Guida della montagna pistoiese/Cavinana

Cavinana

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Da San Marcello a Cavinana, a Maresca e al Teso Da Cavinana a Maresca, e da Maresca al Corno alle Scale o al Cupolino e al Lago Scaffaiolo

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CAVINANA

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CAVINANA

Dalla sommità del suo campanile metri 839,60 sul livello del mare.


RR
isiede in una piaggia a mezza costa sul fianco meridionale dell’Appennino, sotto il monte Crocicchio, fra le scaturigini del Rio di forco, Rio, torrente Doccia, Forra secca, Rio Colubrese, e Rio Peciano, i quali si scaricano nel Limestre tributario della Lima. Vi ebbero signorìa i Conti Guidi. Il castello fu poi dominato dalla fazione Cancelliera.

La storia della caduta della repubblica Fiorentina è omai troppo nota perchè se ne debba tener discorso ai nostri lettori. Giova però ricordare quanto di quella storia ha riguardo alla Montagna, ove accadde che il suo prode difensore Francesco Ferrucci, che i Piagnoni appellavano il Gedeone della Repubblica, venne a battaglia con le schiere nemiche.

Omettiamo di riferire come nell’anno 1529 l’imperator Carlo V, e il Mediceo Pontefice Clemente VII deliberassero unanimi di rimettere in Firenze l’espulsa famiglia de’ Medici non solo, ma che essa quind’innanzi alla sua libera patria dovesse signoreggiare. A tale effetto un grosso esercito di Tedeschi, Spagnoli e Papalini si eran recati all’assedio di quella reluttante città. Solo diremo che i reggitori di Firenze, inoltrato l’anno 1530, soprappresi [p. 77 modifica]da tanto pericolo, pensarono di affidare al Ferrucci loro concittadino, che allora comandava a Volterra le milizie della repubblica, la somma delle cose, e la loro difesa, nominandolo per pubblico decreto, Commissario generale di guerra. Nel che quanto bene corrispondesse, lo mostrarono gli avvenimenti. Perchè per ardimento, per carità di patria, per prontezza d’ingegno, per animo indomito, e per bravura nell’armi, a niun capitano secondo, abbandonava incontanente Volterra, dopochè l’ebbe difesa dall’assedio del Marchese del Guasto e da Fabrizio Maramaldo; e per liberare l’assediata Firenze a grandi marcie si era diretto alla volta di Pisa.

Quivi, appena riavutosi da una grave malattia di tredici giorni, e raccolto per via un esercito, che sommò a San Marcello, di circa 3000 fanti, di 600 cavalli, e di 20 trombe da fuoco: capitanati i primi da Niccolò Strozzi, da Alessandro Monaldi, da Francesco Scuccola, e da Giov. Maria Pini; e i secondi dal conte Gherardo della Gherardesca: si fornì di munizioni da guerra e di vettovaglie, e a grandi marcie attraversò il territorio Lucchese per incamminarsi in Val di Nievole. Ma il Maramaldo che co’ suoi Calabresi a Volterra da lui fu battuto non solo, ma insultato, e fattogli impiccare il trombetta che gl’intimava la resa; profittando dei tredici giorni di sua dimora in Pisa, non solo seguitò dappresso l’esercito del Ferrucci, ma fattosi innanzi gli barricò il passaggio sulla Pescia minore al Ponte di Squarciaboccone. Per la qual cosa il Ferrucci [p. 78 modifica] dovè rivolgere la marcia a settentrione montando la valle Ariana; talchè la sera arrivò a Medicina, castello de’ Lucchesi, dove co’ suoi pernottò. Qui gli pervenne il soccorso di Gio. Paolo Orsini, che aggiunse le sue bande a quelle di altri generosi, comandati da Bernardo Strozzi, ardenti propugnatori della italica indipendenza. Alla prim’alba del 2 di agosto si era già mosso con animo di condurre l’esercito a Firenze costeggiando la Valdinievole, e seguendo pei poggi del Montale al di là di Pistoia. Ma poco stante ingannato dalle guide de’ Cancellieri, il Capitan Pazzaglia e il Melocchi, che seco il traevano per farsi vendetta sui lor privati nemici, volse il cammino più in alto verso le sorgenti della Pescia maggiore sino al Castello di Calamecca, ove per quella notte arrestossi. La mattina poi del 3 agosto, fattogli varcare il Monte delle Lari, che rimane a mezzodì di San Marcello, si trovò invece dopo ripida discesa dinanzi a questo forte castello; che mostratoglisi avverso al passaggio, come di fazione Panciatica e seguace dei Medici, ordinò fosse arso e distrutto. Questa marcia del Ferrucci non era ignota al Principe d’Oranges, generale nemico con gl’imperiali, come quegli che era informato del tutto dal generale de’ Fiorentini, il perugino Malatesta Baglioni; traditore, che all’Oranges aveva promesso di non combattere gli alloggiamenti Tedeschi-Cesareo-Papali durante l’assenza sua dall’assedio per ir contro al Ferrucci! Arrivato il Principe con circa 8000 soldati tra Pistoia e Cavinana, sulla [p. 79 modifica] collina nel luogo detto i Lagoni dove sorge l’Ombrone, e informato dal Malatesta che il Ferrucci trovavasi a San Marcello; rinfrescato l’esercito, s’avviò in fretta verso il castello di Cavinana, che reggevasi a parte Cancelliera, per essere il primo ad occuparlo.

Era Ferruccio co’ suoi capitani presso San Marcello nella casa dei Mezzalancia, fuor della porta sulla via di Pistoia, che, dall’incendio dato da lui al castello, fu in seguito e anch’oggi s’appella Port’arsa: e quel campo che sorge dall’altra parte della strada su per la costa, era tanto stivato de’ suoi soldati, che fin d’allora ebbe nome di Campo di ferro. Di che attesta la seguente iscrizione che un tempo vi si leggeva:

Ferreus hic ager, ex quo Ferrucius olim
Sive hostem statuit vincere, sive mori.

E l’altra che si vede ancora nella facciata dell’antica casa dei Mezzalancia, le cui maiuscole sparse bizzarramente anche framezzo alle parole, designano pe’ numeri imperiali l’epoca dell’avvenimento, cioè il MDXXX.

belli Consilio DVX hiC ferrvcivs aCto,
perCita in orangen oCyvs arma Ciet.
neC proCvl hinC moritVr CentVm per Vvlnera qvarto
avgvsti nonas: versibvs annvs inest.
peregrinus ciampalantes posvit.


Fu qui che Ferruccio, appena inteso l’arrivo degl’imperiali, non potè tenersi dall’esclamare: Ahi! traditor Malatesta! — E nonostante che risapesse [p. 80 modifica] di avere non solo il Maramaldo co’ suoi alla sinistra, ma anche il Vitelli alla destra, e il Bracciolini con mille della fazione Panciatica dietro loro; fece subito gridare all’armi, e marciar contro al nemico. E bene avvisò: perchè il principe d’Oranges che da Pistoia era giunto, e faceva alto co’ suoi sulla collina in luogo detto i Lagoni, avvisato pur esso dell’arrivo del Ferrucci a San Marcello, accorse subito per occupar primo il castello di Cavinana. Le avverse schiere vi giungevano quasi a un tempo; e il Maramaldo pure da altra parte per la rottura d’un muro stava per entrarvi. Una parte de’ Ferrucciani azzuffatisi con que’ del Vitelli, oppostisi loro per via nel Pian di Doccia, al Rio delle catinelle gli avevano già respinti. Avevano pur battuto que’ dell’Oranges fuor delle mura del castello, in un luogo che si chiama il Vecchieto. Allora tra la Fontana dei gorghi, e la Selva delle Vergini, in un suolo sebbene ingombro di castagni e scosceso, l’attacco, prima corpo a corpo tra Ferruccio e l’Oranges, fu de’ più violenti. Poi vi preser parte con tanto ardore e bravura le schiere repubblicane (le quali vuolsi che gridassero — Selva reggi — per ivi sostenersi essendo scoscesa) chè aiutate da quelle che coi moschetti tempestavan gli avversi dalle mura e dal poggio soprastante al castello, n’ebbero fra i molti trafitto ed ucciso l’Oranges istesso. Il suo cadavere potè esser nascosto dagl’imperiali in quella prossima cappellina, che ancora si vede, sulla via di Maresca; e finita la pugna, fu tratto a bisdosso d’un cavallo a Pistoia, dove il [p. 81 modifica] clero ebbe a fargli solenni esequie, come a vincitore! Poco dopo fu trasportato alla Certosa di Firenze; e di qui, imbalsamato, lo rinviarono a sua madre, che pur poco innanzi per lettera gli presagiva, se da quella guerra non si fosse ritirato, vi avrebbe incontrata la morte.

Allora i Ferrucciani a gridar vittoria, a inseguire i fuggenti; e, viste apparire nuove bande di Lanzi, impedir che girasser le mura, e li cogliessero alle spalle.

Avvenne che uno Spagnolo uscito dalla battaglia, corse annunziando la morte del Principe, e la vittoria del Ferruccio, che fu creduta per qualche ora a Pistoia ed a Firenze, e sino in Roma dal Papa stesso.

Intanto però fra lo spesso rintronar per le selve degli archibusi ed il fischiar delle palle, ecco giungere un balestriere del Commissario a chieder soccorso da’ suoi, perchè mille schiere di Lanzi che facevan le finte di girar sotto al castello, vi eran già penetrate per la porta Peciana, e rinnovavano fiera battaglia coi prodi italiani, stanchi omai dal pugnare con le bande del Maramaldo, che si tenevano per isconfitte. Accorsero subito per la porta Papiniana: ma non è a descrivere l’orrenda strage che si videro fatta de’ loro compagni dall’orde Tedesche e Spagnole, che in numero di 2000 trattenutesi in riserbo alla Forra armata, tra Cavinana e Maresca, ora da ogni parte irrompevano nel castello! Niuno però degl’Italiani vi fu che, con costoro, benchè superiori di numero, non tentasse l’estrema prova dell’armi. Ferruccio poi fra di essi, e col brando e col grido non cessava [p. 82 modifica] d’inanimarli. E tanto fa l’ardor suo nel combattere, che non erasi quasi accorto delle gravi ferite delle quali in tutto il corpo era coperto.

Allora l’Orsini, a veder lui e le sue poche schiere così mal ridotte, gli si volse e gli disse: «Signor Commissario, ci vogliamo arrendere?» — «No,» gridò egli con un urlo tremendo; e quasi gli tornassero le prime forze, si scagliò furibondo fra le bande dei Lanzi, e gli altri rimanenti con lui. Ma, spossato e grondante sangue da ogni membro, rimase prigione d’uno spagnolo, che, per ritrarne la taglia, lo teneva nascosto. Allora il Maramaldo, già da Ferruccio schernito e vinto a Volterra, volle che gli fosse condotto. E là, rimpetto all’angolo destro della chiesa di Cavinana, presso una casa in allora de’ Batistini, e dopo de’ Traversari, si fe’ sopra all’eroe che col truce sguardo e co’ fieri detti lo minacciava tuttora, e per vendetta trapassogli la gola col proprio ferro; mentre quegli morendo gli lanciava queste parole: «Vil Maramaldo! tu uccidi un uomo morto!» In quelli estremi fu detto che Ferruccio, sollevando le mani, incontrò il lembo d’uno stendardo imperiale che aveva conquistato, e, aperte le luci, appena lo ravvisò, che afferratolo nel parossismo dell’agonia, vi s’avvolse le membra. Così la bandiera nemica servì di lenzuolo funereo all’ultimo eroe della Repubblica fiorentina!

Dei 3300 campioni, che quasi tutti caddero con lui in questa battaglia, che avea durato dalle 19 alle 22 ore, non sarà che debbasi obliare un [p. 83 modifica] Gianpaolo Orsini e un Bernardo Strozzi, de’ primi fra i condottieri; Sprone e Balordo da Borgo San Sepolcro; Paolo Giuliano, Francesco e Grigione Corsi, Capitanino da Montebuoni, Vaviges Francese, Antonio da Piombino, Niccolò Masi, Gigi Niccolini, Goro da Montebenichi, Amico Arsoli, Alfonso da Stipicciano, il conte Carlo da Civitella, Carlo da Castro, Giovanni Arrighetti, il conte Gherardo della Gherardesca, Francesco Covoni, Bencivenni Grazzini, Michele Uberti, Tommaso Lorenzi, il Bernardini, Francesco Moretti e Guccio Tolomei, soli nomi de’ quali ci sia avvenuto rintracciar la memoria. E qui fra le imprese di questi prodi non vuolsi tacere d’un fatto di Bernardo Strozzi nemico a Giovanni di Mariotto Cellesi di Pistoia; non già, come fu detto, perchè rivale in amore, ma per odio di parti. Il qual fatto dai Cronisti pistoiesi, e già innanzi dallo storico Benedetto Varchi, è narrato con queste parole: «Bernardo Strozzi, giovine animosissimo ma degno dei suo soprannome (chè lo appellarono il Cattivanza), essendo ferito (a Cavinana) in uno stinco, d’archibuso, fu da Giovanni di Mariotto Cellesi, il quale s’era partito a posta da Pistoia per ammazzarlo, riscattato con mille scudi, e fatto medicare, non come nemico suo, ma come suo amicissimo, diligentemente nelle sue proprie case.» E (aggiunge il cronista Fioravanti) «datogli come a carissimo amico la libertà, lo fece, perchè era contrario a Casa Medici, accompagnare per sua sicurezza da molta gente a Firenze.» — «Cortesia (conchiude il Varchi) [p. 84 modifica]veramente da non dover mai essere nè dimenticata da chi la ricevette, nè taciuta da chi la intese.»

La grande impresa, benchè infelice, commosse que’ popoli, e li persuase a concordia. Perlochè di subito avvenne che i San Marcellini di parte Panciatica e Medicea, e però ostili ai Cavinanesi di parte Cancelliera e popolana, che gli altri per ischerno chiamaron Canciugli, usarono andare in un dato giorno d’ogni anno (e lungo tempo durò) dalle chiese loro processionando sino ai respettivi confini; e ivi incontratisi, fare il così detto bacio de’ crocifissi, che ciascuna di lor compagnie portava innanzi; e ciò in segno di alleanza e di pace.

Frattanto la fama del Ferrucci nella memoria degli uomini sin di quel tempo rimase viva e perenne. Celebri storici contemporanei, e altri pure dei nostri tempi, con sì vivi colori ne ritrasser le geste, che fra gl’Italiani non vi fu quasi uno del popolo che più le ignorasse. Il popolo anzi, del suo cognome, quasi a testimonianza di affetto, ne fece un nome, e lo chiamò Ferruccio. Aggiungi le lapidi che si posero a Cavinana a ricordo di tanta impresa: al qual castello, come a un sacro monumento di gloria e di sventura italiana, col ridestarsi della brama d’indipendenza, fu dappoi un pietoso pellegrinaggio. E primo ad apporvi la seguente memoria fu l’illustre statista, guerriero, romanziere e pittore, Massimo D’Azeglio: [p. 85 modifica]

QUI
COMBATTENDO PER LA PATRIA MORÌ
FRANCESCO FERRUCCI
A’ DÌ 3 AGOSTO 1530.

m. d. a. 1840.


Il marmo che offre a leggere queste parole è situato all’estremità del lato destro della Chiesa; dove nei pochi anni avanti smuovendo il terreno per assicurarne le fondamenta, fu trovato uno scheletro intero fra vari attrezzi guerrieri, e fu opinato esser quelli gli avanzi del corpo che albergò già la grand’anima del Ferrucci. Però con pietà si composero laddove si doveva murare il pilastro angolare del peristilio di detta Chiesa. Così le travagliate ossa del sacro guerriero riposano ancora a pie del tempio di Dio. Nell’anno 1843, ridestatasi sempre più la sua nominanza, sotto il portico di detta Chiesa fu posta la seguente iscrizione:

FRANCISCUS IACET HIC FERRUCIUS; HOSPES, AVITO
SI CARUIT TUMULO, SUFFICIT IPSE SIBI.
PROCUBUIT PATRIAE PRO LIBERTATE SUPREMA
CLARUS UT ASSUMPTA MAGNA FAVILLA FACE.
HOSTIS AB IMPERIO CONTRA IURATUS UTROQUE
FORTEM ANIMUM OPTAVIT VINCERE NEC POTUIT.
NEC TREMEFACTA DIU VOLUIT DEDISCERE NOMEN
POSTERITAS, CIVI DENIQUE IUSTA SUO.
DIE III N. AUG. A. MDXXX
A. N. XXXX M. XI. D. X.
ALOYS. CHRISOSTOMUS FERRUCCIUS PATR. FLOR. NOB.
PRAETERMISSUM A MAIORIBUS OFFICIUM
CURATORI REIPUBLICAE, ET DUCI POSTREMO
COPIARUM EIUS,
RARISSIME FIDEI, ORNAMENTO AETATIS,
ET AGNATIONIS SUAE PERSOLVEBAT
ANNO MDCCCXXXX.

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Perchè poi ai visitatori del castello fosse dato il modo di lasciare il nome e alcun pensiero a onore del Ferrucci, sino dall’ottobre del 1843, nella casa Palmerini rimpetto alla Chiesa, dall’Arcangeli e dal Tigri fu aperto un Album, dove ebbero il primo luogo gl’illustri D’Azeglio e Guerrazzi, a’ quali in seguito moltissimi succedettero. Negli anni prossimamente scorsi fu demolita sulla piazza quella scalinata esterna presso la casa dei Batistini, che pur doveva rispettarsi, e il Municipio di San Marcello ne aveva obbligo, perchè la tradizione voleva che ivi fosse stato trucidato il Ferrucci!

A complemento infine della Storia di Cavinana, e a ricordare a un tempo quali erano nel 1847 le speranze su cui generalmente credevasi poter fondare il risorgimento della nazione, aggiungiamo le seguenti notizie:

Quando nel 1847 la Toscana, per le franchigie dal Governo ottenute, risvegliavasi a libertà, e dovunque si facevano dimostrazioni popolari, si volle pure a Cavinana rammemorare con solennità il gran fatto della battaglia che con strenuo valore vi sostenne il Ferrucci. E a fare onoranza al gran Capitano, il 10 ottobre di detto anno concorsero con bandiere e bande musicali i popoli circonvicini e i rappresentanti dei giornali di diverse città; e una deputazione che a nome della città di Roma offeriva a Cavinana la sua bandiera. La numerosa processione patriottica, mossa da San Marcello fra le armonie ed i cantici nazionali, giunse a Cavinana, [p. 87 modifica] adorna di archi trionfali e di iscrizioni ne’ luoghi che segnano le memorie della memorabil battaglia. E con supplicazioni nel tempio e discorsi ispirati dalla festività e dal presagito rinnuovamento della nazione, si ridestò in seno della montagna ancora una volta la memoria di Francesco Ferrucci, nel cui nome si compendia un grande amore alla patria.

Cavinana è situata sopra il livello del mare a metri 774,742.

Nell’antica Chiesa plebana son da notare due bellissimi bassorilievi dei Della Robbia; una pila da acqua benedetta, bel lavoro del 500; e un buon Organo d’otto piedi, con principale di 16, a tre tastiere, di Benedetto Tronci pistoiese, aggiuntovi l’Organo di concerto, dagli Agati, con 58 registri, e dai Tronci nel 1854 riordinato. Fu dono di Domenico Acchilli del 1830: il quale nel 1845 legò a questo suo paese un fondo per un posto di studio in scienze; per una istruzione elementare maschile; per un asilo femminile e per doti. La casa dove abitò fu edificata circa il 1500 dagli Appiani. Nella cappella della Compagnia è un buon fresco pregiato, rappresentante la Madonna della neve, del prof. Pietro Ulivi. In mezzo della piazza di detta Chiesa è un’antica fonte d’acqua perenne. Da Cavinana originarono i vescovi Gheri (secolo XVI) e Saggioli (sec. XIX).

Tre buoni quartieri vi si appigionano, e vi hanno alcune Osterie.

V’è la cassetta per le lettere e il postino per San Marcello tutti i giorni. [p. 88 modifica]

Per le escursioni di qui al Teso, al Crocicchio, a Mandromini, al Corno alle Scale, e al Lago Scaffaiolo, si possono trovare cavalcature e guide, presso Geri Torello, Struffaldi Lorenzo e Franceschi Giuseppe.