Il mondo è rotondo/XVIII
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Capitolo XVIII.
Scolastica.
Ma da qualche tempo Beatus osservava Scolastica, e crollava la testa. Un giorno non seppe trattenersi, e le disse:
— Mi pare, Scolastica, che voi cresciate, non dirò in intelligenza, ma in circonferenza.
Era nell’ottavo mese.
Scolastica lo confessò, e Beatus arrossì.
Poi gli parve che un maleficio fosse tra lui e quella donna, e non sapea perchè.
Disse poi:
— Mi pare una cosa grave; ma come avete fatto?
— Come ho fatto....
— No, non è la descrizione che mi interessi — rispose. Quello che interessava Beatus era come il corpo di Scolastica avesse potuto servire al piacere di un uomo. Sono cose che, a mente fredda, non si capirebbero. Ma esisteva lì il documento.
E Beatus guardandola, ammirava quel corpo, sostenuto da quelle gambe, e gli parve mostruosamente che essa, la donna, altro non fosse che un suggesto che porta una procreazione.
Quale poeta avrebbe composto un epitalamio?
Domandò non senza trepidazione:
— E dite, Scolastica, il collaboratore necessario chi è stato? quell’uomo che ho trovato qui?
Gli parve che gran tempo passasse prima della risposta.
Ma Scolastica rispose subito:
— Se non è stato lo Spirito Santo, è stato lui.
Parve a Beatus di sentirsi sollevato da un peso.
— E lui cosa dice?
— Niente. L’uomo quando si è sfogato, è pari con tutti.
Quale inverecondo linguaggio!
— Voglio dire se riconosce....
— Riconosce tanto! Mi ha fatto avere le polverine, ma non hanno servito a niente. Allora mi ha detto di andare all’ospedale e dire che ho un tumore. Molte ragazze fanno così. C’è qualche medico giovane che ci crede. Manda su una sua cannuccia: rompe, e tutto è fatto. Invece c’era un medico vecchio che sente, calca, e poi dice: «Sì, sì, un tumore! Un avioma!» Tutti si sono messi a ridere. «Va va! Che a nove mesi il tumore va via da per sè». E me ne partii svergognata. C’era una levatrice, ma disse che era tardi, e poi domandò mille lire prima; ma io non le avevo.
Ella parlava naturalmente; ma Beatus aveva i sensi come flagellati da una abominazione che fosse entrata nella sua casa. Disse:
— Voi, Scolastica, capirete bene che qui in questa casa non potete rimanere.
Ma sentì che la sua voce non era di comando. Egli era uomo, congiunto agli altri uomini, e gli pareva di avere una certa responsabilità.
— Lo so da per me — rispose Scolastica.
La risposta era sgarbata, ma fece piacere a Beatus.
Ma poi Beatus domandò: — E che cosa farete?
Scolastica rispose con tranquillità: — Mi butterò a fiume con questo qui. — E se ne andò con quelle gambe che reggevano quella procreazione.
«Infelice! — pensò Renatus. — Lei si trova in tale condizione che se anche volesse fare la diobolaria in via Mirasole, le mancherebbe le physique du rôle. Però, in fondo, esiste in Scolastica una onestà naturale. E se lei avesse detto: sei stato tu, tu cosa potevi rispondere?»