Il Novellino/Parte terza/Novella XXIII
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carnalmente cognoscere: il fatto se divulga, e lei è iustiziata.
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NOVELLA XXIII.
ARGOMENTO.
AL MAGNIFICO MARINO BRANCACCIO1.
ESORDIO.
Se dalle leggi della natura e laudevoli costumi sono le nefande umane operationi condannate, non dubito che tu, nobile e strenuo partenopeo, come a virtuosissimo per approbato dannerai un detestando e più diabolico che umano appetito adempito per una empia ribalda madre nell’ingannare l’innocente figliuolo. Leggerailo adunque con la solita prudenza: per il che mi persuado che tale abbominatione per la mente rivolgendoti, niuna loro strana scelleragine da te per lo innanzi ascoltata per impossibile la giudicarai; siccome nello seguente trascorso da isdegno e confusione sarai accompagnato. Vale.
NARRAZIONE.
Tornando in questi dì da Palermo un nobile cittadino degno di fede, a me e più altri per verissimo ricontò, che nel prossimo passato anno di naturale corso fu la vita di un gentiluomo panormitano terminata, del quale essendo un suo figliuolo rimasto, chiamato Pino, di circa ventitré anni, ricchissimo, bello, accostumato quanto una donzella; di che2 la madre, ancora che assai giovine fosse rimasta, con molta dote, e bella a maraviglia, per lo grandissimo amore che gli portava prepose e disse di più non volere rimaritarse, e dal figliuolo era bene e con ubbidienza trattata. Il che da molti ne fu commendata, e al figliuolo fu carissima tale deliberalione, e per non darle del contrario operare cagione, ossequioso, amorevole e ubbidiente quanto mai figliuolo a madre de continuo le si dimostrava; ove la madre oltra modo contenta ogni dì il suo amore verso di lui faceva maggiore. Ed essendo in tali termini la cosa, avvenne che costei che considerava la virtù, la onestà con le bellezze insieme del figliuolo, da focosa lussuria assalita e vinta, de lui sì sfrenatamente se innammorò per esser da esso carnalmente cognosciuta, che niuna vera ragione, che lei medesima in contrario si persuadeva, potendoci valere operare, de continuo col pensiero travagliava come il suo nefando volere potesse ad effetto mandare. E tenendo per fermo che mai per volontà del figliuolo le saria riuscito tale disegno, le occorse sotto artato inganno pigliarelo tra suoi venenosi lacci: e avendo per cauta via sentito che il figliuolo ancora che onestissimo fosse era fieramente innamorato di una giovenetta sua vicina, figliuola di una vedova di bassa sorte e assai povera ma grandissima amica sua, pensò per tale camino potere arrivare al suo optato fine; e un dì chiamatasi la bona femmina, li disse: Garita mia, essendo tu madre facilmente puoi cognoscere quanto è l’amore che le madri devono ai loro figliuoli portare, e massimamente a coloro che con le proprie virtù fanno il virtuosissimo naturale amore accrescere ed aumentare, siccome il mio virtuosissimo figliuolo, li meriti degli ornati e lodevoli costumi del quale mi costrengono a più che la propria vita amarlo. Il quale per quello che secretamente ho sentito è di tua figliuola sì forte invaghito che io temo che la onestà di quella col suo soverchio amore insieme noi rechino a partito che un dì nel venga a perdere: e dall’altro canto essendo tu tanto mia cordialissima amica, e cognoscendoti de continuo avere conservato il tuo onore e bona fama, io non ardirei in maniera alcuna chiederti di cosa che in disonore te potesse ritornare, anzi per conservatione di quello, sentendoti bisognosa, voglio porre non solo ogni mio pensiero, ma anche delle mie facoltà farti parte, a tale che tu cognoscerai non essere altrimente che propria madre da me trattata. Nondimeno a me è occorso un pensiero per lo quale ad un’ora avremo al mio caro figliuolo satisfatto, e all’onore di tua figlinola e tuo né molto né poco offeso: il modo è che io vorrei che con acconcia maniera entrassi in trame con mio figliuolo di volergli per prezzo concedere la verginità di tua figliuola, e quando fossivo in sul partito io medesima veneria a casa tua con la mia fante, la quale come tu sai pare con tua figliuola e di età e di bellezza assai conforme, e al buio la poneremo in una camera che in letto riceva il mio Pino. e a lui sarà tanto quanto aver avuta tua propria figliuola. E di ciò non dubitare che mai si sappia, attento che lui in essere secreto e onesto avanza ogni altro giovine di questa città; ma posto che per altro possibile accidente si venesse a sentire, io te prometto de subito palesare come il fatto è passato. E così io non portarò pericolo di perdere per soverchio amore il mio figliuolo, e tu averai guadagnata la dota de la giovene, la quale da ora voglio consegnare in tuo potere, e non maculata in cosa alcuna la tua intiera fama; e teneremo in tale pastura Pino sino a tanto che a la giovene trovaremo un bel marito, o lui toglierà moglie, e allora manifestatogli l’inganno tutti insieme ne faremo mirabile festa. La Garita dando indubitata fede alle parole della donna con tante simulate ragioni postele davanti, e oltre a ciò cognoscendo la utilità non piccola che le seguia senza contaminarse la virtù della figliuola; e pur dalla estrema povertà in ciò favorita, e dal piacere de la cara amica confortata, si deliberò del tutto volerla di tale desiderio satisfare, e con lieto volto le rispose con le conditioni antedette mandarlo ad effetto. E da lei partita, il seguente dì vedendo lino che onestamente si andava trastullando per vedere la figliola3, con grande arte entrò con lui in parole, e dopo più varii ed onesti ragionamenti avendogli tratto di bocca la sua occulta e fiera passione, vennero a contrattamento e rimasero d’accordo che Pino le donasse ducento ducati per la dota della sua figliuola, e lui si cogliesse il primo fiore de la sua verginità; e per non tenere il fatto in lunghe trame per la doppia utilità che ne conseguea, a non partire conclusero nella prossima venente notte essere l’amorosa battaglia consumata, e con discreto ordine come e quale se avesse dovuto a sua casa condurre, se partirono. E la Garita a la donna lietamente andata le disse quanto per servirla avea col figliuolo concluso e ordinato: il che la donna contenta a maraviglia l'abbracciò e baciò cento volte, e rifermato tra loro il modo che aveano a tenere per compimento, per farla partire contenta le empìo la mano di monete: di che Garita con gran piacere se ne ritornò a casa sua. Venuta l'ora tra loro ordinata, la donna e la fante se ne andorno per occulta via in casa di Garita, la quale in una camera per ciò acconcia le condusse e lasciò: la donna fatta la fante in un’altra camera occultare, e lei a letto postasi, il proprio figliuolo a l’amorosa battaglia con sfrenato desiderio aspettava. Ah crudele ribalda, ah lussuriosissima porca, ah inumana e rapacissima fiera! qual altro diabolico femineo spireto, qual’altra pazza temeraria se non costei avesse non che fatto ma pur prosumito di pensare tanto e tale detestando ed enormissimo incesto? Ah divina giustizia, non aspettare che da mondani ministri sia punito sì fiero ed esacrabile eccesso; quando la malvagia femmina di fare si appressa, mandale subito il tuo più che giusto furore addosso, e fa che la terra viva la tranghiottisca. Pino quando ora gli parve senza sospetto alcuno in casa della Garita entrato, e da lei benignamente ricevuto, a modo di cieco al buio nella camera perciò ordinata il condusse; il quale tenendo per fermo trovare la giovene da lui amata che nel letto sentea dimorare, dispogliatosi e postoglisi da lato incominciò dolcemente a baciare, e volendo procedere più oltre, lei con grandissima arte debolmente gli contradicea, e mostrandosi di farsi sforzare gii fe’credere che da dovero lui avesse la virginità rapita a colei che la sua si avea divorata, perocché con maestrevole polvere, fumigli, e lavacri avea la battuta strada in modo riserrata che non che il garzonastro, ma pochi nell’arte dotti l'avrebbeno per usitata cognosciuta. Il giovine ancora che in sì fatte notturne battaglie mai esercitato si fosse, si può presumere che credendosi non il suo ma l'altrui terreno coltivare, che da tale piacere vinto non gli fu concesso un solo punto indarno dimorare. Venuta adunque l’alba, la Garita come preposto avea con colorata cagione di secreto cavò Pino di casa; e dall’altra parte la donna e la fante per occulta via anche se ne uscirono. E per non fare che questa volta fosse ultima e prima insieme, quasi ogni notte con nove arti si continuava tale camino, senza giammai la Garita accorgersi che altro che la fante da lui fosse conosciuta. E di tale amoroso gioco essendo ciascuno, ma per diversi rispetti, contento, avvenne che la rea femmina s’ingravidò, di che ne fu oltremodo dolente, e tenuti d’infiniti modi di non fare venire il parto a compimento, e niuno valendone, e cognoscendo il fatto essere venuto a termine che per lei occultare al figliuolo non si potea, quanto e quale fosse la sua misera vita, li travagliosi pensieri, e inquiete d’animo4 con dolore insieme soperchio saria il ricontare: nondimeno aiutata da sua grande temerità, e presumendo tanto di sé e del suo ben dire che averia indotto il figliuolo a volontariamente fare quello che con tanto inganno avea già fatto, propose del tutto lei medesima gliel palesare, e un dì in camera chiamatolo secreto, in tale modo gli cominciò piano a dire: Caro figliuolo, come tu a te medesimo puoi rendere testimonio, se mai madre amò unicamente suo figliuolo, io sono stata quella che ho amato ed amo te assai più che la propria vita: e questo è stato di tale natura, e ha avuta tanta forza che ha reparato a me, che giovane e ricca sono, di non rimaritarmi, e di non fare la mia persona con la tua facultà insieme a strane mani pervenire; e ancora che, come a femmina, di naturale libidine sia stata stimolata, non ho voluto occultamente come molte fanno a quello provvedere, solo per lo conservare del tuo e mio onore: e oltre a ciò sentendo tu essere fieramente preso dell’amore di questa giovenetta nostra vicina, e la madre disposta prima morire che l’onore della figliuola maculare, ed io sapendo a quante infelicità e miserie sogliono tali disperationi gli amanti condurre, come a madre tenerissima della vita tua deliberai con una medesima operatione a tutti i sopradetti mancamenti satisfare, e solo offendendo alle umane leggi, da passati ministri più con arte e superstitione che con ragione fabbricate, volere la tua e mia fiorita gioventù occultamente godere; e quella giovene con la quale nella camera de la nostra Garita hai avuto tanto piacere sono stata io; e in maniera tale è andata la cosa che io ne son gravida. E volendo procedere a più caldi ragionamenti per continuare il suo scellerato apppetito, il virtuoso figliuolo de l’abbominatione del fatto sdegnato e turbato oltre misura, parve che il cielo gli cascasse in testa, e il terreno gli fosse da’ piè rapito, e da ira e dolore mai simile gustato vinto, fu vicino a passarle un cortello per mezzo ’1 core; ma pure alquanto frenatosi, per non voler essere volontario matricida, e della non consapevole prole dentro la infetta carcere serrata uccisore, deliberò lasciare tale vendetta a cui fare la dovea, e con quelle orrende e vituperabili parole che a tanta giusta ruina gli furono lasciate dire, mordendo e lacerando la iniquissima madre, da lei si partì. E subito radunati suoi danari e gioie, e altri suoi fatti rassettati il meno male che possette, aspettate le galee che quivi per Fiandra toccare doveano, le quali fra brevi dì venute, in esse s’imbarcao. La novella con la sua orribilità si cominciò a spargere per la città; di che alle orecchie del Potestà pervenuta, fe’ la malvagia femmina pigliare, la quale senza molti tormenti ricevere confessò il fatto interamente come era seguito, la fe’ in un monastero di donne fin che parturiva cautamente guardare, e al debito termine venuta, parturito un figlio masculo, fu in su la piazza, come se le convenne, con gran vituperio bruciata.
MASUCCIO.
Se per alcun tempo tra lettori o ascoltatori de la ricontata novella vi fosse alcuno al quale paresse strano o tenesse per impossibile, ove io ho detto, che la rotta strada per le continue piogge la rea femina al figliuolo con arte per non usitata avea fatta conoscere, sappia di certo che lui si becca il cervello; però che quando le venenose fiere da tal necessità sono astrette vi sanno usare ed usano di infiniti modi, e con lavatorii, e con fomigii, e con tante e tali compositioni di diverse polveri, che non che tali loro rabbiose labbia, ma la gola d’un gran leone stoppariano. Ma producendo in ciò un approvato testimonio, dico: O vedova artista maestra di scola, io ti prego che non mi lasci mentire, se nol merito: andasti mai con l'ampolletta appiccata a lato con la sanguisuca dentro, nelle camere de le novelle spose, per averla ammanita al bisogno? Tu m’intendi molto bene, ministra del gran diavolo. Ti scongiuro se non in pubblico almeno con teco medesima confessa, che ancora che io dica e scriva male, posso dire e dica la verità. Ma perchè mi vado rompendo la fantasia a scrivere le loro infinite miserie, tradimenti, e cattività? egli sarebbe più facile a numerar le stelle del cielo. Chi avesse mai creduta o giudicata per altro che spirituale e virtuosa la nominata vedova, la quale essendo rimasta giovene bella e ricca, e mostrare di avere dispregiata ogni mondana sensualità, e non volersi rimaritare per amore che al figliuolo portava, chi avesse possuto cognoscere quanta pravità era ascosta sotto tale dolosa apparenza? Ma perchè lei ne ebbe degno merito per tanto lavoro, lasciando di lei il ragionare dico: Quante sono de le altre sputa-balsamo che con simili e maggiori dimostrationi ingannerebbeno un altro Salomone? E tra le altre di coloro che fingono esserne date tutte a lo spirito, e le loro conversationi sono de continuo con li religiosi, i loro ragionamenti non sono se non de la beatitudine della vita eterna, e con più altri modi pieni d’ipocrisia e soperstitione, da venirne fastidio a Dio e agli uomini, ingannano ciascuno che a le loro falsità crede. Non dico nulla quando vanno per la strata coi passi gravi e pontati, e con tanta onesta guardatura, e sopra tanti contegni che per loro puzza il terreno: e con le già dette cerimonie sono reputate dagli sciocchi modeste piene di santimonia; e con questo dannano la prontezza de le altre, attestando in loro favore quel proverbio che si dice: Amo donna pronta, ma non di casa mia. A la quale autorità io con facilità respondo con distintione, che è ben vero che le donne in qualunque stato che sono non devono usare prontitudine dove non è di bisogno né con chi non è necessario, per non incorrerne, oltre al pericolo del fatto, eterna infamia; ma parlare pubblicamente e con buona audacia di cose che la necessità il richiede, o casualmente accadendo, ninno mancamento o dispregio sarà alla loro fama e onore, massime a coloro che hanno con la integrità di loro virtù la mente netta, che non ponno nè pensare nè temere che parlando con alcun uomo per digna bella e giovene che sia possa la sua integrità ledere o maculare: perciò che raro o non mai di pubblica pratica ne segue occulto male, ma di secreti ragionamenti e di remote conversationi de continuo ne nascono manifesti scandali. Guardamene Dio di coloro che non parlano o per non sapere, o per fare dell’ipocrita, che con dieci vasi di mele non gli si aprirìa la bocca; e se niuno le saluta o fa di barretta, o non rispondono, o se aprono la bocca pare che la vogliono fare disdegnosa: e se qualche valoroso giovane e di virtù ornato ne vagheggiasse alcuna di queste santesse, si lascerebbe prima morire che mai venesse a conclusione di satisfarlo; nè però meno lo dispera della grazia sua, ma il tiene in pastura, e con il tempo lo pasce di vane speranze: e di ciò la causa è che quel tale sia preconizzatore e araldo di sua onestà, e gli altri dintorno che ciò sanno sieno alla fama di quella approvatissimi testimonii di non far credere a niuno che lei possa pensare di commettere alcuno errore; e con questa ne deventa Maestra de sententie, che pare niuno le possa o voglia vivere dinanzi. E d’altra parte essendo in casa, se hanno alcun parente che gli piaccia, e massimamente di coloro che di prime lanugini le guance cominciano a fiorire, tengono tanti modi e arti che li fanno scavizzare il collo a confirmare il parentado. Io lascio stare de’ sacerdoti servitori di casa che si fanno compari, e dipoi tradiscono Iddio, e fanno a le loro libidinose voglie mezzano San Giovanni. E se ciò loro fosse interdetto, si buttano a quello che possono, e assalite da loro innata rabbia vedono se in casa è alcun ragazzaccio forte da lavorare, sel tirano con grande lascivia addosso, e come che il conciano Dio tel dica per me; e se non quello pure il mulattiero o il nero etiope non manca. E chi credesse ch’io non dica il vero, specchisi nell’approbatissimo processo de la venente novella, che gli venerà voglia di una insieme con meco dire, che avesse piaciuto a Dio o a la natura che le querce ne avessero parturiti, o vero prodotti d’acqua e loto come si causano le ranocchie con le vaporose piogge di state, più presto che nascere da sì vile, putrido, e imperfettissimo sesso: ed io lasciandole con la loro mala ventura con gran piacere seguirò il mio novellare.
- ↑ Marino Brancaccio, secondo l'Albino, fu vir magno consilio, et in primis ab rege habitus. Armigero di re Ferdinando nel 1463: consigliere e governatore di Monteleone e di Bivona nel 1484; condottiere di cavalli leggieri nel 1485; maestro ragioniere della zecca del 1486; fu tra coloro che sottoscrissero l’atto di abdicazione di re Alfonso II nel 27 gennaio 1495. Fu Conte di Noia e di altre terre. Ebbe molti ufficii, come si legge nel Codice Aragonese. Mori nel 1497. Nell’ed. della gatta questa novella è intitolata, al magnifico messer Anastasio Rossello Aretino, cavaliere e barone reale; che è ignoto.
- ↑ Se togli questo di che, il periodo corre bene.
- ↑ Chi è napolitano sente che qui figliola non significa figliuola, ma giovanetta.
- ↑ inquiete, parmi sia inquidetudini.