Il Parlamento del Regno d'Italia/Pietro Paleocapa
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Enrico Falconcini | Lorenzo Sforza Cesarini | ► |
senatore.
Ultimo discendente d’antica greca famiglia che abbandonò Candia allorchè nel 1669 se ne impadronirono i Turchi. Pietro Paleocapa nacque in Bergamo, ove suo padre Mario esercitava a quell’epoca ufficio di cancelliere della repubblica.
Studiò per tre anni legge all’università di Padova; poi congiunte al regno d’Italia le provincie Venete entrò nella scuola militare di Modena. Uscì da questa prima della sua promozione, fu nominato tenente del corpo del genio, ed ebbe incarico di dirigere lavori che si eseguirono allora nella fortezza di Osopo.
Nel 1813 il Paleocapa fece tutta la campagna col secondo corpo della grande armata alla cui testa trovavasi il generale Bertrand. Caduto in poter del nemico dopo la sconfitta di Futterberk, veniva condotto in prigionia, allorchè gli riuscì di sfuggire dalle mani de’ suoi custodi; rientrato in Italia nel momento in cui i destini del regno erano per soggiacere, andò a Peschiera, ove fu incaricato dei lavori di difesa del forte avvanzato di Mandella.
Caduto il gran colosso napoleonico, sciolto dagli Austriaci l’esercito d’Italia, il Paleocapa fu uno dei sei ufficiali, cui venne offerto servizio nel corpo imperiale del genio; ma avendo egli rifiutato accettare l’esibito grado, e abbandonata la militare carriera, ebbe dopo due anni impiego in Venezia nel corpo degli ingegneri di acque e strade.
Chiamato a Milano nel 1820 in qualità di membro del collegio degli ingegneri della giunta del censimento, nel 1825 venne mandato in missione a Vienna presso la commissione aulica del censo per discutere questioni insorte circa al sistema da seguirsi nell’attuare le stime censuarie.
Nel tempo in cui il Paleocapa adempiva a questa missione, nel 1827 veniva incaricato di visitare la ferrovia di Budweis in Boemia, ferrovia che una società stava a proprie spese costruendo; dietro accurato esame consigliò egli la società medesima di rinunciare ad attivare lo stabilito tronco da Leopoldschlag a Mauthausen, consiglio che fu adottato, venendo pure adottata la proposta del Paleocapa che progettava invece la linea da Leopoldschlag a Lintz.
Tornato il nostro protagonista a Milano nel 1828, e vedendo che la giunta del censo persisteva nel seguire un sistema di operazioni di stima, che avea già fatto inutilmente perdere molti anni e che a suo avviso molti di più ne avrebbe fatto perdere ancora in lavori lenti, confusi ed in gran parte superflui, onde sembravagli non potersi sperare il compimento dell’opera, se non dopo più che altri vent’anni, domandò ed ottenne di rientrare nel servizio delle acque e strade, e fu nominato nel 1829 ingegnere in capo a Venezia.
Ispettore idraulico nel 1833, nel 1840 fu direttore generale delle pubbliche costruzioni.
In queste differenti importantissime cariche il Paleocapa non ebbe soltanto occasione di dar saggio del suo sapere, e della profonda sua abilità, ma gli fu pôrto campo eziandio di spiegare molta energia. Riuscì di fatti a metter fine a questioni che duravano da più di un secolo sulla regolazione di Brenta e Bacchiglione, facendo adottare un piano, che ebbe l’approvazione del celebre toscano conte Fossombroni, dal Paleocapa, per ordine del governo, consultato in Firenze. Ideò, fece approvare, ed eseguì un progetto di lavori per la sistemazione dell’Adige, coordinandolo alla bonificazione di vastissimi territorî paludosi, e specialmente delle così delle Valli Veronesi, richiamò in vita l’abbandonalo piano pel miglioramento del porto di Malamocco, e riformatolo, lo fece adottare, e con felicissimo successo mettere in eseguimento.
Chiamato nel 1842 in Ungheria, onde dare il proprio parere sulla regolazione del tronco del Danubio, che corre fra Buda e Pest, offrì un progetto che dopo lunghe discussioni venne approvato.
Richiamato nel 1846 in codesto regno per avvisare al modo di preservare dalle inondazioni la grande pianura traversata dal Tibisco, e per disseccare le vaste paludi che lo infettavano, suggerì un piano di lavori, che fu adottato, e di cui venne tosto allora avviata l’esecuzione, sospesa poi pegli eventi politici e guerreschi, che misero indi a poco quel paese sossopra.
Sul principio del 1848 il Paleocapa era stato per la seconda volta chiamato in Ungheria per dare il proprio parere sul piano di regolazione del porto di Fiume, appartenente tuttavia allora a quel regno. Senonchè, scoppiata in quel frattempo la rivoluzione in Venezia e nelle provincie, egli fu tosto chiamato a far parte del governo provvisorio presieduto dall’illustre compianto Manin, accettandovi il portafoglio dell’interno e dei lavori pubblici. Nel 21 aprile dello stesso anno il Paleocapa ebbe l’onorevole incarico di recarsi al campo di Carlo Alberto ad implorare soccorsi dal magnanimo re, incarico ch’ei non volle accettare se non a condizione di poter dichiarare al sovrano piemontese che la Venezia sarebbesi mantenuta libera di disporre di sè e di scegliersi quel governo che avrebbe riconosciuto più conforme ai proprî interessi, non dovendo d’altronde riguardarsi l’adottata forma repubblicana che come affatto provvisoria. E la missione del Paleocapa ebbe felice risultamento, in quantochè il liberatore d’Italia ordinasse al corpo d’esercito comandato dal generale Durando di muovere verso le provincie venete.
Allorchè poi i tristi eventi che accaddero poco dopo decisero il governo provvisorio di Venezia a convocare un’assemblea di rappresentanti della città e di quella poca parte di paese di terraferma, che era ancor libera, il nostro protagonista, che aveva sempre propugnata la fusione col Piemonte, pronunciò nella seconda seduta di quell’assemblea un notevole discorso in favore di essa fusione, e al quale si deve in gran parte il risultato della votazione successiva, in cui 130 voti approvarono contro 3 soli contrari l’unione allo Stato Sardo. — Ond’è che l’avv. Restelli, inviato del governo provvisorio di Milano a quello di Venezia, dando partecipazione di questo felice risultamento, scrivesse al suo governo, che: «l’assemblea aveva accolto il discorso del ministro Paleocapa con fragorosi applausi, e potersi ben dire che a lui fosse rimasto l’onore della seduta.»
Appena decretata la fusione, il Paleocapa fu inviato a Torino per istipularne l’atto formale, che venne poscia per legge sancito dal Parlamento e dal re. Ed essendo allora ricomposto il ministero sotto la presidenza del commendatore Casati, il nostro protagonista vi ebbe il portafoglio dei lavori pubblici. — Questo ministero, dopo la sconfitta di Custoza e i deplorabili eventi di Milano, dovette dare la propria dimissione. Paleocapa però fermò sua stanza in Torino, sconsigliato dal tornare in Venezia dalle esorbitanze della fazione demagogica ch’era risorta con molto vigore, e non poteva perdonargli d’avere con tanto calore propugnata la causa della fusione. È da notarsi che quella fazione stessa costrinse Manin a cacciarne i capi da Venezia, i quali colle loro fanatiche declamazioni minacciavano turbare quella quiete e quella concordia, che pur era necessario si mantenessero in un paese, che quantunque abbandonato da ogni soccorso esterno, aveva il fermo proposito di difendersi, come il seppe, fino agli estremi, colle sole sue forze, contro il nemico potente, e dallo proprie vittorie inorgoglito.
Poco tempo dopo il Paleocapa fu nominato ispettore del genio civile e membro del consiglio delle strade ferrate. Gioberti sul finire del 1848 essendo pervenuto alla presidenza di quel ministero, che venne poscia chiamato democratico, fece vive sollecitazioni al nostro protagonista onde nuovamente accettasse il portafoglio dei lavori pubblici. Vi si rifiutò questi col dichiarare apertamente, com’egli non confidasse nel buon esito della guerra che voleasi troppo precocemente ricominciare, e che a parer suo, anche nella ipotesi di un primo fortunato successo, non poteva che aggravar le sventure di quel paese che egli era nella nuova combinazione ministeriale chiamato a rappresentare. Così fu che il Paleocapa attese a disimpegnare fino al principio del mese di novembre del 1849 le sole sue funzioni d’ispettore del genio civile.
In questo punto però, salito al ministero Massimo d’Azeglio, in qualità di presidente del consiglio, offrì di nuovo al Paleocapa il portafoglio dei lavori pubblici, che venne da esso questa volta accettato.
Nei molti anni che codesto ministero, de’ più importanti, rimase affidato alle vigili mani del nostro protagonista, questi non cessò di promuovere per quanto stava in lui tutti quei pubblici lavori di cui maggiormente il paese abbisognava, e che potevano tornargli meglio proficui, dotando di un buon sistema di strade ordinarie l’isola di Sardegna, intendendo efficacemente ad estendere quella rete di ferrovie di cui era suo avviso dovesse esser coperto tutto il regno, promovendo del pari e dando notevole sviluppo alla rete dei telegrafi elettrici, ordinamento ed impulso ai lavori di porti e spiaggie.
Costituitasi nell’anno 1855 in Parigi, per opera del sig. di Lesseps, una commissione internazionale di scienziati ed ingegneri per istudiare il progetto del taglio dell’istmo di Suez, il Paleocapa vi fu chiamato qual membro rappresentante gli interessi del regno Sardo, venendo quindi invitato a far parte del consiglio d’arte che doveva avere l’alta sovraintendenza sull’esecuzione dei lavori. Nelle prime sedute tenute a Parigi dalla suddetta commissione, della quale eragli stata offerta la presidenza (ch’egli non volle accettare), fece prevalere l’opinione che il canale dei due mari dovesse essere incassato e liberamente comunicante col mare da ambo le parti. Confutò in appresso vittoriosamente le censure fatte all’impresa, sia dal lato tecnico, che economico, e specialmente quelle esposte nel parlamento inglese dal celebre Stephenson.
Le frequenti malattie d’occhi da cui fu afflitto e la di lui persistenza ed assiduità nel lavoro, lo condussero sventuratamente ad una totale cecità, che nel 1857 costrinse quel sommo uomo a dimettersi dal ministero, e a rientrare nella vita privata. Ma il favore e la stima che gli professavano i suoi colleghi e la benevolenza ben meritata del re fecero ch’egli seguitasse a far parte del gabinetto qual ministro senza portafoglio.
In quest’ultima posizione si mantenne fino al momento dell’armistizio di Villafranca, conosciuto il quale, e presagitene le conseguenze funeste pella sfortunata Venezia, domandò la sua dimissione, che non gli fu allora concessa. Se non che, poco appresso ritiratosi tutto il ministero, egli ebbe la sua giubilazione, e rientrò definitivamente nella vita privata, solo conservando la dignità di senatore, conferitagli nel 1855.
Il commendatore Paleocapa è autore di parecchie memorie scientifiche che gli acquistarono fama di valente idraulico, fra cui crediamo prezzo dell’opera citar le seguenti:
Esame delle opinioni di B. Castelli e di A. Borelli sulle lagune di Venezia; — Considerazioni sulla costituzione geologica del bacino di Venezia e sui pozzi artesiani; — Parere sulla regolazione del Tibisco in Ungheria; — Considerazioni sul protendimento delle spiaggie e sull’insabbiamento dei porti dell’Adriatico, applicate allo stabilimento di un porto nella rada di Pelusio; — Considerazioni sulla scelta di quello fra i canali del Danubio, che convien preferire per regolarne la foce nel mar Nero; — Memorie d’idraulica pratica sull’Adige e sul Castagnaro; — Parere sul piano di bonificazione dei consorzi Padani.
Parecchie altre memorie vennero inserite negli atti dell’Ateneo e dell’istituto di scienze di Venezia.
Membro dell’accademia di scienze, lettere ed arti di Milano, ed uno dei quaranta della società italiana, è pur membro onorario dell’accademia di belle arti di Venezia, e socio di molte altre che riuscirebbe lungo il nominare.
Insignito da sua maestà il nostro re del grado di cavaliere, gran croce dell’ordine Mauriziano, e di cavaliere del merito civile, fu dall’imperatore dei Francesi creato grande ufficiale della legione d’onore, e dall’imperatore di Russia cavaliere di prima classe dell’ordine di S. Wladimiro.