Il Tesoro (Latini)/Illustrazioni al Libro III/Capitolo II
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Traduzione dalla lingua d'oïl di Bono Giamboni (XIII secolo)
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CAPITOLO II.
Il Carrer, e più il Sorio, racimolano brani del Polistore di Solino, qui tradotto dal Latini, per migliorare o correggere la volgare lezione. Avendo io confrontato partitamente il Volgarizzamento col t, non veggo grande utilità nel riprodurre i brani tradotti o compendiati nel Tesoro. Quando sappiamo ciò che probabilmente il Latini ha scritto; non vogliamo di più. Dico probabilmente, e non veramente, perche non possediamo nessun codice autografo, come nella Prefazione ho già dichiarato. Accettiamo perciò quali vere le lezioni che sono più verosimili, come in somiglianti casi bisogna necessariamente fare.
La critica della sua dottrina è altra impresa.
Veggiamo non di meno la fonte ond’ egli attinse qualche curioso aneddoto.
Della Babilonia d’Egitto, diversa dalla Babilonia d’Asia, parliamo altrove.
Vedi Dizionario del Calmet sulla sinonimia di Nilo, e Gehon fiume del Paradiso terrestre.
Sui tosoni che mutano colore al vello, ecco le parole di Solino, che cita Varrone: «Affirmat in littoribus maris istius fontom esse, quem si oves biberiut, mutent vellerum qualitatem, et antea candidae amittant quod fuerint usque ad haustum, ac fulvo postmodum nigrescant colore (cap. XXXVI).»
Brunetto fa la maraviglia più maravigliosa. Ecco il prodigio del bitume del lago di Asfalt: «Bitumen nascitur in Iudaea, quod Asphaltites gignit lacus, adeo lentum mollitie glutinosa, ut a se nequeat separari. Enimvero si abrumpere partem velis, universitas sequitur, scindique non potest, quoniam, in quantum ducatur, extenditur. Sed ubi admota fuerint cruore ilio (il mestruo) polluta fila, spente discerpitur (Cap. IV).»
Degli Essenii parla Solino Polistore cap. XXXVIII, tradotto quasi alla lettera da ser Brunetto, e Plinio lib. V cap. XVII. Erano una specie di monaci fra gli Israeliti.
Prodigio del lago Arethusa. «Tigris influit in Arethusam lacum, omnia pondere sustinentem, cuius pisces nunquam se alveo Tigridis immiscent, sicut nec amnici pisces in stagnum transeunt Arethusae, per quem dissimilis colore, et volucri meat cursu (Cap. L.)
Corso sotterraneo del Tigri: «Monte Tauro resistente, in profundum specum mergitur, quem subterlabens, in altero ejus late re apud Zoroandam emicat, ulvas et purgamenta plurima secum trahens. Deinde identidem absconditur, rursus redditur. Adiabenos Arabasque praeterfluit (Ibid.).»
Mercato dei Seri, o Chinesi: «Primum eorum fluvium mercatores ipsi transeunt, in cujus ripis nullo inter partes linguae commercio, sed depositarum rerum pretia oculis aestimantes, sua tradunt, nostra non emunt (Cap. LXIII).»
California asiatica: «Extra Iudiae ostium sunt insulae duae, Chryse et Argyre, adeo foecundae copia metallorum, ut plerique eas aurea sola prodiderint, et argentea habere (XLIII.)»
Uomini cou un piè solo, a doppio uso: «Ad montem qui Milo dicitur, habitant quibus aversae plantae sunt, et octoni in plantis singulis digiti. Legimus monosiclos ibi quoque nasci singulis cruribus, et singulari pernicitate, qui ubi defendi se velint a calore, resupinati plantarum suarum magnitudine inumbrantur. (cap. LXV.)»
Uccelli geografi. «Observatione itaque navigandi nulla suppetente, per quam ad destinata pergentes locum capiant, vehunt alites, quarum meatus terram petentium regendi cursus magistros habent (cap. LXVI.).
Solino al cap. XLV, come osserva il Carrer, conforta la correzione fatta nel Volgarizzamento, in perfetta conformità col t. Est et delphinorum genus in Nilo, quorum dorsa serratas habent cristas. Hi delphines, crocodiles studio eliciunt ad natandum, demersique astu fraudulento, tenera ventrum subternatantes secant et interimunt.
Dante aveva imparato da ser Brunetto la vaghissima similitudine:
Come i delfini, quando fanno segno
Ai marinar con l’arco della schiena,
Che s’argomentin di campar lor legno.
(Inf. XXII.)
Pittura ripetuta nel Morgante maggiore dal Pulci.
Il delfin v’è che mostrava la schiena,
E par che a’ marinai con questo insegni,
Che si provvegghin di salvar lor legni.
(Canto XIV.)
Ancora sul Capitolo II.
Ad onore del Carrer trascrivo questi tre periodi, acciò si vegga quanto egli divinasse criticamente, quantunque spoglio di codici e francesi ed italiani.
» Il regno degli Amazoni. Costante questa sgrammaticatura in tutte tre l’edizioni. Non la corressi, perchè forse potrebbe avervi un intendimento nel porre ad Amazoni l’articolo maschile. Ed uomini si vogliono da Palefato le Amazoni. Confesso per altro, che questa supposizione non mi avrebbe punto sedotto, se avessi trovato in una sola delle tre edizioni corretto l’errore.
» Si chiamano Cidoplei. Cidoplei in tutte l’edizioni; ma da Solino si chiamano Monosceli (cap. LV). E da questo autore è tratto il più delle favole, che Brunetto racconta. Se ne può vedere il riscontro di molte, anche in Plinio (lib. VI, cap. 30), dal quale però si narrano come favole.
» Le calcatrici, le quali mangiano a retro. Nelle tre edizioni concordemente alletro; e ci voleva altro che il cioè a dichiarare il significato di questo mostruoso vocabolo.