Il fanciullo nascosto/Ritorno
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Il padrone | Il primo viaggio | ► |
Ritorno.
Quando si assentava di casa, e questo le accadeva spesso perchè era una donna di chiesa, Mannella Fadda pregava le donne del vicinato di dire, a chiunque andasse a cercarlo, che suo nipote Costantino era fuori di paese. Quella mattina, dunque — una bella e fredda mattina di quaresima — una delle vicine di casa, appena vide una vecchietta di Mamojada, con due fazzoletti legati uno sopra l’altro sotto il mento, seduta a cavalcioni su un cavallino piccolo come un asino, fermarsi davanti alla porta chiusa dei Fadda, corse a dirle premurosamente:
— Non c’è nessuno. Comare Mannella è andata a confessarsi e Costantino è in giro o forse sarà anche lui in chiesa. Ma se volete smontare venite qui dentro a scaldarvi.
La vecchietta straniera sembrava sorda: guardò su e giù, con gli occhietti neri lucidi, vide bene che la casa Fadda era tutta chiusa come una casa in lutto, vide le donne a curiosare sulle porticine delle casupole, chi con un canestro in mano, chi con un bambino al seno, ma stette immobile sul cavallino immobile. Giù in fondo alla strada in pendio vedeva brillare il torrente, verde fra gli ontani di cui s’aprivano timide le prime foglie, gialline e tremule come farfalle. Qualche uomo, sbarbato, col cappotto di velluto, attraversava la strada; guardava la vecchietta, si volgeva a guardarla ancora, spariva: lei rimaneva immobile. Finalmente una donna disse dall’interno d’una casetta:
— Ecco Costantino Fadda, — e la vecchietta vide venir su, dalla parte ombrosa della strada, un uomo curvo che camminava come un cieco rasente al muro e di tanto in tanto si fermava, un attimo, pensieroso, accomodandosi la berretta, e pareva ricordarsi di qualche cosa che dovesse costringerlo a tornare indietro. Ella lo fissava dall’alto, dura, silenziosa. Era quell’uomo dall’aspetto miserabile il ricco proprietario Costantino Fadda al quale la prima moglie aveva lasciato un grosso patrimonio ma col patto che egli cessasse di vivere in peccato mortale con la sua serva Barbara? Per cessare di vivere in peccato mortale egli aveva sposato la sua serva Barbara; e questa gli era poi scappata di casa.
Bastava guardarlo per vedere in lui un uomo castigato da Dio.
*
La vecchietta smontò e legò il cavallino all’inferriata d’una finestra.
Costantino la guardava, un po’ stupito dapprima; poi accorgendosi delle donne che spiavano dietro le porte si accomodò con un gesto energico la berretta: infine rispose al saluto della straniera e aprì la porta. Il cuore gli batteva di gioia perchè la zia, la sua feroce tutrice, non era in casa. Gli parve, per un istante, di esser tornato ai tempi terribili ed eroici quando viveva Sennòra Rughitta, la sua prima moglie, ed ella andava in chiesa ed egli rimaneva solo in casa con la piccola Barbara.
La vecchietta si guardava attorno. La casa era triste, umida, chiusa: un quadrato di sole s’adagiava davanti alla finestra della cucina, come in un luogo profondo, in un burrone solitario; e il fuoco coperto da un gran mucchio di cenere dava l’idea di un tumulo.
La vecchietta sedette tranquilla, davanti al focolare, e accennò a Costantino di sedersi, quasi fosse lei la padrona.
— Tu sai bene che tua moglie è al mio paese. Sta in casa mia. Ti chiede perdono e vuol tornare.
— Malanno la squassi! — imprecò l’uomo; poi tornò ad accomodarsi la berretta, piegò la persona, col gomito sul ginocchio e il mento entro il pugno, e parve meditare.
La vecchia guardava le pareti, tranquilla, con le mani sotto il grembiale.
— La donna è pentita, se donna pentita c’è. Scendi in fondo alla tua coscienza, Costantino Fadda! Pensa che tu eri un uomo fatto e astuto, quando l’hai sedotta; e in casa tua! Hai macchiato il tuo focolare! Se tua moglie Rughitta ti ha imposto quello che ti ha imposto, sapeva il suo perchè: era per volere di Dio: era la tua penitenza; la tua croce.
L’uomo sollevò gli occhi corruscanti.
— E non l’ho accettata la mia croce? Dio mi ha preso mio figlio, mia moglie, mi ha fatto scappar di casa quella malandata. Ed io ho chinato la testa. Che altro malanno volete, adesso? Avrei dovuto inseguirla in capo al mondo e scannarla; ma tutti mi si misero attorno, dal prete al pezzente, dai miei parenti ai miei nemici, tutti mi tennero per le mani, tutti mi dissero: hai fatto morir di crepacuore la tua prima moglie: è la tua penitenza, questa è la tua croce; — e io sono diventato così, stupido. Che volete ancora?
Ma la vecchia ascoltava solo ciò che diceva lei.
— La donna è pentita, se donna pentita c’è. Tu sai come è andato l’affare? Mio figlio, il cacciatore, — l’avrai sentito nominare; è bello, è alto come quella porta, — ebbene, trovò tua moglie per la strada, mezzo morta di fame e di freddo. E me la portò in casa. Siamo cristiani, Costantino Fà, abbiamo un’anima immortale. Ed io ho tenuto tua moglie in casa, tutto l’inverno, come una figlia mia. In principio io non sapevo neppure chi era. Era una creatura di Dio e basta. Poi mio figlio, il cacciatore, mi raccontò chi era la donna; una che era scappata di casa come l’uccellino dal nido, così, perchè....
— Malanno la disperda! È scappata perchè voleva guardare tutti gli uomini che passavano per la strada. E tutti guardavano dentro la mia casa! Finchè è stata la mia amica è rimasta buona e docile: diventata mia moglie è diventata il mio castigo.
— Questo non importa. Adesso la donna è pentita. Tu la riprenderai, la chiuderai dentro. Essa dice che vuol condurre vita di monaca. Io ho fatto il viaggio per questo. Adesso per Pasqua mio figlio si sposa e prende una donna ricca, anziana, seria, come conviene a un uomo suo pari. Ebbene, la moglie viene a stare con noi; ed io e mio figlio, che è buono come il miele, terremmo in casa tua moglie, ma la sposa non la vuole. Allora, Costantino Fadda, pensaci bene, mettiti la mano sulla coscienza: se tua moglie va via di casa mia, allora, sì, è davvero una donna smarrita. Mettiti una mano sul cuore.
Ed egli si mise davvero una mano sul cuore: e il cuore gli si spezzava, di pietà, di desiderio e d’amore; ma egli aveva paura della zia Mannella.
*
La zia Mannella disse naturalmente di no. Inoltre ella tornava da confessarsi e comunicarsi ed era quindi più implacabile che mai.
— Tu — disse al nipote — sei padrone di fare quello che vuoi; ma se quella malandata rimette piede qui, io e tutti i tuoi parenti saremo come morti per te: e tutti ti sbeffeggeranno più che non lo facciano adesso, se è possibile!
Quest’ultima considerazione impediva all’uomo di decidersi. La vecchietta straniera ripartì dopo mezzogiorno. Mannella l’aveva trattenuta a pranzo, usandole tutto il rispetto e i riguardi che l’ospitalità impone; ma in quanto al resto non c’era da sperar nulla.
E va e va, il cavallino con la vecchietta sopra, piano piano, giù per il sentiero lungo il torrente: d’improvviso una voce vibrò lontana, poi sempre più vicina, e la bestia si fermò.
Costantino arrivava di galoppo, sul suo bel cavallo balzano che pareva non mettesse le zampe per terra; e la sua schiena dritta e il suo viso sorridente erano quelli d’un altro uomo.
— Sentite, donna, ho pensato bene. Voi avete ragione; non devo lasciar correre mia moglie per il mondo. Ma in casa non la vogliono, avete sentito? Ebbene, io ho la vigna con la casetta, la vedete lassù sulla china sotto Monte Gudula? Che Barbara vada a star là; ecco, datele la chiave. Troverà da mangiare e da bere; che stia lì chiusa, se è vero che è pentita e vuol fare la monaca: il tempo poi provvederà.
La vecchia avvolse la chiave in un fazzoletto, guardò la vigna, ancora scura tra il verde tenero delle chine sotto i boschi che fasciavano il monte, e riprese il viaggio. Costantino l’accompagnò un tratto: era allegro, felice, pieno di speranze e di buoni propositi per l’avvenire.
— Per adesso nella vigna non c’è nessuno; ma Barbara non è donna da aver paura. Ci son poi lì accanto dei pastori miei amici che sorveglieranno. E poi.... ci sarò io. I primi giorni, però, non mi lascerò vedere: che ne dite: è giusto?
— Giustissimo.
Egli invece, appena stabilito tutto, congedatosi dalla vecchia, andò su alla vigna. La casa era poi una grande capanna in muratura, divisa in due stanze una delle quali ingombra di botti e di cestini per la vendemmia. Egli mise tutto in ordine, spazzò dentro e fuori, ammucchiò un po’ di legna sul focolare. Aveva portato del pane e lo mise nel cestino appeso in mezzo alla stanza dove i sorci non potevano arrivare; ma pensò che una donna non vive di solo pane e tornò al paese, preparò di nascosto della zia una piccola bisaccia di provviste e l’indomani mattina ripartì per la vigna. Passando davanti alla bottega della Nuorese comprò anche lo zucchero e il caffè: cosa che fece sorridere la donna dietro il banco.
— Ah, Costantinu, Costantinu! Regalo per donna e donna golosa!
Lui rideva: si sentiva felice come un adolescente che fa una scappatella. E rimase tutto il giorno nella vigna, ricordando che una volta, viva ancora la sua prima moglie, c’era stato con Barbara, al tempo in cui si estirpano le gramigne. Che giorno, quello! Al ricordo il sangue gli batteva alle tempia, come giù l’acqua del torrente contro le pietre. Così rimase ad aspettare Barbara: ma calò la sera ed ella non arrivò. Egli andò a passare la notte coi pastori, nell’ovile sopra la vigna: era una notte fresca e chiara, i boschi mormoravano e la luna al suo ultimo quarto si posava su un macigno di Monte Gudula come un piatto d’oro sopra una mensola.
D’un tratto i cani abbaiarono. Costantino balzò, come punto da un coltello, e andò a guardare sopra la sua vigna. Non vedeva nessuno. Tuttavia rimase lì, a lungo, accucciato, aspettando. Il cuore non lo ingannava. Dopo qualche tempo due figure, una piccola, l’altra grande, apparvero sul sentiero, passarono il varco assiepato del muro, si fermarono davanti alla casa, entrarono. Costantino palpitava di gioia, d’ansia, di dubbio. Aveva riconosciuto bene Barbara e il cacciatore «grande come una porta». Speriamo che questo, accompagnata la sua ospite, se ne riparta tranquillo. Infatti, dopo qualche tempo, dopo che il finestrino della casetta s’illuminò del chiarore interno del fuoco, la figura alta uscì e s’aggirò di qua e di là, come cercando di nuovo il varco per andarsene. Dio sia lodato, ecco che se ne va. Ma no; si sporge soltanto sul muricciuolo, guarda, par che fiuti l’aria; poi torna, rientra e chiude.
Costantino rimase lì, dietro la siepe, come ferito. Vedeva il viso giallo della zia ridere con la luna, sopra il macigno di Monte Gudula.
— Rideranno di te, più di quel che ne ridono adesso, se è possibile! — Ma poi ricordò che una volta la sua prima moglie era salita su alla vigna per sorprender lui e Barbara, al tempo dell’uva; e s’era nascosta così com’era nascosto lui, e poi aveva confessato che, per non far troppo scandalo, se n’era andata via senza lasciarsi vedere.
Allora s’alzò indolenzito e tornò su dai pastori: al suo passare qualche pietra rotolava per la china e i cespugli del tasso, svegliati dall’urto, mandavano un sospiro.