Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. V/Libro II/III
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CAPITOLO TERZO.
Animali, Uccelli, e Pesci delle Filippine.
Si truovano anche ne’ monti infinite scimie, e di tal mostruola grandezza, che in Samboangan una fiata alcune di esse (come narrano) si difesero, con legna nelle branche, da un soldato Pampango, che volea offenderle; sicchè di là a pochi dì il soldato si morì, per la paura. Le Bertuccie più picciole servono di passatempo in casa. D. Juan del Pozzo, mio amico, ne tenea una bianca; ma cosi vecchia, che, per vedere alcuna cosa, si poneva la branca su gli occhi; siccome fa l’uomo, quando vuol raffigurare le cose lontane. Mi disse, averne tenuta un’altra di Borneo, che si lamentava, come un fanciullo, e andava a due piedi, portandosi la stuoja sotto braccio, per mutarsi il sito di dormire. Sembra alle volte, che tai scimie superino, in una certa tale accortezza, gli stessi uomini; poiche non trovando frutta terrestri nel monte, vanno a procacciarsi granchi al lido del Mare, ostriche, e cose simili. V’ha una spezie d’ostriche, detta Taclovo, che ha molte libbre di polpa, e suole stare aperta al lido. Or la Scimia temendo, che venendosi quella a serrare, quando va per mangiarla, vi rimanga chiusa la sua branca; vi gitta primamente dentro una pietra, acciò impeditole il chiudersi, possa a suo bell’agio divorarla, senza paura d’essere offesa. Ve n’ha una spezie, che per torre il granchio, pongono la coda entro il buco; acciò quando egli l’afferra, in un colpo ne lo tragga fuori.
Si truovano nell’Isole moltissimi Gatti d’Algalia, o zibetto: e ciò è principalmente da notarsi, che quando non si toglie loro il zibetto ogni mese, è tanto l’ardore, che dal medesimo sentono, che trascinandosi sul suolo, rompono la vescichetta, ove è racchiuso: e così si liberano da quel tormento.
Vi è anche una spezie di gatti, grandi come lepri, e di color di volpe, chiamati Taguan. Eglino hanno le ale come vipistrello, ma pelose d’ambe le parti; e coll’ajuto di esse, saltano da un’albero all’altro, che talvolta sarà più di 30. palmi lontano.
Nell’Isola di Leyte si è trovato un particolare animaletto, detto Mago, grande quanto un sorce, e simile di coda, e di peli sul muso; ma colla testa due volte più grande del corpo: e mangia solamente carboni.
Vi sono serpenti in queste Isole di smisurata grandezza. Ve n’ha uno, detto Ibitin, molto lungo, che appesosi per la coda a un tronco d’albero, attende, che passino cervi, cinghiali, et eziandio uomini, per trargli a se, col fiato, violentemente, e divorargli belli, ed interi; e poi stringe il corpo a un’albero, per digerirgli. L’unico rimedio contro di essi, mi dissero alcuni Spagnuoli, essere il romper l’aria interposta fra l’uomo, e’l serpente; nè senza buona ragione, distornandosi in tal modo quelle particelle magnetiche, (per dirle così) sparse per quello spazio.
Un’altro serpente, chiamato Assagua, non mangia, che galline. Quello, che dicono Olopong, è velenoso. I più grandi sono appellati Bobas, e giungono alcuna fiata alia lunghezza di 20. e 30. palmi.
Un’altro animale quadrupede (che si truova anche in America) divorator di galline, vien detto Iguana. Egli è simile a un Legarto: ha la pelle morata, sparsa di macchie gialle, la lingua partita in due, e’ piedi interi, armati d’unghie. Quantunque terrestre, passa velocemente i fiumi. Gl’Indiani, ed alcuni Spagnuoli lo mangiano; e dicono esser di sapore, come una Testuggine.
Fra gli uccelli delle Isole dee farsi spezial menzione del Tavon, sì per la sua qualità, come per non sapersi se vi sia altrove. Egli è marittimo, e di color nero. Quanto alla grandezza è minor d’una gallina, ma con collo, e piedi lunghi. Pone le sue uova in terra spongiosa, et arenosa. Queste uova sono maravigliose, perche oltre l’esser grandi quanto quelle dell’oca; cotte vi si truova pochissimo albume, e’l rimanente rosso; però di minor sapore, che quel di gallina. L’altra stravaganza si è, che, a differenza delle altre, schiusi che sono i polli, vi si truova il rosso intero, e di buono odore, come prima, col becco del pollo attaccato; e per lo contrario senza albume. Quindi si scerne, che non è sempre vero, la virtù generativa del seme, fecondare il rosso delle uova; e che in questo caso serve il rosso, come la placenta uterina al feto umano. I polli, come che non han piume, si arrostiscono, e riescono come qualsivoglia buon piccione. Gli Spagnuoli allo spesso mangiano nello stesso piatto, la carne del pollo, e’l rosso del suo uovo. L’uccello vien mangiato dagl’Indiani, però è duro. La femmina pone le sue uova (sino a 40. e 50.) in una fossetta, presso al Mare; e poi le cuopre della medesima arena. Perciò si appella Tavon, che in lingua dell’Isola significa, coprir con terra. Così racchiuse, il calor dell’arena le fa schiudere; e i polli s’alimentano del rosso, sino a tanto, che abbian forza di rompere la scorza delle uova, aprire il terreno, ed uscir fuori. Allora la madre, che sta per gli alberi vicini, va all’intorno gridando; e’ figli sentendola maggiormente s’inanimano, ad uscir fuori a trovarla. Cosa invero di non minor maraviglia dell’uovo dello struzzolo, di cui fa menzione la scrittura Iob 39.. Quanto sia grande la Divina provvidenza si scerne, dall’aver dato istinto all’uccello di porre le uova, sì profonde; e dall’altro canto al pollo unghie sì lunghe, che sian bastevoli ad aprirsi l’adito. Fanno tai nidi ne’ mesi di Marzo, Aprile, e Maggio, come gli Alcioni, di cui fan menzione gli antichi D. Ambros. in exam.; perocchè in tal tempo, il Mare è più placido, e le onde non giungono tant’oltre a guastagli. I marinaj ne vanno in traccia per le rive, e dove truovano la terra mossa, ivi aprono il terreno con un legno; e prendono quando uova, quando polli, che ugualmente sono di nutrimento, e stimati.
Vi è anche una sorte di Tortore, con penne bigie sulla schiena, e bianche nel petto, in mezzo al quale vedesi una macchia rossa, come una ferita, da cui allora sia uscito il sangue.
Il Colin è un’uccello grande, quanto un tordo, di color nero, e ceneregnolo; che non tiene penne in testa, ma in lor vece una corona di carne. Più stravagante si è quello, che gli Spagnuoli dicono Palomba Torcata. Egli è di molti colori; cioè bigio, verde, incarnato, e bianco nel petto, coll’istessa piega nel mezzo: e’ piedi, e’l becco sono parimente incarnati. Questi, ed altri uccelli vidi io nell’Uccelliera di D. Juan del Pozo in Manila. Ve n’era oltreacciò uno nero, venuto da Suratte, e grande quanto una Tortora, che avea il becco giallo, e una lista dello stesso colore, come collana. Avea altresì gran disposizione ad imitar la favella umana, come il pappagallo. Vi teneva anche certi uccellini della Costa di Cormandel, più piccioli d’un cardello. Eglino aveano il petto rosso, e bianco; l’ale bigie, con picciole macchie bianche; e la coda coll’estremità incarnata: sicchè vaghissimi, e graziosissimi erano a vederli. Di più, gran quantità di colombe bianche, che aveano la coda sempre alzata, in forma d’un vago mezzo circolo; che mi disse, esser venute di Persia.
Il Salangan è un’uccello raro dell’Isole Calamianes, Xolò, ed altre. Egli è quanto una rondinella, e fa un picciol nido sulle rocche soprastanti alle rive del Mare; attaccato al sasso, nell’istesso modo, che la rondinella l’attacca al muro. E questi sono i tanto rinomati nidi, detti di passero, de’ quali s’è favellato nel precedente volume.
L’Herrero è un’uccello di color verde, grande quanto una gallina. La Natura gli ha dato un becco così grande, e duro, che con esso fora i tronchi di grandi alberi, per farvi il nido. Dal rumore, che perciò fa udire da lontano, fu appellato Herrero dagli Spagnuoli, o fabbro. Altri stimano, che sia in tal modo chiamato, perche ha conoscenza d’un’erba, che ha virtù di rompere il ferro, postavi sopra: essendosi sperimentaro, che serrato, con piastra di ferro, il forame dell’albero; egli per non far perire i figli, che sono nel nido, cerca tale erba; e portatala sopra la piastra, fa romperla; e così s’apre libero il passo: di che non voglio essere mallevadore.
Un’altro singolare uccello vien detto Colo Colo. Di grandezza è poco meno dell’Aquila; di colore è nero, e di qualità pesce insieme, ed uccello: poiche con ugual velocità corre sotto acqua, e vola in aria. Raggiunge egli qualsisia pesce, e col becco, lungo due palmi, l’uccide. Tiene le penne così chiuse, che uscendo dall’acqua, le spiega quasi asciutte.
Nell’Isola di Calamianes si truova quantità di Pavoni. Alla mancanza di fagiani, e pernici, suppliscono i galli de’ monti; che bene apparecchiati, sono d’ottimo sapore. Le quaglie sono per la metà delle nostre, ed hanno il becco, e’ piedi rossi.
Per tutte l’Isole in ogni tempo sono uccelli verdi, detti Volani; e diverse sorti di pappagalli, e Cacatue bianche, che hanno un cimiero di penne sulla sommità della testa.
Gli Spagnuoli vi aveano portati i galli d’India dalla nuova Spagna; però non vi allignarono, nè si moltiplicarono, a cagion (come si giudica) dell’umidità del terreno. Supplisce a tal difetto una gallina, detta Camboxa (per esserne venuta la spezie da quel Regno) con piedi tanto corti, che trascina le ali per terra. I maschi di quell’altra spezie, detta di Xolo, con piedi lunghi, nemmeno han che cedere a’ galli d’India. Oltre le galline ordinarie (cioè come le nostrali) ve ne ha di quelle, che tengono le ossa, e la carne nera, ma che sono però d’ottimo sapore.
Un’altro uccello, che si crea intorno le lagune (particolarmente in quella di Bahì) ha il becco, e’ piedi rossi; e le penne vagamente colorite. Di grandezza è quanto una gallina; di sapore, sarebbe ugualmente stimato, se non mangiasse frutta di Mare.
L’Auditor D. Gio: Serra mi fece vedere morto un’altro uccello di vaghissime piume, grande quanto un tordo, portatogli dall’Isola di Borneo, dove era stato così trovato. Egli non avea piedi, ma grandi ale, sopra le quali si sostenta; e perciò lo dicono Uccello di Paradiso. Il Padre Combes nell’istoria, che fa dell’Isola di Mindanao, scrive, trovarsene di tal sorte in quest’Isola.
De ’grandi pipistrelli dell’Isole, s’è ragionato di sopra: onde non fa quì di mestieri darne altra contezza; se non che da’ loro escrementi si tragge molto salnitro, nell’Isola di Mindanao, per mezzo del fuoco: benche non sia tanto forte, quanto l’ordinario.
Sino a’ pesci dell’Isole hanno qualche cosa di singolare. Uno di essi è il Duyon, detto dagli Spagnuoli, pesce Mulier; perocchè tiene le mammelle, e’l sesso come la donna, nè se n’è veduto alcun maschio. Le ossa hanno particolar proprietà Istor. Indica lib. 5., di stagnare il sangue, e guarir la tosse. La polpa ha il sapor della carne di porco Barros deca. c. lib. 2. c. 6..
I pesci spada, non sono punto differenti da’ nostri, se non che se ne truovano quivi, che hanno sino a 20. palmi di lunghezza; e la spada di 9. e 10. palmi. La loro guerra co’ coccodrilli è stata da noi accennata di sopra, allor che abbiamo favellato della laguna di Bahì. Il danno, che cagionano alle barche picciole, potrà argomentarsi da ciò, che nelle ben grandi si sono trovate rotte le loro spade.
Quanto a’ coccodrilli; egli si dee notare, in più modi, l’infinita provvidenza divina: poiche primamente essendo la femmina di tal fiera fecondissima (sicchè tal volta partorisce sino a 50. coccodrilli) in brieve tempo, a gran danno dell’uman genere, ne sarebbono rimasi pieni i fiumi, e le lagune; se non le fusse toccato in sorte un naturale istinto, di porsi nel luogo, dove i piccioli han da passare, et inghiottirsegli ivi un per uno: onde ne scappano solamente quei pochi, che prendono altra strada. Secondariamente non hanno i coccodrilli alcun meato, onde smaltiscano gli escrementi; ma vomitano solamente le poche superfluità, che loro rimangono nello stomaco. In cotal guisa i cibi vi rimangono lungo spazio, e fanno, che la fiera non patisca di fame cotidiana; alla quale non si darebbe esca, se non colla rovina di uomini, e di animali infiniti. Aperto loro il ventre, vi si sono trovate ossa, e teschi umani; e pietre, che gl’Indiani dicono, aversi inghiottite, per lastricar lo stomaco.
La femmina pone fuori dell’acqua le uova, per farle schiudere. Elleno sono due volte più grandi di quelle d’oca, più bianche, e colla scorza dura, più che pietra. Il rosso, che vi si truova dentro, è picciolo. Come quello delle uova delle tartarughe. Gli Spagnuoli ne mangiano; siccome gl’Indiani i piccioli coccodrilli. Dicono i medesimi Indiani, che sotto le mascelle vi si truovano talora vescichette di finissimo muschio. Eusebio eziandio fa di ciò menzione; e si è comprovato, olla sperienza, più volte.
Un’altra spezie di coccodrilli si truova in queste lagune, dagl’Indiani detti Buhaya, da’ Portughesi Cayman. Eglino sono in ciò differenti da’ coccodrilli, e legarti, che non han lingua; e difficilmente si possono voltare. Dal difetto di lingua ne viene, che non può formar voce, nè inghiottire entro l’acqua; ma gli fa d’uopo squarciare, e divorar la preda sulla riva. Dicono gl’Indiani, ch’egli ha quattro occhi, due superiori, e due inferiori; coll’ajuto de’ quali vede bene i pesci, e le pietre, che prende dal fondo, colle branche; però che in terra è di corta vista. Di più, che il maschio non può uscire, che la metà fuori dell’acqua; e che le sole femmine escono a procacciarsi cibo ne’ vicini campi: essendosi sperimentato, che tutti gli uccisi, e presi da’ cacciatori, sono stati di tal sesso.
Sperimentato antidoto, contro il Cayman, è il portare addosso la Bonga, o Nang kau vagan, frutto, che nasce da una canna, et io appresso di me ne conservo. Egli impedisce, che s’avvicini il Cayman, (siccome s’è sperimentato sopra un cane) e preserva anche dalle stregonerie. Sono ne’ Mari di Mindanao, e Xolò molte, e grandi balene, e cavalli marini, simili a’ terrestri; però senza piedi, e con coda, com quella del legarto.
Le frutta di Mare dell’istessa Isola sono così grandi, che le loro scorze servono per fonti d’acqua santa, e per abbeverare i bufoli; particolarmente quelle del Taclovo. Riferimmi un Religioso, che andando per l’Isola di Pintados, i marinaj ne presero uno sì grande, da una rocca, a cui stava attaccato, che bastò per cibo di tutti. La conca è stimata da per tutto, particolarmente da’ Cinesi, che ne fanno diversi vaghi lavori.
Due generi di Tartarughe si truovano in que’ Mari. Le grandi si mangiano, e la lor carne ha il sapore, come quello di vacca; però della scorza non si tiene alcun conto. Delle mezzane non si mangia la carne; ma la scorza è riputata eccellentissima, per varj lavori. Ve ne sono alcune, che servono di controveleno; essendosi sperimentato, che le anella, e corone, fatte di esse, si sono rotte come vetro, avvicinate, o toccate al veleno.
Le Raje sono molto grandi; e’l loro cuojo stimato da’ Giapponesi, per far le guaine delle loro scimitarre. Per non spendere più parole intorno questa materia, dirò: che di tutti i pesci più esquisiti, mentovati da Plinio, pochissimi ne mancano per quei Mari.