Il guarany/Parte Quarta/Capitolo IV

Parte Quarta - IV. La confessione

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José de Alencar - Il guarany (1857)
Traduzione dal portoghese di Giovanni Fico (1864)
Parte Quarta - IV. La confessione
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CAPITOLO IV.


LA CONFESSIONE.

Come tosto Alvaro, per l’arrivo de’ suoi compagni, si vide libero dai nemici che l’assaltavano, si volse verso Pery, che assisteva immobile a tutta quella scena.

— Vieni! disse il giovane con autorità.

— No! rispose l’Indiano freddamente.

— La tua signora ti chiama!

Pery abbassò il capo con profonda tristezza.

— Dì alla signora che Pery deve morire; che va a morire per lei. E tu parti, altrimenti sarebbe troppo tardi.

Alvaro guardò la fisonomia intelligente dell’Indiano, per vedere se scopriva in essa alcun segno di turbata ragione; giacchè egli non comprendea nè potea comprendere la causa di quell’insensata ostinazione. [p. 35 modifica]

Il volto di Pery, calmo e sereno, non gli lasciò scorgere se non una risoluzione serena, irrevocabile, tanto più profonda in quanto si mostrava sotto un’apparenza di quiete e tranquillità.

— Dunque non obbedisci alla tua signora?

Pery fece un gran sforzo per trarsi la parola dalle labbra.

— A nessuno.

Nel pronunciare questa parola, un fievole grido risuonò al suo fianco; voltandosi, vide l’Indiana, destinatagli per isposa, caduta trafitta da una freccia.

Il colpo era stato destinato a Pery da uno dei selvaggi; e la fanciulla, lanciatasi per coprire il corpo di colui che avea amato per pochi istanti, accolse la saetta nel petto.

I suoi occhi neri, offuscati dalle ombre della morte, volsero a Pery un ultimo sguardo; e chiudendosi si apersero di nuovo, ma già senza vita, senza fulgòre.

Pery provò un senso di pietà e di affetto al vedere quella vittima della sua devozione, che come lui sacrificava senza esitare la sua esistenza per salvare coloro che amava.

Alvaro neppur si accorse di quello che era accaduto; gettando un’occhiata sopra i suoi compagni, che batteansi bravamente cogli Aimorè, fece un cenno ad Ayres Gomes.

— Ascolta, Pery; tu sai se ho in costume di tenere la mia parola. Giurai a Cecilia di [p. 36 modifica]condurti a lei; e o tu mi accompagni, o morremo tutti in questo luogo.

— Fate ciò che volete! Pery non uscirà dì qui.

— Vedi questi uomini?... sono i soli difensori che restano alla tua signora; se muoiono ben sai ch’è impossibile ch’ella si salvi.

Pery rabbrividì. Stette un momento pensieroso; dipoi, senza dar tempo che lo seguissero; si lanciò fra gli alberi.

Don Antonio de Mariz e la sua famiglia avendo udito lo sparo degli archibugi, aspettavano con ansietà il risultato della spedizione.

Dieci minuti erano scorsi nella maggiore impazienza, quando sentirono batter alla porta, e udirono la voce di Pery: Cecilia accorse, e l’Indiano inginocchiossi a’ suoi piedi, chiedendole perdono.

Il fidalgo, libero dell’affanno di perdere un amico, assunse l’usata severità; come era solito fare allorchè si trattava di un grave fallo.

— Commettesti una grande imprudenza, disse egli all’Indiano; facesti soffrire i tuoi amici; esponesti a pericolo la vita di coloro che ti amano; non hai bisogno d’altro castigo che di questo.

— Pery era andato per salvarti!

— Mettendoti nelle mani degl’inimici?

— Sì!

— Facendoti uccidere da loro?

— Uccidere e... [p. 37 modifica]

— Ma qual era il risultato di questa follia?

L’Indiano si tacque.

— Occorre che ti spieghi, acciocchè non si abbia a credere che un amico altra volta assennato e devoto si è convertito in un pazzo, in un ribelle.

La parola ora molto aspra; e l’accento con cui fu pronunciata aggravava ancora più la riprensione severa che recava in sè.

Pery si sentì venir una lagrima agli occhi:

— Vuoi obbligar Pery a dir tutto?

— Devi farlo, se desideri rintegrarti nella stima che ti serbava, e che sento venir meno.

— Pery si accinge a parlare.

Alvaro entrava in quel momento, dopo aver lasciato sull’alto dello spianato i suoi compagni fuori di pericolo, e solo afflitti da qualche ferita, che fortunatamente non era molto grave.

Cecilia strinse le mani del giovane con riconoscenza; Isabella gl’inviò in un’occhiata tutta la sua anima.

Le persone presenti si aggrupparono intorno la seggiola di don Antonio, in faccia alla quale Pery col capo basso, confuso e vergognato come un delinquente, stava per giustificarsi.

Si sarebbe detto che disponevasi a confessare una azione indegna e vile, e nessuno indovinava qual sublime eroismo, qual concepimento gigantesco ci avea in quell’atto che tutti condannavano come una follìa.

Egli cominciò: [p. 38 modifica]

«Quando Ararê abbandonò il suo corpo sopra la terra, per non più riergerlo, chiamò Pery e disse:

«Figlio di Ararê, tuo padre è presso a morire; ricordati che la tua carne è mia carne; che il tuo sangue è mio sangue. Il tuo corpo non deve servire al banchetto dell’inimico.

«Così disse Ararê, e si trasse la sua resta di frutti che diè a suo figlio; erano pieni di veleno; chiudevano in seno la morte.

«Se Pery fosse caduto prigioniero, non avea che a rompere uno di que’ frutti, e si sarebbe riso del vincitore, che non avrebbe osato toccare al suo corpo.

«Pery vide che la signora soffriva, e guardò i suoi frutti; gli venne un’idea; il presente di Ararê potea salvar tutti.

«Se tu avessi lasciato compire quanto avea divisato, la prossima notte non sarebbe rimasto in piedi un nemico vivo: i Bianchi e gl’Indiani non ti offenderebbero più.»

Tutta la famiglia ascoltava questo racconto con istupore straordinario; capiva che eravi in tatto ciò un’arma terribile, il veleno1; ma non [p. 39 modifica]potea indovinare di quai mezzi si servirebbe o pretenderebbe servirsi l’Indiano per adoperare quell’agente di distruzione.

— Finisci! disse don Antonio. In che modo adunque divisavi distruggere l’inimico?

— Pery avvelenò l’acqua che bevono i Bianchi, e il suo corpo, che dovea servir di pasto agli Aimorè!

Un grido di orrore accolse queste parole, proferite dall’Indiano in tuono semplice e naturale, come si trattasse di cosa volgare e indifferente.

Il disegno ordito da Pery per salvare i suoi amici si era adesso rivelato in tutta la sua sublime annegazione, e col corredo delle scene terribili e mostruose, che doveano accompagnare il suo compimento.

Affidato in quel veleno, conosciuto dagli Indiani sotto il nome di curarê, la cui composizione era un secreto di alcune tribù, Pery colla sua intelligenza e colla sua devozione avea scoperto un mezzo di vincere lui solo i nemici, ad onta del loro numero e della loro forza.

Sapeva la violenza e il pronto effetto di quell’arma, che suo padre aveagli affidata nell’ora della sua morte; sapeva che bastava una piccola parte di quella pasta giallognola per distruggere in poche ore l’organismo più forte e più robusto.

L’Indiano risolse quindi di giovarsi di quella potenza, che nella sua mano coraggiosa e destra convertivasi in strumento di salvezza, e [p. 40 modifica]diventava l’agente di un sacrifizio tremendo fatto all’amistà.

Eran bastati due frutti; uno servì per avvelenar l’acqua e le bevande degli avventurieri in rivolta; l’altro lo accompagnò fino al momento del supplizio, nel qual punto passò dalle sue mani alle labbra.

Quando il carico, vedendolo coprirsi il volto, gli domandò se avea paura, Pery si avvelenava in quel momento il corpo, che fra poche ore dovea essere un germe di morte per tutti quei guerrieri coraggiosi e forti.

Ma quello che dava a siffatto disegno un’impronta di grandezza sovrumana, non era tanto l’eroismo del sacrifizio, quanto la bellezza orribile del concepimento, l’intelletto sublime che avea legato insieme tanti avvenimenti, e li avea sommessi alla sua volontà, facendoli succedere naturalmente e concorrere ad una risoluzione necessaria e infallibile.

Perocchè occorre sapere che, eccetto il caso di un fatto straordinario, di quelli che la previdenza umana non può prevenire, Pery all’uscire di casa avea la certezza che le cose seguirebbero appunto come erano succedute.

Assaltando gli Aimorè la sua intenzione era stata di eccitarli alla vendetta; occorreva mostrarsi forte, valoroso, imperterrito, per meritar che i selvaggi lo trattassero come un nemico degno del loro odio.

Colla sua destrezza, e colla precauzione presa [p. 41 modifica]di rendere il suo corpo impenetrabile, facea conto di effettuare il suo progetto prima di morire, ed ove pure cadesse ferito, avea il tempo di passare il veleno alle labbra.

Non fu deluso nelle sue previsioni: dopo aver conseguito quanto desiderava, ed eccitato la rabbia degli Aimorè, spezzò la sua arma e implorò la vita dal nemico; fu questa di tutto il sacrifizio la parte che più gli costò.

Ma non potea far altrimenti; la vita di Cecilia lo esigeva, la morte che l’avea rispettato fin allora, potea coglierlo; e Pery volle esser fatto prigione, come avvenne e nel modo che si era proposto.

L’usanza de’ selvaggi di non uccidere in guerra il nemico, ma di farlo prigione per giovarsene nel festino della vendetta, era per Pery una guarentigia e una condizione favorevole all’esecuzione del suo progetto.

Quanto al risultato finale, se non fosse stato l’intervento di Alvaro, esso era pure d’una certezza infallibile.

Secondo le leggi tradizionali di quel popolo barbaro, tutta la tribù dovea prender parte alla festa; le fanciulle assaggiavano soltanto la carne del prigioniero; ma i guerrieri l’assaporavano come un manicaretto dilicato, condito dal piacere della vendetta, e le vecchie colla gola feroce delle arpie, che si saziano nel sangue delle loro vittime.

Pery facea quindi disegno con tutta certezza [p. 42 modifica]che fra alcune ore il corpo avvelenato della vittima porterebbe la morte nelle viscere de’ suoi carnefici, e che egli solo sterminerebbe un’intera tribù, grande, forte, potente, col solo aiuto di quell’arma silenziosa.

Ben puossi ora comprender di leggieri qual fosse la sua disperazione in veggendo cader a vuoto il suo disegno; dopo aver disubbidito alla sua signora, aver tutto effettuato, quando solo mancava la soluzione del dramma, quando il colpo che stava per salvar tutti era in pendente, mutarsi d’improvviso la faccia delle cose, e vedersi distrutta la sua opera, figlia di tanta meditazione!

Volle ancor resistere, rimanere, sperando che gli Aimorè continuerebbero il sacrifizio; ma si accorse che la risoluzione di Alvaro era irrevocabile al pari della sua; che stava per esser causa della morte di tutti i difensori fedeli a Don Antonio, senza più esser certo della loro salvezza.

Il primo momento che tenne dietro alla confessione di Pery, tutti gli attori di quella scena, pallidi, presi da spavento, da terrore, cogli occhi fissi sull’Indiano, stavano ancora in forse di ciò che aveano udito; il loro spirito compreso d’orrore non concepiva un’idea; le labbra tremanti non articolavano una parola.

Don Antonio fu il primo che ricuperò la calma; frammezzo l’ammirazione cagionatagli da quell’azione eroica, e le emozioni prodotte da [p. 43 modifica]quel pensiero sublime e orribile al tempo stesso, una cosa aveagli specialmente fatto impressione.

Gli avventurieri stavano per cader vittime dell’avvelenamento; e qualunque fosse il grado di bassezza e di viltà cui erano discesi quegli uomini per la loro fellonìa, la nobiltà del fidalgo non potea tollerare un tale omicidio.

Ei li punirebbe tutti colla morte o col disprezzo, altra morte morale; ma il castigo, nella sua opinione, elevava la morte al grado d’un esempio; laddove la vendetta la faceva discendere al livello dell’assassinio.

— Va, Ayres Gomes, gridò don Antonio al suo scudiero; corri, danne avviso a que’ sciagurati, se ancora n’è tempo!




Note

  1. Gli indigeni componevano vari veleni, la cui perfezione fu oggetto di meraviglia nei coloni. Humboldt, avuto riguardo alle loro cognizioni tossologiche, concluse che ci dovea esser stata in America una grande civiltà, da cui i selvaggi ereditarono i loro usi.