Il Novellino/Parte quinta/Novella XLVIII

Novella XLVIII - Un figliolo del Re de Tunisi è preso da corsali e venduto a Pisa, il patrone li dona
libertà, devene Re: el patrone li recapita in mano, e li dà la sorella per moglie, e con lei ricchissimo nel remanda a Pisa

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Novella XLVIII - Un figliolo del Re de Tunisi è preso da corsali e venduto a Pisa, il patrone li dona
libertà, devene Re: el patrone li recapita in mano, e li dà la sorella per moglie, e con lei ricchissimo nel remanda a Pisa
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NOVELLA XLVIII.




ARGOMENTO.


Un figliolo del Re di Tunisi è preso dai corsali e venduto a Pisa: lo patrone gli pone amore addosso, e in processo di tempo gli dona libertà, e non conosciuto nel rimanda a casa, il quale poco appresso divenne Re di Tunisi. El pisano non dopo molti anni è preso da fuste di Mori, e allo Re senza conoscerlo è dato in sorte per schiavo, il quale recognoscendo per gratitudine fa fare la sorella cristiana, e con gran parte de tesori gliela dà per moglie, e ricchissimo nel rimanda a Pisa.


A LO ILLUSTRISSIMO SIGNORE JOANNI CARACCIOLO DUCA DE MELFI1.


ESORDIO.


Cognoscendo, illustrissimo Signor mio, la gratitudine non solo a te essere innata passione, ma a guidardonare de' servizii recevuti ogni altro magnanimo e liberale avanzare, siccome gli effetti me ne possono ad altri rendere testimonio; non ho voluto la presente novella, de liberalità e gratitudine fabbricata, ad altro che a Tua Signoria e meritamente la intitulare, acciocché come a vero conoscitore de virtù possi ad altri la notizia dare, quale de le usate può e debbe de maggiore lode essere celebrata. [p. 498 modifica]


NARRAZIONE.


Tra molti virtuosi ragionamenti di certi notevoli mercatanti, l’altro anno sentivi da uno nobile fiorentino per autentico ricordare, come dopo che l'isola de Sicilia fu per el Re Piero d'Aragona occupata, li corsari Catalani con tal comodità faceano sopra de Mori de continuo grandissime prede: per el che el re di Tunisi sentendo ogni dì da pirati essere danneggiato, deliberò fare un redutto mezzo2 in forza sopra uno grandissimo scolio chiamato el Cimbalo, posto parecchie miglia in mare derimpetto a Tunisi per potervi de continuo le guardie tenere, che con fumi e fochi dessero segnale in terra quando fuste de cristiani se avessero in quello occultato. E uno dì con certe fuste ben armate con molto de sua più cara e nobile gente, e con maestri di tale arte, mandò el suo primo genito nominato Malem a provedere detto loco; ed essendo non molto dilongo al Cimbalo, posto parecchie miglia in mare, come volle loro disavventura, se abbatterò tra doe galere de Catalani, le quali per forza di remi postese le fuste in mezzo, come gli ammaestrati falconi peregrini nel basso batteno le timide ribere, così li Mori non valendo né fuggire né alcuna difesa fare, perterriti furono a salva mano presi. Malem ancora che molto giovinetto fosse e in maniera che le soe polite guance delle prime lanugine non erano offese, pur essendo prudentissimo, deposte le regali veste [p. 499 modifica]e in marinaro travestitose, come omo de remo fu con gli altri insieme preso, legato, e posto in galea. Li patroni de dette galee, avendo il gran numero di Mori presi, deliberorno verso ponente ritornando ove meglio potevano de la fatta preda fare tra loro il costumato bottino; e avendone molti dì con gran favore di venti con prosperità navigato e sopra di Ponza pervenuti, da subita contrarietà di venti assaltati e molestati, furono costretti andare quasi per perduti in Foce d’Arno, e in quella a salvamento reddutti vendero la maggior parte dei mori a Pisa. Tra quali Malem regio figliuolo molto delicato e bello fu venduto a un nobile giovinetto pisano chiamato Guidotto Gambacorta, el quale vedendolo de sì gentile aspetto, eguale e d'una medesima età con lui, da sua benigna natura tirato, e anco per essere de la morte di suo padre ricchissimo rimasto, non lo volse a niuno servitio vile porre, anzi de soe lassate spoglie rivestitolo de continuo appresso di sè el menava. E vedendo ogni dì li soi ornati costumi più a la nobiltà e a la virtù che ad altro tirare, con seco medesimo giudicò esso non potere se non di nobilissima gente tra Mori nato: e con tale credulità stando, sempre in piacergli e bene trattarlo s'ingegnava; e cognoscendolo de acuto e nobile ingegno, propose, come la lingua toscana aveva in brevi dì imparata, così de lettere moderne latine, se esser possea, le altre soe virtù accompagnare: il che facilmente ottenne, che non forono forniti tre anni che lui non saria stato da niuno se non per toscano e de lettere convenevolmente ornato cognosciuto. Per la cui cagione, e per le prime, in tanto amore o grazia del suo messere venne che un altro sè lo estimava, e [p. 500 modifica]come proprio fratello e lialissimo compagno della persona e delle facilità gli avea commesso el governo. El che Malem, dal suo messere Martino nominato, vedendosi da sì infima miseria a sì degne mani pervenuto, laudando Iddio, si teneva oltra modo contento, e ben servire con maggiore instantia ogni dì studiava; e ben che el fuggirse con tale libertà ogni dì gli fosse stato concesso, pure da lo amore de' recevuti benefizii restretto, mai tale pensiero nel suo petto se possette firmare. El perchè Guidotto per dimostrarli l'ultimo grado de suo amore, venne in nel disìo volerlo tentare di farlo cristiano, a tale li potesse alcuna figliola de bon nato per moglie con bona parte di soe facultà donare; e un dì chiamatoselo con acconcia maniera tale suo desiderio li fe' manifesto. Al quale Martino con umiltà grande rispose: Signor mio, cognoscendo el miserrimo stato nel quale era allora che per vile servo me comparasti, e quello che per toa innata bontà e naturale virtù e senza io avertene data cagione me hai esaltato, non solo in questo che per mia commodità con tanto amore e carità me inviti doveria volontario venire, ma dove il bisogno tuo il recercasse lo perdere de la propria vita non denegare; tuttavia non dovendosi a te niuno mio piccolo o grande affare occultare, sappi, che, il vero o falso di nostre leggi alla verità lassando, la mia non intendo, se morte ne dovessi recevere, per altra cambiare: supplicote per la tua gran virtù di ciò più l'animo mio non inquietare. Ma se a compimento de lo incominciato bene ti dignassi a mio patre, che notevole e grandissimo mercante tra Mori è cognosciuto, mandarme, speraria in breve tempo farte de li frutti de [p. 501 modifica]sua e mia mercanzia con grandissimo piacere gustare; e quando el contrario per soperchiamente amarme del tutto decreto avessi, sappi del certo che dal tuo servizio, fin che el morire me sarà concesso, per alcun tempo non potria mancare. Cognobbe Guidotto la integrità dell'animo de costui, e de non piccola autorità estimandolo, non fu pentito de quanto de onore e de bene gli aveva fatto, e sì gli rispose: Martino mio, come gli effetti te hanno in parte possuto dimostrare, che niuna persona per amistà o sangue congionta se averla né più né tanto possuto amare quanto io ho amato e amo te, e se la mia dimanda ha passato alquanto li termini de la onestà, tieni per fermo che non altro che per dimostrarti l'ultimo loco del mio core lo ha causato; nondimeno dopo che cognosco in altra parte essere el tuo volere fermato, ti conforto a stare di bono animo, che io te prometto in brevissimi dì di mandare ad intero effetto el tuo onesto desiderio. Martino la gratissima resposta intesa, lacrymando disse: Signor mio, essendome al presente ogni debito de gratitudine interdetto, non voglio che niuno rendere de grazia me sia concesso, l'uno e l'altro al remuneratore de tutti i beni che da mia parte te debbia restoro fare tale quale tu maggiore desideri, te e me raccomando. Guidotto anco per tenerezza piangendo strettamente l'abbracciò e basò; dipoi con alcuni altri acconci ragionamenti ordinorno come e in quale maniera nel potesse con le galee de Pisa che in Barbarla passavano mandare. Ed essendo el passaggio in ordene, Guidotto reposto el suo caro Martino onorevolmente in arnesi, e fattili alcuni gentili e degni doni, e con la borsa colma di moneta, e con un fiume de pari [p. 502 modifica]lacryme a casa sua nel rimandò. El re de Tunisi che gran parte del ponente avea e da Cristiani renegati e da altra gente fatto el suo figliolo con diligentia cercare, né in alcun lato mai niuna nova sentitone, vedendoselo sì bene vestito e onorato davanti, oltra l'amore e carità paterna, quanto la speranza di lui era del tutto mancata, tanto fu la soa contentezza e la dimostrata festa maggiore, e doppo le infinite accoglienze, d'ogni suo passato accidente fatto3, mandò per tutto el suo dominio che del recuperato suo Malem grandissima dimostratione de allegrezza ciascuno facesse; e così fu fatto. Ove poco appresso di tale giubilo e festa el Re de Tunisi, che assai già vecchio era, passao di questa vita: dove considerate le virtù de Malem per li tunisini, e ancora che meritamente come figliolo del Re meritava el sceptro de solio regale, ad alta voce gridarono, e creatolo Signore con voluntà de tutto el barbaro regno, pigliando speranza del novo Re avere bona compagnia, e con gran piacere de soi populi e senza altro intervallo divenne Re di Tunisi. E avendo in nel regno de' paterni tesori la intera possessione già presa, de continuo negli occhi de la mente gli stavano scolpiti gli irremunerati beneficii che dal suo Guidotto negli opportuni tempi avea recevuti, persuadendosi che tanto la remuneratione bisognava gli avuti beni avanzare quanto l'autorità e il potere suo si estendea maggiore; e tanto più quanto l'amico alla sua liberalità era voluntario e per propria virtù venuto, e lui a debito de gratitudine era necessitato: e solo gli restava fermo nel pensiero come gli fosse la maniera concessa di tale suo virtuoso [p. 503 modifica]proponimento adempire. Al quale Iddio e la fortuna avendoli infino a qui tanto favore dimostrato, similmente lo volsero del suo onesto e laudevole desiderio satisfare: per cagione che Guidotto ancora che a Pisa dei primi cittadini fosse, pur per certe brighe cittadinesche fu costretto ad andare in esilio a Messina; per che salito in uno mercantile legno, essendo vicino il Faro, fu preso da certe fuste di Mori, e, menato a Tunisi, per sua grandissima ventura dato in sorte per schiavo del Re. Dove chi ha intelletto può pensare che conforto, che sollazzo, quale piacere possea in la mente di Guidotto regnare: ben me penso che lui più volte tra sé medesimo dicea: Ahi fortuna, ahi rea sorte, io libero sono schiavo! volessero i fati che sentesse nova del mio Martino, il quale de certo credo come amico ancora manderia per lo mio recatto a Pisa, o procuraria la mia libertà, in modo che in tanta servitù non sariano finiti li giorni de la mia restante vita. E in questo modo el povero Guidotto de continuo con aspri lamenti se cognosceva4, e per peggio che morto estimandose desperato vivea; per la cui cagione lui giudicava la fortuna a peggior partito non lo aver possuto condurre e farlo lo più de' viventi tristo, sì per essere destituito de speranza de redenzione, e sì che essendo in potere di quale altra persona si voglia essere venuto, gli saria stato il vedere del suo Martino concesso e da lui la sua salute procurata. Messo adunque il povero Guidotto di catene carigo con altri assai captivi cristiani a la coltura de un grande e bello giardino del regale palagio, che altro che el Re con pochi de soi privati vi andava, con dolore [p. 504 modifica]intollerabile e senza alcuna speranza del futuro bene, avendoli la necessità con la forza insieme l'agricoltnra imparata, con la zappa, e col coltello, e con continue lacryme domava la vita sua. Onde accadde che el Re un dì per el giardino a diporto andando gli venne alquanto raffigurato el povero Guidotto, e ancora che lui tenesse per impossibile lui essere desso, attento che la miseria ogni sua similitudine gli togliea, pur sì fiso mirandolo ognora del dubio se facea più certo, e a lui avvicinatose, toscano joanne5, il dimandò chi e di quale parte fosse. El dolente Guidotto a la voce del Re levata la testa, come che la nova barba e li reali vestimenti lo avessero un altro fatto parere, esso incontinente cognobbe e per indubitato tenne il suo Martino essere Re di Tunisi devenuto, e lacrymando a li piedi del Re si buttò, e da soperchia e impensata allegrezza impedito la grazia sua aspettava. Malem del tutto certificato lui essere el suo Guidotto, quanto la cosa da lui desiderata era stata grande, tanto el vederselo appresso li porgeva maggiore piacere, e in maniera che quanto teneva nulla da la fortuna estimava a rispetto de averli el suo amico, e in tanta miseria costituito, davanti mandato: e fattolo in piedi levare, e teneramente in bocca basato, e subito di catene sciolto, per mano in camera il condusse; e doppo se ebbero infinite volte parimente abbracciati e basiati, e tutti loro accidenti e felici e adversi recontati, el Re lo fe' contenente de sue [p. 505 modifica]regali veste adobare, e in la sala ove tutti li soi baroni erano el menò; e quando ebbe loro manifestato chi era colui, e quanti e quali erano li beneficii da lui recevuti, comandò a ciascheduno che come a sé medesimo lo avessero onorato e reverito, e come a re e loro indubitato signore adorato. E doppo che circa d'un anno in tanta altura e gloria lo ebbe con seco tenuto, gli disse: Amico caro, dopo che agli Dii e nostra lieta sorte piacque con tanta impensata allegrezza el mio lungo ed unico desiderio satisfare, me pare assai debita cosa che de te recordandomi al fine, el desiderio tuo se abbia per me a intero effetto mandare; e imperò per lo unico vinculo de nostra immaculata amicizia te scongiuro ti piaccia scoprirmi quello che più l’animo ti diletta, o qui con meco insieme non che compagno ma signore di me e de quanto io tengo remanere, o vero con quella parte di mia facultà che da la comodità più che dal dovere mi saranno concesse a Pisa retornare; però che di tutto sarà el tuo volere subito adempito. Guidotto ancora che in el regale solio si vedesse, e così el suo passato stato come el presente e futuro esaminasse, nondimeno da l'amore de la patria e pietate materna, da l'affezione de' parenti, e ossequio de amici tirato, e sopra tutto de la perfectione de la indubitata fede de Cristo recordandosi, per ultimo partito già prese con grazia del Re a casa soa retornare; e al Re tale sua deliberatione con le cagioni insieme fe' manifesta. Malem la resposta intesa, come che sino al core gli dolesse, pure gli fu carissimo l'animo de lo amico contentare, e gli disse: Guidotto mio, colui che è solo cognoscitore dei secreti del core mi sia testimonio come in tanta felicità [p. 506 modifica]quanta da lui senza alcuna tua nè mia operatione me era stata concessa, niuno caso avverso me averia possuto sopravenire che tanto me avesse noiato, quanto vederti da me partire; nondimeno cognoscendo con la persona insieme quanto tengo da te in dono avere ricevuto, non mi pare che a sì alta liberalità niuna gratitudine basti per recompensa, se non te a te medesimo, come a quello che sopra ogni altra cosa mi sei caro, concedere; e però me stesso sommamente offendendo, voglio che non solo el repatriare te sia concesso, ma con quello insieme un altro me accompagnando te ricco e bene contento rimandartene; e ciò sarà Maratra mia sorella, la quale assai giovene e bella savia e costumata, come tu sai, essendo, voglio come a cristiana per moglie te sia sposata: e di ciò te piaccia l’animo tuo e mio per comune beneficio contentare. Guidotto infinite grazie al Re rendute, li respose sé a ogni suo volere essere apparecchiato. Malem dopo alcuni altri dì fatta sua sorella da li Sacerdoti de rabatto6 secretamente battezzare, con la valuta di ducento milia doble tra gioie e contanti al suo Guidotto per moglie la donò, e con altri assai nobilissimi doni a Pisa onorevolmente accompagnati nel remandò. Ove essendo da amici e da parenti con gran triunfi raccolti e onorati, con gran ricchezza e belli figlioli, dopo la lunga etate, la loro vita al donatogli corso fu terminata. [p. 507 modifica]


MASUCCIO.


Grandi e mirabili furono li inopinati e varii casi con tanti mutamenti de fortuna così al moro Re come al pisano cristiano travenuti: e certo ancora che el cristiano da istinto de sua benigna natura all'usata virtù donasse principio e senza alcuna speranza de remuneratione, nondimeno incomparabile se po' la immensa gratitudine del tunisino re giudicare. Ma perchè gli accidenti dell'uno e dell'altro furono in lieto e giocondo fine terminati, per virtuosissimi li potemo tutti doi meritamente celebrare: e solo la perfectione de la nostra cristiana religione pigliando, che Guidotto in tanta altura vedendosi non volse abbandonare, mi tira a raccontare de quella una altra mirabile esperienza fatta e vista per el Soldano di Babilonia in persona del barbarossa Federico; la quale per esempio e approbatione de essa nostra indubitata e verissima fede debe essere con eterna memoria preconizzata.

  1. Fece parte della Congiura dei Baroni, e fu fatto morire con gli altri nelle prigioni di Castelnuovo.
  2. Forse messo. Redutto messo in forza, parmi voglia significare un ridotto fortificato, perchè mezzo non capisco che voglia dire.
  3. Credo che manchi, consapevole.
  4. Ed. gatta, affligeva.
  5. Ed. gat. in toscano lo dimandò. Ma questo è un modo breve di dimandare, quasi dicesse: Ehi, toscano joanne, chi sei, e di qual parte? E se non tutti i Toscani, i Fiorentini erano chiamati Giovanni per il loro santo.
  6. De rabatto, da lo spagnuolo de rebato, senza indugio, immantenente.