I Calabroni (Aristofane-Romagnoli)/Prima parabasi

Prima parabasi

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Aristofane - I Calabroni
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1924)
Prima parabasi
Contrasto Parte seconda
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PRIMA PARABASI

coro

Preludio
Ite dove vi piace, allegramente!
Si volgono agli spettatori.
E voi frattanto, spettatori innumeri,
aguzzate la mente,
e quel che si dirà ghermite a volo,
ché non fallisca il segno,
e giù non cada al suolo!
Sarebbe un tal procedere
da gente grossa, ma di voi non degno.

corifeo

Parabasi
Date ascolto, se caro v’è udir franche parole,
cittadini: il poeta di voi lagnarsi vuole.
Torto gli avete fatto, dice, mentr ei vi rese,
per primo, assai servigi. Da pria, non in palese,
Amtofane - Commedie, U - 15.

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ma in segreto, assistendo or questo or quel poeta;
e il sistema seguendo d‘ Eiiriclèo profeta,
molte cofniche arguzie, nel seno altrui nascosto,
espresse. A viso aperto, quindi, e oramai disposto
a pagar di persona, a proprie Muse il morso,
non alle altrui stringeva. Come poi prese corso,
ed ampia, qual non altri mai, fra voi s’ebbe stima,
non si credette d’essere diventato una cima,
non si gonfiò, non mosse per le palestre attorno,
a tentare fanciulli. E se un amante, a scorno
avendo che il suo ganzo ei mettesse in burletta,
lo pregò di desistere, mai non gli diede retta,
ma fece il suo dovere. Ruffiane le sue Muse
non volle. E quando a scrivere si die’, non si confuse
con omuncoli! Fece coi più grossi alle braccia,
ardito come un Ercole. Pria stette a faccia a faccia
allo stesso Asprezanne. Dagli occhi suoi sprizzavano
baleni più tremendi che a Cinna. Dardeggiavano
cento lingue d’infami lenoni alla sua testa
d’intorno. Di torrente parea romba funesta
la voce: era il suo scroto, poco ai lavacri avvezzo,
di Lamia, di cammello il cui, di foca il lezzo.
Ma non lo colse orrore, veggendo un simil mostro,
né prese sbruffi, dice; ma combattè pel vostro
bene; e combatte ancora! L’altr’anno, nuove lotte
con le Febbri e coi Brividi impegnò, che di notte
strangolavano... i padri, soffocavano i nonni,
e a voi che dormivate tranquilli i vostri sonni,
chini sopra i giacigli, iniettavan... chiamate,
giuramenti, comparse: cosicché balzavate

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sbigottiti... dal console! Trovato un talismano
tal, che tenea dal vostro suolo ogni mal lontano,
voi l’altr’anno il tradiste, mentre egli la semente’
spargea d’idee nuovissime, che poi crebber su stente:
vostra mercè, che intese non le avevate a fondò!
Pur, libando a Diòniso, spesso ei giura che al mondo
mai commedia migliore di quella non s’udi.
Onta è a voi non averla capita li per li;
ma di fronte a chi ha senno, non scapita il poeta
se, sorpassati gli emuli, cadde pria della mèta.
D’un fiato.
Stretta
Ma, brava gente, d’ora in poi dovete
quelli amar dei poeti che s’ingegnano
di trovare ed esporre idee men viete.
Questi cercate, dei consigli loro
fate tesoro,
e dentro le cassette custoditeli,
fra le cotogne. Se così farete,
a voi per tutto l’anno
di saggezza le vesti olezzeranno!

coro

Strofe
Oh noi baldi nella pugna, oh noi baldi nella danza,
una volta! Oh di prodezza
noi fra gli uomini campioni! Ma quel tempo ora fuggia,
e più candido di cigno è il mio crin. Da ciò che avanza

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pur si tragga giovanile vigoria:
ché vai più la mia vecchiezza,
dico io, dei tanti riccioli
di codesti giovanotti,
tutti moda e culi rotti!

corifeo

al pubblico.
Epirrema
Se qualcuno si stupisce, nel veder la mia figura,
come va che a mezzo corpo m’abbia tal rastrematura,
e che cosa mai significhi questo nostro pungiglione,
se pur prima ei n’era ignaro, glie ne diam tosto ragione.
Soli noi, che il deretano così abbiam munito a guerra,
siamo gli Attici davvero generati dalla terra,
razza piena d’ardimento, che di somma utilità
riuscimmo nelle pugne, quando il barbaro fu qua,
e col fumo Atene tutta accecava e abbrustoliva,
per voler dai nostri fiali discacciarne a forza viva.
Con la lancia e con lo scudo ci scagliammo, presto e lesto,
nella zuffa, ebbri di stizza più pungente dell’agresto,
uom contr’uom, mordendo i labbri per la furia: dei dardi
dietro il volo, il firmamento si nascose ai nostri sguardi.
Con l’aiuto dei Celesti, li fugammo verso sera;
ché una nottola sul campo ai primi urti vista s’era.
Gl’ inseguimmo, fiocinandoli come tonni, con le lance
nelle brache; e fuggir punti sulle ciglia e sulle guance:
si che ancora in terra barbara proclamar dove vai s’ode
che nessun pareggia gli attici calabroni in esser prode!

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coro

Antistrofe
Si tremendo ero, che tutti mi temevano: e disfatti
i nemici a me dinnante
dileguavan, se avventavo contro lor le mie triremi.
Ché né a ordire belle chiacchiere io pensavo, né a ricatti,
ma a chi meglio maneggiar sapesse i remi!
E per questo, ai Medi tante
città prese, è nostro il merito
se i tributi qui affluiscono
che i ragazzi ora carpiscono.

corifeo

Anlepirrema
Chi scrutar ci voglia a fondo, troverà che in tutti i punti
pel costume ai calabroni, per la vita siam congiunti.
Oh vedete! Innanzi tutto, non c’è al mondo alcuna bestia
più di noi fiera e irascibile quando alcun le dia molestia.
E siam pure in tutto il resto calabroni tali e quali.
Ragunati in tanti sciami, come quelli verso i fiali,
ce n’andiam, chi dall’arconte, chi dagli undici, chi presso
alle mura, e chi all’Odèo, a imbastir qualche processo:
e quai bruchi nelle celle, stiamo li, 1 uno sull altro,
quasi immobili, col capo ciondoloni. E molto scaltro
son del resto, se si tratta di scovare il necessario:
perché pungo chi mi càpita, e così sbarco il lunario.
Ma vedete! C’è dei fuchi che non hanno pungiglione,
e che intrusi fra noialtri, fan la vita del poltrone,
del tributo che noialtri ci sudammo empion la pancia.

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E mi passa il cuor, quando uno che non mai remo né lancia
strinse a prp’ di questa terra, né alle palme ebbe gallozza,
che sul.campo mai non scese, la mercede mia s’ingozza!
lo direi, d’ora in avanti, patti chiari, amici cari:
chi non arma il pungiglione, non intasca i tre denari!