinotta, bianca, rossa, paffuta come una mela, ben piantata su due gambe che parevano colonne, coi fianchi e le spalle da cariatide; doveva esser feconda come una Niobe, ed il suo petto era abbastanza vasto per nutrire i quattordici figlioli. La sua salute non ismentiva quella florida apparenza. Dacchè era al mondo nessun medico le aveva mai tastato il polso; e nel suo cuore esultava tutta la giocondità della gioventù e della salute. S’era guadagnato subito l’animo dei vecchi suoceri. Dopo il salto della scopa era andata a finire nelle braccia della Maddalena, che era stata ad aspettare quel momento per giu[p. 139 modifica]dicarla. Ma quell’abbraccio, che fu lì lì per farla stramazzare in terra, commosse vivamente la povera donna. La sua figliola l’aveva da lungo tempo divezzata dalle carezze.

Dalla cantina al solaio, la casa echeggiava tutto il giorno della voce giuliva della Rosetta, e Martino diceva:

— È il carnovale che ci è entrato in casa con questa sposa.

Pietro invece era malinconico e taciturno. Aveva l’animo affettuosissimo; non esitava mai dinanzi ad un sacrificio per una persona cara; ma esitava terribilmente dinanzi ad una parola. Era timido fino alla selvatichezza. In quei primi giorni di nozze era sempre confuso pei sentimenti che lo agitavano, se ne vergognava, e mentre aveva il cuore gonfio di dolcezza, usciva sempre d’impaccio con uno sgarbo. Pover’uomo! quanto avrebbe avuto bisogno l’isolamento incoraggiante del viaggio di nozze! Ma questo lusso d’espansioni da solo a sola è riservato ai signori. [p. 140 modifica]

I contadini, che vivono in famiglia, alla patriarcale, sono condannati a far all’amore sotto gli occhi dei genitori, delle sorelle, a frenare tutti gli impeti del cuore, povera gente!

Appena la Rosetta vedeva rientrare il suo uomo, come si dice in quelle campagne, gli saltava incontro facendogli festa.

— Bentornato, il mio uomo! Avete appetito? Abbracciate la vostra donnina.

Pietro l’avrebbe abbracciata con tutta l’anima. Ma si faceva tutto rosso, sbirciava il babbo e la mamma, poi si schermiva con una mala grazia, dicendo alla sposa:

— Sta un po’ cheta! sei matta.

La Rosetta non era una tempra abbastanza delicata per soffrirne. Capiva che il suo uomo si vergognava, e gli rispondeva con una risata.

Quando tornò la Nanna dalla risaia, la sposa era nell’orto.

— Rosetta! gridò la Maddalena. C’è la Nanna.

Rosetta non fece altro che rimboccare il [p. 141 modifica]grembiule ricolmo dell’insalata che aveva raccolta, lo annodò in fretta dietro la vita, e via di corsa traverso le aiuole. In un minuto sbucò di dietro la casa gridando:

— Dov’è questa cognatina? e, vedendola. in arnese da viaggio cogli zoccoli da una mano ed il fagotto dall’altra, le saltò al collo e la baciò sulle guancie.

La Nanna la lasciò fare, freddamente, senza ricambiare quella dimostrazione; ed appena potè svincolarsi entrò in casa mormorando:

— Che scene!

E la sposa dal canto suo pensava:

— È come Pietro. Sono tutti così. Non osano dimostrarsi; vogliono bene, ma se lo tengono in cuore: non lo sanno mettere fuori.

Dopo il matrimonio di Pietro, Gaudenzio capitava spessissimo alla cascina dei Lavatelli.

— Come va, Gaudenzio? gli disse una volta la Nanna con amarezza. Avevate dimenticata la strada di casa nostra, ed ora l’avete ritrovata? [p. 142 modifica]

— Io vado sempre dove ci sono le belle donne, rispose. Ora che avete la cognata bella ci vengo.

La Nanna se la legò al dito. Era uno scherzo impertinente nel quale la sposa non aveva che una parte passiva. Ma la Nanna gliene affibbiò tutta la responsabilità, e vi soffiò dentro col suo odio, fino a gonfiare quell’inezia per ridurla alle proporzioni d’un adulterio,

Intanto era venuto l’autunno colle lunghe serate e le veglie nella stalla. Rosetta, colla sua cordialità, aveva fatte parecchie conoscenze nei dintorni, ed attirava in quella stalla, altre volte così uggiosa, un gruppo di vicine, tutte in ammirazione del buon umore e della graziosità della bella sposa.

C’erano parecchie fanciulle; la Nanna sedeva con esse a filare; ma il suo capo ravvolto nella pezzuola, la sua taciturnità, il viso imbronciato, l’umore intollerante, i giudizi malignati e severi, la invecchiavano assai, e [p. 143 modifica]la facevano stare a disagio e spostata in quella schiera giuliva.

La Rosetta invece, nella sua grave qualità di donna maritata, doveva collocarsi fra le massaie, ed attendere all’importante missione di rattoppare gli abiti del suo uomo. E lo faceva di cuore, ed agucchiava con tutta l’energia del suo braccio robusto, e tagliava nettamente il filo co’ dentini bianchi.

Ma i discorsi delle massaie, che si narravano a vicenda le loro varie e remote gravidanze, e gli allattamenti, ed i miracoli del santo del paese, e gli amuleti di famiglia, e le malattie, e le permanenze all’ospedale, non interessavano punto la giovine sposa. La sua esperienza di diciott’anni non le offriva il menomo argomento per prender parte a quei gravi parlari. Ed intanto il chiacchierio civettuolo e pettegolo delle fanciulle, trovava la via di giungerle all’orecchio, e lei, da lontano mandava il suo razzo in quel fuoco d’artifizio, e le ragazze lo accoglievano ridendo, [p. 144 modifica]e lei rideva più forte di loro. E tutta quella ilarità giovanile, passava e ripassava come una palla, sopra il capo seriamente coperto della Nanna, senza lasciarsi impaurire, nemmeno per ombra, dalla sua severità. E la Nanna sentiva, nel cuore inviperito, che la cognata era felice suo malgrado, e ne fremeva.