Pagina:Il Canzoniere di Matteo Bandello.djvu/264


Il Canzoniere 261

Ma chi potrà mai dire
     Della dolcezza mia
     L’incredibil piacer, e immensa gioia?
     30Chi fia, che discoprire
     Quale e quanto sia
     Possa il diletto che non teme noia?
     E ben che tosto i’ moia,
     I’ ne morrò contento
     35D’aver provato prima
     Che morte mai m’opprima,
     Il ben che l’uom’eterna in un momento,
     In cui dolcezza sede,
     Che quanta mai dolcezza fosse eccede.
40Ch’i replicati baci
     Su quella man soave,
     Che ’l cor m’annoda e come vuol discioglie,
     Pur tutti ardenti faci
     Che m’arser sì, che m’have
     45Qual Fenice rifatto alle sue voglie.
     Da me stesso mi toglie
     La bella mano schietta,
     Con tanta maestate,
     Ch’allora mille fiate,
     50Questa, diss’io, dal volgo a sè m’alletta.
     E all’uno, e all’altro polo
     Seco m’innalza con famoso volo.
Quai d’oriente perle
     Ben lucide, e polite
     55L’India ne mandi o qual più ricco mare,
     Non sarà, ch’a vederle
     Non paian scolorite
     A par dell’unghie così terse e chiare.
     O candor singolare