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330 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO di Fétis sulle solfe antiche, sulle tonalità d’Oriente, sulla necessità virtuale dell’rmitonia pel canto pieno, sull’origine del dramma teatrale e dell’accento delle passioni in seguito all’ammissione della nota sensibile, dell’accordo della settima e della falsa quinta si giustamente chiamata Diabolus in musica, bisogna riconoscere, dico, che tutte queste proposizioni sono di massimo interesse artistico, toccano all’essenza stessa della nostra arte ed hanno recato la rivoluzione nel mondo dei musicologi, si che parecchi scrittori devono loro attualmente tutta la loro dote di erudizione. La sintesi di tali dottrine doveva un giorno trovare il suo sviluppo in una Storia generale della musica, della quale non fu dato all’instancabile autore il pubblicare gli otto volumi. Fu nel pieno splendore della sua grandezza, quando cioè parecchie delle sue opere e sovratutto II Borghese di Rheims (1824, scritto per la consacrazione di Carlo X) e La vecchia (1826) che rimase per trent’anni nel repertorio, l’avevano collocato nel novero dei buoni compositori; è quando finalmente, come erudito, come professore, come critico, egli si era acquistato una riputazione europea, che il governo belga lo chiamò all’ufficio di maestro di cappella del re, e gli diede l’incarico di creare a Brusselle il reale Conservatorio di musica. Per circa quarant’anni (dal 1832 al 1871 ) questa istituzione visse delle sue inspirazioni, della sua intelligente direzione e del suo paterno affetto. Il Belgio deve a Fétis gli onori della sua scuola nazionale. E necessario passare in rassegna ciò che questo maestro fece a Brusselle? Il nuovo indirizzo che diede al gusto pubblico, i professori eminenti che scelse, il numero straordinario di segnalati allievi che formò col suo insegnamento, le opere didattiche, storiche, critiche, filosofiche, i rapporti e le pubblicazioni d’ogni genere che uscirono dalla sua penna? Lo crediamo inutile; poiché è ancora troppo fresca la memoria della profonda commozione cagionata dalla sua morte, avvenuta pochi giorni dopo lo splendido concerto del Conservatorio, che doveva por fine ad una carriera di ottantasei anni. Il re, le autorità pubbliche, il mondo artistico e tutti quelli che sentono una fibra di spirito nazionale nell’animo furono colpiti come da una perdita personale, e la sua morte fu un lutto generale per la patria. Fétis rese la sua anima a Dio da perfetto cristiano. La sua vita sarà il modello degli uomini sublimi, degli intrepidi lavoratori, di coloro che non vogliono dipartirsi dalla terra, senza rimaner vivi ed immortali nei loro scritti e nei loro discepoli. Ora il Belgio è divenuto proprietario della sua biblioteca e delle sue collezioni. Questo prezioso tesoro, quasi unico nel suo genere, fu raccolto, pazientemente, nel corso di tre quarti di secolo. Il suo proprietario ebbe la fortuna di poterlo fare in un tempo nel quale la rivoluzione aveva disperso le biblioteche ed i conventi. Soltanto quello ch’egli possedeva sui nostri vecchi maestri fiamminghi costituiva di già una importante raccolta. Il signor Gavaert, suo successore, compilò un bel rapporto sulla necessità di conservare al paese questa biblioteca ed il degno ministro dell’interno, signor Delcour, si fece premura di proporre a tal uopo un progetto di legge che il corpo legislativo belga votò senza discussione. Ecco a gran tratti, rapidamente abbozzata, la carriera del più grande artista belga di questo secolo, e senza scrupolo diciamo anche del più gran musicologo dell’Europa moderna. Allorché Meyerbeer morì, si trovò nel suo testamento la formale condizione d’incaricare Fétis della correzione de’suoi manoscritti, della messa in iscena della sua opera postuma, V Africana, che egli aveva composto in doppio, e della quale il nostro maestro di cappella ebbe a scegliere ogni scena e parecchi pezzi d’insieme. Mi pare che questa raccomandazione testamentaria, fatta dall’uomo più abile e più prudente del nostro secolo, dal più rinomato compositore, sia più eloquente di quanto potremmo dire sull’uomo eminente che il Belgio ha perduto nel 1871. /(. CAV. YAN ÌJbEWYCK. Il Pungolo, in uno degli ultimi numeri annunciò che in seguito ad alcune difficoltà sopravvenute, l’impresa della Scala aveva pensato di cambiare il repertorio già stabilito pel prossimo carnevale sostituendo alle opere fissate la Regina di Saba di Gounod, ed il Simon Boccanegra di Verdi, espressamente modificato e messo in scena dall’autore. Per quanto riguarda queste due opere, e specialmente il Simon Boccanegra, possiamo assicurare il Pungolo ch’esso fu malissimo informato, non essendovi ombra di vero in tutto quanto ha annunziato in proposito, e però, dove tali informazioni venissero dall’Impresa stessa della Scala, mettiamo in guardia il nostro egregio confratello perchè un’altra volta le ponga in quarantena; in caso diverso a noi pare che il Pungolo faccia la figura di servire inscientemente gli interessi dell’impresa, la quale fa rappresentare con molta disinvoltura a Verdi e Gounod la parte di spauracchi onde forse ottenere alcune condizioni più propizie ai suoi interessi. Oltre che tale modo d’agire manca d’ogni delicatezza in faccia agli illustri autori citati a sproposito, è bene che l’impresa della Scala sappia che nessuno si lascia prendere a simili ballons d’essai, e che in conclusione tali furberie della vecchia scuola e non della scuola àeW avvenire sono davvero le Furberie d’Arlecchino imbrogliato fra due padroni. JiA DIRE^IONR. Dialogo fra un critico ed un maestro • — Buon Dio, non stare a seccarmi col tuo Mozart, sempre col tuo Mozart! concedo che egli abbia i suoi meriti, ma non è compositore così grande come tu dici. — Io ti dico che Mozart... — Non me ne parlare. Che cosa ha egli fatto, gran Dio? ha composto il Freischütz, ecco tutto! — E ti chiami critico! Poveretto, il Freischütz è di Weber. — Di Weber?! Ebbene, che vieni dunque a cianciare di Mozart?... Non ha nemmeno composto il Freischütz! ¥ A Cincinnati si è formata, dicono, una società filarmonica curiosissima, col titolo di Società musicale dei gobbi. Nessuno può farne parte, secondo lo statuto, se non comprovi di avere almeno una gobba. Un rigoroso esame alla spina dorsale dei candidati precede l’iniziazione. ¥