Il Tesoro (Latini)/Libro II/Capitolo XXXVII

Capitolo XXXVII. Dell’aere e della piova e del vento, e delle cose che sono nell’aria

../Capitolo XXXVI ../Capitolo XXXVIII IncludiIntestazione 25 febbraio 2023 75%

Brunetto Latini - Il Tesoro (XIII secolo)
Traduzione dalla lingua d'oïl di Bono Giamboni (XIII secolo)
Capitolo XXXVII. Dell’aere e della piova e del vento, e delle cose che sono nell’aria
Libro II - Capitolo XXXVI Libro II - Capitolo XXXVIII

[p. 320 modifica]

Capitolo XXXVII.


Dell’aere e della piova e del vento e delle cose che sono nell’aria.

Lo conto dice qua a dietro, che l’aria intornia l’acqua e la terra e le rinchiude e sostiene dentro da sè, e ancora gli uomini e gli animali vivono per l’aere; chè vi spirano dentro, e fanno come’ pesci nell’acqua1. E ciò non potrebbero [p. 321 modifica]fare, se l’aere non fosse umido e spesso2. E se alcuno dicesse che l’aere non fosse spesso, io gli direi, che s’egli menasse3 una verghetta di legno per l’aere, ella sonerebbe, e piegherebbesi immantinente per la spessezza dell’aere.

L’aria sostiene gli uccelli, quando elli volano, chè se l’aere non fosse spesso non potrebbero volare, e l’ale gli varrebbono molto poco4. In questo aere nascono i nuvoli, le piove, li baleni, i tuoni, ed altre cose simiglianti.

E udirete ragione come5: Lo conto dice qua a dietro, che l’aria intornia tutta l’acqua e la terra, e rinchiude e sostiene dentro da sè, e gli uomini e gli animali; e che la terra è coperta e ripiena di diverse acque6. Ora viene che quando [p. 322 modifica]il caldo del sole, il quale è capo di tutti calori e fondamento, egli fiede nell’umidore della terra, e medesimamente fiede nelle cose bagnate, e’ le asciuga e cavane fuori l’umidore, come fosse un drappo bagnato: allora n’esce fuori uno gran vapore, come un fumo, e vanno nell’aria a monte, là ov’eglino s’accolgono a poco a poco, e ingrossano tanto, ch’elli diventano oscuri e spessi, sì che ci togliono la veduta del sole, e queste sono le nuvole. Ma elle non hanno in loro sì grande oscuritade, ch’elle ci tolgano il chiarore del giorno. Chè il sole riluce di sopra, sì come una candela che fosse in una lanterna, che allumina di fuori, se non la può l’uomo vedere7.

E quando la nuvola è ben cresciuta e nera ed umida8, e che non puote più soffrire l’abbondanza dell’acqua che v’è evaporata, è mestiere che debbia cadere sopra la terra, e questa è la piova. Ed allora ritratto l’umidore della nuvola, immantinente diviene bianca e leggiera; e ’l sole sparge li suoi raggi per la nuvola, e fa del suo splendore un cerchio di quattro colori diversi. E ciascuno elemento vi mette del suo colore. E [p. 323 modifica]questo suole avvenire quando la nube è piena9. E quando la nuvola è alquanto ismossa e leggiera, ella monta in alto, tanto che ’l calor del sole la confonde, e guastala in tal maniera, che l’uomo vede l’aria chiara e pura, e di bel colore. E sappiate che l’aere ch’è sopra noi in alto, è più freddo tuttavia che quello ch’è in basso. Ragione come: Tanto quanto la cosa è più grossa, e di più10 spessa natura, tanto vi si apprende il fuoco più forte. Per ciò l’aere ch’è in basso è più grosso e più spesso che quello ch’è in alto; lo calore del sole vi si apprende più che in alto11. Dall’altra parte, i venti muovono e fuggono12 più ispesso in basso13 che in alto; e tutte le cose che stanno chete sono più fredde che quelle che si muovono.

Dall’altra parte, nel verno il sole si dislunga sopra a noi, per ciò è l’aere a monte [p. 324 modifica]assai più freddo che14 il basso. E perciò avviene egli che l’umidore, anzi che sia ingrossato in gocciole,15 diviene in quello aere freddo e gelato, e ciò è la neve, che non cade mai in alto mare. Ma d’istate, quando il sole ritorna, e approssimasi all’aria fredda, se egli truova alcuno vapore gelato, egl’il serra e indura, e fanne gragnuola molto grossa, e cacciala per lo suo calore infino entro16 la terra; ma al cadere che fa, per la spessezza dell’aere, sì si trita e diventa minuta, e spesse volte si disfa, anzi che sia in sulla terra.

Or viene alcune fiate, che li venti si scontrano insieme di sopra da’ nuvoli, e si fuggono,17 e percuotono spesso in loro venire, onde fuoco nasce nell’aria. Ed allora, se questo fuoco18 truova li vapori montati e ingrossati, egli gl’infiamma e falli ardere, e questa è la folgore che le genti [p. 325 modifica]dicono19. Ma li forti percotimenti de’ venti la stringono e cacciano sì fortemente, che ella passa la nuvola; e fa tonare e balenare, e cade giù in tal forza per li grandi venti che la cacciano, che alcuna cosa non ha contra lei fortezza20. E sappiate veramente, che quando ella si muove a venire, ella è sì grande ch’è una meraviglia: ma ella menoma nel suo venire per lo percotimento dell’aere e de’ nuvoli. E molte fiate avviene, che quando ella nasce nella prima, che la non è grande21 nè troppo dura, e22 che’ nuvoli sono ben grossi e umidi e caricati d’acqua, che la folgore non ha potere di passare li nuvoli, anzi vi si spegne dentro, e perde il suo fuoco. E quando li venti che si combattono sì maravigliosamente entrano dentro a’ nuvoli, e sono rinchiusi dentro loro corpi, elli [p. 326 modifica]li muovono23, e fanno ferire l’uno contra l’altro. E perciò che loro natura non soffera che ellino siano rinchiusi, sì li rompe per forza24, ed allora si fanno li toni. Ed egli è natura di tutte le cose, che si possono ferire e percuotere insieme, che fuoco ne può nascere. E quando quel forte iscontramento è de’ nuvoli e de’ venti e dello ispesseggiare de’ tuoni, natura ne fa nascere25 fuoco il quale pretta grandissima chiarezza, secondo che voi vedete, quando li baleni gettano loro lume. E questa è la propria cagione perchè sono e baleni e tuoni.

E se alcuno mi domandasse perchè l’uomo vede più tosto li baleni, che non ode i tuoni; io gli direi, per ciò che ’l vedere è più presto che l’udire. Anche avviene altresì, che alcun vapore secco, quando egli è montato tanto che s’apprende per lo caldo che è a monte, egli cade immantinente ch’egli è appreso26, inver la terra, tanto che si spegne e ammortiscesi. Onde alcuna gente dico, ch’è ’l dragone27, o che ciò è una stella che cade. [p. 327 modifica]

E sappiate che nell’aere sono ed28 intorno alla terra quattro venti principali, di quattro parti del mondo. E ciascuno ha sua natura e suo ufficio, onde ellino adoperano, secondo che li marinari lo sanno, che ’l preveggono di dì e di notte.

Ma de’ nomi e della diversità de’ venti, non dirà ora più il conto29, però che le genti del mondo cambiano nomi, secondo la diversità delle usanze, e de’ linguaggi30. E dall’altra parte, l’uomo truova e vede assai fiate che un vento medesimo faccia piovere in un luogo, ed in un altro no31, secondo che ’l vento viene di profondo mare presso di quella cotal terra. E nientedimeno l’uomo dice comunemente, che quel vento che viene di verso levante diritto, e quello che gli vien rincontro del diritto ponente, non sia di grande pericolo, per ciò che loro venuta fiere piuttosto in terra che in mare. Ma quello che viene di diritto tramontana, e quello che viene di diritto mezzodì, sono [p. 328 modifica]di fiero pericolo, chè ’l corso32 dell’uno e dell’altro fiere nel mare molto duramente.

E questi sono li quattro venti principali del mondo. E ciascuno di loro n’ha due altri intorno da lui, che sono come bastardi. Chè ’l vento di levante, ch’è temperato secondo che ’l conto ne divisa dinanzi, ha di verso tramontana uno vento che secca tutte cose, ed è appellato Volturno; ma li marinari lo chiamano Greco, per ciò che viene di verso Grecia. Dall’altra parte di verso mezzodì sì n’è un altro ch’ingenera nuvoli, ed ha nome Euro; ma li marinari lo chiamano Scilocco: ma io non so ragione perchè elli lo chiamano così. L’altro principale di verso mezzodì si è caldo e umido, e spesso fa folgori e tempeste; e da ciascuna parte d’intorno lui ha venti caldi, che tutti fanno spesso tempesta e scuotimento di terra33. L’altro principale che viene di verso ponente34 caccia il freddo e ’l verno, e mena fiori e foglie [p. 329 modifica]e primavera. E di mezzodì viene un vento ch’è della natura dell’altro di mezzodì, ed ha nome Africo, ma li marinari lo chiamano Africino35. Ed anche l’appellano per due altri nomi: che quando egli è dolce e soave, l’appellano Gerbino, per ciò che quel paese che la scrittura chiama Africa, chiama l’uomo vulgarmente Garbon36; ma quando egli viene di grande fortuna e di grande rapina, sì ’l chiamano li marinari Libeccio. E di verso tramontana v’ha un altro ch’è più di buon aria37, che ha nome Corus. Questo appellano li marinari Maestro, per sette stelle che sono in quel medesimo luogo, che sono chiamate da molti lo carro38. L’altro principale che viene di tramontana sì dà nuvoli e freddura. E quello che gli è rincontro verso ponente, dà neve e gragnuola39, ed ha nome Arcie. Ma l’altro ch’è di verso levante, restringe pioggie e nuvoli.

E ciò puote l’uomo conoscere brevemente, che tutti i venti che vegnono d’oriente verso il mezzodì, infino in occidente dànno40 tempesta, o [p. 330 modifica]piova, o cotali cose simiglianti, secondo il luogo e secondo il tempo; e gli altri che sono da oriente verso tramontana infino in occidente, sono il contrario degli altri; con ciò sia cosa che la natura di ciascheduno puote cambiare, secondo diversi paesi.

Ma come ch’egli sia, il Filosofo41 dice che vento non è altro che dibattimento d’aere. Ma la veritade è in Dio, che non si puote sapere chiaramente. Chè di tutte cose dissero li filosofi più aperte ragioni da credere, che de’ venti. E però li lassano a colui che vede tutto, e sa tutto, e puote in tutto.

Bene dicono li filosofi, che sono due altri venti, che sono del fragile movimento dell’aere. Onde l’uno è appellato Oria, e l’altro Alcam; ma la certezza del vero è nel nostro Signore42.

Note

  1. Le stampe leggono male: gli uomini e gli animali vivono per l’aere che vi spira dentro, come pesci nell’acqua. Corretto col t les homes, et les autres animaus vivent par l’air, car il aspirent enz, et fon autressi comme li poisson en l’aigue.
  2. Corretto potrebbe, in potrebbero, ed aggiunto, l’aere col t et ce ne porroient il mie faire si li airs ne fuit moistes et espès.
  3. Il t se il movoit une verge roidement en l’air.
  4. Il t più sobrio li airs meismes sostient les oisiaus par sa espessetè.
  5. Il t aggiunge in fine al periodo precedente, et orrez raison comment. Il volgarizzatore pose questa formola in capo al periodo seguente, e vale nè più nè meno.
  6. Il t repleine de diverses aigues et coverte.
  7. Le stampe leggono che allumini di fuori, e non la può l’uomo vedere. Corretto col t qui alume dehors, si ne la puet on veoir.
  8. E nera e umida, manca al t.
  9. Corretto luna in nube col t, et ce avient quant la nue est plaine et grosse. Ci vorrebbe anche questa, che il maestro avesse insegnato l’arco baleno non apparisce che in luna piena!
  10. Aggiunto grossa, che è ripetuto poco dopo, col t: est plus grosse, et de plus espesse nature.
  11. Il t la calors dou soleil se prent mains en haut que en bas, che torna lo stesso.
  12. Il t fierent.
  13. Le stampe leggono più spesso in aere basso che in alto. Ommisi aere, perchè manca al t ed intralcia.
  14. Le stampe leggono a rovescio: dall’altra parte nel verno il sole si dislunga sotto a noi, perciò è l’aere a monte più freddo che dianzi. Corretto col t d’autre part en yver li solaus esloigne desor nous, at par ce est li airs amont assez plus froiz que le bas airs.
  15. Aggiunto in gocciole, col t engroisée en goutes. Poi in alto mare, col t en haute mer, colla variante en autre maniere, del codice cap. veron. preferita dal Sorio.
  16. Il t iusqu’ a’ terre.
  17. Il t s’entrefierent, tradotto ancora fuggono!
  18. Corretto vento in fuoco, col contesto e col t, se cil feus.
  19. Che le genti dicono, zeppa di Bono.
  20. Le stampe sgrammaticano: ma li forti percotimenti de’ venti li stringono e cacciano sì fortemente, che elli passano la nuvola; e fa tonare e balenare, e cade giù in tal forza per li grandi venti che la cacciano, che alcuna cosa non ha contro lei fortezza. Corretto col t: mais li fors deboutemenz dou vent la destraient et chace si roidement, que ele fent et passe les nues, et fait toner et espartir, et chiet aval de tel air, por les granz vens qui la chacent, que nul riens n’ha contre lui durée.
  21. Il t quant n’est à prime molt granz.
  22. Le stampe dividono questo periodo in due, ponendo il punto dopo dura, e ne tolgono il senso. Corretto col t.
  23. Corretto si in li, col t, il les esmuevent.
  24. Il t à fine force.
  25. Il t issir, colla variante naistre di sette codici.
  26. Cambiato appresso, in appreso, col t esprise. Risponde al si apprende, se esprent, di sopra.
  27. Corretto e in o, col t au.
  28. Aggiunto ed col t, che dà altra nozione sui venti.
  29. Il t li maistres.
  30. Il t changent et devisent les nons selonc lor usage, et selonc la diversitè des langages.
  31. Il t l’en trueve maintenant, que il pluet en I leu, et en autre non colla variante di nove codici fait en un lieu pluie, per cui forse fu tradotto per errore fia, come hanno le stampe, in luogo di faccia piovere, come fu corretto.
  32. Le stampe corpo, il t cors. Il Sorio rimase incerto di mutare corpo in corso, avvegnachè cors significhi e l’uno e l’altro. Ma considerando, che qui si parla di correnti, o corsi d’aria: che in questo capitolo il maestro diede corpo alle nubi, e non ai venti: che tre mss. del Chabaille leggono cours; adottai senza più la correzione, e mutai corpo in corso.
  33. Il t font souvent menu foudres, tempestes, et crol de terre. Aggiunto e scuotimento di col t.
  34. Il t ha di più si fait esté.
  35. Il t et par ce non l’appellent li mariniers aucune foiz.
  36. Il t les garb.
  37. Il vento debonaire, è di buon’aria!
  38. Che sono da molti chiamate lo carro, glossa di Bono.
  39. Corretto in in e, col t et grelle.
  40. Corretto hanno in dànno, col senso, e col t dont.
  41. Il t ie di que.
  42. Ma la veritade, fino in tutto. Poi Ma la certezza del vero è nel nostro Signore, è predica aggiunta da messer Giamboni.