Il Novellino/Parte terza/Novella XXII

Novella XXII - Una donna trapanese da un moro
cognosciuta se fugge con lui in Barbaria: il marito travestito le va appresso, ammazza tutti dui, e ricco e salvo se ne ritorna a casa

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Novella XXII - Una donna trapanese da un moro
cognosciuta se fugge con lui in Barbaria: il marito travestito le va appresso, ammazza tutti dui, e ricco e salvo se ne ritorna a casa
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NOVELLA XXII.




ARGOMENTO.


Una donna trapanese s’innamora di un moro, e da lui si fa carnalmente conoscere: ruba il marito, e col moro, e una turca fuggono in Barbaria. Il marito per vendicarsi va travestito, ammazza il moro e la moglie, e con la turca se ne ritorna a Trapani, e sposala per moglie, e con lei gode gran tempo felicemente.


AL MAGNIFICO SIGNORE GALEAZZO SANSEVERINO.1


ESORDIO.


Non bastando a tanto lavoro la mia stanca e non sazia penna descrivendo raccontare le più mostruose che umane operationi del pravo e vilissimo femineo sesso, di lasciare intendo quello che intrinsecamente ho dai teneri anni cognosciuto, e con la presente senectù cognosco de’fatti loro; nondimeno per pur fornire il cominciato camino non resterò [p. 255 modifica]di scrivere certe scelleragini venute in pubblica voce di volgo di tale perversa generatione, e di quelle dare avviso a coloro che di ornate virtù e costumi sono ripieni; e fra gli altri a Te, che virtuosissimo ti cognosco, non userò taciturnità, di uno strano e libidinoso appetito venuto a una trapanese, per la quale non dubito, se qualche fede d’alcuna di loro ti fosse rimasta, con la passione insieme del tutto da te si fuggerà via, e tu libero e sciolto goderai la tua fiorita gioventù. Vale.


NARRAZIONE.


Trapani città nobile di Sicilia, come molti sanno, è posta nelle postreme parti dell’isola, e quasi più vicina a l’Africa che altra terra de’Cristiani; per la quale cagione i Trapanesi molto spesso con loro legni armati corseggiando discorrono le piagge e riviere de’Mori facendo de continuo grandissime prede, e anco loro sono alle volte dai Mori depredati: di che spesse volte avviene che per contrattare i recatti dei prigioni da parte in parte vi fanno le tregue, e portano le mercantie, e comprano, e vendono, con gran facilità praticando insieme, per le quali ragioni pochi trapanesi sono che non sappiano le circostanze dei paesi dei Mori come sanno le loro medesime. Ora avvenne non è gran tempo che un gentil uomo trapanese chiamalo Nicolao d’Aguito, nei dì suoi famosissimo corsaro, avendo più volte castigata la Barbaria, e un tempo ridottosi a casa, e tolta moglie giovane e assai bella, e di quella avuti figliuoli, onorevolmente ducea la vita sua. E tra gli altri famigli e servi che tenea era un moro di [p. 256 modifica]Tripoli di Barbaria, nominato Elia, giovane e forte e assai robusto, ma bruttissimo oltre misura; di che la moglie di Nicolao da sfrenata e focosa libidine assalita, non volendo avere riguardo al rompere del matrimonio (del quale sacramento di raro è fatto molto caso quando attitudine non lo impedisce) nè meno considerare colui essere servo e lei libera, essa bella e lui bruttissimo, lei cristiana ed esso moro, per lo quale atto veniva senza alcun mezzo a un tratto a offendere Iddio, la legge, e l’onore, ma solo stimando esser giovine e poterla meglio che il marito satisfare, del tutto si dispose voler provare se il moro si sapea così sotto le armi adoperare, come al portar de’soperchi pesi in ispalla facea; e provato e riprovatolo, e cognosciuto che il suo giudicio non l'avea ingannata, si deliberò in quello continuare finché la sua vita e la facultà del marito le bastavano. E quantunque al moro paresse star bene, ed essere del giuoco per più rispetti lietissimo, nondimeno essendo di natura di uccelli di rapina, i quali essendo in potere dei cacciatori ancora che ogni dì siano di ottimi e delicati pasti pasciuti, e che con la libertà rade volte e con difficoltà loro è concessa la preda, pur cercano repatriarsi ai lasciali nidi; così il moro con tutte le lusinghe, i doni, e il carnalmente cognoscere della bella sua padrona, de continuo tutti i suoi pensieri erano di ritornarsi a casa; e come astuto e cattivo si cominciò a dimostrar malinconico e tristo alla donna, e quando avesse voluto pigliar piacere poche volte le concedeva. Di che lei pessima contenta de continuo lo stimolava che le dicesse la cagione della sua malinconia, che essa per rimediarci non averla cosa alcuna [p. 257 modifica]lasciata a fare: alla quale il moro disse chiaramente che lui non era mai contento finché non fosse a casa sua. Le quali parole da la donna con rincrescimento mai simile gustato intese, si ingegnò con molte evidenti ragioni persuaderlo restare a tale stato contento; ed oltre a ciò, se pur gli piacea, lei si deliberava avvelenare il marito, e con lui insieme de le sue facoltà goderse; e cognoscendo che el moro con grandissima arte stava a la sua deliberatione fermo, prese per ultimo partito di lei con esso insieme in Barbaria se ne fuggire; e al moro dettolo, e da lui con mirabile piacere ascoltato, per non dare più indugio al fatto, aspetlato il tempo che fresca e continuata tramontana menava, e che Nicolao era andato per suoi bisogni a Mazzara, una notte con certi altri schiavi presero un legno dei necessarii argomenti marinareschi guarnito, pigliata la donna, e con essa una turca assai giovene e bella, e con certe altre robe sottili che la pressa loro concesse, usciti de la città s’imbarcarono, e drizzati al loro cammino da la fortuna furono in tal maniera favoriti che il dì seguente si ritrovarono ai loro moreschi liti. Ognuno dei compagni andato via ai paesi loro, Elia con la donna e la turca si condusse a Tripoli, e dalle sue brigate con gran festa recevuto, e stato alquanti dì in casa con la fatta preda, o che la giustizia di Dio che non lascia niuno male impunito lo avesse spinto, o che da sua consideratione medesima fosse processo, cognoscendo colei da insatiabile libidine assalita avere tradito il marito che quanto la propria vita l’amava, abbandonati i figliuoli, che non poco era da maravigliare, lasciata la patria e la legge del suo Dio, e più [p. 258 modifica]altre cose di tale malvagia femmina esaminando, estimò del certo lui a quella non dovere nè potere alcuna fede, amore, o speranza porre; per li quali rispetti gli cominciò fra pochi dì a venire in tanto fiero odio e fastidio che non solo non le facea le solite carezze, ma con difficoltà le parlava, nè ardiva guardare dove stava, ed oltre ciò per ogni piccola cagione le bastonate andavano da Comito di galea. Di che la bona donna in sì malvagio stato dimorando, tardi pentita piangeva tal misera vita con la sua pravissima operatione insieme, e per suo unico ristoro la morte più che tale vivere desiderava, e con grandissimo piacere l'averia recevuta.

Tornato il dolente Nicolao da Mazzara e trovata la pessima e tanto vituperevole novella, quanto fosse il suo dolore, pianto, e rammaricato, ciascuno se'l può pensare: egli fu sì fiero che più volte fu vicino a passarse d'un cortello per mezzo 'l petto, cognoscendo che il vivere con tal cargo peggio che morte gli saria stato. Nondimendo dando alcun loco al dolore considerò che a la sua ottima fama saria gran mancamento che lui medesimo per viltà si avesse ucciso, si deliberò del tutto andare virilmente a perdere la vita là dove l'onore con le facultà insieme avea già perdute; e con lo suo grande animo, da la giusta impresa fatto maggiore, senza aspettare da amico o da parente consiglio, richiesti occultamente circa dieci gagliardi giovini, e di notte armato un legnetto da corseggiare, con suoi cari compagni verso Barbaria drizzò il suo cammino. E fra pochi dì gionto al prepostato luoco, tirato il legno a terra in una spiaggia circa dieci migli di lungi a Tripoli, e copertolo di alaghe marine de le quali il paese [p. 259 modifica]è abbondevole molto; e detto ai compagni che si nascondessero dentro di loro fusta senza mai discoprirsi fin tanto loro avesse venuto il destro di fare gran preda; e che il dovessero otto dì e non più aspettare, e che se fra il detto termine non tornava tenessero per fermo lui esser morto o preso; avendosi fatta da prima crescere la barba, e tutto di vestimenti moreschi travestitosi, sapendo ottimamente la lingua, con li dati ordini e con animosità grande di crudele vendetta, raccomandandosi a Dio, dai suoi compagni si dipartì. E come colui che troppo bene sapea il paese con le circostanzie de la terra insieme, se n’andò a un fiumicello assai presso a la città dove di molte femmine imbiancheggiavano le tele, estimando che la turca, da la quale credea essere amato, per acqua o per altre opportunità di casa fosse lì ricapitata; e come volse la ventura, che la vendetta con la emenda dei ricevuti danni insieme gli avea apparecchiata, in quel punto che lui giunse la vide con vaso d’acqua che se ne ritornava a casa; di che affrettando il passo, la gionse, e lacrimando disse: Lucia, può egli essere che il grande amore de tanti anni portatote, e allevatate come propria figliuola non abbia trovato in te loco di non farmi anche da te ingannare? Lucia rivolta, e alla favella e al volto cognosciuto il suo messere, da lei unicamente e con ragione amato, vinta da grandissima compassione lacrimando corse ad abbracciarlo, chiedendoli mercè che la sua donna sotto grandissimo inganno ivi l’avea condotta; e volendo procedere a più non necessarie parole, parve a Nicolao che dalla incomodità del loco fosse tirato de non perdere tempo di mandare a effetto il suo fiero proponimento, e [p. 260 modifica]pensato come astuto de2 la prima ingannata essere la messaggiera, ed avendo da lei brevemente saputo la miserissima vita de la moglie, la pregò caramente che a lei il recomandasse, e che le piacesse ricordarsi di lui che tanto l’aveva amata e amava, e de l’amore de’suoi figliuoli, e dell’onor suo medesimo, e che esso avendo saputo insino a Trapani la sua infelicità e miseria era venuto a ponere la vita in pericolo per liberarla, e non tanto il perdonare iì commesso errore, ma l’avere di continuo e più che mai per donna de la vita e de le facultà sue. E simili cose assai tutte e attrattive e piene di lusinghe che da dovero un cuore di marmo averiano mosso a pietà. L’amorevole serva da le parole del caro padrone speronata e da pietà vinta, non li occorse fare altra risposta se non che il dì seguente a quel loco ritrovar si facesse, e del rimanente lasciasse il pensiero a lei. E da esso partitasi, e gionta in casa con amare lacrime a sua patrona disse come e per quale ragione il suo marito ivi era venuto, e quanto le avea detto particolarmente le ricontò, aggiungendo che se a tale fatto volesse il consiglio di sua povera serva seguire, le parea che ancora che il marito la dovesse ingannare di più presto morire una volta per mano d’un cristiano suo marito e signore, che di quivi ogni dì ricevere cento morti da un moro stato suo fante e schiavo. E con tante altre affettuose parole la confortò che lei senza prendere tempo a la risposta, come lievemente e come senza ragione solo da la libidine si era lasciata trascorrere a fare tanto enormissimo eccesso, così senz’altra consideratione quanto di punitione era meritevole, a la serva [p. 261 modifica]rispose, ad ogni volere del marito lei essere apparecchiata; e trattati insieme più e diversi modi femminili, proposero da la venente notte per cauta via farne in casa Nicolao venire, e quello eseguire che a lui parrà. Il seguente dì al dato termine Lucia andò per acqua, e al segnato loco trovò 11 suo patrone, e tutta godente gli disse: Tua moglie è acconcia di fare ogni tuo volere, e come e quando ti piace venirsene teco; però a lei e a me pare che a tale che niuno non te venisse cognosciuto, che in casa te ne venghi appresso di me, che ti poneremo in luogo cauto, e staremo in su la mira, e quando tempo ne parerà potremo mandare ad effetto il tuo e nostro volere. Nicolao dando fede grandissima alle parole della Lucia, ed oltre a ciò cognoscendo che altra via non v’era da potergli riuscire il suo disegno, dietro a lei a la lunga se avviò, ed in casa del moro intrato senza essere da alcuno sentuto o visto, fu da Lucia occultato in un luogo oscuro da ponervi legne, che niun altro se non lei v’andava: e quivi il ritennero per oltre sei dì per non potersene altro fare, per cagione che facendo i mori una certa loro cerimonia, Elia ogni notte con molti compagni avea fatta gran festa a casa sua, però ad ogni ora era stato Nicolao in quella oscurità, quando da la moglie e quando da Lucia visitato e pasciuto. Fornite le feste, e Elia essendo in casa senz’altro uomo in compagnia, e doppo cena addormentatosi in maniera che li tuoni non lo avrebbero svegliato, non sapendo la donna quello che il marito intendeva di fare, se non di menarne lei e la fante, il fé condurre in camera ove il moro sì forte dormea. Il quale vedendo la cosa acconcia a suo modo, e che la necessità il tirava a non [p. 262 modifica]perder più tempo, disse a la moglie che spacciatamente pigliasse e denari e gioie possibili a portare, che in quel punto volea già partire: de che lei alquanto smarrita ora una cassa ora un’altra3 aprendo: fra questo Nicolao preso tempo si accostò piano dove il moro giacea, e ammanitosi un cortello che seco perciò aveva portato, destramente senza alcuno strepito gli secò le vene della gola, e quivi morto lasciatolo n’andò verso la moglie che in bocconi stava all’orlo d’una cassa aperta cercando certe gioie che al moro avea vedute; di che lui pigliato il coverchio con tutte due le mani, e sopra’l collo de la moglie lasciatolo cascare, ed esso premendo forte addosso in maniera che senza lei poter dire ohimè! ivi la fé morta rimanere. E ciò fornito, presi certi sacchetti di doble, e altre ricche gioie e dilicate coselline avviluppate e postele in grembo di Lucia, la quale per li due visti omicidii territa, de la sua vita impaurita slava, le disse: Figliuola mia, io ho già il mio desiderio fornito, nè altro mi resta a fare che condurmi ai miei compagni, i quali questa notte finisce il tempo che aspettare mi debbono, ed oltre ciò menarti meco cosi per mia contentezza, come per guidardonarte del gran beneficio da te ricevuto, il quale4 sarà tale che tu medesima giudicarai non essere da vizio d’ingratitudine assalito. Lucia udendo le parole tutte per contrario ai suoi dubbiosi nuovi pensieri, fu lieta a maraviglia, e ad ogni suo volere si offerse paratissima. E così chetamente usciti di casa, e pervenuti a la porta della terra, e quella con certi ferretti che seco per tal bisogno portava aperta, [p. 263 modifica]diero in gambe più di un trotto serrato che con lento passo, e arrivorno dove avea i suoi compagni lasciati, e in quel punto medesimo che già disperati del suo ritorno aveano buttato lor legno in acqua, e si acconciavano per partire. I quali fattane insieme gran festa, senz’altra dimora tutti imbarcati, con prospero mare e vento fra brevissimo termine lietissimi gionsero a Trapani. La venuta de’quali sentuta, e saputo quanto Nicolao avea per vendetta del moro e castigamento de la moglie adoperato, oltre il general piacere, ognuno di perpetue lodi il commendava: ove lui per non parere ingrato de’ ricevuti beneficii da Lucia, se la prese per moglie, e sempre l’ebbe carissima, e sin che visse onorevolmente la tenne.


MASUCCIO.


Grande e orribile la scelleranza de la Trapanese si può dire non tanto di essersi sottoposta ad un sì vile servo, quanto di fuggirsi con lui in Barbaria: però molto mirabile si può giudicare la virtù del marito, il quale senza alcun ritegno volse l’onore a la propria vita preponere; e ancora che la fortuna ogni suo favore li avesse prestato, pure non si negherà che l’animosità sua non avesse ogni altra persona umana avanzata. Ma che diremo della sua liberalità e gratitudine usata a Lucia, di non solo di serva farla libera, ma per matrimoniale commistione con lui accompagnarla? E certo se lei gli avea donato con la vita insieme l’onore e le facultà, e fattolo vittorioso dell’optata impresa, niuno gran guidardone a ciò bastevole sarebbe stato, se non darle sé medesimo, come già fece. Imperò mi pare che de ogni altra lode [p. 264 modifica]che gli si deve e meritamente dare che 1'ultima ottenga il principato; però che come la ingratitudine avanza ogni vizio, così lo esser grato de’ricevuti beneficii passa ogni altra virtù. Ma di lui lasciando il ragionare, e da la Sicilia non partendomi, dirò d’un altro crudelissimo e quasi mai non udito caso novamente in Palermo successo ad un’empia anzi diabolica madre, la narratione della quale a pena da la onestà mi è concessa.

  1. Di Galeazzo Sanseverino, non napolitano, ma lombardo, così parla il Porzio lib. 3 cap. 122. «Lodovico Sforza, detto il Moro... con l’aiuto de’veleni cacciò dal mondo Pietro del Verme, che, senza figliuoli, a di molte castella quivi signoreggiava: le quali, come scadute alla camera ducale, concedette a Galeazzo Sanseverino, capitano di somma aspettazione, ed a lui sì confidente che in genero lo tolse.» Egli ebbe in moglie Bianca, figliuola naturale di Lodovico. Con Lodovico fu fatto prigione, e divenne grande scudiere in Francia. Morì a la battaglia di Pavia nel 1525. Fu figliuolo del famoso capitano Roberto Sanseverino, diverso dal Principe di Salerno.
  2. de la non fa senso: forse deve dire, dover la.
  3. Vi aggiungerei andava aprendo.
  4. guiderdone.