Il Fiore delle Perle/1. Il naufragio della cannoniera

1. Il naufragio della cannoniera

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Capitolo I

Il naufragio della cannoniera

— È dunque vero?...

— Tutti ne parlano a Binondo.

— E le autorità spagnuole?...

— Confermano la notizia.

— Tutti perduti?...

— Chi lo sa?...

— Ma... Romero... il maggiore... la Perla?...

— Si ignora se siano morti o se si siano salvati.

— Parla sottovoce.

— È sveglia la povera Than-Kiù?...

— Pochi minuti or sono non si era ancora addormentata.

— Che cosa dirà apprendendo la terribile notizia?

— Non bisognerà comunicargliela, Pram-Li. Potrebbe morire: è ancora debole dopo tanto sangue perduto!... Che colpo!... Hang-Tu e Romero in una sola volta!... Sarebbe stato meglio, per la povera fanciulla, che fosse spirata sul petto sanguinante del fiero chinese.

— Eh, forse... chissà... l’amore più ardente si tramuta talvolta in un odio implacabile!... Forse che il mare non l’ha vendicata della felicità della donna bianca?...

— Than-Kiù non sa odiare e poi... ha troppo amato Romero e credo che finchè avrà un atomo di vita, rimpiangerà il bel sogno svanito che le ha infranto l’anima e la gioventù.

— Parla sempre di Romero?

— Sempre, Pram-Li. Anche di notte lo sogna e lo chiama con voce così lamentevole che mi strazia l’anima.

— E non impreca contro la donna bianca?...

— Mai una parola di sdegno è uscita dalle labbra della povera Than-Kiù contro la Perla di Manilla. Crede alla fatalità ed incolpa solo il destino della terribile catastrofe che l’ha colpita. [p. 2 modifica]

— Il destino l’ha vendicata, Sheu-Kin. Il mare ha forse inghiottito Teresita e suo padre.

— Sì, e fors’anche Romero.

— È venuto il medico?...

— Sì, Pram-Li.

— E che cos’ha detto?...

— Che Than-Kiù è ormai guarita e che può lasciare il suo letto di dolore. La cicatrice da parecchi giorni si è completamente rimarginata.

— Che cosa farà poi?...

— Io non lo so.

— Ritornerà nel suo paese natìo o si getterà ancora fra le fila dell’insurrezione?...

— Dell’insurrezione?... Credo che ormai tutto sia finito, Pram-Li.

— T’inganni, Sheu-Kin. Il generale Polavieja ha avuto troppa premura d’imbarcarsi sul Pio IX per far ritorno in Ispagna, ed il generale Rivera troppa fretta di rimandare in patria gli artiglieri e di congedare le truppe dei volontari. Le società segrete hanno rialzato il capo e bande insorte si sono ricostituite nella provincia di Cavite e nelle parti centrali dell’isola.

— Sforzi generosi, ma sterili, — disse Sheu-Kin. — Morto Hang-Tu, partito Romero, dispersi o deportati i capi più influenti, chi riassumerà il comando delle bande?

— Aguinaldo.

— Lui!... Credo che stia sciogliendo le sue bande e poi... non credo che Than-Kiù torni a gettarsi fra le file degli insorti o se lo facesse sarebbe solo per cercare la morte. No, tenterò d’indurla a ritornare sulle rive del fiume giallo e chissà che l’aria natìa e l’affezione dei suoi compatrioti non possan guarirla della terribile ferita che le ha lacerato il cuore, se...

— Continua, — disse Pram-Li, vedendo che Sheu-Kin si era arrestato, esitando.

— Se gli spagnoli la lasceranno libera.

— Cosa pretenderebbero?... — chiese Pram-Li, mentre una cupa fiamma gli balenava negli sguardi. — Non basta loro di averle ucciso il fratello e di averle cacciata una palla nel seno?... Vorrebbero rifucilarla forse?...

— Taci!... Ella ignora che gli spagnoli la sorvegliano.

— Vegliamo anche noi e.... —

Pram-Li si era bruscamente interrotto. Nella stanza attigua, una voce che aveva qualche cosa di straziante, aveva pronunziato due nomi: [p. 3 modifica]

— Hang... Romero!... —

Pram-Li e Sheu-Kin si erano alzati scambiandosi uno sguardo angoscioso. Erano due uomini ancor giovani, anzi il secondo era giovane assai, a dir molto poteva contare vent’anni.

Il primo era un giovanotto di venticinque o ventisei anni ed anche a prima vista lo si riconosceva per un discendente di quella fiera razza malese che ha invaso ormai tutte le isole del Mar Giallo.

Aveva larghe spalle, petto ampio, braccia assai lunghe e muscolose, statura piuttosto inferiore alla media, e quantunque sembrasse così massiccio, doveva possedere quell’agilità straordinaria di cui sono dotati i suoi compatrioti, agilità che ha dato loro la fama di essere i più lesti marinai del mondo.

La sua pelle era assai fosca, con certi riflessi color mattone smorto; i suoi capelli nerissimi e crespi, gli occhi piccoli e vivi, ardenti, il naso un po’ piatto, le labbra carnose.

Tutto il suo vestito si riduceva ad una camicia di cotonina rossa ed ad un paio di pantaloni bianchi, e alla cintola portava l’inseparabile kriss, quel pugnale dalla lama serpeggiante che nessun malese mai abbandona, nemmeno quando dorme.

L’altro era invece un giovane chinese dal corpo esile, nervoso, dalla pelle giallo-cupa, dagli occhi assai obliqui, dal cranio in parte rasato e adorno d’una lunga coda che teneva arrotolata attorno al capo.

Quantunque non si trovasse più nel suo Celeste Impero, non aveva rinunciato al costume nazionale ed indossava ancora quell’ampia casacca di cotone azzurro a fiorami, dalle ricche maniche, chiamata pu-saice, e gli ampi calzoni che formano sul centro come una doppia piega, e calzava quella specie di zoccoli dall’alto suolo di feltro e dalla punta larga e rialzata.

Entrambi, dopo essersi guardati a lungo si erano accostati ad una porta ed ascoltavano con profondo raccoglimento, ma non avevano udito nessun altro nome. Tendendo però attentamente gli orecchi, avevano raccolto un lungo sospiro.

— Povero Fiore delle perle!... — mormorò Sheu-Kin, il cui viso si era fatto triste. — Sogna di loro.

— E forse non li dimenticherà mai — disse il malese. — Ti ha mai parlato di quella terribile notte?...

— Mai, Pram-Li, ella ancora ignora cosa sia accaduto dopo che Hang-Tu è stramazzato al suolo, sotto le palle degli spagnuoli, però l’ho udita sovente, nel suo delirio, ripetere con voce terribile la fiera frase lanciata da suo fratello dinanzi al fuoco dei soldati «Io sono Hang-Tu, il capo degli uomini gialli e delle società segrete!... [p. 4 modifica] Fuoco sul mio petto!... Viva la libertà». Tutte le volte che la odo ripetere quella parole, io sento il sangue agghiacciarmisi nelle vene, e mi sembra di vedermi sempre dinanzi il formidabile uomo, nel momento in cui si slanciava fra il quadrato dei soldati, stringendosi al petto il gentile Fiore delle perle. Oh!... Quella terribile scena non la scorderò mai, Pram-Li, nemmeno se... —

Un grido straziante, lugubre, che era echeggiato improvvisamente nella vicina stanza, alla cui porta poco prima avevano ascoltato, gli ruppe bruscamente la frase.

Il malese e Sheu-Kin, spaventati, si erano levati precipitosamente ed aperta la porta si erano slanciati in una stanzetta che indicava subito il santuario d’una giovane del celeste impero.

Tutto era piccolo, ma tutto era grazioso in quel luogo. Le pareti erano coperte di carta di Thung, a fiori, a draghi vomitanti fuoco ed a lune sorridenti e spiccanti su un fondo rosso cupo; il pavimento a quadri, terso come un cristallo; le tende di seta azzurra, pure a disegni strani, che attenuavano il riflesso dell’ardente sole quasi equatoriale, davano a quella cameretta un aspetto civettuolo, seducente.

Come in tutte le case chinesi, i mobili erano leggeri, di legno laccato che aveva dei luccichìi del quarzo, e ripieni di quei graziosi ninnoli tanto cari alle donne del Celeste Impero: vasettini minuscoli di porcellana color del cielo dopo la pioggia, pallottole d’avorio traforate, piccole immagini rappresentanti divinità, ventagli di carta di seta coperti di massime religiose. Negli angoli della stanzetta giganteggiavano però quattro di quegli splendidi vasi chinesi, di porcellana gialla a riflessi d’oro, sostenenti dei grandi mazzi di fiori di lillà, i quali spandevano all’ingiro un profumo delicatissimo.

Su di un lettuccio con le coperte di seta azzurra, una donna, o meglio una giovanetta dalla carnagione bianca come un giglio, anzi alabastrina, con gli occhi neri, ombreggiati da lunghe ciglia che parevano di seta, avvolta in un’ampia veste di percallo rosa, stava seduta, con le mani strette attorno ai lunghi capelli nerissimi che le scendevano sulle spalle come un mantello di velluto. I suoi lineamenti, alterati, manifestavano uno spavento indicibile.

Aveva lo sguardo smarrito, fisso nel vuoto, le pupille dilatate.

Il chinese ed il malese si erano accostati rapidamente al letticciuolo, esclamando:

— Padrona?... Than-Kiù!... —

La giovanetta pareva che non li avesse uditi, anzi nemmeno veduti, poichè i suoi sguardi non si erano staccati da quel punto. Pareva che seguissero qualche terribile scena che si svolgesse lontana, lontana. [p. 5 modifica]

Sheu-Kin si era avvicinato a lei e l’aveva dolcemente scossa, dicendole:

— Ma cos’hai, Than-Kiù?... Perchè quegli sguardi fissi?... Cosa temi?... Non ci siamo noi qui, fanciulla!... Quale fantasia paurosa turba la tua testolina?... —

La giovanetta si era curvata innanzi e dopo di aver afferrato il giovane chinese per un braccio, aveva mormorato con voce tremante:

— Oh!... L’orribile sogno!...

Pareva che fosse ritornata in sè, ma fu un lampo. I suoi sguardi si erano ancora fissati nel vuoto, mentre il suo bel viso aveva ripreso la paurosa espressione di prima. Sognava ancora o delirava?...

— Ascolta!... — aveva esclamato ad un tratto, curvandosi maggiormente innanzi, come se volesse raccogliere dei lontani rumori. — Odi!... È il mare che mugge attorno alla cannoniera!... Guardala!... Sale sulle creste spumeggianti e scende negli abissi che si schiudono per inghiottirla!... Lo vedo.... lo vedo.... là, sulla prora, fra le onde che lo assalgono!... Vedo anche la donna bianca.... è là.... sul ponte.... fra le braccia di suo padre....

Guarda come la cannoniera trabalza di baratro in baratro.... ed il cielo è nero come la notte.... il tuono rugge lassù.... il vento urla e spazza l’Oceano.... dove vanno?... No, la stella della donna bianca non brilla più, come più non brilla quella della fanciulla del paese del sole.... Dove vanno?... Guardali!... Le onde li travolgono.... li trascinano.... e laggiù s’ergono, come terribili giganti, le scogliere.... No.... non fuggite là.... Sono perduti.... il mare spazza tutto.... non vedo più nulla.... e Hang-Tu è morto.... e non vi salverà più!... —

La giovanetta aveva mandato un grido terribile, straziante ed era ricaduta sul letto, nascondendosi il viso fra le mani, come se avesse paura di quella visione. Attraverso le dita cadevano delle lagrime, mentre il petto le si sollevava sotto i singhiozzi.

Il chinese e Pram-Li, spaventati, si guardavano l’un l’altro senza sapere cosa fare. Una profonda angoscia si leggeva sui loro volti.

— Bisogna chiamare il medico, — disse ad un tratto Sheu-Kin. — Than-Kiù mi fa paura.

— È un accesso di delirio, — disse il malese.

Udendo quelle parole, Than-Kiù si era risollevata. Si passò una mano sulla fronte rigettando indietro i lunghi capelli, poi fissando il malese con uno sguardo triste, mormorò con voce rotta:

— Delirio!... No.... è uno spaventevole sogno, amici miei.... L’ho riveduto in mezzo alle onde.... sul ponte della cannoniera che lo portava a Ternate.... Era là.... che guardava fieramente il mare urlante ai suoi piedi.... quasi volesse sfidare le sue ire.... ed ho veduto anche [p. 6 modifica] la donna bianca.... Teresita.... colei che me lo ha rapito.... Correva.... correva la fumante cannoniera fra i lampi e le folgori.... fuggiva verso una terra che sorgeva sul fosco orizzonte.... poi non l’ho più veduta.... Ov’è andata?... Io tremo domandandomi ove sia scomparsa.... tremo per lui che irradiava attorno a sè la sventura.... Ah!... Me lo aveva detto un giorno.... sul campo di Salitran, e la povera Than-Kiù non ha mai dimenticato quelle funeste parole.... Quante sventure!... No, Romero non si era ingannato!... Doveva tornare fatale a me.... e ad Hang-Tu.... —

La giovane chinese si era interrotta. Un singhiozzo le aveva soffocata la voce, mentre quei begli occhi si riempivano di lagrime.

— Taci, padrona — disse Sheu-Kin. — Perchè evocare quei tristi ricordi che ti straziano il cuore?... —

Than-Kiù non rispose, ma poco dopo riprese, con accento di terrore:

— Oh!... L’orribile sogno!...

— Tu non devi credere ai sogni, Than-Kiù. Non sono che visioni create dalla fantasia.

— Oh!... Than-Kiù credeva anche agli astri.... e non si è ingannata. La stella della donna bianca l’aveva veduta sorgere tutte le sere più brillante, mentre la mia appariva sempre più pallida, e l’ho veduta quella notte fatale scintillare d’una luce intensa, mentre quella del Fiore delle perle tramontava in mare.

L’hai veduto, Sheu-Kin, se il presagio era errato? Quella notte doveva perderli entrambi: lui e Hang!... Quanta desolazione regna intorno a me ora!... E non rivedrò più mai nè l’uno, nè l’altro!... Sarebbe stato meglio che le palle degli spagnuoli avessero infranto anche il Fiore delle perle.... Sarei spirata felice, sul petto di mio fratello, fra il sangue degli eroi della libertà ed il mio spirito vagherebbe ora sulle rive del mio Fiume Giallo....

— Taci, Than-Kiù.... — disse Sheu-Kin, con voce singhiozzante. — Allontana quei lugubri ricordi. —

Than-Kiù era ritornata muta, ma pareva che il suo sguardo seguisse qualche cosa, come una visione che le fuggiva dinanzi e che ascoltasse con viva attenzione.

Rimase alcuni istante immobile, poi chiese colla voce alterata:

— È il mare che mugge?...

— No, Than-Kiù — disse Pram-Li. — Il golfo è tranquillo e liscio come uno specchio.

— Mi pareva di udire le onde infrangersi contro alle scogliere. Non m’inganni tu?...

— No, Than-Kiù: guarda!... —

Il malese, con una stratta, aveva aperte le tende di seta azzurra [p. 7 modifica] che coprivano la finestra ed uno sprazzo di luce quasi sanguigna, era entrato bruscamente nella stanzetta, assieme ad una folata d’aria fresca, impregnata di salsedine.

Than-Kiù si era lentamente alzata, poi si era lasciata scivolare dal letto.

Sheu-Kin e Pram-Li si erano slanciati per sorreggerla, ma essa li trattenne con un gesto, dicendo:

— Than-Kiù che ha combattuto sui campi degl’insorti, a fianco del fiero Hang-Tu, non è più una bambina. —

Si raddrizzò con fierezza, poi facendo appello a tutta la sua energia attraversò, senza vacillare, la cameretta, s’accostò alla finestra, e poi si lasciò cadere lentamente su di una leggera e graziosa sedia di bambù, sorreggendo il pallido viso con una mano.

Si era appoggiata al davanzale, guardando in silenzio l’ampia baia di Manilla solcata da velieri e da barche, aspirando la vivificante brezza del tramonto, mentre Sheu-Kin e Pram-Li, ritti accanto a lei, si scambiavano un triste sguardo.