I fioretti di Sancto Francesco/Capitolo LX
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CAP. LX.
Un’altra volta uno frate divoto e santo, leggendo la leggenda di sancto Francesco nello capitolo delle Istimate, cominciò con grande ansietà di spirito a pensare che parole potessono essere istate quelle cosi segrete le quali sancto Francesco disse che non revelerebbe a persona mentre ch’elli vivesse, le quali il serafino gli avea dette quando gli apparve. E diceva questo frate tra sé medesimo: — Quelle parole non volle sancto Francesco dire in vita sua, ma ora dopo la morte sua corporale forse le direbbe, s’egli ne fosse pregato divotamente. — E d’allora innanzi cominciò Il divoto frate a pregare Iddio e sancto Francesco che quelle parole piacesse loro di rivelare. E perseverando questo frate otto anni in questo priego, l’ottavo anno meritò d’essere essaudito in questo modo, che uno di dopo mangiare, rendute le grazie in chiesa, istandosi costui in orazione in alcuna parte della chiesa e pregando di questo Iddio e sancto Francesco piú divotamente ch’elli non solea, e con molte lagrime, elli è chiamato da un al tro frate et ègli comandato per parte dello guardiano ch’egli l’accompagnasse alla terra per utilità dello luogo. Per la qual cosa elli, non dubitando che la obbedienza è piú meritoria che la orazione, immantanente ch’elli udí il comandamento dello prelato lascia l’orazione e va umilemente con questo frate che lo chiamava; e come piacque a Dio, costui in quello atto della pronta obbedienza meritò quello che per lunga orazione non avea meritato. Onde, cosí tosto com’elli furono fuori della porta dello luogo, elli s’incontrarono in due frati forestieri, i quali parevano che venissono di lunghi paesi, e l’uno di loro pareva giovane e l’altro antico e magro, e per lo mal tempo erano tutti molli e fangosi. Diché questo frate obbediente, avendo loro grande compassione, disse allo compagno con cui elli andava: — Fratello mio carissimo, se il fatto per lo quale noi andiamo si può un poco indugiare, però che questi frati ànno grande bisogno d’essere riceuti caritativamente, io ti priego che tu mi lasci prima andare a lavare loro i piedi et ispezialmente a questo frate antico, il quale n’à maggior bisogno, e voi potrete lavargli a questo piú giovane, e poi andremo pe’ fatti dello convento. — Allora, condiscendendo questo frate alla carità dello compagno, ritornano dentro; e ricevendo questi frati forestieri molto caritatevolmente, sí gli menarono in cucina allo fuoco a scaldarsi et a rasciugarsi; al quale fuoco si scaldavano otto altri frati dello luogo. Et istati che furono un poco al fuoco, elli gli trassono da parte a lavare loro i piedi, siccome insieme avieno composto; e lavando quello frate obbediente e divoto i piedi a quello frate piú antico e levandone il fango, però ch’erano molto fangosi, e raguarda e vide i piedi suoi segnati di Stimate; e subitamente per l’alegrezza et istupore abbracciandogli istretto, cominciò a gridare e dice: — O tu se’ Cristo o tu se’ sancto Francesco? — A questa voce et a questa parola levandosi su i frati ch’erano al fuoco, e’ traggono là a vedere con grande timore e reverenzia quelle groliose Istimate. Allora questo frate antico a’ lor prieghi permette ch’ellino chiaramente le veggano tocchino e bacino. Et ancóra piú maravilgliandosi ellino per l’alegrezza, elli disse loro: — Non dubitate e non temete, frati carissimi e figliuoli: io sono il vostro padre frate Francesco, il quale secondo la volontà di Dio fondai tre Ordini; e conciò sia cosa ch’io sia stato pregato, già è otto anni, da questo frate il quale mi lava i piedi, et oggi piú ferventemente che l’altre volte, ch’io gli riveli quelle parole segrete che mi disse il serafino quando mi diede le Stimate, le quali parole io non volli mai dire in vita mia, oggi per comandamento di Dio, per la sua perseveranza e per la sua pronta obbedienzia per la quale elli lasciò la sua dolcezza della orazione, io sono mandato da Dio a revelargli dinanzi a voi quello ch’egli adomanda. — Et allora, volgendosi sancto Francesco, inverso quello frate, disse cosí: — Sappi, carissimo frate che essendo io in sullo monte della Verna tutto assorto nella memoria della passione di Cristo, in quella apparizione serafica io fui da Cristo cosí istimatizzato nello corpo mio, et allora Cristo mi disse: — Sai tu quello ch’io t’ò fatto? lo t’ò donati i segnali della mia passione, acciò che tu sei mio gonfaloniere; — e com’io il dí della morte mia discesi allo limbo, e tutte le anime le quali io vi trovai in virtú delle mie Istimate ne trassi e menaile a paradiso, cosí concedo a te insino ad ora, acció che tu sia conforme cosí nella morte come tu mi se’ istato nella vita, che tu, poi che sarai passato di questa vita, ogni anno il di della tua morte vada allo purgatorio e tutte l’anime de’ tuoi tre Ordini, cioè minori, suore, e continenti, et oltre a queste quelle de’ tuoi divoti le quali tu vi troverai, ne tragghi in virtú delle tue Istimate, le quali io t’ò date, e menile a paradiso. Et queste parole io non dissi mai, mentre ch’io vivetti nello mondo.-E détte queste parole, sancto Francesco et compagno subitamente disparvono. Molti frati udirono poi questo da quelli otto frati che furono presenti a questa visione e parole di sancto Francesco. A laude di Cristo. Ammen.
In sullo monte della Verna apparve una volta sancto Francesco a frate Giovanni della Verna, uomo di grande santità, istando elli in orazione, et istette e parlò con lui per grande ispazio e finalmente vogliendosi partire sí gli disse: — Domandami ciò che tu vogli. Disse frate Giovanni: — Padre, io ti priego che tu mi dica quello che lungo tempo io ò desiderato di sapere, cioè quello che voi faciavate, e dove eravate quando vi apparve il serafino. — Rispose frate Francesco: — Io orava in quello luogo dove è ora la cappella dello conte Simone da Battifolle, e chiedeva due grazie al mio signore Gesú Cristo. La prima era, ch’elli mi concedesse in vita mia ch’io sentissi nell’anima mia e nello corpo, quanto fosse possibile, tutto quello dolore quale felli avea sentito in sé medesimo al tempo della sua acerbissima passione. La seconda grazia ch’io addomandava si era, che similemente io sentissi nello cuore mio quello eccessivo amore del quale elli s’accendeva a sostenere tanta passione per noi peccatori. Et allora Iddio mi mise nello cuore che mi concederebbe di sentire l’uno e l’altro, quanto fosse possibile a pura criatura. La qual cosa bene mi fu adempiuta nell’impressione delle Istimate. — Allora Frate Giovanni il domanda se quelle parole segrete le quali gli avea détte il serafino, erano istate in quello modo che diceva quello divoto frate detto di sopra, Il quale affermava che le avea udite da sancto Francesco in presenza d’otto frati. Rispose sancto Francesco, che si era di vero, come quello frate diceva. Allora frate Giovanni anche prende sicurtà di domandare, per la libertà dello conceditore; e dice cosí: — O padre, io ti priego istantissimamente che tu mi lasci vedere e baciare le tue groliose Istimate, non perché io ne dubiti niente, ma solo per mia consolazione; però che questo i’ò sempre desiderato. — E sancto Francesco liberamente mostrandogliele e porgendogliele, frate Giovanni chiaramente le vide e toccò e baciò; e finalmente il domandò: — Padre, quanta consolazione ebbe l’anima vostra veggendo Cristo benedetto venire a voi e darvi i segni della sua santissima passione? Or volesse Iddio ch’io ne sentissi un poco di quella soavità! — Risponde sancto Francesco:Vedi tu questi chiovi? -E frate Giovanni: — Padre, sí. Tocca un’altra volta, dice sancto Francesco questo chiovo ch’è nella mia mano. — Allora frate Giovanni con grande reverenzia e timore tocca quello chiovo, e subitamente in quello toccare tanto odore n’usci com’una vergola di fummo a modo che d’incenso, et entrando per lo naso di frate Giovanni di tanta soavità empie l’anima sua et il corpo, che immantanente elli fu ratto in Dio in estasi e diventò insensibile; — cosí ratto istette da quella ora, che era l’ora terza, insino allo vespro. E questa visione e dimestico parlare con sancto Francesco frate Giovanni non disse mai altrui che allo confessore suo, se non quando venne a morte. Ma essendo presso alla morte lo revelò a piú frati. A laude di Cristo. Ammen.
Nella provincia di Roma uno frate molto divoto e santo vide questa mirabile visione. Essendo morto una notte e la mattina sotterrato dinanzi alla entrata dello Capitolo uno frate, ca rissimo suo compagno, Il di medesimo si ricolse quello frate in uno canto dello Capitolo dopo desinare a pregare Iddio e sancto Francesco divotamente per l’anima dello detto suo compagno morto; e perseverando elli in orazione con prieghi e con lagrime, di meriggio, quando tutti gli altri frati erano iti a dormire, ecco ch’elli sentí uno grande istrascinio per lo chiostro; diché, subitamente con grande paura elli dirizza gli occhi inverso il sepolcro dello suo compagno, e vide ivi istare in sulla entrata dello Capitolo sancto Francesco, e dietro a lui una grande moltitudine di frati intorno allo detto sipolcro. Quata piú oltre, e vide nello mezzo di costoro uno fuoco di fiamma grandissimo e nello mezzo della fiamma istare l’anima dello suo compagno morto. Guata d’intorno allo chiostro e’ vide Jesú Cristo andare d’intorno allo chiostro con grande compagnia d’angioli e di santi, e raguardando queste cose con grande istupore e vide che, quando Cristo passa dinnanzi allo Capitolo, sancto Francesco con tutti quelli frati s’inginocchia e dice cosí: — Io ti priego, santissimo Padre e Si gnore, per quella ineffabile carità la quale tu mostrasti alla umana generazione nella tua incarnazione, che tu abbi misericordia dell’anima di quello mio frate il quale arde in quello fuoco. — E Cristo non risponde niente, ma passa oltre; e ritornando la seconda volta e passando dinanzi allo Capitolo, sancto Francesco anche s’inginocchia co’ suoi frati come prima e priegalo in questa forma: — Io ti priego, piatoso padre signore, per la ismisurata carità che tu mostrasti alla umana generazione quando moristi in sullo legno della croce, che tu abbi misericordia di quello mio frate. — E Cristo similemente passa e non lo esaudiva, e dando la volta intorno al chiostro ritornava la terza volta e passava dinanzi allo Capitolo. E allora sancto Francesco, inginocchiandosi come prima, gli mostrò le mani et i piedi e’l petto, e dice così: — Io ti priego, piatoso padre signore, per quello grande dolore e grande consolazione ch’io sostenni quando tu imponesti queste Istimate nella carne mia, che tu abbi misericordia dell’anima di quello mio frate ch’è in quello fuoco di purgatorio. — Mirabile cosa! essendo pregato Cristo per questa terza volta da Sancto Francesco sotto nome delle sue Istimate, immantanente ferma il passo, raguarda le Stimate et esaudisce il priego e dice cosí: — A te, frate Francesco, io concedo l’anima dello frate tuo. — Et in questo per certo volle insieme onorare e confermare le groliose Istimate di sancto Francesco, et apertamente significare che l’anime de’ suoi frati che vanno a purgatorio, non piú agevolmente che in virtú delle sancte Istimate sue, sono liberate dalle pene e menate alla grolia di paradiso, secondo la parola che Cristo imprimendole disse a santo Francesco. Onde subitamente, détte queste parole, quello fuoco dello chiostro isvaní et il frate morto se ne venne a sancto Francesco et insieme con lui e con Cristo e con tutta quella biata compagnia groliosa, se n’andò in cielo. Della quale cosa questo frate suo compagno, ch’avea pregato per lui, veggendolo liberato dalle pene e menato a paradiso, ebbe grandissima allegrezza e poi narrò agli altri frati per ordine tutta la visione, et insieme con loro lodarono e ringraziarono Iddio. A laude di Cristo crucifisso. Ammen.
Uno nobile cavaliere di Massa di sancto Piero, ch’avea nome messere Landolfo, il quale era divotissimo di sancto Francesco e finalmente per le sue mani ricevette l’abito dello terzo Ordine, fu in questo modo certificato della morte di sancto Francesco e delle sue Istimate groliose. Ché essendo sancto Francesco vicino alla morte, in quello tempo il demonio entrò addosso a una femmina dello detto castello e crudelmente la tormentava; e cosí questo la faceva parlare per lettera sí sottilemente, che tutti i savj uomini e letterati che veniano a disputare con lei, ella vinceva. Adivenne che, partendosi da lei, dimonio la lasciò libera due df, et il terzo, ritornando in lei, l’afriggeva troppo piú crudelmente che prima. La qual cosa udendo questo messere Landolfo, se ne va a questa femmina e domanda il dimonio che abitava in lei, qual era la cagione perché elli s’era da lei partito due di e poi, tornando, la tormentava piú aspramente che prima. Risponde il dimonio: — Quando la lasciai, io con tutti i miei compagni, che sono in queste parti, ci raccogliemmo insieme et andammo molto forti alla morte dello mendico Francesco per disputare con lui e per pigliare l’anima sua; ma essendo ella attorniata e difesa da maggiore moltitudine d’angioli che non eravamo noi, e da loro portata diritto in cielo, noi ci siamo partiti confusi, sicchè ora io ristoro e rendo a questa misera quello che in quelli due dí io le lasciai. — Allora messere Landolfo lo scongiurò, dalla parte di Dio, ch’elli dovesse dire quello ch’era di verità nella santità sancto Francesco, Il quale elli diceva ch’era morto, e di sancta Chiara, la quale era viva. Risponde il dimonio: — Dirottene, o voglia io o no, quello ch’è vero: elli era tanto indegnato Iddio padre contro a’ peccatori dello mondo, che in brieve e’ pareva ch’elli volesse dare contro alli uomini e contro alle femmine la difinitiva sentenzia di sterminargli dello mondo, se non si correggessono. Ma Cristo, pregando per gli peccatori, promise di rinnovare la sua vita e la sua passione in uno uomo, cioè in sancto Francesco poverello e mendico, per la cui vita e dottrina elli riducerebbe di tutto il mondo molti nella via della verità et a penitenzia. Ed ora, per mostrare al mondo che ciò elli avea fatto in sancto Francesco, à voluto che le Istimate della sua passione, le quali elli avea impresse nello suo corpo in vita sua, sieno ora vedute e toccate da molti nella morte sua. Similemente la Madre di Cristo promise di rinnovare la sua purità virginale e la sua umilità in una femmina, cioè in sancta Chiara, per tal modo che per lo suo essempro ella trarrebbe molte migliaia di femmine delle nostre mani. E cosí, per queste promesse Iddio padre mitigato, indugiò la sua definitiva sentenzia. — Allora messere Landolfo, volendo sapere di certo se lo dimonio, il quale è padre di bugia, in queste cose diceva la verità, et ispezialmente della morte di sancto Francesco, mandò uno suo fedele donzello ad Ascesi a Santa Maria delli Angioli, a sapere se sancto Francesco era vivo o morto. Il quale donzello giugnendo là certamente trovò e cosí tornando riferiva al suo signore, che appunto il di e l’ora che lo dimonio avea detto, sancto Francesco era passato di questa vita. A laude di Cristo. Ammen.
Lasciando tutti i miracoli delle Istimate sancto Francesco, i quali si leggono nella sua leggenda, per conclusione di questa quinta considerazione è da sapere, che papa Gregorio nono, dubitando un poco de la piaga dello costato di sancto Francesco, secondo ch’elli poi ricitò, apparve una notte sancto Francesco e levando un poco alto il braccio ritto, iscoperse la ferita dello costato e chiesegli una guastada, et elli la faceva recare, e sancto Francesco la faceva porre sotto la ferita dello costato e pareva veramente al Papa ch’ella s’empiesse infino allo sommo dello sangue mescolato con acqua che usciva dalla detta ferita. E d’allora innanzi si parti da lui ogni dubitazione, e poi egli, di consiglio di tutti i cardinali, aprovò le Stimate di sancto Francesco, e di ciò ne diede a’ frati privilegio ispeziale colla bolla pendente; e questo fece a Viterbo lo undecimo anno dello suo papato, e poi l’anno dodecimo ne diede un’altra piú copiosa. Ancóra papa Nicolaio terzo e papa Alessandro diedono di ciò copiosi privilegi, i quali, chi negasse le Istimate di sancto Francesco, si potrebbe procedere contro a lui come contro a eretico.
E questo basti quanto alla quinta et ultima considerazione delle groliose Istimate dello nostro padre sancto Francesco, la cui vita Iddio ci dia grazia si di seguitare in questo mondo che per virtú delle sue Istimate groliose noi meritiamo d’essere salvati in paradiso.
a laude di cristo benedetto
ammen.
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