Geografia (Strabone) - Volume 3/Libro VII/Capitolo VII

Capitolo VII

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Strabone - Geografia - Volume 3 (I secolo)
Traduzione dal greco di Francesco Ambrosoli (1832)
Capitolo VII
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CAPO VII.


Popoli situati al mezzogiorno delle montagne d'Illiria e di Tracia. – lelegi. – Epiro. – Golfo Ionio. – Della Via Ignazia e di quelle che ad essa mettono capo. – Limiti dei Traci e dei Macedoni. – Del mare Egeo, e degli altri mari che gli succedono fino al goldo d'Ambracia. – Popoli dell'Epiro. – Macedonia superiore o libera – Oracolo di Dodona; e che cosa ne dica Omero.


Restano ora le parti meridionali delle montagne già dette, coi paesi che a quelle tengono dietro: fra questi avvi l’Ellade, e poi il paese dei barbari ad essa contiguo fino a que’ monti.

Ecateo milesio dice, parlando del Peloponneso, che [p. 228 modifica]prima degli Elleni l’abitarono i barbari: anzi quasi tutta l’Eliade fu anticamente abitata dai barbari facendone congettura dalle tradizioni rimaste. Imperciocché Pelope condusse dalla Frigia una gente in quel luogo che fu poi dal suo nome chiamato Peloponneso; e Danno dall’Egitto: e i Driopi, i Cauconi, i Pelasghi, i Lelegi ed altre genti siffatte si divisero fra loro il paese al di dentro dell’istmo, ed anche quello al di fuori. Infatti i Traci venuti con Eumolpo occuparono l’Attica; Tereo occupò la Daulide nella Focide; i Fenicii venuti con Cadmo tennero la Cadmea; e la Beozia l’occuparono gli Aoni, i Temmici, gl’Yanti, siccome dice anche Pindaro, accennando l’antico proverbio: Beotico porco1. E da’ nomij stessi di alcuni di questi capi si fa manifesta la loro barbarica origine, come sono Cecrope, Codro, Eclo, Coto, Drimante e Crinano. Oltre di che i Traci, gl’Illirii e gli Epiroti abitano anche ai dì nostri sui fianchi dell’Ellade, alla quale anticamente erano ancor più vicini: che anzi anche oggidì una parte di quel paese che senza controversia nomasi Ellade è occupata dai barbari. Così i Traci posseggono la Macedonia e alcune parli della Tessaglia; e i Tesprozii, i Cassopei, gli Anfilochi, i Molossi e gli Atamani, nazioni epirotiche, occupano le parti superiori dell’Acarnania e dell’Etolia. Dei [p. 229 modifica]Pelasghi abiura già parlato2. Rispetto ai Lelegi alcuni congetturano che siano uno stesso popolo coi Carii; altri tendono che avessero solo a comune con questi il luogo dove soggiornavano, e le militari spedizioni. Però nel territorio milesio souo alcuni luoghi denominati abitazioni de’ Lelegi; ed in parecchie parti della Caria si trovano dei sepolcri di Lelegi, ed alcune fortezze ora deserte denominate Lelegie. Aggiungasi che tutto quel tratto presentemente denominato Ionia fu abitato da’ Carii e da’ Lelegi; ma gl’Ionii poi discacciarono entrambe queste popolazioni e pigliai, ono possesso del loro paese. Più aulicamente colorò che presero Troia3 cacciarono i Lelegi dai luoghi circonvicini all’Ida, ai fiumi Pedaso e Satnioenta. Chle poi questi Lelegi fossero barbari potrebbe argomentarsi eziandio dall’essersi accomunali coi Carii: che fossero fino ab aotico un popolo vagabondo, tanto in compagnia de’ Carii, come da soli, lo mostrano le Repubbliche di Aristotele il quale parlando di quella degli Acarnani dice che in parte l’occuparono i Cureti, in parte verso il ponente i Lelegi, il resto i Teleboii: poi nella Repubblica degli Etoli chiama Lelegi quelli che ora diconsi Locrii, ed aggiunge altresì che occupavano la Beozia e lo stesso fa anche in quelle degli Opunzii e dei Megaresi. Nella Repubblica poi de’ Lencadi dà il nome di Lelege ad un autoctono; ed al figlio di una sua [p. 230 modifica]figlia quello di Telsboa. Questi ebbe ventidue figlie che egli chiama Teleboe, ed alcune delle quali abitarono Leucade. Ma soprallulto poi si dee credere ad Esiodo, il quale così parla dei Lelegi: Locro fu condottiero dei popoli Lelegi cui una volta il Saturnio Giove d’infinita sapienza raccolse dalla terra e li consegnò sudditi a Deucalione. Perciocchè mi sembra cha con quella parola raccolse abbia voluto accennare uomini che vissero anticamente meschiati gli uni cogli altri, e che disparvero poi col tempo4: ciò che si potrebbe dire anche dei Cauconi, i quali ora più non sussistono, eppure una volta ebbero stanza in parecchi luoghi.

Anticamente adunque, sebbene le nazioni fossero piccole, molte e poco conosciute, nondimeno per essere valorose e perchè governavansi da sè medesime, non era molto difficile distinguere i loro confini. Ora poi, divenuta deserta la maggior parte di quella regione, e disparsi i luoghi abitati, principalmente le città, non sarebbe possibile discernerli con precisione, nè sarebbe utile quand’anche si potesse, trattandosi di popoli senza celebrità, e distrutti. La quale distruzione avendo pigliato principio già da gran tempo, non è cessata nemmanco adesso in parecchie parti a motivo delle ribellioni; giacchè i Romani stanziano le loro milizie dentro le costoro abitazioni, fatti padroni da loro medesimi. Polibio dice che Paolo Emilio dopo aver vinti i Macedoni e il loro re Perseo, distrusse settanta città degli Epiroti, la maggior parte delle quali era dei [p. 231 modifica]Molossi, e ridusse in ischiavitù centocinquanta mila abitanti. A malgrado pertanto di queste difficoltà noi, por quanto eonviene hi nostro lavoro e per quanto ci sarà fattibile, intraprenderemo di parlare partitamente di ciascun luogo, cominciando dalla spiaggia del golfo Ionio, ch’è quella dove finisce la navigazione uscendo dal golfo Adriatico.

Le prime parti di questa spaggja sono i luoghi presso Epidamno e Apollonia. Da Apollonia alla Macedonia avvi la Via Ignazia cbe mena verso l’oriente, misurata a passi, con una lapide a ciascun miglio fino a Cipselo ed al fiume Ebro: e le miglia sono cinquecento trentacinqne; sicché computando, come i più fanno, otto stadii per ciascua miglio, sarebbero quattro mila e due cento ottanta stadii. Ma secondo Polibio, che agli otto stadii aggiunge due jugeri (cioè la terza parte di uno stadio) dovrebbero aggiungersi altri cento settant’otto stadii, che sono la terza parte del numero delle miglia. Quelli poi che partonsi sia da Apollonia e da Epidamno, dopo un uguale viaggio riescono al medesimo pnnto di questa Via. Ed essa tutta intiera chiamasi Ignazia, ma la prima parte dicesi anche Via di Candavia, ch’è un monte d’Illiria a cui questa via conduce fra le città di Licnido e di Pilone; e questo luogo serve di confine tra l’Illiria e la Macedonia. Quinci poi questa Via procede lungo Barnunte5, e a traverso di Eraclea, dei Lincesti e degli Eordi; e va ad Edessa, a Pella, e fino a Tessalonica. E sono, dice Polibio, duecento [p. 232 modifica]sessantasette miglia. Chi dai luoghi presso Epidamno ed Apollonia si mette per questa via, trovasi a destra le nazioni epirotiche circondate dal mar Siculo uno al golfo d’Ambracia, ed a sinistra quelle montagne d’Illiria che noi abbiam già discorse, e le nazioni che aiutano colà intorno fino alla Macedonia ed ai Peoni.

Quelle regioni poi che dopo il golfo d’Ambracia inclinano all’Oriente e sono situate rimpetto al Peloponneso, appartengono all’Eliade, qmadi finiscono al mare Egeo, lasciandosi à destra tutto il Peloponneso.

Dal principio delle nazioni Macedoni e Peone sino al fiume Strimone abitano i Macedoni ed i Peoni ed alcuni dei Traci montanari: i luoghi poi al di là dello Strimone fino alla bocca del Ponto ed all’Emo sono tutti dei Traci, ad eccezione della spiaggia. Questa è abitata dagli Elleni, stanziati in parte sulla Propontide, in parte sull’Ellesponto e nel golfo Melas, è in parte anche sull’Egeo: il quale bagna due lati dell’Eliade, cioè quello che guarda all’oriente (stendendosi dal Sunio verso il settentrione fino al golfo Termaico ed a Tessalonica città della Macedonia che ora fiorisce sopra ogni altra); e quello rivolto al mezzodì, ossia il lato della Macedonia, da Tessalonica fino allo Strimone: ma alcuni v’aggiungono anche quel tratto che va dallo Strimone al fiume Nesto; poiché Filippo mise gran cura intorno a que’ luoghi per farli suoi; e raccolse proventi grandissimi dalle miniere e dalle altre produzioni di quel fertile suolo.

Dal Sunio6 al Peloponneso stendonsi il mare [p. 233 modifica]Mirloo, il Cretese ed il Libico coi seni che incontransi fino al mar di Sicilia; il quale poi forma anch’esso i seni d’Ambracia, di Corinto e di Crissa.

Le nazioni dell’Epiro dice Teopompo che sono quattordici: e che le più celebri fra queste sono i Caoni e i Molossi; perchè una volta dominarono tulio l’Epiro, prima i Caoni, e poi Molossi; i quali crebbero anche in vie maggiore possanza per la stirpe dei loro re ch’erano degli Eacidi, ed anche per trovarsi fra loro l’oracolo antico e celeberrimo di Dodona. I Caoni pertanto e i Tesprozii e i Cassopei, i quali seguitano ad essi immediatamente e sono essi pure Tesprozii, abitano la spiaggia marittima dai monti Cerauni fino al golfo d1 Ambracia, occupando un fertile paese: e la navigazione, a cominciar dai Caoni andando verso l’oriente e verso i golfi d’Ambracia e di Corinto (sicché abbiansi a destra il mare Ausonio, ed a sinistra l’Epiro) è di mille e trecento stadii, dai monti Cerauni al golfo d’Ambracia, come già si è detto. In questo intervallo è Panormo, porto capace in mezzo ai monti Cerauni; poscia Onchesmo ch’è un altro porto a cui sta di rimpetto l’estremità occidentale di Corcira; poi un altro portò ancora, nominato Cassiope, a mille e settecento stadii da Breotesio. Altrettanti ve n’ha dall’altro promontorio chiamato Falacro e più occidentale di Cassiope fino a Taranto.

Dopo Onchesmo stanno Posidio e Butroto situato alla bocca del porto detto Pelode sopra una specie di penisola con coloni romani; poi vengono le Sibote, le quali sono isolette poco distanti dall’Epiro e situate rimpetto alla punta orientale di Corcira detta Leucimne. In quel [p. 234 modifica]tragitto di mare stanno alcune altre iaolette, ma non souo degne di essere menzionate.

Trovansi poscia il capo Cimmerio ed il Lago Dolce, in cui mette foce il fiume Acheronte che scorre dal lago Acherusio, e riceve in sè molti fiumi, sicché indolcisce anche il golfo. Colà intorno scorre il Tiami.

Al di sopra di questo golfo è Cicuro, città de’ Tesprozii che anticamente dicevasi Efira; e al di sopra di quello dov’è Butroto sta la citlà di Fenica. Presso poi a Cicuro avvi Buchetio, cittadella de’ Cassopei, posta poco al di sopra del mare: poi trovansi Elatria, Pandosia e Batia nelle parti mediterranee; e il loro territorio si stende fino al lago Dolce.

A questo lago ne seguono per ordine due altri; il primo più vicino e men grande dell’altro dicesi Comaro, e forma un istmo di sessanta stadii fino al golfo d’Ambracia ed alla città di Nicopoli fondata da Cesare Augusto; il secondo più discosto, più grande ed anche migliore dell’altro, sta presso alla bocca del golfo ed è distante da Nicopoli circa dodici stadii.

Seguita poscia la bocca del golfo d’Ambracia larga poco più di quattro stadii. La sua circonferenza è di trecento, tutta quanta ben fornita di porti. A chi entra nel seno stanno alla destra gli Acarnani, popoli elleni, e il sacrario d’Apollo Azzio. Questo £ un colle vicino alla bocca de1 golfo, e sovr’esso un tempio. A’ piedi del colle è una pianura con bosco e stazione di navi, dove Cesare consacrò dieci legni tolti ai nemici7, [p. 235 modifica]cominciando da uno di un sol ordine di remi fino ad uno di dieci: ma dicono che le stazioni e le nnvi furono distrutte dal fuoco. Alla sinistra poi stanno la città di Nicopoli ed i Cassopei popoli dell’Epiro, fin presso ad Ambracta. Questa città è situata alcun poco al di sopra dell’ultimo recesso del golfo, dove la fondò Tolgo figliuolo di Cipselo. Lungo di essa scorre il fiume Aracto, sul quale si naviga dal mare ad Ambracia contro la sua corrente per pochi stadii8; e discende dal monte Timfeo e da Parorea.

Ambracia fu anticamente in assai buona fortuna, tanto che il golfo ricevette da lei il suo soprannomi. L’abbellì principalmente Pirro che se ne valse per reggia: ma i Macedoni poi e i Romani colle guerre continue prostrarono così questa come le altre città di quella regione per castigarle dell’inobbedienza; sicché all’ultimo Augusto vedendo quelle città rimanersi intieramente deserte, le compenetrò tutte in una sola chiamata da lui Nicopoli, situata su quel golfo, e denominata così dalla vittoria nella quale egli sulla bocca appunto di quel golfo vinse in mare Antonio e Cleopatra regina dell’Egitto intervenuta anch’essa a quella battaglia. Nicopoli dunque è ben popolata e riceve ogni giorno incremento: ha un ampio territorio, e l’adornano le spoglie dei nemici. Nel sobborgo ha un terreno sacro disposto per servire ai certami che si celebrano ogni quinto anno, tanto in quel terreno dov’è [p. 236 modifica]un ginnasio e uno stadio, .quanto, sopra un colle imminente al terreno predetto dov’è un tempio Carro ad Apollo. I giuochi Azzii sacri ad Apollo Azzio sono considerati come un certame olimpico, e ne hanno la sorveglianza i Lacedemoni. Le altre abitazioni sono dipendenti da Nicopoli. E i giuochi Azzii si celebravano anche più anticamente, e gli abitanti de’ luoghi circonvicini vi contendevano il premio d’una corona; ma ora Cesare li ha sollevati a maggior dignità.

Dopo Ambracia viene Argo Amfilochia fondata da Alcmeone e da’ suoi figliuoli. Ed Eforo dice che Alcmeone dopo la spedizione degli Epigoni contro Tebe essendo invitato da Diomede, si portò presso lui nell’Etolia ed insieme con lui conquistò l’Etolia stessa e l’Acarnania. Chiamati poi amendue da Agamennone alla guerra troiana, Diomede partì, ma Alcmeone rimase nell’Acarnania e fondò la città d’Argo Amfilochia, così chiamandola dal nome d’un suo fratello: e il fiume che va a traverso di quel paese a gittarsi nel golfo, lo denominò Inaco da quello che scorre pel territorio d’Argo. Tucidide poi afferma cbe Amfiloco stesso dopo il suo ritorno da Troia, mal contentandosi degli abitanti d’Argo, si trasferì nell’Acarnania; ed avendo quivi ereditata la signoria del fratello, fondò una città e le impose il proprio suo nome.

Anche gli Amfilochi sono Epiroti, e così anche quelli che abitano al di sopra di loro, contigui ai monti illirici in un’aspra regione; come a dire i Molossi, gli Atamani, gli Etici, i Timfei, gli Oresti, i Parorei e gli Atintani, gli uni più vicini ai Macedoni, gli altri al [p. 237 modifica]golfo Ionio. E dicono che l’Orestiade fosse un tempo abitata da Oreste fuggito dopo l’uccisione della madre, e ch’esso diede a quel paese il proprio suo nome, e fondovvi anche una città chiamandola Argo Orestica.

Alle nazioni predette meschiaronsi anche le Illiriche, quelle che trovansi nella parte meridionale delle montagne e al di sopra del golfo Ionio. Perocchè cominciandosi da Epidamno e da Apollonia fino ai monti Cerauni abitano i Bullioni, i Taulanzii, i Partini ed i Frigi9. D’intorno a que’ luoghi è anche la miniera d’argento di Damastio, presso alla quale i Perisadii (i quali si chiamano anche Enchelii e Sesarasii) stabilirono la loro signoria: poi sono colà i Lincisti, e i1 paese detto Deuriopo, la Pelagonia Tripolitide, gli Eordi, l’Elimeia e l’Eratira. Tutti questi paesi furono anticamente signoreggiati da principi sovrani; e fra questi sopra gli Enchelii dominarono i discendenti di Cadmo e di Armonia, e però quivi suole mostrarsi tuttora quanto si riferisce alle cose raccontate dalle favole intorno ad essi. Questi Enchelii dunque furono governati da principi non nativi di quel paese10. I Lincisti [p. 238 modifica]poi furono soggetti ad Arrabeo della schiatta de’ Bacchidi. A costui fu figliuola Irra madre di quell’Euridice che fu moglie di Aminta, padre di Filippo re della Macedonia. E fra gli Epiroti, i Molossi furono soggetti a Pirro o Neottolemo figliuolo d’Achille ed a’ suoi discendenti ch’erano Tessali di origine. Gli altri popoli furono governati da principi nazionali: poi nelle loro discordie pigliando sempre qualcuno di essi la prevalenza sugli altri, vennero tutti a cadere nel dominio de’ Macedoni, eccettuati sol pochi, abitanti al di sopra del golfo Ionio. La Lincestide, la Pelagonia, l’Orcstiade, e l’Elimeia chiamavansi Macedonia superiore, e più tardi si dissero anche Macedonia libera. Alcuni anzi danno il nome di Macedonia a tutto quanto il paese che stendesi fino a Corcira, adducendone questa ragione, che gli abitanti di tutti que’ luoghi nel modo di tagliarsi i capegli, nel dialetto, nella clamide ed in altre cose siffatte si accostano molto alle usanze di Macedonia. Quando poi fu distrutta la signoria dei Macedoni, quella regione cadde tutta sotto i Romani.

A traverso di queste nazioni corre la Via Iguazia partendosi da Epidamno e da Apollonia. In quella parte di essa che chiamasi Via Candavia si trovano alcuni laghi presso Lichuido11, i quali somministrano grande abbonadanza di pesci da marinare; ed anche alcuni fiumi, parte dei quali vanuo a sboccare nel golfo Ionio, parte

[p. 239 modifica]devolvonsi verso il mezzogiorno, come sono l’Inaco, l’Aracto, l’Achebo, e l’Eveno anticamente detto Licorma. Il primo di questi fiumi si getta nel golfo d’Ambracia; l’altro nell’Achebo, e questo e l’Eveno nel mare, l’uno attraversando l’Acarnania, l’altro l’Etolia. Ma l’Erigone dopo avere accolte molte correnti che discendono dai monti Illirici, Ligustici, Bruzii, Deuriopii e Pelagonii12 sbocca nell’Astio. Appo queste genti v’ebbero anticamente delle città: anzi la Pelagonia dicevasi Tripolitide13, e le appartenne anche Azoro; e le città dei Deuriopii erano situate tutte lungo l’Erigone, fra le quali furono Brianio, Alalcomena e Stimbara. Eravi poi Cidria appartenente ai Bruzii, ed Eginio confinante co’ Timfei, poi Etica e Trice. Vicino alla Macedonia ed alla Tessaglia, nei d’intorni del monte Peo e del Pindo stanno gli Etici e le sorgenti del Peneo, che i Timfei ed i Tessali abitanti alle falde del Pindo sogliono disputarsi fra loro. Avvi inoltre lungo il fiume Ione la città d’Oxineia, distante da Azoro della Tripolitide cento venti stadii. Ivi presso sono anche Alalcomena, Eginio ed Europo, ed il confluente dell’Ione nel Penco. Una volta pertanto, come già dissi, quantunque cotesta regione fosse aspra e piena di monti (come sono il Tamaro, il Poliano ed altri parecchi) nondimeno tutto l’Epiro e l’Illiria avevano abbondante popolazione: ora invece que’ luoghi sono in gran parte [p. 240 modifica]deserti, e dove hanno abitazioni sono borghi ed avanzi delle antiche città, e fin l’oracolo di Dodona è quasi venuto meno anch’esso al pari degli altri14. Quest’oracolo, come dice Eforo, lo fondarono i Pelasghi, i quali si crede che siano più antichi di quanti ebbero signoria nell’Eliade; e lo attestano Omero, dicendo: O Giove Dodonèo, Pelasgo; ed Esiodo: Venne a Dodona presso la quercia de’ Pelasghi. Ma de’ Pelasghi abbiamo parlato nel trattar dei Tirreni. Rispetto a Dodona, anche Omero dimostra che le genti circonvicine all’oracolo erano barbare, descrivendoci la maniera del loro vivere, cioè che nou si lavavano mai i piedi e dormivano sulla nuda terra15. Se poi costoro si debbano chiamare Elli con Pindaro, o Selli, come suppongono che sia stato scritto da Omero, l’incertezza della scrittura nol lascia decidere. Filocoro afferma che il sito vicino a Dodona chiamavasi Ellopia con nome comune anche all’Eubea, e cita quelle parole di Esiodo: V’ha un paese detto Ellopia ricco di biade [p. 241 modifica]e di prati, dove; in una della estremità è fabbricata Dodona. Apollodoro poi dice esservi opinione che i popoli vicini a quel tempio ricevessero il loro nome dalle paludi ch’ivi intorno ai trovano16; ma che nondimeno Omero diede loro il nome di Selli: e sogginnge ch’esso chiamò anche Selleente un fiume di quella regione. E lo nomina infatti in quel verso, ove fa menzione di Astiochea,

                    Cui d’Efira e dal fiume Selleente
                    Seco addusse l’eroe17;

ma non volle parlare di Efira tesprozia, bensì di quella che sta fra gli Elei: perciocchè fra costoro si trova davvero il Selleente, non già fra’ Tesprozii e fra’ Molossi. Quello poi che si favoleggia rispetto alla quercia, alle colombe e ad altre siffatte cose (come raccontami anche dell’oracolo di Delfo) in parte si vuol lasciare alla poesia, in parte conviensi anche a questa nostra descrizione.

Anticamente adunque Dodona era soggetta ai Tesprozii, e così anche il monte Tomaro o Tmaro (chè l‘uno e l’altro si dice) a’ cui piedi sta il tempio: però i tragici e Pindaro sogliono ascrivere Dodona alla Tesprozia. Ma più tardi poi fu considerata come soggetta ai Molossi. E tengono alcuni che i sacerdoti, chiamati da Omero interpreti di Giove, e dei quali poi dice che mai non si lavano i piedi e che dormono sulla nuda [p. 242 modifica]terra, furono denominati anche Tomuri dal monle predetto. Infatti in quel passo dell’Odissea dove Anfinomo cousiglia ai proci di non assalire Telemaco prima di avere consultato Giove, alcuni scrivono: Se questo approveranno i Tomuri del gran Giove, io pure concorrerò incoraggiando anzi tutti gli altri; ma se il Dio va lo vieta, io vi consiglio di soprassedere. E dicono doversi leggere Tomuri piuttostochè Temisti; giacchè questa voce Temisti non trovasi mai presso Omero dov'egli parla di oracoli, ma l’applica sempre ai decreti, alle leggi, ed alle politiche istituzioni. E soggiungono che i Tomuri si dissero per sincope invece di Tomaruri, cioè custodi del Tomaro18. Ma è più semplice a credere che Omero adoperasse quì per traslato la voce Temisti, sebbene propriamente significhi i decreti o le leggi degli uomini; in quella guisa che adoperò la voce consigli19 per significare le volontà degli Dei manifestate dagli oracoli, come in quel verso: per udire il consiglio (Βουλὴν) di Giove dalla quercia altofronzuta.

Da principio pertanto furono uomini quelli che profetavano; come par che significhi Omero stesso, il quale chiamandoli interpreti (ipofeti) comprende sotto queslo nome anche i profeti: ma poi, essendosi consociata in quel medesimo tempio Diona a Giove, cominciaronsi invece ad eleggere tre vecchie. E Suida per [p. 243 modifica]gratificarsi ai Tessali con favolosi racconti, dice che questo tempio fu trasportato nel luogo dove ora si trova dai dintorni di Scotussa città pelasga, appartenente alla Tessaglia Pelasgiolide: e che gli tennero dietro la maggior parto delle donne, dalle quali discesero le profetesse predette. Di quì poi venne anche il soprannome di Giove Pelasgo.

Cinea ancor più favolosamente...

  1. Βοιωτίαν ὗν. L’etimologia di questo proverbio è chiara nel greco per l’analogia della voce ὗς porco e ὔας yante. E il proverbio invalse a significare la stupidezza de’ Beozii in generale.
  2. Nel libro quinto.
  3. Strabone parla qui probabilmente dell’espugnazione di Troia compiuta da Ercole circa 1330 anni prima dell’E. V.
  4. La lezione comune è manifestamente imperfetta.
  5. Questo luogo (dice il Gosselin) m’è ignòto.
  6. Capo Colonna.
  7. Nella battaglia d’Azzio. (G.)
  8. Ὀλίγων σταδίων. Gli Edit. franc. traducono otto stadii come se dicesse ὀκτὼ.
  9. Il Casaubono corregge Brigi (Βρύγοι) in luogo di Frigi: e così anche il Coray tanto nel testo, quanto nella traduzione francese.
  10. Οὗτοι μὲν οὖν ὑπὸ ἰθαγενῶν ἤρχοντο. Così il testo del Silandro, e qualche autorevole manoscritto. Ma il Coray considerando che i discendenti di Cadmo non potevano essere detti principi nazionali preferisce la lezione οὐκ ὑπὸ κ.τ.λ. e traduce furono governati da principi d’origine straniera. Così anche il Falconer in una nota. A togliere poi ogni dubbio basta osservara che poco dopo Strabone soggiunge che gli altri popoli furono governati da principi nazionali; d’onde si fa manifesto che intese di aver prima accennati gli stranieri.
  11. Achrida.
  12. Leggo col Coray καὶ Πελαγόνων. Il testo comune però ha καὶ πλειόνων e di molti: lezione imperfetta.
  13. Cioè Fornita di tre città.
  14. Qualcuno vorrebbe intendere come le altre cose. Ma pare evidente che Strabone volle qui alludere alla generale cessazione degli Oracoli, avvenuta appunto a’ suoi tempi. (Edit. franc.)
  15. Ecco i versi di Omero secondo la traduzione del Monti:

    Dio che lungi fra tuoni hai posto il trono,
    Giove Pelasgo, regnator dell’alta
    Aghiacciata Dedona, ove gli austeri
    Selli che han l’are a te sacrate in cura,
    D’ogni lavacro schivi, al fianco letto
    Fan del nudo terreno.

    Lib. XVI, v. 355.

  16. Dalla voce greca ἕλος (helos) palude.
  17. Ill., lib. II, v. 559.
  18. Τομούρους δ´εἰρῆσθαι ἐπιτετμημένους τομαρούρους, οἷον κ.τ.λ. Così, dopo il Casaubono, legge il Coray.
  19. βουλὰς.