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XVI
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XVII.

Era la mattina di una nebbiosa e tepida domenica d’inverno e la grande città usciva appena dalla quiete notturna che già un insolito movimento si vedeva per le vie che conducono a San Pietro. Le carrozze si succedevano alle carrozze; alcune recanti cardinali, vescovi europei o orientali con le lunghe barbe, diplomatici in uniforme, gentiluomini della corte papaie, signore velate [p. 286 modifica]e signori in giubba col petto coperto di catene e decorazioni pontificie o straniere. I carabinieri a due a due stavano impalati a riparo dei portoni e pareva facessero ala al pomposo corteggio che, giunto in piazza San Pietro, si divideva, poichè le carrozze dei diplomatici e dei dignitari della corte pontificia penetravano nel cortile di San Damaso e quelle degli invitati si fermavano davanti al portone di bronzo, dietro al quale stavano schierati gli svizzeri.

Il campanone di San Pietro empiva l’aria di note cupe e sonava annunciando a Roma la grande cerimonia religiosa dell’anniversario della elezione di Leone XIII al pontificato, e su per le molte scale del Vaticano, guardate dai gendarmi maestosi col capo coperto dal pesante morione, era un salire affrettato di dame, un fruscìo di seta e di velluto.

La sala Ducale e la sala Regia erano affollate di gente di minor conto; monache, educande borghesi, frati, cui non era concesso altro che lo spettacolo di veder passare o ripassare la corte papale, e coloro che erano ammessi alla cappella Sistina, il luogo sacrato dalla grande mente del Buonarroti.

Su in alto figure di Sibille, di Profeti, di [p. 287 modifica]Apostoli, severe, grandiose, più scolpite che dipinte dal pennello michelangiolesco: sulla parete di fondo il tetro Giudizio universale, una protesta dell’austero fiorentino contro il fasto, i vizii, le corruzioni dei grandi, e più basso questi grandi in carne e ossa, noncuranti di quella condanna.

Sulle pareti laterali invece tanti affreschi del Perugino e dei maestri toscani del suo tempo, ispirati a una fede meno ragionata e meno filosofica di quella del Buonarroti, ma più ingenua, più illimitata e per questo più efficace.

In faccia alla parete del Giudizio si ergevano le tribune delle signore, affollate da una turba elegante e ciarliera, che portava in quel luogo sacro gli strascichi dei pettegolezzi della città e il profumo di gardenia e di violetta. Sotto alla prima tribuna di sinistra un piccolo palco, sul quale il gran maestro dell’ordine di Malta col petto fregiato della croce e lo spadone appoggiato al muro, stava ritto, impettito mostrando a tutti la sua alta figura bonaria e pareva pago del suo dominio di un giorno. Accanto a quel palco, in una tribuna più bassa, i rappresentanti delle grandi e delle piccole potenze, dal generale in uniforme rossa inviato dalla regina d’In[p. 288 modifica]ghilterra e imperatrice delle Indie al mellifluo rappresentante del principato di Monaco; a destra la tribuna delle dame del corpo diplomatico e delle patrizie che contano papi e cardinali nella famiglia, alcune col petto fregiato di decorazioni.

Davanti a queste tribune la balaustra marmorea, e sotto, gentiluomini che portavano i più bei nomi di Roma.

A sinistra il trono papale con un arazzo disegnato da Raffaello sul fondo e drappeggiamenti di velluto e oro; a destra la tribuna su cui stavano i cantori della Cappella Papale in rocchetto bianco. Sotto a questa, su scanni bassi, i vescovi in abiti monastici o sacerdotali, dall’altro lato i cardinali tutti con la cappa magna rossa, scendente sul tappeto verde e, accoccolati quasi per terra dinanzi a loro, i caudatarj in veste violetta.

Entra il papa in sedia gestatoria, tutto vestito di bianco, con la tiara aurea tempestata di gemme, preceduto dagli esenti della Guardia Nobile, dagli svizzeri e dai flabelli, e un gran silenzio si fa nella Cappella.

Scende il vecchio venerando e sale sul trono. Egli ha a fianco il principe assistente al Sacro Soglio e un cardinale, e la messa incomincia sull’altare che è addossato alla [p. 289 modifica]parete del Giudizio Universale, e la Cappella Papale, composta soltanto di voci, empie la magnifica sala di sublimi melodie.

I cardinali si alzano, fanno genuflessioni, si aggruppano, si smembrano, e quei ricchi strascichi di seta e di merletto mettono una nota stridente di rosso nello spazio.

Il papa ogni tanto si alza; il più giovane dei vescovi legge le antifone e il canto accompagna la messa detta in onore del canuto e tremulo vecchio che più volte si fa spogliare di un paramento sacro per indossarne un altro.

Le dame, dalle tribune, parlano fra loro, accennano ai cardinali che conoscono, cinguettano, si mettono dinanzi agli occhi i cannocchiali per non perdere nessuno dei movimenti di quella imponente corte pontificia, studiati prima come in una rappresentazione coreografica.

La piccola signora Mariani che non perdeva una prima al Costanzi o al Valle, che assisteva a tutte le vendite celebri, a tutte le conferenze, trovava modo, per le sue attinenze con l’Ambasciata di Francia, di non perdere neppure nessuna festa vaticana, e quel giorno, mescolata alla turba elegante, seguiva con molta attenzione tutte le fasi di quello spet[p. 290 modifica]tacolo sacro, e con la lente dinanzi agli occhi, cercava fra i dignitari della Corte Papale, e fra i cardinali e i prelati, le sue conoscenze, e le indicava a Maria, che s’era trascinata dietro e che, artista com’era, provava un grande godimento nel seguire i movimenti studiati dei porporati e dei vescovi, movimenti che parevano ideati dal genio di un sublime pittore.

— Guarda! — dissele a un tratto quando, dopo terminata la cerimonia, il papa era risalito nella sedia gestatoria su cui scendeva lo strascico bianco della veste serica, e il corteo si avviava per uscire.

E coll’indice la piccola signora Mariani accennava all’amica, mescolato fra i dignitari della Corte Papale, un signore con i calzoni di pelle di dante, il vestito verde gallonato d’oro e il cappello a punta sotto il braccio.

— Non vedi? è don Pio, — disse la piccola signora. — Don Pio mastro delle poste che non sussistono più!

Maria seguì il principe della Marsiliana con l’occhio finchè non lo vide sparire sotto l’arco della porta.

L’altra continuava a ridere dicendo:

— Che commedia! Don Pio, il “prince Charmant„, trasformato in un ranocchietto verde [p. 291 modifica] e giallo, don Pio Mastro delle poste che non ci sono, che commedia!

Maria rimase muta e non potè ridere; il suo cuore, buono e compassionevole, aveva sempre una lagrima per i vinti.

FINE.