Ifigenia in Aulide (Euripide - Romagnoli)/Terzo episodio
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Giunge Achille.
achille
Il condottier dov’è qui degli Achivi?
Qual dei famigli a lui dirà che Achille
il figlio di Pelèo, giunto alla sua
tenda, lo cerca? Non è forse pari
per tutti, il peso dell’indugio? Alcuni
fra quanti siam su questa spiaggia, privi
di sposa ancora, vuote abbiam lasciato
le nostre case; ed altri abbandonarono
e spose e figli: tal brama di zuffe
invase, non senza voler dei Numi,
l’Ellade tutta. Ora è giusto ch’io dica
quello che m’interessa; ed altri esponga
ciò ch’egli brama. Io, Fàrsalo e Pelèo
abbandonato, in questo Eurípo attendo,
dove soffio non spira; e i miei Mirmídoni
debbo frenare; e quelli ognor m’incalzano
e mi dicono: «Achille, or che s’attende?
Per quanto ancor l’ore contar dovremo,
pria di muovere ad Ilio? Or, se da compiere
c’è qualche opra, si compia; e non attendere
piú a lungo, qui, l’indugio degli Atridi».
clitemnestra
Dal di dentro i tuoi detti uditi, ho, figlio
della Diva Nerèide; e sono uscita.
achille
Divo Pudore, e quale donna mai
veggo, d’assetto cosí bello e ornato?
clitemnestra
Non mi conosci tu? S’intende: mai
non mi vedesti; e ben pregi il pudore.
achille
Chi sei? Perché venuta sei dei Dànai,
fra le schiere, fra genti armate a guerra?
clitemnestra
Figlia di Leda io sono: il nome mio
è Clitemnestra: il mio sposo Agamènnone.
achille
Brevi ed acconce fûr le tue parole;
ma non conviene ch’io parli con femmine.
clitemnestra
Resta: ché fuggi? A me porgi la destra,
e sia preludio di felici nozze.
achille
Che dici? A te la destra? D’Agamènnone
il rispetto mi tien, ch’io pur ti tocchi.
clitemnestra
Figlio della Nerèide, a te ben lecito
è, poiché tu sposar devi mia figlia.
achille
Sposar tua figlia? Io resto muto, o donna:
sconvolto è il tuo pensier, che cosí parli?
clitemnestra
Vergogna insita è in tutti, allor che veggono
amici nuovi, e che di nozze parlino.
achille
Promesso alla tua figlia io mai non fui,
né mai gli Atrídi mi parlâr di nozze.
clitemnestra
Che significa ciò? Tu dei miei detti
fai meraviglia ancora, ed io dei tuoi.
achille
Argomentiamo: argomentare a entrambi
conviene, ché né tu né io mentiamo.
clitemnestra
Tale ingiuria m’han fatta? A infinte nozze
strinsi mia figlia, sembra. Io pur n’ho scorno.
achille
Entrambi alcun ci offese, e me e te;
pur non fartene cruccio, e non curartene.
clitemnestra
Addio! Non oso piú guardarti: vittima
fui d’un indegno tratto, e il falso io dissi.
achille
Ciò che mi dici, anch’io ti dico: ora entra
in questa tenda, ed il tuo sposo interroga.
Dalla tenda esce il vecchio servo.
vecchio
O nipote d’Eaco, o figlio della Dea, le mie parole
sono a te rivolte: arrèstati; e tu ancor, di Leda prole.
achille
Chi dall’uscio semichiuso chiama a sé timidamente?
vecchio
Servo io sono, e non m’esalto: la fortuna nol consente.
achille
Mio non già: nulla in comune Agamènnone ha con me.
vecchio
Di costei, che vedi: Tíndaro, il suo padre, a lei mi die’.
achille
Ecco, indugio; e tu che brami di’, perché vuoi che qui attenda.
vecchio
Tu soltanto e la regina siete innanzi a questa tenda?
achille
Esci pur dal padiglione del re, parla: soli siamo.
vecchio
O Fortuna, o Provvidenza, salvi sian quelli ch’io bramo.
achille
I tuoi detti non son brevi: gioveranno pel futuro.
clitemnestra
Se qualcosa devi dirmi, non tardar, te ne scongiuro.
vecchio
Sai chi son, sai quanto affetto per te nutro e pei tuoi figli.
clitemnestra
So che sei della mia casa fra i piú antichi dei famigli.
vecchio
Come parte di tua dote m’ebbe il re, ciò pur t’è noto.
clitemnestra
Sí: venisti meco in Argo, e mi fosti ognor devoto.
vecchio
Cosí appunto; ed il tuo sposo di te meno a me fu caro.
clitemnestra
Ciò che vai dicendo, a me lo dovresti dir men chiaro.
vecchio
La tua figlia il padre stesso di sua mano uccider vuole.
clitemnestra
Come? O vecchio, tu sei pazzo. Sperse sian le tue parole!
vecchio
La sua spada vuol che sanguini nella bianca gola immersa.
clitemnestra
O me misera! Il mio sposo la ragione ha dunque persa?
vecchio
Salda l’ha, tranne per te, per tua figlia; per noi, no.
clitemnestra
E per qual ragione? Quale triste genio l’invasò?
vecchio
Fu Calcante, perché possano degli Achei giunger le squadre...
clitemnestra
Dove? Ahimè! Povera figlia mia, che morte avrai dal padre!
vecchio
Perché possa Elena avere Menelao, dinanzi a Troia.
clitemnestra
È destino che mia figlia, perché torni Elena, muoia?
vecchio
Ad Artèmide dal padre suo sgozzata. Or tutto io dissi.
clitemnestra
E le nozze, dunque, furono un pretesto, ch’io venissi?
vecchio
Perché tu lieta ad Achille conducessi Ifigenía.
clitemnestra
In che abisso entrambe siamo rovinate, o figlia mia!
vecchio
Fu tremendo d’Agamènnone l’atto, orrendo è il vostro schianto.
clitemnestra
Sono, ahimè!, perduta, a fiumi giú dai cigli erompe il pianto.
vecchio
Una madre i figli piangere n’ha ragion, come altri mai.
clitemnestra
Ma tu, ciò che dici, o vecchio, di saper, come lo sai?
vecchio
Ti recavo, oltre la prima che tu avesti, una missiva.
clitemnestra
M’imponea la figlia a morte di recare, o l’impediva?
vecchio
L’impediva: folle quando me la diede, piú non era.
clitemnestra
Ed a me tu quella lettera non recasti? In che maniera?
vecchio
Menelao me la strappava; del mal nostro è desso il reo.
clitemnestra
Odi tu, della Nèreide figlio, figlio di Pelèo?
achille
Tu sei misera, io mal tollero che fui tratto in questo inganno.
clitemnestra
Col pretesto di tue nozze la mia figlia uccideranno.
achille
Del tuo sposo il fallo, poco non pensar che anche me tocchi.
clitemnestra
Il pudor non mi trattiene dal gittarmi ai tuoi ginocchi,
io mortale, a te figliuolo d’una Dea. Quale albagia
posso avere? O per chi piú che per te, figliuola mia,
adoprar mi debbo? E aiuto dammi tu nella disdetta,
o figliuolo della Diva, ed a quella che fu detta
sposa tua, sia pure invano, ma fu detta; ond’io le chiome
di ghirlande le recinsi, ed a te l’addussi, come
al suo sposo: di sua morte sarà questo invece il giorno.
Ma su te, qualor soccorso non le dia, cadrà lo scorno:
ché se tu, con lei dal giogo nuzïal non fosti unito,
della misera fanciulla detto pur fosti marito.
Per la man tua, la tua gota, la tua madre, se perduto
m’ha il tuo nome, nel tuo nome ora sia ch’io trovi aiuto.
Poiché, tranne il tuo ginocchio, non c’è altar che m’assicuri,
non c’è amico che m’aiuti; e tu sai quanto son duri
i disegni d’Agamènnone, come atroci. E io, donna, quale
tu mi vedi, son qui giunta a un esercito navale,
non piú docile al comando, e disposto ad osar tutto
contro i duci, ov’essi indugino, ma da trarne utile frutto
sol che vogliano. Or, se cuore hai di stendermi la destra,
sono salva: se rifiuti, già perduta è Clitemnestra.
coro
È cosa grande l’esser madre: è filtro
possente in seno a tutti quanti gli esseri,
sí che pei figli ogni fatica affrontino.
achille
Pieno d’eccelso ardor l’animo mio
balza, che ognor misura serba, e quando
la sciagura l’opprime, e quando prospera
la fortuna lo esalta. E quanti nutrono
simili sensi, di lor vita guidano
diritto il corso, e lor compagno è il senno.
Giova talor non troppo essere saggi,
giova talor nutrire util pensiero.
Ed io, cresciuto in casa d’un piissimo
uom, di Chirone, i semplici costumi
appresi, ed agli Atrídi ubbidirò,
quando leciti siano i lor comandi;
e quando turpi, disubbidirò;
serbando intatta l’indole mia libera,
in Troia il mio valor farò palese.
O donna, che patisci acerbi danni
dai tuoi piú cari, io te, per quanto un uomo
giovane possa, di pietà cingendoti,
consolare saprò. Non mai la figlia
tua, già promessa a me, sarà sgozzata
dal padre suo. Non mai concederò
la mia persona, che serva al tuo sposo
per tendere lacciuoli: il nome mio,
sebbene ferro mai non abbia stretto,
ucciderebbe la tua figlia: piú
non sarebbe il mio nome immacolato,
se per me, per le mie nozze, morisse
questa fanciulla, che patisce pene
orride, insopportabili, che vittima
procombe di soprusi indegni e nuovi.
Fra gli Argivi sarei tutti il piú tristo,
un uom sarei da nulla, e Menelao
fra gli eroi conterebbe, e non di Pèleo
figlio sarei, ma d’un malvagio dèmone,
se, del tuo sposo in cambio, il nome mio
divenisse assassino. Oh, per Nerèo
che fra gli umidi gorghi ebbe la vita,
che vita diede alla mia madre Tètide,
Agamènnone re la figlia tua
non toccherà, neppur le somme dita
alle sue vesti avvicinar potrà.
O Sípilo, se no, donde proviene
d’Atrèo la stirpe, ed è rocca di barbari,
città sarebbe, e piú nessuno il nome
di Ftia ricorderebbe. Assai dovranno
saper d’amaro acque lustrali ed orzo
al profeta Calcante. Ed uomo è forse
un profeta, che assai dice menzogne,
e poche verità, quando l’imbrocca,
e quando sbaglia, si dilegua? E questo
io non lo dico per le nozze: mille
fanciulle essermi spose bramerebbero.
Ma grave torto a me fece Agamènnone:
a me chieder doveva il nome mio,
per adescar la figlia; e Clitemnestra
meglio da me sarebbe stata indotta
a cedere la figlia. Ed io concesso
agli Ellèni l’avrei, se non concederlo
contesa avesse la partenza. Opposto
non mi sarei, che prospera la sorte
volgesse a quelli onde alleato io venni.
Ma i duci in nessun conto ora mi tengono:
bene trattarmi, o male, è ugual per essi.
Ma ragione farà presto la spada,
che, prima ancor di giungere tra i Frigi,
io di macchie sanguigne spruzzerò,
se vorrà la tua figlia alcun rapirmi.
Sta pur tranquilla. A te parvi un grandissimo
Nume, e non ero; e adesso io tal sarò.
coro
Parole hai dette, o figlio di Pelèo,
degne di te, della marina Diva.
clitemnestra
Ahimè!
Come fare io potrò che le mie lodi
non sian soverchie, e che non siano scarse
tanto, ch’io perda il tuo favore? I buoni
chi di lodi li colma hanno a dispetto.
E mi vergogno poi, che questi lagni
porgerti devo, per un mal che tocca
me sola, e immune tu ne sei. Ma bello
è, per un uomo retto, agli infelici,
pur se rimane ai loro mali estraneo,
recar soccorso. Abbi di me pietà,
ché ne son degne le mie pene. Genero
sperai te prima avere, e poi rimasi
con la vana speranza; e tristo augurio
sarebbe per le tue nozze future
la morte della mia figlia; e tu schivalo.
Ma savie furon le tue prime e l’ultime
parole; e, se tu vuoi, salva sarà
la figlia mia. Vuoi ch’ella cada supplice
dinanzi ai tuoi ginocchi? Ad una vergine
ciò si sconviene; ma se tu lo brami,
di pudore velato il ciglio nobile,
essa verrà. Ma, se da te lo stesso
posso impetrar, senza che venga, resti
pur nella tenda. È il suo pudor lodevole;
pur serbarlo convien quanto bisogna.
achille
Non condurre tua figlia al mio cospetto,
non affrontiamo degli stolti il biasimo:
ch’or, lungi d’ogni sua briga domestica,
l’esercito qui accolto, ama le tristi
e malefiche ciance; e, sia pregando,
sia non pregando, il vostro scopo in tutto
conseguirete: è mio solenne impegno
liberarvi dai mali; e del mio dire
ciò sappi sol: ch’esso non fu mendace.
clitemnestra
Sii tu felice, che soccorri i miseri.
achille
Odimi, perché tutto a ben proceda.
clitemnestra
Che vuoi tu dire? Darti ascolto è d’uopo.
achille
A miglior senno si richiami il padre.
clitemnestra
È vile, e troppa tema ha dell’esercito.
achille
Ma gli argomenti l’un l’altro s’abbattono.
clitemnestra
Vana speranza. E che far devo? Dimmelo.
achille
La figlia pria che non uccida pregalo;
e se resiste, a me devi ricorrere.
Perché, se voi lo convincete, inutile
sarà l’opera mia, ché la salvezza
avrete allora conseguita, ed io
meglio procederò verso l’amico,
né rampognare mi potrà l’esercito
se la ragione e non la forza adopero.
Pur senza me, cosí possano compiersi
gli eventi che agli amici gaudio arrechino.
clitemnestra
Saggio parlasti; e far bisogna quello
che dici tu. Ma se di ciò che bramo
alcunché non conseguo, ove potrò
vederti ancora, ove recarmi, o me
misera, dove, per trovar la tua
mano, dei mali miei soccorritrice?
achille
Vigilerò, dove bisogni: niuno
scorgerti deve sbigottita muovere
per l’esercito acheo: torto alla casa
non far del padre. Non è degno Tíndaro
di mala fama, ch’è sommo fra gli Èlleni.
clitemnestra
Sarà cosí. Comanda: a me conviene
far ciò che dici tu. Se i Numi esistono,
prospera sorte tu godrai, ché sei
giusto. E se no, l’affaticar che giova?
Clitemnestra entra nella tenda. Achille esce per tornare fra l’esercito.