ma in segreto, assistendo or questo or quel poeta;
e il sistema seguendo d‘ Eiiriclèo profeta,
molte cofniche arguzie, nel seno altrui nascosto,
espresse. A viso aperto, quindi, e oramai disposto
a pagar di persona, a proprie Muse il morso,
non alle altrui stringeva. Come poi prese corso,
ed ampia, qual non altri mai, fra voi s’ebbe stima,
non si credette d’essere diventato una cima,
non si gonfiò, non mosse per le palestre attorno,
a tentare fanciulli. E se un amante, a scorno
avendo che il suo ganzo ei mettesse in burletta,
lo pregò di desistere, mai non gli diede retta,
ma fece il suo dovere. Ruffiane le sue Muse
non volle. E quando a scrivere si die’, non si confuse
con omuncoli! Fece coi più grossi alle braccia,
ardito come un Ercole. Pria stette a faccia a faccia
allo stesso Asprezanne. Dagli occhi suoi sprizzavano
baleni più tremendi che a Cinna. Dardeggiavano
cento lingue d’infami lenoni alla sua testa
d’intorno. Di torrente parea romba funesta
la voce: era il suo scroto, poco ai lavacri avvezzo,
di Lamia, di cammello il cui, di foca il lezzo.
Ma non lo colse orrore, veggendo un simil mostro,
né prese sbruffi, dice; ma combattè pel vostro
bene; e combatte ancora! L’altr’anno, nuove lotte
con le Febbri e coi Brividi impegnò, che di notte
strangolavano... i padri, soffocavano i nonni,
e a voi che dormivate tranquilli i vostri sonni,
chini sopra i giacigli, iniettavan... chiamate,
giuramenti, comparse: cosicché balzavate