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240 | della geografia di strabone |
deserti, e dove hanno abitazioni sono borghi ed avanzi delle antiche città, e fin l’oracolo di Dodona è quasi venuto meno anch’esso al pari degli altri1. Quest’oracolo, come dice Eforo, lo fondarono i Pelasghi, i quali si crede che siano più antichi di quanti ebbero signoria nell’Eliade; e lo attestano Omero, dicendo: O Giove Dodonèo, Pelasgo; ed Esiodo: Venne a Dodona presso la quercia de’ Pelasghi. Ma de’ Pelasghi abbiamo parlato nel trattar dei Tirreni. Rispetto a Dodona, anche Omero dimostra che le genti circonvicine all’oracolo erano barbare, descrivendoci la maniera del loro vivere, cioè che nou si lavavano mai i piedi e dormivano sulla nuda terra2. Se poi costoro si debbano chiamare Elli con Pindaro, o Selli, come suppongono che sia stato scritto da Omero, l’incertezza della scrittura nol lascia decidere. Filocoro afferma che il sito vicino a Dodona chiamavasi Ellopia con nome comune anche all’Eubea, e cita quelle parole di Esiodo: V’ha un paese detto Ellopia ricco di biade
- ↑ Qualcuno vorrebbe intendere come le altre cose. Ma pare evidente che Strabone volle qui alludere alla generale cessazione degli Oracoli, avvenuta appunto a’ suoi tempi. (Edit. franc.)
- ↑ Ecco i versi di Omero secondo la traduzione del Monti:
Dio che lungi fra tuoni hai posto il trono,
Giove Pelasgo, regnator dell’alta
Aghiacciata Dedona, ove gli austeri
Selli che han l’are a te sacrate in cura,
D’ogni lavacro schivi, al fianco letto
Fan del nudo terreno.
Lib. XVI, v. 355.