Geografia (Strabone) - Volume 2/Libro IV/Capitolo III

Capitolo III

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Strabone - Geografia - Volume 2 (I secolo)
Traduzione dal greco di Francesco Ambrosoli (1832)
Capitolo III
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CAPO III.


La Gallia lionese e la belgica. — Fiumi che discendono dalle Alpi; e popoli limitati dal Doubs e dalla Saona. — Del Reno e dei popoli abitanti lungo le sue rive. — Altre popolazioni, e foresta di Ardenna. — La Senna. Città de’ Parisii. — Popoli Belgici. — Dei Veneti e delle loro guerre contro Cesare.


Dopo la parte aquitana e la narbonese seguita quella che stendesi lungo tutto il Reno ed il Rodano, dalle sorgenti di questo fiume sino a Lugduno, e di quivi sino al Ligeri. Le parti superiori di questa regione, dalle sorgenti dei due fiumi predetti, il Reno ed il Rodano, fin quasi alla metà della pianura, sono soggette a Lugduno; le rimanenti, comprese anche quelle situate lungo l’Oceano, sono sottoposte a quella parte di Gallia che ai Belgi si attribuisce. Noi preferiamo di dare insieme la descrizione d’entrambe queste due parti.

Lugduno fabbricata sopra un colle presso al confluente dell’Arari e del Rodano è soggetta ai Romani. È questa la città più popolata di tutte le altre nelle Gallie, fuor solamente Narbona; perocchè se ne [p. 411 modifica]gono come d’emporio, e i governatori che vengon da Roma fanno quivi coniare le monete d’argento e d’oro. Il tempio poi dedicato in comune da tutti i Galati a Cesare Augusto s’innalza davanti a questa città dove i fiumi predetti si mischiano insieme. Sono in quel tempio un altare degno di considerazione, con una inscrizione di sessanta popoli; poi altrettante statue per ciascuno di questi popoli; ed un altro altare di gran mole1. Questa città presiede alla nazione dei Segusiani abitanti fra il Rodano ed il Dubi. Delle altre popolazioni che stendonsi fino al Reno, alcune son limitate dal Dubi, alcune altre dall’Arari; i quali fiumi discendendo anch’essi, come dicemmo già prima, dalle Alpi, si mischiano poi in una sola corrente, e vanno a gettarsi così congiunti nel Rodano. Avvi anche un altro fiume che ha pure le sue origini nelle Alpi, ed è denominato Sequana. Scorre cotesto fiume nell’Oceano, parallelo al Reno, a traverso ad un popolo che porta lo stesso suo nome, e confinante col Reno all’ [p. 412 modifica]oriente, e coll’Arari dal lato opposto. Di quivi si portano a Roma i migliori salsumi di carne di porco. Frammezzo dunque al Dubi ed all’Arari sta la nazione degli Edui i quali posseggono la città di Cabillino2 sull’Arari, e il castello Bibratta. Costoro dicevansi congiunti di parentela coi Romani, e pei primi ai quella regione vennero ad amicizia e ad alleanza con loro. Al di là dell’Arari abitano i Sequani, da gran tempo divenuti nemici e dei Romani e degli Edui; di qualità che spesse volte s’accostarono coi Germani quando essi fecero delle incursioni sopra l’Italia, e fecero mostra di non ordinaria potenza; perocchè colla loro unione resero tremendi quei popoli, i quali tornarono ad essere di poco momento quando essi se ne separarono. Contro agli Edui poi erano avversi non solamente a cagione dell’amicizia che questi han coi Romani, ma sì ancor più per una discordia insorta fra loro rispetto al fiume che li divide: perocchè l’una e l’altra di quelle popolazioni pretende che l’Arari sia suo proprio, e che a lei sola appartengano i proventi dei pedaggi. Ora poi tutti que’ luoghi sono soggetti ai Romani.

Lungo il Reno abitano primi di tutti i Nantuati3, fra i quali si trovano le sorgenti del Reno stesso nel monte Adula4. È questo una parte delle Alpi da cui [p. 413 modifica]discorre anche l’Adua in contraria direzione verso la Gallia Cisalpina, a formare il lago Lario sulla cui sponda è fabbricata Como. E riuscendo poi di quel lago si getta nel Pado5, di cui parleremo appresso. Anche il Reno diffondesi in ampie paludi ed in un gran lago, a cui sono contigui i Reti ed i Vindelici, alcuni dei quali abitano nelle Alpi, altri al di là delle Alpi. E dice Asinio che la lunghezza di questo fiume è di seimila stadii. Così per altro non è: ma considerandone il corso come una linea retta oltrepassa di poco la metà di cotesto numero; e qualora a cagione delle tortuosità gli si aggiungessero mille stadii, già basterebbe. E nel vero il Reno è sì rapido che a stento vi si possono eriger dei ponti, sebbene dopo esser disceso dalle montagne discorra a traverso a pianure. Or come potrebbe continuare ad essere e rapido e violento qualora, oltre allo scorrere in luoghi piani, gli si aggiungessero anche molte e lunghe tortuosità? Asserisce inoltre ch’esso ha due bocche, riprendendo coloro che gliene assegnan di più. Il Reno poi e la Sequana abbracciano colle loro tortuosità un certo spazio di terreno, ma non quanto Asinio pretende6. Amendue vanno verso il settentrione, partendosi dal mezzodì; e dinanzi alle loro bocche [p. 414 modifica]sta la Britannia, più vicina per altro al Reno; sicchè dalla foce di questo fiume può vedersi Canzio ch’è il promontorio orientale di quell’isola. Quella invece della Sequana n’è alcun poco più lungi; e quivi collocò il divo Cesare il suo arsenale quando egli navigò contro la Britannia. Lo spazio poi navigabile della Sequana, cominciando dal punto in cui le mercatanzie vi si possono tramutare dall’Arari, è alquanto maggiore che quello del Ligeri e della Garonna. Da Lugduno alla Sequana avvi uno spazio di mille stadii; e uno spazio minore del doppio dalle bocche del Rodano fino a Lugduno7.

Dicono che gli Elvezii abbondano d’oro; ma che ciò non ostante si volsero al ladroneccio avendo veduto le ricchezze che ne ritrassero i Cimbri; e che due delle loro tribù, le quali primamente erano tre, consumaronsi in quelle spedizioni: ma nondimeno a qual numero fossero poi cresciuti i discendenti di quei che rimasero lo dimostrò la guerra contro Cesare, nella quale perirono circa quattrocento mila combattenti; gli altri in numero di ottomila8 egli comportò che si salvassero, acciocchè il loro paese non rimanesse voto in balia de’ confinanti Germani.

Dopo gli Elvezii abitano lungo il Reno i Sequani ed i Mediomatrici; fra i quali si trovano i Tribocci, nazione germanica trasferitasi colà dal proprio paese. Tra i Sequani avvi il monte Iurasso9 che li divide dagli [p. 415 modifica]Elvezii. Al di sopra poi degli Elvezii e dei Sequani stanno gli Edui e i Lingoni volti all’occidente; e al di sopra dei Mediomatrici abitano i Leuci e una parte dei Lingoni predetti. Le nazioni che stanno fra il Ligeri e la Sequana al di là del Rodano e della Saona, son volte a settentrione, e vicine agli Allobrogi ed ai popoli abitanti presso Lugduno. Celeberrimi fra costoro sono le genti degli Arverni e dei Carnuti, per le quali scorrendo il Ligeri entra poi nell’Oceano. Il tragitto dai fiumi della Celtica nella Britannia è di trecento venti stadii; perocchè salpando mentrechè succede il riflusso della sera, nel giorno dopo approdano all’isola verso l’ora ottava. Dopo i Mediomatrici ed i Tribocci abitano presso al Reno i Treviri, appo i quali ai dì nostri fu costrutto un ponte da que’ Romani che amministraron la guerra germanica. Quivi intorno abitavano anche gli Ubii, che Agrippa di loro proprio consentimento trasportò al di qua del Reno10. Ai Treviri poi sono congiunti i Nervii, i quali sono anch’essi una popolazione germanica; ed ultimi sono i Menapii che abitano paludi e foreste d’alberi non alti, ma folti e spinosi, sulle sponde delle foci del fiume. Presso costoro stanno i Sicambri germani. Al di sopra poi di tutta quella costa del fiume abitano gli Svevi denominati anch’essi Germani, e nella potenza e nel numero superiori agli altri: alcuni dei quali essendo cacciati, si [p. 416 modifica]rifuggirono al di qua del Reno dove trovansi tuttavia. E v’hanno ancora colà alcuni popoli che dominano successivamente in diversi cantoni, secondochè vinti e cacciati da altri portano il fuoco della guerra presso i loro vicini11.

Al ponente dei Treviri e dei Nervii abitano i Senoni e i Remi, ed anche gli Atrebati e gli Eburoni. Ai Menapii sono congiunti dalla parte del mare i Morini, i Bellovaci, gli Ambiani, i Suessoni e i Caleti sino alla sboccatura del fiume Sequana. Il paese de’ Morini, degli Atrebati e degli Eburoni è conforme a quello de’ Menapii: perocchè è selva d’alberi non alti, ampia ma non però tanto quanto hanno detto gli storici che la fanno di quattro mila stadii12. Chiamanla Ardenna. Quando avvenivano incursioni guerresche intrecciavano le verghe spinose degli arbusti, e per tal modo intersecavan le vie, e di tanto in tanto piantavano a cotal fine anche dei pali. Essi poi con tutte le loro famiglie si nascondevano nelle parti più remote, dov’erano alcune isolette nel mezzo delle paludi. Queste ne’ tempi piovosi davano loro un rifugio sicuro; ma nelle stagioni asciutte prendevansi di leggieri. Ora poi tutti quelli che trovansi al di qua del Reno vivono in pace e sottoposti ai Romani. Lungo il fiume Sequana stanno i Parisii, i quali posseggono un’isola formata da quello stesso fiume, e la città di Lucotocia13; poi i Meldi, [p. 417 modifica]e i Lexobii, gli ultimi dei quali toccan l’Oceano. Ma la nazione più ragguardevole fra quante se ne trovano colà intorno è quella dei Remi. La loro metropoli è Duricortora, la quale è popolatissima ed è anche la residenza dei prefetti romani.

Dopo le nazioni predette restano quelle dei Belgi abitanti lungo l’Oceano, alle quali appartengono i Veneti che combatterono in mare contro Cesare, per impedirlo dal navigare nella Britannia, perchè solevano esercitarvi il loro commercio. Ed egli poi agevolmente li vinse; non già valendosi dei rostri (perocchè le loro navi erano costrutte di legname assai grosso), ma sibbene aspettando cbe il vento le portasse contro di lui ne fece tagliare le vele con falci raccomandate a lunghe pertiche14. E queste vele, per resistere alla violenza dei venti, eran di cuoio, e le tendevano con catene invece di corde. Oltre di ciò le navi di quella nazione hanno il fondo assai largo, e la poppa e la prora molto elevate a cagione delle maree: e le fanno di legno di quercia, del quale è colà grande abbondanza. Non usavano poi di commetterne le une colle altre le tavole, ma vi lasciavano alcuni interstizii che poi ristoppavano con alga marina; affinchè quando le navi [p. 418 modifica]eran tratte all’asciutto non inaridissero, per essere l’alga naturalmente più umida della quercia, la quale è secca e mancante di umori. Io stimo che da questi Veneti discendano quelli che abitano lungo l’Adria: perocchè anche quasi tutti gli altri Celti che trovansi in Italia vi si trasportarono dalle ragioni poste al di là delle Alpi, come avvenne de’ Boi e dei Senoni. Tuttavolta alcuni credono che i Veneti dell’Adria siano Paflagoni, perchè trovasi nella Paflagonia una popolazione che porta il loro nome: nè io sostengo gran fatto la mia opinione, giacchè in queste cose bisogna contentarsi di congetture. Appresso poi vengono gli Osismi che Pitea chiama invece Timii, i quali abitano un promontorio che si spinge molto addentro nell’Oceano, ma non per altro a sì grande distanza quanta dicono Pitea stesso e coloro che gli hanno prestata fede. Finalmente le nazioni collocate nel mezzo fra la Sequana e il Ligeri in parte confinano coi Sequani e in parte cogli Arverni.

Note

  1. Έστι δὲ βωμὸς ἀξιόλογος ἐπιγραφὴν ἔχων τῶν ἐθνῶν ἑξήκοντα τὸν ἀριθμὸν καὶ εἰκόνες τούτων ἑκάστου μία καὶ ἄλλος ἀνδριὰς μέγας. Gli Ed. franc. leggono: εἰκόνας ed ἄλλως e traducono: Vedesi in quel tempio un altare magnifico, sul quale sono incisi i nomi di sessanta popoli, rappresentati da altrettante statue. Questo altare è d’una considerabile altezza. Senza rigettare questa congettura, vedendo che il Coray non volle fare alcuna mutazione nel testo, mi parve di poterne dare una plausibile spiegazione sottintendendo ad ἅλλεσ la voce βωμὸς già espressa innanzi; come se dicesse: Έστι δὲ βωμὸς … καὶ εἰκόνες … καὶ ἄλλος ἀνδριὰς μέγας.
  2. Châlons-sur-Saone.
  3. La lezione ordinaria è Etuazii (Αἴτουάτιοι). Il Silandro, seguitato poi dal Casaubono, propose di leggere invece Nantuati. Gli Ed. franc. adottarono bensì questa correzione, ma notarono che dovrebbe forse leggersi Leponzii. Il Coray legge Elvezii.
  4. Il San Gottardo. - L’Adua è l’Adda.
  5. Nel Po.
  6. Έγκυκλοῦνται μὲν δή τινα χώραν ταῖς σκολιότησι καὶ οὗτος καὶ ὁ Σηκοάνας οὐ τοσαύτην. Gli Ed. franc. spiegano l’οὐ τοσαύτην non tanto considerevole quanto potrebbe immaginarsi. Io credetti di doverlo riferire all’opinione di Asinio di cui qui si tratta.
  7. Anche in questo periodo la lezione è dubbia.
  8. Cesare dice invece, che i sopravvissuti alla guerra furono cento dieci mila.
  9. Il Iura.
  10. Transgretti olim, et experimento fidei, super ipsam Rheni ripam collocati, ut arcerent, non ut custodirentur. Così Tacito.
  11. Tutto questo periodo è d’incerta lezione.
  12. Anche Cesare assegna a quella foresta l’estensione di 500 miglia, equivalenti a 4000 stadii.
  13. Fu detta anche Lucotecia, Lutezia, Leucezia.
  14. Neque enim his nostrae rostro nocere poterant; tanta erat in his fortitudo … Una erat magno usui res praeparata a nostris: falces praeacutae, insertae affixaeque longuriis, non absimili forma muralium falcium; his quum funes, qui antennas ad malos distinebant, comprehensi adductique erant, navigio remis incitato praerumpebantur, quibus abscissis, antennae necessario concidebant. Caes., lib. iii, c. 13, 14.