Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. V/Libro II/II
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CAPITOLO SECONDO.
Governo, Armi, Nozze, Sacrificj, Augurj, e Funerali
degl’Indiani delle Filippine.
Quanto al furto, se il delitto si provava, ma non era certa la persona; si faceva primamente, che gli accusati ponessero, ciascheduno qualche cosa sotto un panno; dopo di che, se non si trovava il furto; tra le cose suddette, seguivano due sorti di purgazione. La prima era di porgli tutti, con un’asta in mano, presso un qualche profondo fiume; e poi fargli correre, a lanciarsi nel medesimo. Di tutti essi, colui che usciva il primo, era stimato colpevole, e perciò molti, temendo del gastigo, si soffocavano. L’altra era, di comandare, a un per uno, che prendessero una pietra da dentro un bacino d’acqua bollente: chi ricusava, pagava l’equivalente del furto.
Punivano l’adulterio in danajo: e pagata la quantità d’oro convenuta, o determinata, per sentenza dagli Anziani; restava perdonato l’adultero, e l’offeso restituito nel suo onore; sicchè tornava a star con sua moglie. Però i figli adulterini non succedevano nella nobiltà del padre (come anche i nati dalle schiave) ed erano stimati plebei. I legittimi succedevano nella nobiltà; e di essi il primogenito nel Barangai, quando il Padre n’era Signore. In difetto del primo, succedevano, per ordine, il secondo, e’l terzo; quindi le femmine, e in fine i parenti più prossimi. Sì puniva anche per lo passato gravemente l’incesto.
Per armi offensive usano arco, e freccie; lancie, armate di serro, in varj modi, o pure con punta di legno, indurito al fuoco; pugnali larghi, a due tagli, ben fatti; e sarabattane, colle quali soglion tirare saette avvelenate, come quei di Borneo, o della Sammatra. Per difesa si servono d’una rotella di legno lunga, e stretta.
Sono queste Nazioni molto date alle sensualità; onde poche femmine si truovano, o maritate, o non maritate, che siano continenti. Ne’ matrimonj il maschio prometteva la dote, e poscia si facea lo sponsalizio, con patti penali, in caso di ripudio: il che quando seguiva, non si stimava vituperio, purche si guadagnasse la pena convenuta. Ciò era però quando viveano gli obbligati, cioè i padri; perche essendo morti, recavano liberi i figli. Oggidì sono eccessive le spese; perche il dì delle nozze fan pagare allo sposo l’entrata nella casa, detta Passava; il poter parlare alla sposa, chiamato Tatignog; il poter con lei bere, e mangiare, che dicono Passalog; e finalmente, per consumare il matrimonio, si paga a’ parenti della sposa il Ghuna puang, secondo la loro condizione.
La dote anticamente veniva in mano del suocero, che ne disponeva morendo, come di cosa propria, tra’ figli; e se la donna non avea padre, la prendeano i parenti per restituirla a’ figli, che da tal matrimonio erano per nascere. Le nozze si perfezionavano dalla Catalona, o Sacerdotessa, con un sacrificio; dopo il quale, nel modo solito, le commari davano a mangiare, e bere nello stesso piatto agli sposi: e allora il maschio diceva alla donna, che la prendeva per sua moglie; ed ella l’accettava. Dava quindi la Catalona la sua benedizione; poscia si uccideva qualche animale quadrupede; e seguiva in fine il banchetto, e l’ubbriacarsi. Se v’era discordia fra gli sposi, si faceva un’altro sacrificio, nel quale lo sposo uccidea la vittima; e dopo aver ballato, parlava col suo anito, o antepassato, pregandolo a concedergli la bramata quiete.
Aveano cura di non prender moglie, che dell’istesso casato, e la più prossima in grado, fuorche del primo. Il ripudio era facile, perche la donna restituiva la dote, s’era per sua colpa; e all’incontro perdevala il marito, s’era per sua, e si toglieva un’altra moglie. Fra’ Tagali non era in costume la Poligamia; però se alcuno non avea figliuoli dalla moglie, poteva, col suo consenso, aver commercio colle schiave. I Bisay Principali ne teneapo due, e più legittime; e i figli nati da esse, tutti succedeano, come legittimi, e naturali; però i nati dalla prima in due parti, dalle altre in una. A’ figli delle schiave si dava parte de’ mobili, ad arbitrio de’ legittimi; e la madre restava libera. L’oro della dote si misurava, non si pesava. Si costumava anche l’adozione, pagandosi dall’adottato una tal quantità, che se egli era il primo a morire, si dava all’adottante: ma se succedea il contrario, l’adottato si toglieva il doppio dall’eredità di lui.
V’erano per lo passato alcuni, il di cui mestiere era di toglier la virginità alle donzelle, che doveano andare a marito: ed erano pagati per ciò fare; perche la virginità si riputava un’impedimento di godere allo sposo. Oggidì (come mi riferirono i PP. Gesuiti Missionari) alcuni Bisay, trovando la moglie vergine, dicono, che l’han presa cattiva; poiche non è stata da alcuno desiderata, e violata.
Quanto alla Religione (siccome è detto di sopra) non si sono trovati fra di loro Templi, ma in alcuna caverna, presso le loro case, certi Idoletti, a’ quali si facevano sacrificj, per mezzo di alcuni Sacerdoti, detti da’ Tagali Catolonan; da’ Bisay Babaylan. Il rito di sacrificare era questo. Si univano tutti in una capanna di frasche a tal fine fatta: poi, ballatosi alquanto, faceano, che una bella giovane dasse la prima lanciata alla vittima, che sempre era qualche quadrupede. Morto l’animale, lo facevano in pezzi, e cotto si mangiava riverentemente da tutti.
Se il sacrificio non si faceva per qualche festività, ma per infermità di alcuno; si faceva una nuova capanna di legno, e dentro di essa poneano L’infermo nel suolo, su d’una stuoja, insieme colla vittima. In vece d’altare s’imbandivano più mense, con varie carni; e poscia usciva la Catalona ballando (ch’era la medesima giovane) al suono d’istrumenti; e ferito l’animale, ungevano col sangue l’infermo, e alcuni de’ circostanti. Pelato l’animale, tornavano tutti avanti l’infermo; e la Catalona, mormorando alcune parole fra’ denti, gli apriva, tirava, e mirava tutti i membri; torcendosi in varie guise, e buttando spuma per la bocca. Allora, per un pezzo, stava fuori di se; e in fine racquistati i sensi (come si narra delle Sibille) profetizava della vita, o della morte. Segno di vita era, se si ponea a mangiare, e bere; altrimente di morte: però per non ispaventare l’infermo, solea dire, che gli aniti, o gli antepassati l’aveano eletto per loro compagno. Si raccomandava poscia l’infermo alla medesima, acciò persuadesse i parenti, a porre eziandio lui nel novero degli Aniti; e in fine terminavasi il sacrificio con mangiare, e bere. Erano però obbligati i convitati di lasciare un’offerta di oro, di cottone, uccelli, o altra cosa, per la Sacerdotessa.
Eran così attaccati agli augurj, che trovando un serpe sopra la loro veste, subitamente la lasciavano, benche fusse nuova; e’l simile, se di notte si posava la Civetta sul loro tetto. Se per istrada incontravano un serpente; o che avesse alcuna persona sternutato, latrato un cane, o un topo fatto rumore, tornavano indietro. I Pescatori non si approfittavano de’ pesci, che prendeano la prima volta, con rete nuova; stimando, che non ne averebbóno poscia preso più: nettampoco si avea da parlare in casa del Pescatore, di rete nuova; o in casa del Cacciatore, di cani giovani, sino a tanto non avessero fatto preda: ferma opinione portando, che altrimente si sarebbe tolta la virtù alla rete, e’l valore a’ cani. Coloro, che andavano al Mare, non aveano da prendere alcuna cosa di terra, nè nominarla; e così quei, che andavano per terra, cosa di Mare. In fine non intraprendevano azione, senza buttar le sorti.
Mi riferì il P. Xuaquin Assin, Ministro di S. Pietro, della Compagnia di Giesù, che avendo servito più anni da Milionario fra’ Tagali, osservò; che essi non mangiano giammai soli, ma vogliono almeno un compagno. Di più, che morendo la moglie, il marito si stà con una stuoja avanti, e per tre giorni è servito da’ vedovi; perche gli ammogliati, e vergini sariano di cattivo augurio: e l’istesso fanno le mogli, morendo i mariti.
Stando le donne per partorire, non permettono, che vi siano presenti donzelle vergini; perche dicono, che si rende difficile il parto. Quando muore alcuno, vengono a piangerlo, non solo i parenti, e gli amici; ma persone pagate, le quali fanno una mesta cantilena. Quindi lavato il corpo, e profumato con storace, mengioy, ed altre gomme odorifere, che si truovano in que’ monti; s’involve in più, o meno panni, secondo la sua qualità. Anticamente ungevano, e imbalsamavano i corpi de’ Principali, con licori aromatici, e con aloe, e legno d’Aquila: e ponevano loro nella bocca il sugo di Betle, sino a penetrare nelle interiora. La sepoltura de’ poveri era una fossa nella propria casa; de’ ricchi, una cassa, fatta d’un sol pezzo di prezioso legno, e serrato in guisa, che non vi potesse entrar l’aria. Sul corpo lasciavano maniglie d’oro, ed altri ricchi ornamenti. Ponevano poi la cassa, elevata da terra, in un’angolo della casa, con gelosie all’intorno; e quivi da presso un’ altra cassa, colle migliori vesti del morto, e le armi, s’era maschio; gl’istrumenti da lavorare, s’era femmina. In certi tempi vi ponevano varie vivande, in segno d’onore, e d’affetto: però il maggior segno d’amore inverso i defonti, era dar bene da mangiare allo schiavo, o schiava più favorita da lui; e poscia ucciderla, acciò gli facesse buona compagnia. Altri gli sepellivano ne’ campi, e facevano fuochi, per molti dì, sotto la casa; acciò non venisse il morto a prendersi quelli, ch’erano rimasi in vita. Sepellito il cadavere, cessavano i pianti, ma non le crapule; che duravano più, o meno, secondo la qualità del defonto: però la vedova, e’ figli, in segno di mestizia, digiunavano; non mangiando, nè carne, nè pesce, ma solo pochi legumi. Questo digiuno vien detto da’ Tagali Sipa.
La veste lugubre fra’ Tagali è nera, fra’ Bisay bianca: questi però si radono di più la testa, e le ciglia. Se moriva per l’addietro qualche Principale; per molti giorni, doveano tutti starsi in silenzio; e non percuotere in parte alcuna, nè navigare ne’ fiumi vicini. Poneano perciò un certo segno, affinche tutti sapessero, esser tempo di silenzio, e niuno avesse ardimento di passarvi, sotto pena della vita, che rigorosamente si eseguiva.
In onor di coloro, che morivano in guerra, alle solite esequie, s’aggiugneano offerte, e sacrifizj. Così se la morte era accaduta in guerra, con soverchieria, come se in pace, a tradimento; non si toglieva giammai il lutto, o’l silenzio, se prima i parenti dell’ucciso non aveano fatta la Balata, o vendetta, uccidendo un certo numero, non solo di nemici, co’ quali erano in guerra; ma di tutti quegli stranieri, non amici, che loro si paravano dinanzi. Frattanto portavano avvolta al collo una lista di pelle; e andavano tutto dì per Mare, e per terra in traccia d’uomini, per recargli a morte, e saziar la lor rabbia. Ciò fatto, rompevano il silenzio con gran festa, e quindi toglieasi il lutto.