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350 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO LONDRA, 15 ottobre. Briareo Mapleson — Stagione musicale a Liverpool — Un lord suonatore d’organetto — Concerti popolari — La Titiens a Lublino — Spettacoli di Dublino. rischia di fello che teatro del monio del assai lontana, e fa indietreggiar F indice dell’orinolo per poter provare che all’ora in cui il tentativo di ratto ha avuto luogo, egli era altrove. E il povero diavolo, padrone del cavallo, che pagar pel vero autore del tentativo, a causa del manha addosso, e di cui il pezzo lacerato è trovato sul delitto. Naturalmente, tutto questo mena al matrigiovine troppo intrapendente e dell’alunna. avvenente giovine ed elegante di forme e di modi, ha la simpatia di tutta la parte feminea del pubblico. Gli uomini vorrebbero trovargli qualche difetto, ma vi rinunziano. E quand’anche lo trovassero, le donne direbbero che F amano anche nei suoi difetti!... Sabato, dunque, la sala Ventadour era piena, e di eletta gente. Un gran numer.o di artisti ed artiste dei teatri lirici ed anche drammatici pareva essersi dato ritrovo al teatro Italiano, per vedere come il tenore in voga si sarebbe tirato della difficile prova. Mi affretto a dire che il novello tenore dal signor Verger ne ha trionfato completamente. Ha cantato la parte di Lionello, nella Marta, con una grazia, con una soavità rara, e con ottimo stile; ha fatto anche di più: ha agito come è raro veder fare al teatro Italiano di Parigi, ove da tempi immemorabili, e sopratutto dal famoso Rubini sino ad oggi, gli artisti si limitano a cantare, più o meno bene, ma non si curano d’aggiungere l’azione al canto. Fatene loro l’osservazione; risponderanno che sono cantanti e non attori!... Assuefatto alle scene dell’Opéra Comique, ove le commedie sono mezzo in prosa, mezzo in musica, ed ove bisogna riunire la qualità d’artista drammatico a quella d’artista di canto, non è da maravigliare se Capoul ha saputo, ed assai facilmente, dare alla parte di Lionello tutta l’espressione di cui essa abbisogna, e come gesto e come atteggiamento e come mobilità di fisonomia, come tutto insomma che costituisce l’arte drammatica. La sua voce essendo più che simpatica, ed il suo canto essendo così dolce e gradevole, capirete che con la giunta dell’azione, il successo del nuovo artista alla sala Ventadour doveva esser sicuro ed immenso. La stessa modestia manifestata dal giovine tenore pel suo nome sul cartello ha potuto esser notata durante la rappresentazione. Quando il pubblico lo chiamava all’onor del proscenio, egli usciva appena dalle quinte, salutava con grazia e dispariva. Quando è stato chiamato cogli altri artisti — almeno egli ha creduto che sia stato cosi — è uscito cogli altri, ma si è tenuto in seconda linea. Finalmente, quando dopo la sua grand’aria del terzo atto, le grida di bis si son fatte udire, e che alcuni tra gli altri spettatori, meno esigenti, e non volendo parer indiscreti, hanno gridato no, il giovine tenore ha fatto segno al capo d’orchestra, ed ha ricominciato il pezzo. Vi lascio pensare se i plausi hanno raddoppiato. Insomma anche col concorso di buoni artisti, il successo di Capoul sarebbe stato legittimo e meritato; immaginate ora quanto sia parso maggiore, circondato come egli era di mediocrità. Forse nell’impiegar questo vocabolo, sono troppo severo. Ma veramente gli altri artisti non avevano gran fatto di che brillare. La Torriani ha ben cantato la romanza della rosa, ed ecco tutto. Ma l’Ugolini, F Antonucci e la stessa signora Bracciolini, che piacque nella Lucrezia Borgia, non si sono mostrati all’altezza della loro parte. Nullameno, il pubblico che era cosi soddisfatto dell’esito di Capoul, ha voluto esser cortese ed ha accomunato tutti quanti nei plausi della fine. La rappresentazione di Marta è stata fino ad ora la più splendida; la Direzione ne darà tre di seguito, ed una straordinaria, domenica 20 corrente. Tutta la borghesia di Parigi vi accorrerà. Ho cominciato dalle buone novelle; eccovi ora le cattive. Il teatro dell’Ateneo ha inaugurato giovedì la sua stagione musicale con un’opera comica in tre atti, intitolata Y Alibi, parole di G. Moinaux, musica di Adolfo Nibelle. I due collaboratori, ciascuno nella sua branca dell’arte, avevano fatto prova del loro ingegno. Nonpertanto Y Alibi non resterà lungo tempo sul cartello. Il libretto è una di quelle matasse ingarbugliate che farebbero venir l’emicrania, solo a volerci mettere le mano. L’intreccio mi ricorda il famoso finale: «Questo è un nodo avviluppato — quest’è un gruppo rinserrato». Non mi domandate di raccontarvelo; noi potrei. Dirò solo che un certo signor di Malperché ha voluto rapire un’educanda, ha scavalcato il muro, è riuscito a fuggire, prendendo il cavallo d’un altro (che fa crepare a furia di correre) e lasciandogli il tabarro, di cui un pezzo è rimaso attaccato al muro dell’educandato. Poi per istabilire a suo profitto un alibi, va a far casa del diavolo in un’osteria Ma se il libretto ha fatto perdere un po’ la pazienza al pubblico della prima rappresentazione, la musica gli ha davvero attaccato i nervi. Immaginate di spillar una botte piena d’ariette, strofe, romanze, duetti, cori, ecc., e che tutta questa roba venga giù senza darvi tempo di respirare. Se almeno il liquore fosse potabile; ma no, è del vin claretto, o come dice il Redi»> Quel d’Aversa acido asprino n Che non so s’è agresto o vino. Per esser giusto, non vi sono certamente errori nella musica di Nibelle, che può insegnar il contrappunto anche a chi ne sa; ma non v’è nulla che attiri l’attenzione. Quando l’opera è finita, non m’è restato nulla nell’orecchio, ed ancor meno nella memoria. Il signor Ruelle ha avuto torto d’inaugurare la sua gestione con questo benedetto Alibi. Il pubblico di qui è così fatto che giudica dalle prime impressioni. Abbisognano molti felici successi per fargli prender di nuovo la via dell’Ateneo. E perchè tutto ciò? Perchè il nuovo direttore ha creduto esser sicuro del buon esito, scegliendo l’opera di due autori conosciuti. Anche un altro ad accrescere il numero già abbastanza grande di quei direttori che preferiscono il lavoro cattivo di autori noti al lavoro buono di esordienti. Tanto peggio per essi! Credete mo che la lezione porti loro profitto? sarebbe voler contare senza la loro ostinazione e soprattutto senza la loro buaggine. Per quest’ultima la colpa non è loro; ma per la pertinacia, la cosa è diversa. Quando un direttore o un impresario non è della partita, voglio dire quando uno ne capisce un’acca, pazienza. Ma come mai coloro che hanno abbastanza ingegno per distinguere un buon libretto da un libraccio, ed una buona musica da uno spartito senza colore nè sapore, possono essere così caparbii da allontanare i giovani maestri ed i giovani poeti per farsi far la legge dai vecchi autori? Fervono le intraprese musicali. Il teatro della metropoli non è abbastanza esteso o è troppo occupato per i serii intraprendenti. Alle mire di Mapleson fu sempre incapace di soddisfare questa vasta metropoli; e particolarmente durante «la stagione» veggonsi rappresentazioni maplesoniane sovente nello stesso giorno e in Liverpool e in Birmingham e in vari! luoghi di Londra oltre FHermajesty’s! Ma Mapleson è una meraviglia di direttore, che ha in sè l’abilità di una mezza dozzina d’impresari dei principali teatri d’Italia, riuniti assieme, con un po’ di coda ancora! Che i vostri signori impresari non se l’abbiano a male; ma sino a che non provino di poter far stagioni remunerative senza il bisogno di sussidi, e sussidio è sinonimo di carità, io non so avere della loro abilità un’altissima stima. Una stagione musicale sta preparandosi in Liverpool. Colà si è raccolta una compagnia italiana di canto, con a capo, dicesi, il sig. Rocca-Monari e apprestasi a dare una serie d’opere. Miglior luogo non poteva esser scelto per un trionfo pecuniario, avendo Liverpool una enorme popolazione di forestieri per cui sarà un gran regalo poter passare le ore della sera, durante il loro breve passaggio, ascoltando le melodie di Verdi, di Rossini o dei Ricci. Il Rocca-Monari è un adoratore del Crispino e la Comare, e darà loro, a sazietà probabilmente, di quelle facili e dolci melodie. Se il Rocca-Monari non riesce, la colpa non sarà davvero