Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 44

N. 44 - 3 novembre 1872

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[p. 359 modifica]XXVII. KF- 44 3 NOVEMBRE 1872 SI PVBBLIOA OGNI DOMENICA DIRETTOLE GIULIO RICORDI li 1numero di Novembre della Rivista Minima uscirà domenica prossima. 1_A REGI NIELLA al Teatro Carcano Si è già parlato nelle colonne di questo stesso giornale della bellissima opera dovuta alla collaborazione del Ghislanzoni e del maestro Braga e se n’è parlato per dirne il bene che meritava, al domani dei trionfi riportati in vari teatri. Ciò non fa ch’io mi debba star muto sapendo di aver diritto e dovere di parlarne, tanto più che, dopo un successo cosi lusinghiero come quello del Carcano, mi sento scrupolosissimo del mio dovere e geloso del mio diritto. L’ho detto, fu un trionfo; il bravo maestro ebbe un numero interminabile di chiamate, applausi a tutti i pezzi principali, e l’onore di vederne ripetuto uno. Meglio ancora: gli applausi furono unanimi, le chiamate furono vere e genuine, come non accade sempre. L’impressione che ha fatto a me questa Reginetta è senza dubbio quella stessa che ha provato il pubblico, il quale col rimanersene fredduccio alle parti più facili e che dovrebbero essere di maggior effetto, e coll’applaudire invece tutto ciò che è sentimento melodico, fino e delicato, ha mostrato di prendere molto sul serio la sua parte di giudice e di avere i requisiti per essere un buon giudice. La musica della Reginetta ha il pregio rarissimo d’essere il ricamo diligente ed elegantissimo d’una squisita intelligenza fatto sopra una larga e preziosa tela melodica ed affettuosa. La melodia del Braga ha atteggiamenti e forme moderne, drammatiche, è fedele alla. situazione, alle parole, ma è fedele prima di tutto a sè stessa, non si tradisce per vezzo di singolarità, o per chimerica ricerca di effetti impossibili, è l’opera schiettamente italiana accomodata al gusto moderno. I recitativi hanno un carattere, la frase melodica ha un significato, il duetto, il terzetto, il finale cessano di essere il convegno di arie e di cabalette per essere situazioni espresse ^âd| musicalmente. Questo, a parer mio, è il solo e legittimo progresso che può e deve fare la musica scenica; ’ e il Braga è riuscito assai bene. Si spezzino pure le vecchie pastoje, ma non si vada tant’oltre’nel disprezzo di tutte le convenzioni musicali, da sopprimere anche la sovrana convenzione che per scrivere un’opera in musica bisogna avere genio musicale copioso ed abbondante, come avevano i vecchi maestri che l’hanno creata. I cento tormentatori armonici d’oggi potranno forse, io non lo so, seppellire il vecchio melodramma, ma non avrebbero mai creato il melodramma, la cui esistenza infine dève l’origine alla ricchezza ed alla facilità, ora tanto avversata, dei nostri bisnonni. La divagazione mi porterebbe molto lontano, ed a me preme di dire solo che con questa Reginetta il Braga si è posto nel sottilissimo drappello degli eletti che sanno essere moderni senza cessare di essere italiani. Non farò l’esame minuzioso della musica del nuovo lavoro; questa specie di anatomia musicale, se devo giudicare da quanto riesce a me ingrata, deve parer molto uggiosa ai lettori. E poi sta bene il raccogliere ad una ad una le poche grane preziose scappate ad un rosario di vacuità, ma quando un’opera è tutta bella, e di vacuità non ce n’è punto, è una gratuita seccatura. I migliori pezzi, per il pubblico furono: la sinfonia, un terzetto nel primo atto, la scena di Frate Lorenzo coi cori, il duettino tra Mario. e Reginella, il magnifico duetto fra baritono e soprano, e il finale concertato dell’atto secondo, che ha una solennità grandiosa; poi la romanza di Mario, che fu fatta ripetere, ed è un superbo giojello melodico incastonato con un lavoro armonico di squisita fattura, e il finale ultimo. Quando per mio conto aggiungessi il brindisi, che ha il brio d’un improvviso, senza però esser volgare, e il valzer soavissimo del primo atto e un paio di cori che furono stroppiati dall’esecuzione incerta, stonata, chiassosa, avrei esaurito l’enumerazione dei pezzi che compongono lo spartito, che è pure pregevolissimo, ma ciò non deve trattenermi dal dire che a parer mio il Braga si leva assai più sicuro e più alto quando geme e sospira che quando sghignazza allegramente. Taglio corto: la Reginetta è delle troppe produzioni musicali apparse negli ultimi tempi, una delle pochis [p. 360 modifica]362 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO siine che congiungano T ispirazione alla dottrina e la dottrina al buon gusto. Il trionfo del Carcano fu meritato, ma è opera che merita altri trionfi e li avrà. Il libretto del Ghislanzoni ha quel segreto per cui si mantiene ardente la fantasia del musicista, e continuo il diletto di chi ascolta, voglio dire la varietà delle situazioni acconcio a molteplici generi di musica. Il prologo è un’agonia amorosa, nel primo atto vi è un’orgia e dopo l’orgia l’idillio campestre, la passione prorompe nel secondo atto, e nel quarto l’amore si sposa mirabilmente al sentimento religioso. Se i libretti fatti alla maniera con cui li fa l’amico Ghislanzoni, non ei danno più spesso opere in musica lodevoli, come questa Reginétta, è che fatalmente scarseggiano i musicisti come l’amico Braga— e questo lo dico, certo con maggior piacere perchè mi sono amici, ma prima di tutto per far piacere ad un altro amico — il vero. Due parole sull’esecuzione che ebbe al Carcano l’opera del Braga. La signora Demi fu elegantissima nella parte di Bnginella; nondimeno mi piacque meglio nelle situazioni drammatiche e nei momenti della passione, che nella spensierata frenesia dell’orgia. Il dolore, la gelosia, e l’amore le traggono dal cuore accenti che vanno al cuore. Ottimamente il baritono Viganotti, che in quesUopera come nelle altre fu sempre accurato come artista e come cantante. Benissimo anche il tenore, che è l’esordiente signor Ferrari, a cui mi pare di aver fatto un lieto pronostico quando cantò la prima volta, poche settimane sono. Egli sospirò stupendamente la romanza del terzo atto; la sua voce è un po’strozzata in gola, ma quando la sprigiona tutta ha un timbro singolarmente gradevole dolce e robusto a un tempo, e non vien mai meno all’intonazione. Bene anche il basso Marcassa. L’orchestra, diretta con valentia dal maestro Casati, fece lodevolmente il suo compito. Carina. UN TEATRO CHINESE A SAN FRANCISCO IN CALIFORNIA Leggesi Abendpost, giornale tedesco che si pubblica a San Francisco di California, un curioso ragguaglio relativo al teatro Chinese di quella città. Il teatro chinese è un fabbricato senza pretese architettoniche, di modestissima costruzione, ed illuminato alla sera con lanterne fatte di carta colorita. Dall’una come dall’altra parte dell’ingresso, vi sono botteghe fornite di ogni specie di frutti, i cui proprietarii fanno buoni affari, per la ragione che le serate in quel teatro sono molto lunghe. Nell’interno del teatro i sedili sono disposti in ordine e in varie file; l’ordine il più inferiore trovasi al livello del palco scenico, e l’ordine più elevato è posto immediatamente sotto il soffitto. Il palco scenico è di fronte alla porta d’ingresso della sala, è privo di quinte o di altri ornati, e comunica colla parte posteriore del teatro mediante due porte ornate di tendine. A destra della sala vi sono delle piccole loggie, quasi sempre riservate per gli europei di famiglie distinte; alla sinistra vi è una gran loggia con ringhiera in forma di balcone, occupata esclusivamente dalle dame chinesi del demi-monde: che per consueto sono escluse dai teatri nella China. I biglietti d’ingresso sono a bassissimo prezzo. Quelli emigrati chinesi giunti da poco tempo, vi sono ammessi gratuitamente, perciò il teatro è sempre pieno. Il teatro è il più gran divertimento dei chinesi, ma siccome si paga poco per esservi ammessi, le spese oltrepassano di molto la somma degli introiti. Malgrado questo, il teatro è sempre ben mantenuto dai suoi proprietari che di solito sono provveditori di Coolies ed impresarii dei trasporti di chinesi di questa specie; e loro si concede gratis l’ingresso al teatro per indurli a rimanere nel paese e far loro dimenticare più facilmente la patria d’onde hanno emigrato. Il personale degli attori, dei prestigiatori, giocolieri, acrobati, ecc., è assai numeroso, e spesse volte vanno in iscena 30 o 40 di loro. L’attore principale riceve uno stipendio mensile di 140 dollari, e può disporre liberamente di un quarto del suo tempo. Anche gli altri attori sono bene pagati. La prima cosa che impressiona lo spettatore europeo, nella rappresentazione di un’opera chinese, è l’assoluta mancanza di decorazioni, paesaggi, castelli, ecc., sul palco scenico. Quando un attore finge di abbandonare la scena o deve fare mostra di uscire, egli volge lo sguardo dalla parte, opposta al pubblico; nel mentre gli altri attori continuano a fare la rispettiva parte. Sul palco scenico non si vedono mai figurare nè sedie nè mobilia, ed accadendo che l’attore debba sedersi secondo la parte che recita, egli piegasi, curvasi nella posizione di un uomo seduto e rimane in quell’atteggiamento per tutto il tempo richiesto dalla scena che si rappresenta. Il vestiario è ricchissimo e sulla foggia di quello dei principi, dei mandarini, ecc., ed è per la maggior parte fatto con stoffedi bellissima seta e ricamato d’oro e d’argento. Giunse per questo teatro, due anni or sono, un nuovo assortimento di vestiari valutato 30 mila dollari (pari a 150 mila franchi). Le opere che si rappresentano sono per consueto fatti istorici accomodati per la scena, intercalati di episodi comici. La rappresentazione di una semplice opera dura talvolta varie settimane. Il soggetto è quasi sempre la biografìa di un imperatore ce» lebre, arricchita d’innumerevoli fatti ed episodi! e narrata il più veridicamente dalla nascita alla morte. Altre volte è la storia di una intiera dinastia. Il dialbgo è un miscuglio di prosa e di poesie cantate sulla fine della rappresentazione. Sul palco scenico è anche un pubblico cantante le cui parti somigliano molto ai cori delle antiche tragedie greche. La lingua ‘che si parla sul palco scenico è diversa dai dialetti parlati dai coolies, stabiliti a San Francisco, ma questo non toglie che sia intelligibile a tutti. Alcuni degli attori sono valenti mimi e buffi che divertono assai, formano sulla scena e fra di Iotq gruppi molto caratteristici e pittoreschi ed hanno la memoria cosi felice che non hanno bisogno di suggeritore. [p. 361 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 363 ROSSINI ED IL SUO TRADUTTORE In qual modo Castil-Blaze, che non voleva udir parlare della musica di Rossini, si acconciò a tradurne le opere immortali ed a fare la sua fortuna col popolarizzarle? Da una interessante biografia di Rossini, pubblicata non è gran tempo dal signor Azevedo, si apprende che «Gambaro e due o tre de’ suoi amici costrinsero in certo modo Castil-Blaze ad assistere ad una rappresentazione del Barbiere. «Ecco come, dopo aver parlato della sua antipatia per i capilavori di cui non aveva udito nemmeno una nota, Castil-Blaze raccontò la cosa al signor Azevedo: % Un giorno io ricevetti la visita d’un professore dell’orchestra del Teatro Italiano; dopo aver scambiato alcuni complimenti banali, mi disse d’improvviso: — Non vi ho mai veduto al nostro teatro... forse che non ei venite? — Certo che no, risposi. — Avete torto; vi piace per altro la musica? — Si, quando è buona. — La nostra è eccellente. — Lo dite voi! — Provatela. — Dio me ne guardi... mio caro amico, a me piace pranzare bene, e quando ho pranzato bene amo fare tranquillo la mia ■digestione... Ora, andando ad udire le vostre opere, temerei di turbare le operazioni pacifiche del mio ventricolo, e non vo’ correre questo rischio. — Siete proprio determinato? — Proprio... non andrò agli Italiani che allora quando si bandiranno le opere di Rossini e sarà rimesso in onore il vero repertorio... — Pai’siello, per esempio, non è vero? Ma il pubblico non vuol più saperne. — Peggio per il pubblico. — Provatevi a convincerlo. Infine vedo che è inutile parlarvi del negozio che mi conduceva da voi. — Qual negozio? — Non serve... — Dite... — Ebbene, io m’era detto: andiamo a trovare il sig. CastilBlaze e proponiamogli di venire ad intendere il Barbiere, per esempio, che si dà stasera... Ed avevo preso una sedia d’orchestra per voi, dietro della mia... Egli ascolterà, vedrà, e se l’opera gli piace gli proporrò di tradurla per la scena francese; credo l’operazione buona, cosi buona che la faremo a metà, ed io gli darò dieci mila lire. — Che! diss’io... dareste?... — Dieci mila lire, lo ripeto. — Dieci mila lire, il negozio mi tenta; mette il conto di passare una cattiva serata. Parlate da senno? — Del mio miglior senno. — Ed avete il biglietto? — Eccolo. — Date qui, ed a rivederci stasera.» Alla sera in fatti entravo nel teatro in cui avevo fatto voto di non mettere mai piede.» Il mio uomo era a suo posto. Comincia la sinfonia, e quando è alla fine, il mio futuro socio si volta a me e m’interroga collo sguardo. Rispondo con un cenno del capo di buon augurio. A dir corto, dopò il primo atto io era mezzo convertito; dopo il secondo era convertito del tutto.» Il domani il contratto fu conchiuso, lo spartito mi fu consegnato e mi posi all’opera. Ma più andavo innanzi, più studiavo e più comprendevo questo capolavoro e più i rimorsi si ammucchiavano nel mio spirito.» Ho fatto una sciocchezza, dicevo; bisognava andar da solo agli Italiani e mi sarebbe venuta l’idea che mi fu suggerita; sarei solo proprietario e francamente dare la metà del prodotto per 10 mila lire è un mercato da sciocco.» Cosi pensavo, quando un mattino attraversando la via Nuova Sant’Eustacchio, mi imbattei col distaccamento della guardia nazionale che andava alle Tuileries colla musica in testa. Il mio uomo era là soffiando nel suo strumento; quando mi vide mi fe’ segno che aveva da parlarmi.» Finito il pezzo, venne a me. — Ebbene, mi dice, si va innanzi? — Si... certo...: — E il nostro contratto sta sempre? — Sempre. — Gli è che, vedete, io sto per partire per l’Italia... Le vostre dieci mila lire vi aspettano... Ma in fine, quando si parte, si ha bisogno di raggranellare tutte le economie, e se voleste rompere... — Se vi pare, replicai lietissimo... se il contratto vi disturba... — Lo rompereste? — Subito. — Fra un’ora sarò da voi.» Egli raggiunse la sua colonna lieto d’esser riuscito; io, più soddisfatto di luL ritornai in casa per aspettarlo.» Nel giorno stesso il nostro contratto fu lacerato, ed io rimasi solo padrone dell’opera, siccome desideravo.» Ed ecco come divenni traduttore.» Rossini non aveva nulla a dire e non volle dir nulla; d’altra parte la proprietà letteraria non era ancora riconosciuta e la legge proteggeva il signor Castil-Blaze sancendo che le opere straniere fossero considerate di dominio pubblico. Sabato, 2 novembre. Non volendo tener conto di certe parodie assai facete a cui tutti i capilavori si assoggettano ogni tanto molto di buona grazia, mi pare di poter dire con sicurezza che da parecchi anni non avevo udito’ il Trovatore. Sere sono ebbi questa consolazione al Teatro dal Verme, e l’ebbi veramente intera, perchè, salvo picciole mende qua e là, fu proprio come avevo pronosticato, un magnifico Trovatore. Innanzi a tutti, nell’interpretazione della splendida opera di Verdi, va posta la Moro, una Eleonora leggiadra, poetica, ed appassionata, che canta come poche sanno, con una voce che ha il fascino di quella delle sirene... che io non ho mai udito. Fu sempre applaudita e se lo meritò sempre, ma in special modo nel quarto afto in cui mostrò una vigoria drammatica poco comune. [p. 362 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO ai 3 364! ili Accanto a Leonora sta il suo innamorato, il signor Manrico, conosciuto al secolo col nome di Aramburo. Costui fa di questi giorni molto parlare di sè nel mondo teatrale; è un prodigio, si dice, un fenomeno. Non è nè un prodigio, nè un fenomeno, ma semplicemente un buon tenore che ha in sè di che farsi ottimo per poco che non abbia la disgrazia di trovare chi lo ammiri troppo, è troppo presto, e senza condizioni. E verissimo: dall’anno passato a questo l’Aramburo ha percorso tutta la distanza che passa tra un cantante che fa ridere ed un cantante che fa andare in visibilio; ma sa egli quale abisso ei è di mezzo tra un cantante che fa andare in visibilio un pubblico, ed un cantante perfetto? Se egli lo sa, e, a giudicare dal buon volere che mostra, parmi che lo sappia tanto meglio per lui. Un impresario potrà dirgli quanti milioni egli abbia in gola; li conti, sono più d’uno; ma per carità non scialacqui la sua grazia-di Dio, la collochi presso un banchiere onesto e viva di rendita se gli riesce, senza toccare il capitale. Un consiglio dato per nulla non fa mai male, specialmente, ripeto, a chi come l’Aramburo mostra tanto amore per l’arte ed un concorso tanto felice delle condizioni necessarie a formare il vero artista. Le accoglienze fattegli dal pubblico nel Trovatore, toccano l’entusiasmo; fu applaudito a tutti i pezzi, dovette ripeterne uno; ce n’è più del bisogno, mi pare, per la vanità del cantante; se la critica non biasimasse in lui una certa scorrezione nel ritmo farebbe un cattivo servigio all’artista. Nel trionfo fu terza la signora Barlani-Dini, un’Ulrica dei bei tempi, con una bella voce e robusta, sebbene manchi un po’ d’eguaglianza, ed un portamento matronale molto acconcio alla sua parte. Anch’essa ebbe applausi infiniti e dovette ripetere un duetto col tenore. Il baritono Faentini-G-alassi volle far troppo; per porsi al livello dei suoi compagni sospirò molto dove era da sospirare un poco, si accese come un vulcano quando bastava una temperatura moderata; non pareva più lo stesso artista tanto applaudito nel Ballo in maschera. Peccato! Perchè la sua voce è bella, pieghevole, intonata e gagliarda, e tenendo bene le redini in pugno potrebbe andar lontano. L’orchestra e i cori fecero bene la loro parte; la messa in scena è mediocre. £ «La compagnia drammatica Aliprandi ha lasciato il teatro Santa Radegonda. Prima di andarsene però volle darci le primizie d’una tragedia del sig. Fulvo Fulgonio, col titolo: Beatrice. È un lavoro che rivela una mente poetica fornita di buoni studii, ma che tratta ancora la musa da innamorato, facendole cioè il solito corteo di zeffiri e di raggi lunari e di aure molli. Nei primi due atti ei è del freddo sepolcrale; nel terzo e nel quarto l’azione si riscalda, le situazioni si presentano spontanee e vigorose, le passioni trovano scintillio poetico che sta nel vero. Il quinto cade nel melodramma, ed è speso tutto a far delirare Beatrice; ora si sa come le deliranti sono ciarliere, specialmente quando hanno dinanzi il pubblico della platea, dei palchi e del paradiso. Quanto alla forma letteraria è buona; ei è qua e là uno spruzzo di classicismo; ho trovato anche parecchie immagini e qualche volta dei versi identici o molto simili ad altri versi letti nelle tragedie di Monti e di Alfieri. Tutto ciò svela le titubanze e le incertezze della prima prova, la quale, se non deve servire, come è la regola, che a preparare la via, fa pronosticare assai bene del giovine ingegno del novello autore. Al teatro Milanese piacque una commedia nuova in un atto del sig. Bolzanini: I garofol de cinq feuj.

  • Hans von Bülow continua a percorrere tutta la Germania dando concerti

dappertutto. Ultimamente suonò a Monaco, Linz, Salisburgo, Innsbruck e Praga. In novembre si recherà a Vienna, Graz, Brünn, Pest, ecc. V A Copenhagen, il 18 ottobre fu collocata la prima pietra di un nuovo Teatro Nazionale per la Danimarca. Si è fondata a Parigi una nuova agenzia teatrale colla ragione sociale: Giacomelli e Desalazar, per la formazione di compagnie di canto francesi ed italiane. ¥ Il nuovo direttore d’orchestra del teatro di Tolone, il signor Hugh Cas, vi farà presto rappresentare un’opera comica di propria fattura col titolo: La croce di Giannetta; inoltre si propone di fondare nel prossimo inverno una società di quartetti. Il celebre violinista Léonard ha rinunziato alla carica di professore di perfezionamento al Conservatorio di Liegi, e si recherà a Parigi per fissarvi la sua dimora. Il primo premio, consistente in una gran medaglia d’oro, per fabbrica di strumenti d’ottone all’Esposizione di Mosca, fu decretato al sig. Antonio Courtois fabbricante parigino. Pasdeloup:, il fondatore dei concerti popolari a Parigi, conta di fare colla sua orchestra, nella primavera ventura, un viaggio in America.

  • Il primo concerto del giro artistico di Ullmann ebbe luogo a Posen.

Fu un trionfo per il nostro bravo Sivori; applauditissimi anche la signora Mombelli ed il violoncellista Des Wert. V L’Istituto di Parigi ha decretato i premi Frémont e Chartien per l’anno 1872, ai compositori Poise il primo ed al pianista compositore Pfeiffer il secondo. Quest’ultimo è un premio d’incoraggiamento alla musica da camera. Si dice a Parigi che si voglia costrurre un nuovo teatro nell’area occupata ora dal Grand Café Parisien, a lato delle Follie Drammatiche.

  • Il primo concerto del Circolo artistico di Anversa, fu dato il 19 ottobre

col concorso della società Rotte Mannenpoor di Rotterdam. Furono cantati cori di Verhults, Thooft, Hol, De Vliegh et Max Bruch. M II Circolo di Gildebarden dello stesso paese inaugurò i suoi concerti il 20 ottobre. Il signor Radoux prese ufficialmente possesso della sua nuova carica di direttore del Conservatorio di Liegi il 23 ottobre. Dopo la cerimonia tutte le società musicali della città gli fecero una serenata. La commissione, nominata non è molto a Parigi dal Ministro dell’istruzione Pubblica, allo scopo di ricercare i mezzi di volgarizzare la conoscenza della musica classica, ha ripreso i suoi lavori, sotto la presidenza di Jules Simon. Il Gran Consiglio svizzero ha votato 400,000 lire per la continuazione del nuovo teatro a Ginevra. Lo Stato regala il terreno e la città il capitale, circa 800,000 lire. Questo teatro deve contenere 1300 spettatori. ¥ Per il carnovale 1872-73 è d’appaltarsi, per compagnie comiche, il Teatro della Lizza di Siena. — Dirigere le proposte al Presidente dell’Accademia di quel teatro, entro il 30 ottobre. Il nuovo teatro di Gera fu inaugurato col Don Carlos. II prossimo Festival del Basso Reno, con cui sarà celebrato il 50.° anniversario di siffatta istituzione, avrà luogo ad Aquisgrana, con senza eguali. V Domani, 4 novembre, ricorre il 25.° anniversario della morte Mendelssohn-Bartholdy.

  • Eduardo Braun ha condotto ha termine un’opera in 3 atti,

splendori di Felice intitolata: Il Re Alarico e l’ha consegnata all’intendenza dell’Opera di Berlino. [p. 363 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO

  • Un ordine emanato a Londra dall’arcivescovo Manning esclude le voci

di donna dalle feste di tutte le chiese della sua diocesi. Al teatro di Covent-Garden di Londra si apprese giorni sono il fuoco, che fu spento in breve senza danni. ¥ Nella ventura primavera verrà inaugurato il nuovo Teatro di Norcia, (Umbria). In questi ultimi giorni nei teatri d’opera francese dèlia Francia, del Belgio e della Svizzera, si rappresentavano le seguenti opere di maestri italiani: la Figlia del Reggimento a Lille e a Lione; il Guglielmo Teli a Bordeaux e a Tolone; la Norma a Boulogne; la Lucia a Ginevra, a Tournai, in Anversa, a Perpignano, a Rouen, a Namur e a Brest; il Trovatore a Tolosa e in Algeri; il Barbiere a Lille, a Bruges e a Brest e il Don Pasquale a Tolosa. V- Colla 12.a dispensa si è compiuta testé la pubblicazione del primo volume del Dizionario Musicale, incominciato dal Barberi, proseguito dal cav. G. B. Beretta ed edito con splendore tipografico da Luigi Pirola di Milano. L’opera è così arrivata alla fine della lettera D. Avremo certo occasione di occuparci di proposito di questa pubblicazione; diciamo per ora che ei par fatta con molta diligenza. L’ultima dispensa contiene un dotto articolo sulla Poesia degli Ebrei. ROMA, 25 ottobre. (Ritardato) La Mignon al teatro Apollo. Ho aspettato la seconda rappresentazione della Mignon al teatro Apollo per rendervene conto, ed ecco la ragione per cui questa mia corrispondenza vi giungerà in ritardo. Ma, d’altro canto, apprezzerete come si conviene il desiderio, proprio di tutti gli animi buoni e mansueti, di dir più bene che male di uno spettacolo e degli artisti che vi prendono parte. Sventuratamente ora mi accorgo che avrei potuto scrivervi dopo la prima rappresentazione, giacché la seconda non ha mutato lo stato delle cose, anzi lo ha peggiorato. L’esito della Mignon si può dire un fiasco, non per la musica che piacque, ma per l’esecuzione troppo inferiore alle esigenze dello spartito e di un teatro primario quale vorrebbe e dovrebb’essere il nostro Apollo. Non vi parlerò a lungo dell’opera, perchè credo che ne abbiate già pubblicato il resoconto quando fu rappresentata l’anno scorso a Venezia. Se devo palesarvi schietto il mio parere, vi dirò ch’è un lavoro elegante, ben fatto, tale insomma da ottenere lieta accoglienza anche in Italia, ogniqualvolta sia convenientemente eseguito. Disgraziata a Venezia la povera Mignon lo fu del pari a Roma, mentre a Firenze e, se non erro, anche a Trieste fu àpplauditissima. Io mi spiego facilmente queste diversità di trattamento; essa è naturale conseguenza del modo diverso tenuto dagl’impresari nel mettere in scena quest’opera che non soffre una mediocre esecuzione. Il libretto della Mignon, tratto, come sapete, dal Wilhelm Meister di Goethe, è ben condotto, con situazioni interessanti. L’argomento per sè stesso è piacevole ed oltre ogni dire simpatico è il carattere della protagonista. Mettete in un dramma per musica una bella figura di donna ed avrete assicurata la metà del successo. Questo è il caso della Mignon. Ho detto la metà del successo, ma rimane sempre da provvedere all’altra metà, altrimenti non si avrà che un mezzo successo che, per me, equivale ad un fiasco intero. 365 Alla seconda metà del successo hanno provveduto sufficientemente gli autori del libretto ed il maestro. La musica del Thomas ha il merito per me grandissimo della chiarezza; racchiude buon numero di melodie affettuose o brillanti secondo le parole che sono de-, stinate a rivestire. Forse si potrebbe rimproverare a questa musica la mancanza di carattere individuale. La si confonde facilmente con quella di altri maestri; è una specie di campo netin traie in cui Gounod, Meyerbeer, Verdi e Donizetti si stringono fraternamente la mano. Ciomalgrado, il Thomas non può esseri accusato di plagio, e le sue melodie sono spesso originali; ma voi sapete meglio di me che in musica altro è l’originalità, altro fiindividualità. Pacini trovò melodie originalissime, eppure la sua musica non ebbe mài un carattere individuale ben spiccato» È superfluo il dirvi che nella Mignon si rivela ad ogni tratto la,mano d’un maestro espertissimo nell’arte sua e che l’istru-r mentale è squisito. Il Thomas non è direttore del Conservatorio di Parigi per nulla. Di pezzi veramente belli in quest’opera ve ne sono parecchi: la stupenda sinfonia, la romanza di Mignon, e il duetto delle rondinelle nell’atto primo; e poi nel secondo atto, un terzetto vivacissimo, una stiriana, una gavotta, una polacca e la scena drammatica di Mignon; nell’atto terzo sono felicissimi un duetto e l’intera scena che chiude l’opera. Difetto capitale della Mignon è la lunghezza dei recitativi con accompagnamento d’orchestra che vennero sostituiti alla prosa francese. E questo l’inconveniente di quasi tutte le opere comiche francesi che vengono adattate al teatro italiano. In complesso la Mignon potrebbe percorrere felicemente i teatri italiani. Un po’di forbice nei recitativi (ed il Thomas medesimo dovrebbe adoperarla), e si avrebbe uno spartito di sicuro effetto. L’impressione prodotta dalla musica della Mignon a Roma è stata buona, e ciò ha reso più vivo il dispiacere di vederla cosi strapazzata da una esecuzione impossibile. L’orchestra non lasciò desiderare che un po’ più di colorito; i cori non sono certamente quali si potrebbero desiderare in un teatro di prim’ordine. Vi basti sapere che in una barcarola a voci sole fu aggiunto Y Harmonium per tener in careggiata i coristi. Le scene e il vestiario sono decenti e nulla più. Quanto agli artisti principali, lasciate che io renda giustizia piena ed intera alla signora Pantaleoni (Mignon). La signora Pantaleoni è attrice e cantante valentissima e venne applaudita con entusiasmo. Sarà nel Don Carlo una regina come ve ne sono poche. Assai bene anche il basso Nannetti, e la signora Mariani; non male il baritono Ciapini; ma il tenore, certo Ambrosi naufragò miseramente e reca meraviglia che alle prove nè l’impresario, nè la Deputazione teatrale, nè il maestro Terziani si siano accorti ch’era insufficiente. Altrettanto dicasi della signora Sainz che sostiene la parte importantissima di Filina e che sarà ottima per un piccolo teatro ma non per le scene deifi Apollo. Se la infelice Mignon fosse stata affidata alle tenere cure di un editore che avesse imposto all’impresario di Roma gli artisti, ed una riforma dei coristi e... qualche altra cosa ancora, invece di una caduta dovrei registrare un successo. Corre voce che l’impresario Jacovacci voglia riprodurre la Mignon, mutando gli artisti che non piacquero. Sarà ma non ei credo. E non ei credo, appunto perchè sarebbe un buon pensiero a cui il pubblico farebbe plauso. Un buon pensiero! La soddisfazione del pubblico!... Son piante esotiche sulle tavole del nostro massimo teatro..A_. PARIGI, 30 ottobre. Teatro Italiano — La Sonnambula; l’Albani, Capoul. Opéra Comique: Z’Ombre. La signora Galli-Marie. — Varia. In altri paesi, fi America del Nord eccettuata, una prevenzione troppo favorevole nuocerebbe a chi ne è l’oggetto. A Parigi essa giova: direi anzi che è necessaria. Qui senza un po’ di quel che chiamasi reclame difficilmente si riuscirebbe. Biso [p. 364 modifica]CALE DI MILANO 366 GAZZETTA MUSI gna che il pubblico sappia anticipatamente che ha a fare con una celebrità. Nel caso contrario, va di mala voglia e quasi suo malgrado a giudicar un’esordiente, e non si risolve a riconoscerne i pregi che a poco a poco, e facendosi, come suol dirsi, tirar l’orecchio. Venga qui il miglior artista del mondo, senza esser preceduto da ritratti, da biografìe, da estratti di giornali esteri che ne vantano il valore, gli si presterà un’assai medioere attenzione. Annunziata una celebrità, non si troverà più un biglietto alla porta del teatro, dovesse esser pagato il triplo del prezzo consueto. Bisogna peraltro che la reclame non sia disgiunta dal vero merito. Quella non è valevole ove questa manchi; e conseguentemente, il merito senza la reclame non basta; nove volte su dieci non se ne tiene conto. E triste a dire, ma così è, — parlo, beninteso, di Parigi e del suo pubblico. E se ■mi sono un po’ dilungato, se ho fatto tutto quest’esordio, è stato per venir a parlar della nuova cantante del teatro Italiano, Emma Albani, che ha esordito or son pochi giorni nella Sonnambula e che vi ha ottenuto uno splendido successo. Costà la troppo favorevole prevenzione le sarebbe stata perniciosa, qui le ha giovato. Nulla, invero, è stato risparmiato per presentarla nel modo più lusinghiero al dilettantismo francese. In tutti i negozii di musica si vedevano da più settimane bellissimi ritratti della novell’artista (e senza volerle far torto, debbo confessar in onor del vero che erano esageratamente adulatorii); molti giornali pubblicarono le biografìe della giovine cantante, tx’oppo giovine perchè la sua vita fosse gremita di episodi! attraenti; abbiamo saputo cosi ov’è nata, da chi, quali paesi ha percorsi, sotto quali professori ha studiato, ove ha esordito e su quali altre scene ha cantato. I suoi veri maestri sono stati — almeno a quel che ho potuto leggere nei giornali che han parlato di lei — il Duprez in Francia ed il Lamperti in Milano. Manco male! Così ce n’è per tutti: la scuola francese non potrà respingerla come allieva d’un maestro italiano, nè l’italiana come allieva d’un maestro francese... Finalmente ha esordito. Ebbene, debbo convenire che non somiglia nè punto nè poco ai ritratti che pendevano nelle vetrine dei negozii di musica, ma che ha una bella e simpatica voce, d’un bel metallo, non voluminosa, ma gradevole e’d intonata. In quanto all’arte, dirò che essa possiede tutto quello che non si acquista con studio e con lavoro; invece, se manca di qualche cosa, potrà facilmente, se vuole, acquistarlo. Ha un sentire squisito, canta con anima; il che è già molto. Non le domandate troppe difficoltà, agilità, fioriture, ecc.; ve ne darà quanto basta, ma non a profusione. Bisogna che sia un po’ più sicura di sè stessa per avventurarsi nei rischi d’uno di quei punti coronati che sono il trionfo delle cantatrici d’agilità. Invece esegue alla perfezione un largo, un adagio, — dal che capirete agevolmente che sa fraseggiare, e che non si limita a cantare, come suonerebbe un organetto. Un po’ di tempo, un po’ di pratica, di studio, di lavoro e gorgheggierà come un usignuolo. Non bisogna dimenticare che ha appena ventitré anni, e che ha una lunga carriera innanzi a sè. Il successo la spronerà ad acquistar1 quel poco che le manca. Il pubblico le ha fatto una lusinghevole accoglienza. I plausi non le hanno mancato; nè le chiamate sul proscenio. Insomma ha esordito con molto onore. Ma per amor del cielo! che non si facciano paragoni. Ammiriamola come l’Albani; non andiamo a ricercar se può o no eclissar lo splendore di tal o tal altro astro del firmamento musicale. Le stelle son tante nel cielo; perchè fra noi quando ne sorge una, andiam cercando se è o no a discapito di un’altra stella? Per ciò che riguarda il tenore Caponi, dirò che il suo canto è dolce, soavissimo, un po’ troppo eguale, voglio dir quasi sempre lo stesso, qualunque sia il sentimento espresso dalle parole che canta; e l’artista crede rimediare a quest’inconveniente con l’azione drammatica. A furia d’esagerar questo pregio ne fa un difetto. Gesto, atteggiamento, movimento di fisonomia, non si stancano mai presso questo tenore. Non in ciò consiste il cantar con anima; bensì nell’inflessione della voce, nell’espressione che il cantante sa dare alle parole. Che farebbe di più un mimo?... Ma qui il pubblico è più desideroso di veder cantare che d’udire. Ho sentito con le mie orecchie uno dei vecchi frequentatori del Teatro Italiano, dire di Capoul:— «Ecco almeno un tenore che sente quel che canta; non resta là duro duro come un tenore italiano, tutto preoccupato della voce e poco o nulla dell’azione». E la prima volta che la parte del Conte è stata data ad un primo baritono. Il Verger l’ha benissimo cantata, e veramente sarebbe stato un torto il mettere un artista secondario accanto all’Albani ed a Capoul. Domani sera Un Ballo in maschera; ve ne parlerò nella prossima mia; ma per un’occhiata che ho data al cartello temo che non abbia a dirvene gran bene. L’Ombra di Flotow e stata ripresa MT Opéra Comique. In cambio di Maria Rose che sosteneva la parte principale, è la Galli-Marie che l’ha cantata. Meno bella della prima, ma artista più perita. Ed invece di Montjouze, il tenor Lhérie, che ha miglior figura dell’altro, ma non miglior voce. Su per giù la rappresentazione non è andata<male; ma non ha fatto dimenticare quella di tre anni or sono, quando il povero Meillet, cosi crudelmente rapito all’arte, faceva la parte del dottore Antonio. L’Eloisa ed Abelardo fa correre mezza Parigi alle Folies dramatiques. Dico mezza Parigi, perchè essendo una musica scritta su d’un libro un po’ troppo scabroso una buona metà della parte femminea della popolazione non ardisce andarci... benché ne muoia di voglia. Ed ai Bouffes Parisiens, la Timbale d’argent fa sempre sala piena, anche dopo che la signora Prelly ha preso la parte della signora Peschard. Che volete! Vi si ride tanto, e la musica é cosi graziosa! LONDRA, 29 ottobre. La compagnia Mapleson a Glascoio — La Lucca e. le tribù indiane. Mapleson con la sua compagnia ha traversato nuovamente il canale di S. Giorgio, e trovasi ora a Glascow nella Scozia, dove ha già riaperta la sua campagna. «Time is money» è un proverbio inglese, e Mapleson ne conosce perfettamente l’arcana potenza, per cui non è a meravigliare se sappia farne e ne faccia il debito conto. Come ha fatto a Dublino e a Belfast, esso ha cominciato la sua campagna di Glascow colla Lucrezia Borgia, l’unico cavai di battaglia che sia concesso di possedere al Campanini, il quale è fatto sempre l’attrazione principale della compagnia. Era naturale che Mapleson lo proteggesse delle sue grandi ali fino a che la prima scrittura almeno fosse compiuta, comprendendo questa la stagione di Londra e il giro provinciale. Nelle provincie il Campanini viaggia come una stella comparativamente nuova, e non è punto sorprendente udire che la sua comparsa sia salutata da teatri affollati. Questa sera ha luogo la Sonnambula, domani sera il Trovatore, giovedì il Flauto Magico, venerdì il Barbiere, e sabbato il Don Giovanni. Novità e attività vanno, come vedete, assieme. Da Nuova-York giunse notizia di un grazioso e singolare episodio della vita di Paolina Lucca, che trovasi in quella città. Desiderosa la celebre cantatrice di far conoscenza personale del tipo d’indiani americani recossi a visitare i Burnt-wood Tetons al Grand Central, visita che le fu restituita a East Fourteenthstreet. Gl’Indiani vestiti nei loro costumi fantastici recaronsi presso di lei; e come si deve, quando si è richiesti da una diva, cantarono una loro canzone. La banda era piuttosto numerosa; e nessuna voce possedeva che fosse stata allevata al Conservatorio di Milano. La musica però è un’arte della natura, e gl’Indiani sembrano non essere musicali meno degli altri popoli della terra. La loro canzone, non peccava punto di reminiscenze nè verdiane, nò meyerbeeriane, nè rossiniane; e riuscì nuovissima all’orecchio della brava diva. L’introduzione aveva del drammatico, coi suoi monosillabi e colle sue lente cadenze in hi yi ya yo o o! e il finale si conchiudeva con un grido generale e prolungato. [p. 365 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO Finita la loro canzone gl’indiani pensarono subito a far cantare la loro bellissima e graziosissima ospitaliera. Per mezzo dell’interprete le fecero dire esser quello un giorno di favori reciproci — essere eglino — i visitatori — i re del canto d’appresso la maniera dei loro padri — esser la loro ostessa la regina del canto moderno, ed esser quindi giusto che essa cantasse a loro, confessi avevano cantato a lei. Dopo ciò come poteva mai la Lucca rifiutarsi, e pazza d’allegria e di piacere cantò, accompagnata al piano dal signor Marezek, come canta nelle grandi sere, m cui la volontà la assiste. Non ho bisogno d’aggiungere che la banda tutta ricevette lauto trattamento di dolci e di vini — cose civili, che parvero ottenere la loro approvazione. Anche il teatro di St. James sarà aperto quanto prima con rappresentazioni di opere buffe. La prima, sarà il Pont des Soupirs d’Offenbach, adattata alle scene inglesi dal maestro Henry S. Leigh. Il maestro Alfredo Cellier sarà il direttore d’orchestra. L’impresa è dei signori Mansell. Finanziariamente il festival musicale di Worcester è stato un gran successo. Il guadagno ammonta a steriini 678 e mezzo. A ciò aggiungasi una somma d’oltre 900 steriini donati alle porte. ’ fBERLINO, 20 ottobre. Concerti sinfonici della Cappella Imperiale — Come sono trattati gli autori viventi — Una nuova orchestra — Il Giuseppe ed i suoi fratelli di Mëhul — Il pianista Buths — L’arte italiana all’Esposizione di Boriino. Il ciclo dei Concerti sinfonici della cappella imperiale sotto la direzione dell’Oberkapellmeister Taubert cominciò la settimana passata. Pensate qual fosse la nostra meraviglia vedendo sul programma una novità d’un compositore vivente!! Ma il buon maestro aveva solo voluto atterrirci, giacché arrivando all’Opernhaus, avvisi rossi (consueto indizip di cose straordinarie) ei informarono che... indovinate dunque? che non essendo arrivata da Lipsia la musica della nuova ouverture, Normanenfahrt, lavoro grandioso del Dietrich, ordinata verosimilmente tre giorni prima del concerto, la novità andava a monte. Io domando se sia maniera proba codesta di trattar i lavori pregevolissimi degli autori viventi; evidentemente se la musica non tardava, si faceva una prova e si eseguiva, sa Dio come, e il pubblico dava la sua sentenza! Invece della promessa ouverture avemmo le variazioni e la marcia celebre della Suite di Francesco Lachner, lavoro che soprasta sul livello ordinario più per l’abile dottrina della forma e perchè tratta con modo caratteristico gli stromenti dell’orchestra, che per vera originalità. Ma è da tener gran conto oggidì d’una forma severa e corretta, giacché siamo in tempo di dissoluzione musicale. Poi furono eseguiti la sinfonia d’Olimpia di Spontini, lavoro pregevolissimo, e due gioielli sinfonici tedeschi: la sinfonia {Mi bem.) di Mozart e la sinfonia {La mag., detta italiana) di Mendelssohn. L’orchestra suonò colla solita perfezione e squisitezza, e specialmente, in maniera da recar stupore, la sinfonia di Mozart. Dello stesso Lachner ei si promette in quest’inverno, in occasione della festa dei morti, nella Singakademie il nuovo Requiem per gran coro, solo ed orchestra, lavoro dei più felici del Lachner, scritto nello stile purissimo dei padri nostri. Siamo curiosi di vedere se questa composizione potrà riprodurci l’impressione immensa fattaci nella stagione scorsa dal Requiem grandioso del valentissimo nostro Kiel. È un gran miracolo, sia detto di passaggio, questo di poter avere in Berlino una grandiosa composizione, poiché è norma (con poche eccezioni) dei direttori della vita musicale, sia per etichetta aristocratica ipocrita, sia per negligenza imperdonabile, di non più eseguire un lavoro importante d’autore vivente, anzi rinomatissimo, se già prima una piccola città di provincia abbia fatto onore al nome ed al merito suo coll’esecuzione di tale novità. Potrei citare una lunga serie di lavori d’ogni genere, di compositori non certo spregevoli, i quali aspettano che siano eseguite le loro composizioni. «Festina lente» tale la divisa della nostra Berlino, molto borghigiana ancora in ciò che tocca il progresso delle arti e delle scienze. Invece dell’orchestra del Bilse, il maestro Wuerst ha composto un’orchestra nuova, con cui ha dato dei concerti sinfonici; confessiamo che non solo è bravo musicista e maestro rinomato, ma che ha dato con questa nuova orchestra un gioiello alla corona delle orchestre migliori. Sappiamo che ha l’intenzione di riparar quanto è possibile i vecchi danni della negligenza dei buoni lavori sinfonici, facendosi benemerito degli interessi dei compositori viventi. In uno di questi concerti udimmo il concerto per violino di Mendelssohn {mi min,) eseguito dal Friemann. già maestro concertatore in Darmstadt, e piacqueci molto il suo canto, il suo portamento; poco gli manca ad essere veramente esimio, e siamo certi che starà un giorno fra i violinisti più rinomati. Lo Schott, ora scritturato per la nostra scena, debuttò nella parte di Giuseppe del Giuseppe ed i suoi fratelli di Mëhul, come era naturale col màssimo successo. Conoscete questo dramma musicale in cui i personaggi escono dal telaio solito della musicale scenica, e diventano quadri santi colle aureole sopra il capo; per me, quando cominciano gli accenti di quella musa ispirata dalla grazia di Dio, mi sento trasportato nel mistero d’un altro mondo sconosciuto. Mëhul, Gretry e Boieldieu, grandioso triumvirato, artisti brillanti nel cielo dell’epoca francese nel primo decennio di questo secolo, non spariranno dal mondo musicale, finché esistono circoli musicali in cui sono serbati gli interessi veri dell’arte! Lo Schott si mostrò eccellente, e crediamo che sarà un gioiello nella nostra scena per le parti liriche, benché le opinioni intorno a lui non siano concordi, ma saprete che nulla è così diffìcile, quanto soddisfar tutti. Fu pure scritturata nella scena nostra per le parti di soubrette affidate finora alla Horina, la Meinhardt, già al Friedrich-Wilhelmstadt. Non lo crediamo un cambio che ei possa compensare della brava ed infaticabile Horina, e non sappiamo.proprio perchè si voglia sostituire la valente cantante, la quale è ancora nello1 splendore dei suoi mezzi. Per la morte del principe Albrecht (fratello all’imperatore Guglielmo) furono chiuse l’opera ed il teatro drammatico pe^ pochi giorni; perciò non ebbe luogo la rappresentazione della Norma colla Michaeli, cantante rinomatissima del teatro di Stoccolma- Sarà per più tardi, e non mancherò di parlarvene. Il mese venturo verrà in Italia e principalmente in Milano, il Buths, trionfatore nel concorso Meyerbeer, di cui vi parlai altra volta. Prego un’altra volta i miei colleglli italiani di accoglierlo benevolmente essendo egli valentissimo davvero come pianista e come compositore, ed insuperabile nella modestia. Non voglio finir queste righe senza congratularmi delle bellissime cose che ha fornito l’Italia all’Esposizione dei prodotti artistici in Berlino, eccitando l’ammirazione e l’entusiasmo dei berlinesi. Naturalmente non vi do un’analisi critica di queste opere, mi accontento di dirvi i nomi dei principali artisti italiani. E sono, fra i pittori, il Passini (già quasi nostro), il Guglielmi, il Zona ed il Zuccoli (di Milano); degli scultori: il vostro Francesco Barzaghi che ha esposto due statuette maravigliose. d’una finezza incantevole: Mosca cieca e Vanerella, il Bianchi, il Calvi, il Lombardi ed il Soldini. Cosi le arti porgonsi la mano e non conoscono nè nazione nè patria, perchè hanno per patria il cielo. ■Raro. Al prossimo numero la pubblicazione di un altro carteggio da Berlino pervenuto troppo tardi. [p. 366 modifica]368 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO MODENA. Ci scrivono: Il teatro Aliprandi ei ha dato la Linda di Chamounix, ma ce l’ha data in modo che quasi non la riconoscevano; la colpa è della messa in scena frettolosa e dell’insufficienza di prove; chè gli artisti sono lodevoli. Fu applaudita in special modo la signora Ferretti. CAGLIARI. Leggiamo nell’Avvenire di Sardegna del 24 ottobre: Ieri sera un pubblico numeroso e severo assistette alla prima rappresentazione del Ballo in maschera, col quale il teatro Cerruti inaugurò la stagione d’autunno. Riscossero fragorosi e meritati applausi il contralto ed il tenore, coniugi Donati, ed il baritono signor Borgiolo. Anche la prima donna soprano venne applaudita, benché si mostrasse, come lo era assai, titubante ed incerta. L’orchestra incompleta anzichenò; qualche scenario non molto adattato e l’omissione della romanza dell’ultimo atto, diedero luogo a fischi che la parte celestiale del pubblico avea fatto sentire anche prima che cominciasse lo spettacolo. Sappiamo che l’impresa ha disposto opportunamente perchè sia posto sollecito rimedio agli inconvenienti lamentati.. — Il teatro Civico si aprì col Rigoletto che ebbe pure modesto successo per lo stesso peccato d’origine della frettolosità della messa in scena. Gli artisti principali furono però molto applauditi e in special modo la signora Coriolano. Bene il tenore Sbriscia, ed il baritono Fallica. — Notizie della seconda rappresentazione ei informano che l’esecuzione migliorò. PERUGIA. Il 30 ottobre ei fu spedito il seguente telegramma: A.dello esito felicissimo. Marinelli, Valenti, Ardeliano cori, orchestra egregi; Mercuri autore applauditissimo. STRADELLA. Ci scrivono: In occasione della Fiera abbiamo la nostra breve stagione teatrale che s’inaugurò, con buona fortuna, il 17 ottobre, colla Gemma di Vergy. Emerse la Silvio, protagonista, che fu molto applaudita. BARCELLONA. (Telegramma in data 27 ottobre). Apertura Gran Teatro Liceo opera: Ballo in maschera festeggiatissimi: la Ponti, Vicentelli, Giraldoni; Ponti, artista di gran talento fornita magnifici mezzi vocali. Benissimo contralto Ferni, e Paggio. Opera diretta stupendamente Bassi. Giuramento sospeso causa malattia Carolina Ferni. MADRID. Il Regio Coliseo aprile sue porte coll’Anna Bolena di Donizetti interpretata dalle signore Sass, Tintorer e Mantilla e dai signori Barbacim, Ordinas e Ugalde; Applauditissimi tutti, in special modo la Sass e Barbacini. VALENZA (Spagna). Ci scrivono in data del 14 ottobre. Dopo cinque belle rappresentazioni degli Ugonotti nel teatro Principal, furono poste in iscena la Lucrezia Borgia ed il Trovatore con lieto esito. È allo studio una nuova opera L’Indovina del maestro Giner. — (Posteriore). Il Rigoletto fu un vero trionfo per il protagonista Farvaro, pella Spitzer e pel tenore Minetti. Nel Barbiere di Siviglia piacque molto la signora Cortesi, il baritono Farvaro ed i bassi Gonnet e Capriles. NUOVA-JGRK. Il Fra Diavolo di Auber piacque assai al pubblico delrAccademia di Musica. Aveva ad interpreti la Lucca (Zeriina), Vizzani (Fra Diavolo) De Gebele (Pamela) e Ronconi (Lord Rosburg). Lodatissimi tutti. MESSICO. Nuovo trionfo pella signora Angelica Peralta fu la Lirìda; colla valente protagonista divisero gli applausi Storti e Zucchelli. NOTIZIE ESTERE — Parigi. Un concorso d’orfeonisti all Esposizione d’economia domestica riuscì splendidissimo. Emerse fra tutte la società, La Cecilia di La Haye ed ebbe il primo premio. Questa società conta trentacinque membri, dei quali 29 sono pittori. — Il Journal Officiel pubblica un decreto in data del 5 ottobre che riorganizza i Corpi di musica militari. — Firenze. Carlo Fattori, da pochi mesi maestro della Scuola corale addetta al teatro della Pergola, morì il 28 ottobre a 50 anni. — Ludwisburg (Baviera). Eberhard Friedrich Walckes, fabbricante di organi assai riputato in Germania, moti il 4 ottobre. Il suo capolavoro è il celebre organo della cattedrale di Ullm. — Parigi. Teofilo Gautier, insigne romanziere, dottissimo ed elegantissimo scrittore di cose d’arte, morì il 23 corrente a 64 anni. Fu da prima pittore, poeta più tardi ed uno dei più validi sostegni del nuovo romanticismo. Egli fu anche critico teatrale, e scrisse il programma di parecchie azioni coreografiche. Uno di somiglianti lavori, col titolo Le preneur de rats, è appunto in prova al teatro dell’Opera. Ai suoi funerali assisteva tutta Parigi artistica e letteraria, e Faure cantò un Pie Jesu. — Ernesto Deune Baron, valente dilettante di musica. — Gasterle (Anversa). Il sig. Agemans, organista e compositore, morì a 36 anni. — Bombay. A. Koenig, cornista e capo-musica del 65.° Reggimento di fanteria. REBUS • V 0 I le In In In In In In In In In f f Quattro degli abbonati che spiegheranno il Rebus, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro Scelta. SPIEGAZIONE DEL REBUS DEL NUMERO 42: Se tu hai meno il naso nasconditi la faccia in una mano. Ne mandarono l’esatta spiegazione i signori: Capitano Cesare Cavallotti, Alfonso Fantoni, ing. Pio Pietra, B. Bottigella, Ferdinando Ghini, prof. Angelo Vecchio, Gaetano Grilli, S. Saladini. Estratti a sorte quattro nomi riuscirono premiati i signori: S. Saladini, Gaetano Grilli, B. Bottigella, Ferdinando Ghini. Editóre-Proprietario TITO DI GIO. RICORDI. Oggioni Giuseppe^ gerente. Tipi Ricordi — Carta Jacob.