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ramente da non dover mai essere nè dimenticata da chi la ricevette, nè taciuta da chi la intese.»

La grande impresa, benchè infelice, commosse que’ popoli, e li persuase a concordia. Perlochè di subito avvenne che i San Marcellini di parte Panciatica e Medicea, e però ostili ai Cavinanesi di parte Cancelliera e popolana, che gli altri per ischerno chiamaron Canciugli, usarono andare in un dato giorno d’ogni anno (e lungo tempo durò) dalle chiese loro processionando sino ai respettivi confini; e ivi incontratisi, fare il così detto bacio de’ crocifissi, che ciascuna di lor compagnie portava innanzi; e ciò in segno di alleanza e di pace.

Frattanto la fama del Ferrucci nella memoria degli uomini sin di quel tempo rimase viva e perenne. Celebri storici contemporanei, e altri pure dei nostri tempi, con sì vivi colori ne ritrasser le geste, che fra gl’Italiani non vi fu quasi uno del popolo che più le ignorasse. Il popolo anzi, del suo cognome, quasi a testimonianza di affetto, ne fece un nome, e lo chiamò Ferruccio. Aggiungi le lapidi che si posero a Cavinana a ricordo di tanta impresa: al qual castello, come a un sacro monumento di gloria e di sventura italiana, col ridestarsi della brama d’indipendenza, fu dappoi un pietoso pellegrinaggio. E primo ad apporvi la seguente memoria fu l’illustre statista, guerriero, romanziere e pittore, Massimo D’Azeglio: