XVII - La scimmia a spasso

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XVI XVIII

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Capitolo XVII.

La scimmia a spasso.

— Ecco, caro cavaliere, la scimmia è pronta, — disse a Beatus la donna del sud, presentando Elena. La sventurata bimba, vestita da signorina, era sorprendente: era più brutta di prima.

— Adesso dimmi, — le domandò Beatus: — dove ti piacerebbe andare?

La bimba brillò di gioia e disse:

— Prima il cinematografo, ma dove c’è la....

E la bimbetta fece un nome di donna.

Sventurato Beatus Renatus! Egli conosceva tante cose, ma ignorava questo nome di donna. Era una Dea, cioè una Diva dell’arte novissima del silenzio.

Non fu creduta tanta ignoranza.

La bimba, con l’aiuto della signora, diede a Beatus le spiegazioni necessarie.

Dopo il cinematografo con quella signora [p. 136 modifica]Dea, la bimba fece capire che le sarebbe piaciuto entrare dentro quei (e non sapeva come dire) che si vedono dietro una lastra, passando per il Corso; dove vanno i signori: ma i veri signori.

Si vedono, dietro una lastra, tappeti; sui tappeti, poltrone; su le poltrone, i cuscini; sui cuscini, signore. Vicino ci stanno i tavolini; sui tavolini ci stanno le tazze e i pasticcini.

Le signore sembrano statue; ma fumano.

Lei voleva indicare un tea—room o un’hall di grande albergo, che ce ne sono parecchi sul Corso.

Beatus la condusse nell’un luogo e nell’altro.

Ma veramente, prima di entrare nel cinematografo, Beatus ebbe un po’ di peritanza.

I cartelloni avvertivano che dentro si rappresentavano i sette peccati capitali, superbia, invidia, lussuria, ecc., e condurci una bambina....

— Ci vanno tutti, — disse la bimba.

È vero. E poi avrebbe dovuto dare spiegazioni di quella sua peritanza. [p. 137 modifica]

Quando lo spettacolo cominciò, Beatus stupì dello stupore di cui tutti stupivano per quella Diva. Tutti la conoscevano e la nominavano. E a lui vennero in mente gli anni del passato tempo quando si credeva in altre Dive e Divi: l’Onore, la Gentilezza, la Temperanza, la Pietà, e altre cose del genere.

Gli parve che quella Diva che si rovesciava, spasimava, si allungava su lo schermo bianco, rappresentasse per la gran folla del pubblico come una eccelsa conquista. Così gli parve perchè nel cinematografo erano molti soldati inglesi, lustri lustri, e l’orchestrina intonò: It ’s a long way to Tipperary.

«Ah, sì, è una lunga via arrivare a Tipperary!»

Nella sala da tè lo stupore fu anche più grande. Anche qui era folla, ma un’altra folla. Invece di soldati, ufficiali anche più lustri: molti inglesi e francesi, bellissimi giovani. Bellissime donne. Una gran compostezza. Una [p. 138 modifica]certa immobilità come di idoli. Parve a Beatus di essere entrato in uno di quei baracconi da fiera, detti musei antropologici che usavano una volta, dove si vedevano le figure di cera, grandi al vero. E quelle figure vive gli parvero vetustissime e morte.

Ma la bimbetta col ditino additava a Beatus le gran meraviglie che gli occhi suoi non conoscevano: le penne, i pennacchi, (oh, gli strani pennacchi!) le scarpette visibili più che per sè, per certo bagliore di diamanti, e le cappe nere, le spalle nude, le mani di cera.

— Fumano, fumano, — diceva la bimbetta. E diceva così con la gioia con cui avrebbe detto: «La bambola cammina, apre gli occhi».

Anche diceva: — Questo usa: questo non usa più.

Come sapeva tutte queste cose la bimbetta?

Ma se la bimbetta era piena di letizia, in lui insorgeva misteriosa tristezza. Vedeva soltanto grandi volti meretricî, e il lento volgere degli occhi incantati. Ma fosse effetto delle strane acconciature del capo, o del confronto con le grandi fronti calve dei ritratti nel suo studio, tutte e tutti gli parevano come decapitati della fronte. [p. 139 modifica]

La sala era tutta a specchi, dove le belle donne e i begli uomini si moltiplicavano per riflessione. Beatus vide nello specchio anche sè e la bimbetta.

— Come siamo brutti tutti e due! Ma siamo ben brutti!

E in verità lui e la bimbetta rappresentavano i pitecantropi da cui era partita l’umanità; e quella gente così splendente rappresentava la perfezione dell’arrivo. Ma erano senza fronte. Perciò Beatus disse alla bimbetta:

— Il più bello, qui, sono io.

— Oh! — esclamò la bimbetta stupefatta, e guardò Beatus.

— Ti dico sul serio: il più bello, qui, sono io.

La bimbetta non ebbe il coraggio di dire di no, ma riguardò Beatus con tali occhi che egli si sovvenne delle sentenze di Scolastica a suo riguardo: L’è mato, tuti i dixe che l’è mato.

O Beatus! uomo pieno di vanità! Tu, forse, potevi essere stato bello al tempo del manuale di Epitteto. Tu hai fatto la toilette all’interno della fronte; essi all’esterno. O uomo fuori dell’umanità!

Quella elegante compostezza a un tratto gli si trasmutò, e Beatus si domandò: [p. 140 modifica]

«È sorta una nuova religione di cui io non ho conoscenza?»

— Tutte — dicea la bimbetta — col fidanzato.

Una signorina sedeva ad un tavolo in compagnia di due fidanzati, un’altra signorina con tre fidanzati!

Stupì Beatus alla osservazione della bimbetta.

La voce di lei era di adorazione e di beatitudine.

Vicino al suo tavolo sedevano due di questi fidanzati in compagnia di una signorina. Erano tutti e tre giovanissimi, e con molta grazia sorbivano il tè. Con molta grazia. Uno accendeva con grazia all’altro, all’altra, la sigaretta. Venne in mente a Beatus il tempo quando i lavoratori, al mattino, bevevano religiosamente la grappa e accendevan la pipa. Ma che strani moti facevano i due giovani davanti alla signorina? Pur stando immoti, ciascuno di essi allungava il volto e ritraeva la fronte in un atteggiamento da idiota. Ciascuno di essi, così atteggiato, pareva offrisse sè in esame alla signorina. Poi ciascuno di essi gareggiava nel proferire motti di una [p. 141 modifica]idiota scurrilità. Come un bisogno supremo di idiotizzarsi. «Ti è piaciato, signorina? Ti è piaciato più io».

La signorina sorrideva con dolcezza.

Tra quella gente seduta, e la folla che passava sul marciapiede non c’era che un’enorme lastra di cristallo. Qualche occhio della folla si soffermava per guardare fra i ricami delle tendine.

«Spezzate!» — disse fra sè Beatus. — Ma poi pensò: «non spezzeranno che per sostituirsi».

Dopo il cinematografo e il tea—room, Beatus prese una carrozza e condusse la bimbetta in una osteria fuori di porta, dove c’era un giardino con tanti pergolati nascosti. Aspettando che allestissero la tavola, la bimbetta si diè ad ammirare un ragno, con la palla della sua pancia di smeraldo, che faceva il meraviglioso acrobata su per un filo sì lieve che senza il sole smagliante del tramonto, sarebbe stato invisibile; poi ammirò le formichine che trascinavano una cetonia rovesciata; poi una specie di cavalletta così bella che mai ella [p. 142 modifica]aveva veduto la uguale! Non che la bimbetta ammirasse gli insetti come i manti e i fidanzati del tea—room, ma ammirava.

Diceva:

— Come son carini, come son bellini, come son buoni questi animalini. La cavalletta sembra che dica le orazioni; il ragnetto gioca all’altalena; le formichine portano in trionfo quell’altro animalino. Guardate, guardate, signo’.

La cetonia tentava invano di raddrizzarsi.

— Ah! i dolci animalini!

«Ma non sai tu che la cavalletta è la feroce mantis religiosa che sta lì in agguato? non sai tu che nel ventre del ragno c’è tanta seta da irretire, quanto filo spinato han messo in azione gli uomini per fare i reticolati della morte? non sai tu che la bella cetonia non è portata in trionfo, ma portata alla divorazione? che tutti questi animalini applicano la chimica all’industria della loro guerra con più perfezione degli uomini?»

Beatus stava per dire queste cose alla bimbetta, quando il campanelluzzo suonò e disse:

«Non togliere, o Beatus, questa fede negli animalini».

E perciò Beatus disse: [p. 143 modifica]

— La provvidenza di Dio è grande.

— Allora quello che dice il libro di Giannettino, che la mia signora mi fa leggere, — disse la bimbetta un po’ delusa su la gran sapienza di Beatus.

— Bada che è un gran libro Giannettino.

Ma quando furono a tavola sotto la pergola, la bimbetta, misteriosamente ad un tratto disse:

— Anche lì, sotto la pergola vicina alla nostra, ci sono i fidanzati.

Beatus seguì la indicazione della bimbetta. Oh, si capiva anche troppo che quei due erano fidanzati!

— Da per tutto, — continuava la bimbetta, — ci sono fidanzati. La sera, poi! Camminano un po’ e poi si fermano sempre. Dove stiamo noi di casa, quanti! Si vede prima passare una signorina; poco dopo ecco un uomo: quello è il fidanzato. E vanno e vanno lontani per la campagna. A che fare? A fare i fidanzati. Quando poi è buio, lungo i muraglioni del fiume, creda che è pieno... Ah, quando sarò più grande, e avrò anch’io il fidanzato!