Il Canzoniere (Bandello)/Alcuni Fragmenti delle Rime/CLXXXVIII - O bella man gentile
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CLXXXVIII.
Dopo le tre Canzoni degli Occhi, or ecco la Canzone della Mano. Il motivo, già più volte accennato — particolarmente in son. CLI — è qui ripreso e svolto compiutamente col consueto virtuosismo.
O bella man gentile
Che sovr’ogn’altra mano
Di beltà rara il pregio porti, e ’l vanto,
Come potrà ’l mio stile
5Umile, basso e piano1
Appien lodarti con sonoro canto?
O cara mano quanto
Merti ch’io lodi e prezze
Quel vivo, bel colore
10Ch’al mondo mostra ’l fiore
Di tanti doti tue di tai bellezze
Che tu sei quella sola
Che l’alme ai corpi in un momento invola!
Tu sei quell’una, quella
15Man delicata e molle2
Ch’hai d’avorio color e d’alabastro.
Tu sei la man sì bella
Cui sovr’il ciel estolle
L’alto favor del tuo superno mastro3.
20O ciel benigno, ed astro
A me propizio sempre,
O forte mia ventura,
Lasso chi m’assicura
Che di dolcezze il cor non si distempre?
25E qual amante al mondo
Ha stato sì tranquillo e sì giocondo?
Ma chi potrà mai dire
Della dolcezza mia
L’incredibil piacer, e immensa gioia?
30Chi fia, che discoprire
Quale e quanto sia
Possa il diletto che non teme noia?
E ben che tosto i’ moia,
I’ ne morrò contento
35D’aver provato prima
Che morte mai m’opprima,
Il ben che l’uom’eterna in un momento4,
In cui dolcezza sede,
Che quanta mai dolcezza fosse eccede.
40Ch’i replicati baci5
Su quella man soave,
Che ’l cor m’annoda e come vuol discioglie,
Pur tutti ardenti faci6
Che m’arser sì, che m’have
45Qual Fenice rifatto alle sue voglie.
Da me stesso mi toglie
La bella mano schietta,
Con tanta maestate,
Ch’allora mille fiate,
50Questa, diss’io, dal volgo a sè m’alletta.
E all’uno, e all’altro polo7
Seco m’innalza con famoso volo.
Quai d’oriente perle
Ben lucide, e polite
55L’India ne mandi o qual più ricco mare,
Non sarà, ch’a vederle
Non paian scolorite
A par dell’unghie8 così terse e chiare.
O candor singolare
60Di que’ diti sì vaghi,
Così leggiadri, e snelli,
Che ’l cor da me divelli,
E dolcemente nel martìr m’appaghi.
Rara beltà divina,
65Cui tutto ’l mondo onora, e ognor s’inchina.
Quando la bocca posi
Su quella per baciarla,
Soave albergo d’ogni mio desio,
Chi ’l crederà, ch’ascosi,
70Per più leggiadra farla
I pargoletti Amor9 in lei vid’io?
E l’alma quasi uscìo
Dalle mie labbra fori
Per istar sempre seco,
75Nè dir saprei chi meco
La ritenesse allor in quei favori.
Che s’io n’avessi morte,
Qual mai più bel morir, o lieta sorte?
I’ non dovea levarmi,
80O bella man giammai,
Ma mille, e mille baci ancora darti,
Che sol beato farmi
E trarmi for di guai
Tu puoi; tant’è quel ben, ch’in me comparti.
85E di poter baciarti
Non fu già poca grazia,
Perchè fatta sei tale,
Che tua bellezza vale,
Ogni voglia acquetar, e render sazia.
90Ond’io mi fermo, e grido,
Che d’ogni gioia in te riposto è ’l nido.
Chi può, Canzon, ad una ad una tutte
Annoverar le stelle10
Dirà di questa le bellezze belle.
Note
- ↑ V. 5. Umile, basso e piano, impari insomma a tanto argomento. È il ritornello consueto d’ogni volta che in prosa o in rima parla con soverchia modestia del suo stile.
- ↑ V. 15. Delicata e molle. Espressioni care al Bandello, che gli tornano frequenti sotto la penna; cfr. Canzone CXLIX, v. 20.
- ↑ V. 19. Superno maestro, Dio.
- ↑ V.37. Eterna, in un attimo rende eterno. L’uso è dantesco: «M’insegnavate come l’uom s’eterna», Inf., XV, v. 85.
- ↑ V. 40. I baci, uno dei pochi particolari realistici di tutto il Canzoniere. Si ha la prova che il Bandello frequentava colei che adombrò nel canto sotto il poetico nome di Mencia e potè farle replicatamente l’omaggio devoto del baciamano.
- ↑ V. 43. Ardenti faci, baci infocati.
- ↑ V. 51. Polo, consueto paragone, già rilevato in son. XCVII, v. 14, nota.
- ↑ V. 58. Unghie ben curate con raffinata finitezza. Dunque era la Mencia gentildonna di buon gusto e di squisite eleganze.
- ↑ V. 71. I pargoletti Amor, sono gli spiritelli amorosi di cui spesso è parola nella lirica delle Origini, e non di rado in questa del Cinquecento.
- ↑ V. 93. Annoverar le stelle, paragone solito già nel Petrarca e pur qui nel Nostro; cfr. son. XXII, v. 14, nota.