Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 15

N. 15 – 14 aprile 1872

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[p. 121 modifica]IL SECONDO VIAGGIO DI GIUSEPPE HAYDN A LONDRA’l’Di ritorno dal suo primo viaggio a Londra, in agosto 1792, Haydn rimase a Vienna senza interruzione fino al gennaio 1794, nel qual tempo un nuovo contratto venne a richiamarlo in Inghilterra. Egli impiegò questi diciotto mesi a lavorare assiduamente, ma la maggior parte delle sue opere nuove non furono eseguite a Vienna, perchè egli voleva conservarle inedite e farle eseguire a Londra. Aveva comperato, al suo ritorno, per la somma di 2000 fiorini, una casetta d’un solo piano, al N. 73 della via Stringasse, nel sobborgo Gumpendorf. La moglie gli aveva scritto, mentre egli era ancora in Inghilterra, per dirgli che questa casa le conveniva molto e pregarlo di comperarla, affinchè essa potesse abitarla a titolo d’usufrutto quando sarebbe vedova. La casa piacque ad Haydn per la sua posizione ritirata e tranquilla; egli la comperò, ma la sorte fu abbastanza ironica per non destinarla alla moglie. Haydn non poteva intraprendere questo secondo viaggio senza domandare il consenso al principe Esterhazy verso il quale egli si sapeva impegnato, benché fosse lasciato libero da ogni servizio. Questa volta il principe fece molte difficoltà per accordargli il permesso; non già per esigenza personale, ma perchè aveva avuto notizia ’di tutte le cabale di chi Haydn aveva dovuto-soffrire a Londra. Ora poiché dopo tali lotte il suo maestro di cappella era ritornato colmo di onori e di gloria, non voleva più, così egli diceva, esporlo ad altri pericoli. Haydn al contrario, malgrado i suoi sessantadue anni, si sentiva ancora in pieno possesso del suo genio musicale. Egli aveva, inoltre, degli inpegni cogli editori di Londra, i quali esigevano il suo ritorno, ed aveva conchiuso con Salomon, che non era più associato con Gailini, un contratto che lo obbligava a scrivere per lui sei nuove sinfonie. Infine egli poteva ancora sperare» un ricco benefìcio. Tutte queste considerazioni, con(1) Vedi Gazzetta Musicale, N. 9, 10 e 12 anno corrente. giunte alle sue preghiere insistenti, gli fecero infine ottenere dal principe il permesso domandato. Il 4 febbrajo 1794 egli sbarcò sano e salvo sulle coste d’Inghilterra. La prima notizia che ricevette dalla sua patria fu, cosa triste e singolare, quella della morte del principe Antonio Esterhazy, morto all’improvviso tre giorni dopo la partenza del maestro. Haydn fu afflittissimo di questa perdita. Circa sei mesi più tardi, il principe Nicola, figlio del precedente, gli scrisse da Napoli che egli aveva riordinato tutta la sua musica e che lo nominava di nuovo suo maestro di cappella. Questo giovine principe era, ad esempio del del suo nonno, un fervido protettore delle arti e delle scienze; egli dotò Vienna di molte collezioni di quadri e di incisioni, ed amava appassionatamente la musica ed i viaggi. La sua munificenza fece salire la pensione e il trattamento di Haydn a 2300 fiorini, somma colla quale il maestro poteva vivere comodissimamente. Si è detto che Salomon non era più associato con Galiini; egli aveva organizzato per suo proprio conto un’intrapresa di concerti nella quale Haydn era interessato. I documenti che abbiamo non dicono se il maestro avesse a soffrire delle stesse calunnie e degli stessi attacchi d’altra volta. Il suo giornale solo ei dà qualche notizia di questo secondo soggiorno. Ne togliamo i punti seguenti: «Il 30 marzo 1795, ero stato invitato a un gran concerto dal dottor Arne e dai suoi amici; si doveva eseguire una gran sinfonia sotto la mia direzione; ma siccome non si vollero.fare prove, io ho rifiutato e non sono andato. «Il 4 maggio ho dato un concerto a mio benefìzio, al teatro di Haymarket. La sala era piena d’un uditorio scelto. Programma: A. Prima parte della mia sinfonia militare. - Aria (Rovedino) - Concerto (Ferlandy) - Duetto mio - Una nuova sinfonia e il mio ultimo lied inglese. - B. Seconda parte della sinfonia militare - Aria (Morichelli) - Concerto (Viotti) - Scena nuova mia, ben cantata dalla signora Banfi. Tutto l’uditorio era contentissimo ed io anche. Ho fatto in quella sera 4000 fiorini. Non vi ha che l’Inghilterra dove si possa arrivare a simili risultati. «Il l.° febbraio, io era stato invitato dal principe di Galles a una serata musicale presso il Duca di Jork; [p. 122 modifica]122 GAZZETTA MUSI vi assistevano il re, la regina, tutta la loro famiglia, il principe d’Orange, ecc., ecc. Non si parlò che delle mie composizioni; io sedeva al clavicembalo; bisognò anche ch’io cantassi. Il re, che fino allora non poteva e non voleva intendere altra musica fuor quella di Haendel, era attento; egli si è trattenuto con me e mi ha presentato alla regina che mi ha detto molte cose lusinghiere. Ho cantato il mio lied tedesco: Io sono il più innamorato. Sono stato invitato il 3 febbraio presso il principe di Galles, il 15, 17 e 19 aprile anche; il 21 sono stato presso la regina a Buckinghamhouse. «Il principe di Galles si è ammogliato l’8 aprile colla principessa di Braunschweig. Il 10 sono stato invitato a una serata in casa del principe; vi si è eseguita un’antica sinfonia che io ho accompagnato, poi un quartetto; in seguito ho cantato dei lieder tedeschi ed inglesi. La principessa ha cantato con me, ed ha suonato discretamente un concerto. «Il 21 gennaio ho pranzato alla mensa del dottore Parsons. Si è molto disputato per sapere quale di tre dottori., Parsons, Dupuis o Arne, dovesse dirigere l’orchestra nell’antifonia di Haendel per il matrimonio del principe di Galles. Il dottor Parsons è maestro di cappella del re, gli altri sono organisti della corte. In Inghilterra l’organista è il capo in tutte le chiese; i cantori sono al di sotto di lui. Ciascuno dei tre voleva tener la bacchetta. Forzato a dare la mia opinione, ho detto: il più giovine organista deve suonare l’organo, l’altro dirigere il coro, e il dottor Parsons l’orchestra, e siccome il cantore ha sempre il vantaggio sullo strumentista, il primo si terrà a diritta e il secondo a sinistra. Ma essi non mi vollero intendere; ho lasciato questi pazzi e sono ritornato a casa. {Continua} CALE DI MILANO però di vista il suo interlocutore, lo avvicinò e gli disse con voce ferma: — Signore, il timore di turbare la vostra comitiva e la mia mi lia fatto subire la vostra impertinenza, ma domani stesso me ne renderete ragione. Noi ei troveremo a Hyde-Park a dieci ore. Se voi volete ei batteremo alla spada; non abbiamo bisogno di secondi; la querela è fra noi due, ed è inutile di compromettere altri. Il giovine uffiziale accettò la sfida. Arrivati tutti e due nel ritrovo, quest’ultimo trae la sua spada e si mette in guardia. Ma Weber gli pone una pistola alla gola. — Siete voi venuto qui per assassinarmi? grida il militare. — No, risponde tranquillamente Weber, ma abbiate la bontà di ringuainare subito la vostra spada e di danzare un piccolo minuetto, oppure voi siete morto. L’ufficiale tentenna, ma il linguaggio fermo e risoluto del suo avversario lo decide a eseguire il minuetto. — Signore, dice Weber, voi mi avete forzato jeri a suonare il flauto mio malgrado, io vi ho fatto danzare oggi malgrado vostro. Eccoci pari. Se tuttavia voi non siete contento, io sono pronto a darvi quella soddisfazione che meglio vi piaccia. Per tutta risposta l’uffiziale gli porse la mano pregandolo di onorarlo dalla sua amicizia. Da quel momento cominciò tra essi un legame che durò fino alla morte dell’illustre autore dejl’Oberon e del Freyschütz. ★ Il Chiosco Hollandia è un padiglione novellamente inventato dal signor I. L. Lefèbre di Aja; e destinato a propagare i suoni che vi si producono a gran distanza. Questo nuovo chiosco sarà sopratutto utile nei concerti all’aria aperta. La risonanza, a quel che pare, resta pura, omogenea, e sufficientemente forte. Il timbro di ogni strumento non riceve alcuna alterazione e nemmeno il diapason. Il Signor Lefèbre ha aggiunto alla sua invenzione dei tubi sotterranei che conducono il suono con chiarezza e forza sufficienti a fare che un concerto eseguito nel chiosco sia inteso nello stesso tempo in tutti i punti dove mettono i tubi. Si racconta un aneddoto di cui l’eroe è l’autore del Freischütz. Weber era a Londra nell’anno 1811. Facendo un giorno una passeggiata in barca, in compagnia di alcune signore, egli si mise a suonare il flauto, strumento sul quale possedeva un talento e un’abilità straordinaria. Ma vedendosi seguito da vicino da un altro battello occupato da giovani uffiziali, egli ripose il suo flauto in tasca. — Perchè cessate di suonare? gli domandò uno dei militari. — Per la stessa ragione, rispose Weber, che ho incominciato a suonare. — E qual’è questa ragione. — E che mi piace cosi. — Ebbene, ribatte l’interlocutore, riprendete subito il vostro flauto oppure, mi piacerà, a me, di gettarvi nel Tamigi. Weber, vedendo che la querela cominciava a spaventare le signore che erano con lui, cedette e riprese il flauto con ba stante buona grazia. Allo smontare dal battello, non perdette Rivista Milanese’ Sabato, 13 aprile. Il Politeama al Tivoli ha dato la seconda opera della stagione - la Semiramide, specie di novità per il pubblico di Milano, che non aveva visto il capolavoro del cav. Rossini (così Timpresa) da moltissimi anni. È un’opera piena di bellezze, e s’impone non ostante le sue forme viete, per la rigogliosa vitalità melodica che vi ferve dentro. Certo l’ira, la gelosia, il terrore, l’amore, l’odio, costretti a non manifestarsi se non passando per le forche caudine dello stile fiorito, sembrano oggi più che mai falsi e convenzionali,, ma l’anacronismo è compensato ad usura da molte pagine che non invecchieranno mai. L’esecuzione, affidata alle signore Vaneri-Filippi e Garbato, ed ai signori Pieraccini, Marcassa e Manni, fu discreta la prima sera, migliore alla seconda. L’opera fu allestita con troppa fretta; i cori, che hanno parti difficilissime, non erano molto addimesticati, l’orchestra, benché composta di buoni elementi e ben diretta, non aveva la vigoria e lo slancio che sono indizio di sicurezza; e finalmente la mancanza di prove appariva in quasi tutti i pezzi concertati, non ostante i meriti indiscutibili dei singoli artisti. Alla seconda rappresentazione, lo ripeto, le cose andarono meglio, e andranno assai probabilmente sempre meglio in seguito, ma questo sistema di trasformare le rappresentazioni pubbliche in prove, o le prove in rappresentazioni, sebbene sia in vigore da gran tempo nei nostri teatri secondarii e qualche volta anche nei primarii, non è certo nè il più meritorio del [p. 123 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 123 l’arte, nè il più glorioso per gli artisti, e forse nemmeno il più proficuo per gli impresarii. La colpa in generale è del pubblico, il quale, eccessivamente severo quando biasima la insufficienza di voce d’un cantante, è invece d’una indulgenza biasimevole quando artisti che hanno mezzi e talento, cori che potrebbero far bene, orchestre ben composte, non riescono a mettersi d’accordo. Un pezzo d’insieme rovinato è appena zittito, un coro storpiato fa ridere, mentre se un tenore o una prima donna, volendo toccare un la si arresta al sol per mancanza di fiato, si fischia senza misericordia. Con assai più di ragione dovrebbe avvenire il contrario. Fra gli interpreti di questa Semiramide al Politeama, i più lodati dal pubblico e i più lodevoli per la critica sono la Vaneri-Filippi e la Garbato. La prima non ha un volume di voce straordinario, ma vi supplisce assai bene coll’arte somma di modularla, e con un’intelligenza drammatica poco comune; la seconda invece non riesce a piegare la sua voce ai gorgheggi rossiniani, ma quel che in gergo si chiama organo è potentissimo. Mi piacque assai la Vaneri in tutti i canti passionati, dolci, e in special modo nell’aria - Pel raggio lusinghiero, dopo la quale fu chiamata più volte al proscenio. Altre chiamate ebbe dopo il duetto a due donne, ed altre chiamate e applausi molti in tutti i pezzi principali dell’opera; il suo debutto fu adunque un gran successo, anche senza tener conto della commozione da cui appariva turbata. Colla Vaneri divise gli applausi, come fu detto, la signora Garbato, che sta assai bene nei panni maschili e forma un Arsace forse troppo badiale, ma disinvolto tuttavia. Il tenore Pieraccini ha piccola parte; gli basta però a mostrarsi fornito di voce molto estesa e molto intonata ed a guadagnare l’applauso. Gravissimo invece è il fardello della parte di Assur. Il baritono Marcassa se lo toglie sulle spalle con coraggio e lo porta fino all’ultimo con garbo; arriva stanco, ma arriva. Colla sua voce, piuttosto limitata, egli fa un miracolo, e lo fa a forza d’arte. L’abilità con cui eseguisce i gorgheggi rossiniani è veramente rara in un baritono; ei è l’uguaglianza, l’unione, la sfumatura che si può ottenere con uno strumento; il pubblico riconobbe il merito applaudendolo vivamente. Il basso Manni fu discreto. Tolto lo spettacolo del Politeama, siamo ridotti a zero o a poco più di zero. Al Re (vecchio) la compagnia Meynadier ha ripetuto alcuni vecchi vaudevilles, ma non ne ha ancora dato uno nuovo che abbia avuto oneste accoglienze dal pubblico. Ha dato però la Princesse Georges di Dumas; e, curioso a dirsi, il miracolo che non aveva fatto Santa Radegonda, l’ha fatto il Re (vecchio) e la troppo famosa commedia piacque. L’esecuzione ne ha però tutto il vanto. Il teatro Santa Radegonda è occupato da una compagnia dì Ercoli e di Er.colesse; al Re (nuovo) recita una compagnia drammatica diretta da Achille Tettamanzi e al Fossati un’altra compagnia diretta da Michele Ferrante. Il Milanese promette altre novità, ma dopo i fortunati Tribuleri del sur Spella non ne ha ancora dato altri. Finisco con una buona notizia: la Scala si aprirà in Settembre, per TEsposizione Artistica, con spettacolo d’opera e ballo. L’opera sarà probabilmente il Freischütz. F > ALLA RINFUSA ¥ È in vendita il teatro Diurno di Vercelli. Dirigere le offerte alla cartoleria di Giuseppe Vietti in Vercelli. 4 È disponibile il teatro Santa Radegonda di Milano. Per le trattative dirigersi all’Agenzia Cambiaggio, Via Pietro Verri, N. 2. X* Anche il teatro di Cremona ha aperto il concorso per l’appalto durante la stagione di fiera. Si esigono non meno di 15 rappresentazioni d’opera in musica. La dote è di Lire 10,000. E il teatro Carlo Felice di Genova è da appaltarsi per tre anni. La Gazzetta teatrale d’Italia, che vedeva la luce a Roma, ha cessato le sue pubblicazioni.

  • Per il teatro della Scala, ventura stagione, sono già scritturati il tenore

Campanini, i baritoni Colonnese e Maurel, i bassi Maini e Milesi, e la prima ballerina Fioretti

  • In Auckland, nella Nuova Zelanda, si sta fabbricando un gran teatro.

Il giornale Y Avvisatore teatrale, che si stampava a Firenze, ha trasportato le sue tende a Roma. Secondo Y Arpa di Bologna il teatro Brunetti si aprirà nel prossimo maggio col Ballo in maschera.

  • Il baritono Vincenzo Quintilli-Leoni, fu insignito da S. M. il re di Spagna,

del titolo di cavaliere dell’ordine di Carlo" III.

  • Al teatro Pagliano di Firenze, nella stagione in corso, si darà per terza,

l’opera nuova del maestro Anteri, dal titolo: Marcellina. ¥ Un incendio ha distrutto il teatro dell’Opera di Sidney (Australia). Buone nuove. Non è vero, secondo i giornali di Londra, che Gounod sia stato ricoverato in un manicomio; al contrario egli è quasi ristabilito in salute! 4 L’Omnibus di Napoli, riportando parte del nostro articolo intorno alle Sovvenzioni Teatrali, fa alcune considerazioni [le quali provano che esso ha letto male ciò che noi abbiamo scritto, e ridice, in aria di contraddirci, nulla più di ciò che noi abbiamo detto. Del resto siamo lietissimi, non ostante questo equivoco, che il venerando confratello napoletano si mostri della nostra opinione.

  • Nel teatro Municipale di Ferrara ebbe luogo un concerto vocale e istrumentale

a beneficio dei poveri fanciulli scrofolosi della provincia. Vi presero parte molti maestri e dilettanti, e l’esito fu stupendo. Al teatro di Salerno andrà in scena presto la nuova opera del maestro Marzano — I Normanni a Salerno. Il commendatore Casarini ha proposto al Consiglio Comunale di Bologna che sia accordata la cittadinanza bolognese a Riccardo Wagner (!)

  • L’Ombra di Flotow ebbe esito entusiastico a Brest.

-jK Anche al teatro di Mons l’Ombra di Flotow, fu accolta con entusiamo, Adelina Patti ricevette testé in Vienna il dono chele destinava l’imperatore di Russia, e che non era pronto al momento della sua partenza. È uno splendido rubino circondato da ventiquattro solitarii, il tutto valutato 15,000 rubli. Af- Il signor Hérold, figlio al celebre compositore di questo nome, ha regalato al museo del Conservatorio di Parigi il pianoforte di lavoro del padre. Era un piccolo Erard, a pedali disposti in una maniera curiosa. I giornali parigini annunziano l’arrivo di Sivori, reduce da un giro ar tistico in Germania. Offenbach è andato a Vienna per mettervi in scena la sua nuova operabuffa: Il corsaro nero. Il tribunale di Bruxelles ha respinto la domanda della vedova Rossini contro il signor Michette che aveva eseguito in pubblico alcuni pezzi inediti del grande maestro. CORRISPONDENZE ^Napoli, 2 aprile. Manfredo duca di Atripalda è un Don Giovanni della prima metà del secolo decimoterzo, appunto allorquando ferveva il più grande fanatismo religioso. Il padre suo, reduce dalla Palestina, sospettando che la propria consorte l’avesse tradito, la spense, ed ordinò ad un suo scherano che trucidasse la bambina nata nell’assenza di lui. Il disumano ordine non fu messo ad effetto e Cencio, cosi aveva nome lo scherano, qual sua figlia allevò la bambina. Manfredo ricco, giovane, solo, d’altro non è sollecito che di dare pieno sfogo ai suoi capricci, che vuole soddisfatti, a costo [p. 124 modifica]pure di delitto. Egli è perciò che è divenuto oggetto di paura pel popolo. Or mentre una sera splendidamente banchetta, Manfredo è visitato da un pellegrino, che svelagli l’innocenza di sua madre e confessa d’esser l’autore della morte di lei. Manfredo allora cieco di sdegno avventasi sul malarrivato e l’uccide. Nel castello di Atripalda avviene tutto ciò. Siamo in un paese della Calabria al primo atto, propriamente a Scilla, situata rimpetto a quello scoglio che i nostri maggiori miravano con ispavento. Vi si celebra la festa della messe, e se il Duca, signore di quella terra, darà F assenso, due giovani villici Lina e Rannuccio saranno sposi. Manfredo con altri cavalieri che vanno sempre in busca di galanti avventure, è là; quei giovani di perduti costumi adocchiano Lina, la quale sarebbe vittima della loro tracotanza se Manfredo generosamente non la difendesse. Fra Lina e Manfredo scorgesi il sentimento di un affetto arcano. In. mezzo al tripudio pertanto un uomo solo resta pensieroso, nè prende alcuna parte alla generale esultanza; è Cencio, Dopo poco si fa presso a Manfredo e gli apprende che cerca di lui una donna la quale comunque velata è riconosciuta per la Duchessa di Scilla. Lina pur se ne accorge e quando la Duchessa e Manfredo - entrano in un albergo vicino, arriva il Duca e chiede nuova del signore di Atripalda. Ei tesse novelli idillii rispondono; Lina allora conosce di quanta onta è per venir ricoperta la Duchessa, sua benefattrice, ed entra furtiva nell’albergo. Manfredo esce solo, e imbattutosi nei suoi compagni e da costoro fatto segno a scherzi di cattivo genere, è sul punto di impegnarsi in un conflitto, ma Lina col capo basso, confusa, presentasi; salva con ciò la Duchessa, perde sè stessa e quando presentasi per ricevere le largizioni del Duca, ne è privata e, pesandole sul capo F accusa di cortigiana, è dannata al bando. Tutti la fuggono, anche la Duchessa le si mostra ingratamente disdegnosa, Cencio la maledice. Contro tutti vuol difenderla Manfredo, ma poiché non può trarre la spada per una vassalla abbietta, viste esser vane le proteste, impone a tutti di rispettare in Lina la contessa d’Atripalda. E Rannuccio? Lina non può dimenticarlo, perciò accostasi a Manfredo e gli dice che acconsente, ma passerà dall’ara al chiostro. Acconsente Manfredo, ma quando è per compiersi la cerimonia nuziale, Cencio svela F origine di Lina che è figlia del Duca d’Atripalda. Manfredo, che vede tutto perduto, uccidesi, si scopre a Lina e comandatala a Cencio, la unisce a Rannuccio e muore. Questo lavoro del Cimino è pieno di effetto e di vita, offre caratteri ben delineati e splendidi versi. Or della musica. Lo stile del Manfredo in generale è ineguale; manca affatto la così detta tinta locale; figuratevi, il Petrella fa ballare il walzer al tempo della seconda crociata e fa cantare i contadini festanti su melodie altamente concitate. La parte inventiva non è costantemente felice, si che spesso trovate analogia con le sue musiche precedenti, la Jone specialmente, - là qualche ricordo di Verdi, qua un’imitazione gounodiana. La parte armonica, già ve lo scrissi, è accurata e rivela un progresso; lo strumentale se non è profondo e nuovo, racchiude bellissimi disegni ed effetti. Il prologo è lavoro sbagliato. Ebbe la felice idea di far sentire F orgia, ma non la rese bene con un movimento di ballo poco felice. Il recitativo di Manfredo ha troppi frastagli orchestrali eia parola perdesi; l’idea del finale è monca e non bene sviluppata. Nel coro di mietitori il canto delle donne è fatto sul vecchio stampo, quello de’contadini è poco a proposito, ma vi è dell’effetto. La romanza del tenore è poca cosa; graziosa è la sortita del coro quando viene ad annunziare che il duca assente alle nozze fra Lina e Rannuccio. Il duetto fra soprano e tenore è di molto effetto, elegantissima è la frase del soprano. Bella ed acconcia musica accompagna tutta la scena dell’arrivo del Duca di Scilla; il Petrella, che pose sempre mente al pezzo con forme viete, è qui accuratissimo e trova accenti bene appropriati quando si fa beffa di Manfredo. Il walzer è grazioso, ma stuona col carattere. Nel duetto fra soprano e baritono v’è grande ricercatezza armonica e la melodia è, se non nuova, elegante. La stretta non offre nulla di notevole, nè il canto del baritono, nè quello del soprano sono sviluppati e le parole ei sono messe con grande stento. L’adagio del finale, F unico brano rimarchevole nel secondo atto, non è molto peregrino, ma la chiusa è bellissima; v’è un crescendo di voci di grand’effetto e molto ben strumentato. Il preludio dell’atto terzo è di buona fattura: il canto principale è affidato ad un tremolo di violini insieme co’violoncelli, parmi pertanto di sentire la Jone. La scena del sonno è abbastanza lunga, ha un primo tempo che è un canto sempre recitato; l’orchestra non ha mai posa; l’ultimo tempo è migliore e la melodia più squisita: ricorda il fare del Gounod, specialmente nelle proporzioni strumentali. Il dilettino fra soprano e tenore che segue è pur esso molto elegante, ricorda un poco quello della Giovanna di Napoli, comunque’ nella melodia vi sia maggiore sviluppo. Noto con piacere che è questo il brano dove l’esecuzione raggiunge quasi il perfetto; il Barbacini e la Krauss fanno sfoggio di arte e di stile. La scena finale racchiude alcune preclare bellezze, riodesi e piace maggiormente una frase del duetto al primo atto; stupendo è il canto affidato ai violoncelli, tuttavia questa scena è lunga e illanguidisce assai. Ora che ho enumerati i pregi e i difetti de’ singoli pezzi volendo riunire in un solo fascio le sparse membra dirò che questo del Manfredo è la musica più corretta che il Petrella abbia mai scritto; poco vi si appalesa però quel soffio ispiratore che fece molto pregiare le sue opere antecedenti. Della Patti che dirvi? Chiunque udì quei suoi sbalzi di ottave, quelle sue cascate in gorgheggi, quei suoi picchettati rompicolli, quel suo mi sopracuto purissimo, restò sbalordito, incredulo ai propri orecchi ma commosso?.... no. Tutt’arte e ninna scintilla: tutto in lei è prodigio veramente sovrannaturale di studio e di meccanismo, ma il sacro fuoco? F italianità del sentire? La Patti, ben ne ho paura, nel canto puro e legato fallirebbe all’incarco, e poco la salverebbero quelle artificiosissime eccentricità di vocalizzo sempre ricche di gusto e di eleganza, ma alla lunga monotone e snervanti. Si produsse in due concerti cantando nel primo: il delirio della Lucia di Lammermoor; le variazioni di Prodi, F éclat de rire ed una tarantella del Bevignani; nel secondo eseguì F aria finale della Sonnambula, il bolero dei Vespri Siciliani, le variazioni del Carnevale di Venezia e di nuovo F éclat de rire. Ieri in casa Clausetti mattinata musicale, - gran folla e splendida accademia. Questa mattinata pareggiò la più brillante che offerisse il Circolo Bonamici di felice memoria. Il Sarria ed il Fortini eseguirono acconciamente una loro fantasia per due pianoforti su motivi del Verdi; la Valenza cantò da sua pari una romanza con violoncello obbligato del giovane Cammarano ed un’altra del Guercia: L’ho perduta. I concertisti De-Crescenzo, Pinto e Braga suonarono il l.° tempo e l’adagio del Trio in re maggiore di quell’impareggiabile classico Beethoven; del Mendelsshon il De-Crescenzo fece gustare il l.° tempo del secondo concerto in re; Gaetano Braga ei fece udire tre suoi componimenti: Jjes adieux à^Varenne; la Berceuse Napolitaine ed il Corricelo. Da ultimo il giovane Gennaro Bisaccia esegui la gran fantasia di bravura del Profeta del Fumagalli; accompagnava al pianoforte il maestro Marsella. M’accorgo che di molto, ho ecceduti i limiti di una semplice corrispondenza, tuttavia non posso terminare senza congratularmi con tutti i bravi esecutori, col De-Crescenzo che m’apparve eccellente interprete de’ concerti del Beethoven e del Mendelsshon; Pinto con la Valenza, e col giovane Bisaccia, una rigogliosa organizzazione pianistica. Al Cammarano, che fa intravedere buone disposizioni al comporre, dirò che la sua romanza mi piace, ma parmi che il violoncello canti troppo, e che tutti gli effetti siano affidati allo strumento ch’egli suona acconciamente. Che volete, potrò essere accusato di simpatia, ma io udirei sempre suonare il Braga, e le sue vaghe e sentite ispirazioni di preferenza mi farei ripetere e spesso. Al Filarmonico è andato bene il Don Pasquale e si ebbero molti applausi il Montanaro, la Sainz, il Mastriani e il buffo Tessada. Domani sarò in riva al Seia; son curioso di osservare il nuovo teatro di Salerno, ve ne farò la descrizione fra otto giorni. ^CUTO. [p. 125 modifica]GAZZETTA MUSI Venezia, 11 aprile. Il primo aprile corrente la Società proprietaria del Teatro la Fenice, in seguito alla deliberazione del Comune, die le respingeva la domanda di sussidio, tenne una adunanza nella quale si decise che il teatro nella prossima stagione di CarnovaleQuaresima abbia a rimaner chiuso, Torna inutile il dire quanto sia improvvida tale determinazione: ne sono cosi manifeste le ragioni che la mente corre spontanea e confidente all’idea d’una possibile seduta, per dir cosi, di riparazione, dove si distruggesse non dirò il mal fatto, ma una deliberazione troppo precipitata. Misura provvida e santa sarebbe stata, se la Società proprietaria avesse detto: farò da me sola quanto potrò invigilando su questo e su quello, cercando dovunque la maggiori economie, ricorrendo al consiglio disinteressato e gentile di qualche persona, che ha consumata vita e buona parte di fortuna in cose teatrali: ma non voglio che il teatro rimanga chiuso, come fu, con nobilissimo intendimento, però, in epoca tanto a noi vicina e pur tanto nefasta. Ciò facendo, la Società della Fenice avrebbe dato al paese luminosissima prova delle sue buone disposizioni, ed avrebbe avuto l’appoggio di tutti. Se ella credesse di far diversamente, e non fosse disposta a recedere, ne fu e ne sarebbe padrona; ma almeno tragga partito dal tempo introducendo nell’organamento morale e materiale del suo teatro, tutte quelle modificazioni che sono cotanto vivamente reclamate, e delle quali si è occupata spessissimo la stampa non allo scopo di mettere il naso in casa d’altri, come taluno, con mal celato dispetto, va strombazzando, ma nell’intendimento di concorrere alle migliorie col contingente delle proprie forze, di dare il miglior possibile indirizzo al sentimento aristocratico del paese. In ogni caso i proprietarii dei teatri minori faranno bene ad apparecchiarsi per procurare al paese nella prossima stagione di Carnevale e Quaresima degli spettacoli soddisfacenti particolarmente sotto il punto di vista musicale. Al Rossini abbiamo da parecchie sere il Don Procopio. La musica di questo spartito piace generalmente per quella tinta spigliata, briosa e simpatica che costantemente vi si mantiene; ma l’esecuzione, se togli la signora E. Bozzetti (Bettina) e Torelli A. (Ernesto), è mediocrissima. Il Silvestri A. (Don Andronico) stona maledettamente, il Bonafos (Don Procopio) fa quanto può, ma il male si è che non può far molto. La Volebele (Donna (Eufemia) ed il Badalucchi (Odoardo) lasciamoli stare e sarà meglio. Nella settimana andrà in scena il Birraio di Preslon del Ricci. Domenica ultima scorsa si chiuse T esposizione iniziata dal Comitato Cittadino d’Arte e Beneficenza in palazzo Rezzonico con una mattinata drammatico-musicale. Si recitava la commedia in un atto del Chiaves, in versi martelliani, Il terzo qual è? Dove emersero, per quanto si può in una sala, le signore Falcóni e L. Tessero ed i signori Pasta e Salvadori. Anche il Bellotti volle fare qualche cosa e difatti declamò un piccolo prologo di circostanza. La parte musicale tenne assai attento l’uditorio. Trattavasi di udire la magnifica fantasia militare del Fumagalli, per quattro pianoforti suonata da quattro fra i migliori nostri pianisti: accolti da vivissimi applausi al loro presentarsi (perchè tutti si prestavano gentilmente) furono festeggiatissimi in tutto il corso del concerto che fu per loro una continua marcia trionfale. Si ottenne il bis del terzo pezzo fratto dalla Norma). I nomi dei pianisti vi sieno caparra della buona esecuzione che si ebbe quel lavoro magistrale, essi sono: Ugo Bassani, Ugo Errera, Angelo Tessarin, Edoardo Zandiri. Non si potrebbe dire quale delle quattro parti, che sono pur tutte d’una importanza quasi eguale, abbia avuto il più abile esecutore: fu una lotta gigantesca, una nobilissima gara in prò dell’arte: vi si sentiva un impasto, una fusione veramente mirabili. Dove superarono però, a mio- avviso, sè stessi fu alla marcia funebre che è il pezzo più felice della composizione. CALE DI MILANO 125 Al Malibran si fa un continuo baccano in onore e gloria di un certo Sipelli, coreografo e straccivendolo: c’è da scompisciar dalle risa vedendo i suoi balli. Per celia lo chiamano alla ribalta, ed egli pettoruto e caracollante viene a ringraziare; gli gettano corone di lattuga ed altre allegrie, ed egli se le raccoglie come fossero d’alloro; vi dico che è qualche cosa di singolare. Il Bellotti all’Apollo recita con buona fortuna ma... la compagnia vecchia, presa nel suo complesso, era più intonata, più armonizzata, insomma migliore della nuova. P- F S’ai-ig’i, 10 aprile. E raro aver la buona fortuna di poter parlarvi di qualche cosa di nuovo, ed anche più raro quando il nuovo è gradevole. Oggi sono in questo caso e ne profitto con piacere. Iersera ha avuto luogo al teatro dei Bouffes Parisiens, illustrato da Offenbach, la prima rappresentazione una nuova opera intitolata il Nappo d’argento (la timbale d’argent ), e la musica non è dell’autore della Gran duchessa, della bella Elena, d’Orfeo all’inferno, ecc., ecc.; non è neppur d’Hervé o di Lecoq, che seguono cosi da vicino le orme del loro caposcuola Offenbach; è d’un giovine maestro che ha guadagnato ieri i suoi speroni d’oro, e che il di innanzi era ancora uno sconosciuto. Il suo nome è Vasseur, allievo di Niedermayer, ed il Nappo d’argento è il suo primo lavoro scenico. L’opera è in tre atti, ed ha ottenuto un successo brillantissimo. Cinque o sei pezzi hanno avuto l’onore del bis, il che non è poco dire! La musica è quel che deve essere per un’opera buffa; vale a dire gaia senza trivialità, facile, originale ed assai bene istrumentata. Vi son, in ispecie, due canzoni, quella detta dell’acero di cuccagna, e l’altra della frusta, che saranno ben presto popolari. Ma sono maliziose oltre ogni dire. Il doppio senso vi arrischia tutte le sue audacie. Le innocentino non vi veggono alcun male, perchè non comprendono che il senso apparente; ma le altre!... Ah! non c’è a dire; le altre divengono rosse come brace, ed agitano i loro ventagli per darsi un contegno a nascondere il viso. Nell’esaminar il libretto, la censura non vi ha veduto la malizia; ma quando l’artista madamigella Judic ha cantato T una e l’altra di queste due canzoni, e che ne ha per così dire sottolineato le parole, facendone trasparentissima l’allusione, è stato un lungo scroscio di risa in tutto l’uditorio, uno scoppio di plausi alla fine d’ogni strofa ed un grido unanime di bis all’ultima di esse. Nè son solamente queste due canzoni che si prestano alla doppia interpretazione; tutta l’opera è dello stesso genere. Alcune delle poesie festevoli del Guadagnoli sono di questa natura; leggetele ad una fanciulla; non vi vedrà che quel che v’è scritto; una donna galante capirà ben altro! Checché ne sia, e quantunque i giornali più austeri grideranno, tutti si sono divertiti iersera alla prima rappresentazione del Nappo d’argento. E non credo ingannarmi, aggiungendo che tradotta quest’operetta piacerebbe anche costà, poiché, ripeto, è gaia, spiritosa, gradevole, e la musica è melodica, originale, piccante, e facile a ritenersi nella memoria. Il difficile è trovar delle cantanti che sieno nello stesso tempo valentissime attrici; una almeno indispensabile. Qui abbiamo la Judic, ma costa!... La scena ha luogo nel Tirolo svizzero, o piuttosto in un Tirolo tutto di fantasia. Due Cantoni immaginarii si disputano il premio del canto orfeonico, il qual premio è un nappo d’argento. L’uno dei due Cantoni risulta sempre vincitore, a dispetto dell’altro: perchè? perchè il primo ha uno statuto, in virtù del quale gli abitanti si obbligano a trattar le loro mogli come se fossero loro sorelle, sotto pena d’essere messi all’indice e di divenir l’obbrobrio del Cantone. Così soltanto,’ a loro avviso, possono serbare delle belle voci e risultar costantemente vincitori al concorso di canto. Un giovine avventuriero, con la chitarra al collo, arriva nel Cantone, ove non essendovi il famoso statuto, nessuno ha una voce fresca; la sua è bellissima; infatti [p. 126 modifica]126 pronon si addormenterà sui mieoreccliie di mercante a chiunqualche nuovo lavoro. Invano il teatro che musica e di perchè gode così ingiusto procome si potrà sperare che la direzione tuti allori. Invece quella dell’Opera fa le que le parla di metter in scena come fanno X Ateneo ed i Bouffes-parisiens, solo s’intitola pomposamente Accademia nazionale di danza vorrebbe esimersi da quest’obbligo! E ciò della sovvenzione di ottocento mila lire! Sarebbe GAZZETTA MUSICALE DI MILANO egli guadagna al concorso il nappo d’argento e sposa la nipote del giudice, della quale era da lungo tempo innamorato. Ma! c’è un ma; dopo il pranzo nuziale, al momento di ritirarsi con la sposa, una specie di vecchio Silva burlesco gli ricorda ch’egli ha sottoscritto lo statuto del Cantone opposto, -e che si è obbligato a trattare la sposa come se fosse sua sorella... Immaginate il dolore di quest’Emani tirolese; e figuratevi tutte le scene comiche che ne risultano e delle quali vi fo grazia. Una clausola dello statuto permette a chi infranse le prescrizioni che esso contiene, di sciogliersi mediante una somma di 3,000 fiorini. Lo sposo li paga, o piuttosto è la sposa che li paga sulla sua dote, e la coppia è felice e contenta come nei racconti delle nutrici. L’intreccio della commedia, come vedete, è semplicissimo, ma i particolari ne sono gratissimi, e se non vi fosse un po’ troppo di malizia, che talora degenera in inverecondia, il libretto sarebbe a livello della musica che, come v’ho detto, è veramente bellina. Ed ecco il povero teatro dei Bouffes-parisiens, sul quale pesava da qualche tempo una specie di jettatura, ritornato agli antichi bei giorni di successo, come quando la sua nave vogava a vele gonfie e che Offenbach ne era il capitano. Al teatro Italiano, una nuova cantatrice ha esordito l’altra sera nella parte di Rosina del Barbiere. Forse vi è nota, perocché è stata qui annunziata come reduce dai principali teatri d’Italia. E la signora Smerowski, bionda figliuola delle contrade Slave. Il pubblico l’ha qui molto favorevolmente accolta. Canterà due o tre sere nel capolavoro rossiniano, ed ecco tutto. La direzione non ha tempo da perdere, ha interesse a mettere al più presto possibile in scena il Matrimonio segreto, dal quale spera opulenti incassi; e non ha torto, giacché qui il genere che abitualmente è chiamato «classico» è sempre sicuro di fare accorrere moltissima gente al teatro. Avviene lo stesso per le commedie di Molière, per le tragedie di Racine; ed al Conservatorio di musica, quando si annunzia sul cartello l’esecuzione di pezzi d’autori classici, non si troverebbe un biglietto a volerlo pagare quanto caro si possa. La direzione del teatro dell’Opéra-Comique, punta al vivo dal rimprovero che le è stato diretto di rappresentare perennemente opere del vecchio repertorio, ha messo in prova, d’un sol colpo, tre opere nuove, una in tre attinie altre due in un atto ciascuna. Sicché avremo ben presto qualche novità. Non è troppo presto. Ma il tutto era di rompere il ghiaccio; una volta fatto, le si fa capire che non può nè deve andar innanzi con tutte le anticaglie che ha avuto in eredità dal suo predecessore, signor Perrin. E dura, non si smove più che una rocca. Eppur bisogna che ceda; si griderà tanto e poi tanto, che piegherà. Quando i teatri che ricevono una dote quasi derisoria, in proporzione, o che non ne ricevono nessuna, rivaleggiano in dare opere nuove, come assurdo. Intanto l’affisso annunzia il Profeta, XAfricana, Roberto il Diavolo, ecc. Ed il pubblico se ne accontenta! Strana popolazione, irrequieta in politica e troppo buona in fatto d’arte! Londra, aprile. L’Albani è un successo. Sebbene la maggior parte dei giornali siensi astenuti dal dare un giudizio subito l’indomani della prima rappresentazione, quando la seconda è stata fatta sembrava generale l’impressione che l’Albani fosse una Diva di lunga data. Maestra del canto come della scena, con una bella voce, fresca, simpatica e persino vigorosa, egli è perfettamente intelligibile ch’essa abbia trionfato in Italia. Ogni artista conosce per esperienza quanto difficili siano i successi in Italia, e quanto più difficili in Italia che in ogni altro paese. Ora, secondo il critico musicale &AGraphic i successi in Italia sono la cosa più facile di questo mondo. Egli è evidente che l’egregio mio collega del Graphie non ha fatto l’artista in Italia, nè ha seguito attentamente la carriera di alcuna stella musicale italiana. Egli sembra ignorare completamente che i pubblici italiani sono generalmente più intelligenti; e sempre in cerca di difetti o di errori, quando ne trovano, non li perdonano a persona, ma li disapprovano subito, piaccia o non piaccia all’impresa e al resto della compagnia. Adelina Patti, per non andare in cerca d’altra stella, può vare al Graphie che in Italia non si trionfa si facilmente in Inghilterra o in Russia! Ritornando all’Albani devo annunziarvi che essa ha la tezione del Gye, e che questo non intende lasciarsela sfuggir di mano nemmeno per le stagioni di autunno e d’inverno. Se però l’impresa del teatro italiano di Pietroburgo avesse a fargli una buona offerta, io son persuaso che da buon inglese il Gye non la respingerebbe. Non la Lucia, ma di nuovo la Sonnambula fu rappresentata jeri l’altro a sera. La Lucia è annunziata nuovamente, e forse definitivamente per domani a sera. Questa sera si fa il Fra Diavolo con la Lucca, col Bettini, col Tagliafico, col Naudin e col Capponi. La Sessi fece dopo tutto la sua comparsa nella Figlia del Reggimento la sera del giovedì, e fu ricevuta con applausi. E chiaro che la Sessi studia, poiché va migliorando sempre. Sembra cosa strana, ma pure è un fatto che anche le dive possono far meglio! La Sessi invero fece la sua parte egregiamente, e gli applausi che s’ebbe furono meritati. Come meritati furono gli applausi ricevuti da Tonio (Bettini). Di Bettini ripeterò quello che ne dice il Daihj Télégraphes giustizia, che esso, cioè, riportò un famigliare trionfo grazie alla rara abilità da lui ordinariamente spiegata e nel canto e nell’azione. Che il Ciampi possa fare altrimenti che un buon Sulpizio nessuno vuol credere; e certo non gli mancano spirito e brio per riuscire, come difatti riuscì. Lo stile del Ciampi non diletta particolarmente gli inglesi; ma ciò forse proviene dal fatto che questi non comprendono la maggior parte delle volte quello che ei dice. La Demeric-Lablache è fatta segno a tutti gli onori del trionfo dalla tromba del Daily Thelegraph; ma io sono dolente di non poter dividere le opinioni di quel giornale per questa volta almeno, poiché, se la Demeric-Lablanche è una buona marchesa, ciò non vuol dire che sia ottima. Questa sera abbiamo il Fra Diavolo con la Lucca, e gio edi sera avremo gli Ugonotti. Questa grande opera sarà interpretata dalla Lucca, dalla Sessi, dalla Scalchi, dal Faure, dal Bagagiolo, dal Cotogni, dal Cesari e dal Nicolini. Sono nomi grandi come vedete, e conviene ammettere che tanti talenti riuniti possono grandi cose! Le cose del Drury Lane sono state inaugurate, dicono i giornali, a meraviglia. La stagione è stata aperta col Fidelio il giorno 6, opera che sarà ripetuta giovedì prossimo, e chi sa quante altre volte nella stagione, poiché le grandi musiche piacciono! È cosa curiosa e però forse degnissima di nota che gli inglesi sembra che non vedano «grandi musiche» nelle opere italiane. Domani sera andrà in scena la Sonnambula colla Marimon, col Fancelli ed Agnesi. Voi ricorderete che queste due opere sono i due cavalli di battaglia della signora Marimon. Si spera però che questo anno ^spirino più propizi i zeffiri alla salute della nuova diva, la quale ebbe l’anno scorso a lottare terribilmente contro i manifesti dell’impresa, a danno sempre di quelli! E cosi sperando, un pensiero consolante ei accompagna che la Marimon arricchirà il suo repertorio, e farà convertire a sè i miscredenti nella sua divinità. [p. 127 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 127 ROMA. Al teatro Quirino la Figlia del Reggimento frutta applausi agli artisti e quattrini all’impresa, che col dare opera e ballo per 50 centesimi ha scavato una miniera. FIRENZE. Al teatro Pagliano ebbe lieto esito il Ballo in maschera, eseguito dalle signore Bendazzi-Secchi, Mariani e Donati, e dai signori Toressi, Maurel, Becheri e Cherubini. I primi onori furono per la Bendazzi, per il tenore Toressi, che dovette ripetere la frase È scherzo od è follia, e per il baritono Maurel. La Bendazzi è portata alle stelle dal pubblico, che l’applaudisce con entusiasmo, e dalla critica. Bene l’orchestra, diretta dal maestro Usiglio. — Al teatro Goldoni andò in scena la nuova opera eroicomica - La Secchia rapita, musica dei maestri Bacchini, De-Champs, Felici, Gialdini, Tacchinardi ed Usiglio, allievi tutti del maestro Mabellini. L’esito fu lietissimo. Della musica, che è tutta vivace, piacque in special modo la sinfonia dell’Usiglio, il duetto del maestro Gialdini, e la marcia del maestro De-Champs nel primo atto, un pezzo del maestro Felici nel secondo atto, un magnifico terzetto ed un quartetto del terzo atto del maestro Tacchinardi, pezzi di fattura squisita, che ebbero l’onore della replica, e il finale del maestro Bacchini nel quarto atto. L’esecuzione fu buona. La signora Nascio, il tenore Bacci, il baritono Zesevich e il basso Scheggi furono assai applauditi. Eccellente l’orchestra, diretta dal maestro Tacchinardi. — Al teatro degli Arrischiati fu rimessa in vita giorni sono un’antica opera buffa - La Donna di più caratteri - musica attribuita ad uno dei due Guglielmi (padre e figlio), e da taluno a tutti due. L’esito fu lieto per la musica che è gaia, senza stare al confronto dei capilavori di Cimarosa, e per T esecuzione che fu molto accurata. Furono applauditissime le signore Quercioli, Sabatini e Bicchierai, ed i signori Natali, Cornazzani e Massera. VERONA. La Saffo colle Carolina e Teresina Ferni, col tenore Aramburo e col baritono Giraldoni, ebbe esito felicissimo. Tutti gli artisti ebbero vivi applausi; buoni i cori, ottima l’orchestra diretta dal maestro Foschini. CREMONA. Ci scrivono: Ristabilito il buffo Migliara, fu ripresa la Follia a Roma; il Migliara fu applaudito in tutti i pezzi e dopo il duetto colla Pernini i due artisti furono chiamati al proscenio con grida entusiastiche. Applauditissimi pure furono gli altri esecutori. All’esito felice di quest’opera contribuirono i bravi maestri Ponchielli e Bignami, il primo concertatore, il secondo direttore d’orchestra. REGGIO (Emilia). Ci scrivono: La sera del 7 aprile andò in scena al teatro Groppi la Statua di carne, opera in musica del maestro Marchiò, già data con buon successo due anni sono al teatro di Novellara. L’esito fu lieto, e il compositore ebbe molte chiamate, le quali non devono però illuderlo sul merito della sua musica, che è in generale ben fatta, ma manca di originalità e trascura gli effetti teatrali. Come promessa di meglio si ha però a tener gran conto di questa Statua di carne. L’esecuzione fu incerta; piacque assai la signora Flavis-Cencetti che cantò con anima e con sentimento e interpretò bene la sua parte dopo sole quattro prove. Bene il baritono Giummi e il basso Mola; discreta l’orchestra, deboli i cori. BRUXELLES. Il Vascello fantasma di Wagner colò a fondo nei mari del teatro la Monnaie. Gustavo Lafargue, ammiratore di Wagner, afferma nel Figaro l’insuccesso che attribuisce in gran parte all’esecuzione. PIETROBURGO. L’opera incompiuta di Dargomirschky — Il convitato di pietra. — fu eseguita per la prima volta il 28 febbraio al teatro Marie; la musica ha tendenze neogermaniche e non piacque. Il libretto di Pousckine è di poco merito; il preludio fu scritto dal signor Kuï e l’istrumentazione, veramente notevole, è fattura di Rimski-Korsakoff. BARCELLONA. EI Molinero de Subiza, nuova zarzuela, ebbe lieto esito al teatro del Liceo. La musica del maestro Oudrid è elegante. MADRID. Ottimo esito la Traviata al teatro Jovellanos. Per la Volpini fu un trionfo; il tenore Ugolini e il baritono Verger si fecero applaudire di frequente. NOTIZIE ITALIANE — Roma. Scrive la Nuova Roma dell’8 corrente: «Uno sceltissimo uditorio, in gran parte composto di forestieri, assisteva al concerto musicale dato dalla signora Giulia de Wocher nella sala Dante. Il sentimento, la forza, l’agilità e l’espressione, con cui la egregia pianista eseguì i vari pezzi classici di Mozart, Prudent, Chopin, Liszt, ecc., sono già troppo noti per aver bisogno di una lode speciale, ed ogni pezzo fu dagl’intervenuti meritamente e calorosamente applaudito. «Anche quei signori che prestarono il loro gentile concorso nel musicale trattenimento, sia nella parte vocale, sia neH’aceompagnamento al piano, riscossero applausi ben meritati. «— Firenze. Togliamo dal Sistro: u Giovedì mattina nella elegante sala Brizzi e Niccolai il pianista signor Lyro diede un concerto, al quale convenne un uditorio numerosissimo e distinto. Dai signori Bruni, Jandelli e Lyro fu eseguito il trio Op. 93 di Kummel. Il violinista prof. Bruni suonò alla perfezione una romanza di Beethowen. Si distinse specialmente la signorina T. Bòrs nella grand’aria dell’opera Roberto il Diavolo, Roberto, o tu che adoro... nella quale si segnalò per voce bella ed estesa, e per sentimento e slancio nel canto. Fu applauditissimo. Vennero pure eseguiti altri pezzi al pianoforte dai signori Goldschmidt e Hckensollner. «— Livorno- Ci scrivono: «Un cenno sul Concerto Favilli, che ebbe luogo qui la sera del 3 corrente nel R. Teatro Rossini. Vi presero parte Ketten, G. Bimboni (clarino), G. Pallerini (oboe), T. Ploner (fagotto). A. Jandelli (violoncello) che pure doveva prender parte, ne fu impedito per malattia. Il programma era il seguente: Thalberg e Wieuxtemps. Duetto sugli Ugonotti. — Ketten e Favilli. Galli. Fantasia sulla Sonnambula. — Ploner. Favilli. Norma e Sonnambula, Fantasia. — Favilli. Ketten. Souvenir de Naples e Fantasia sul Rigoletto. — Ketten. Favilli. — 3.a Fantasia Originale per Violino. — Favilli. Baur. Terzetto dei Vespri Siciliani. — Bimboni, Ballerini e Ploner. Paganini. Variazioni sul Mosè sopra una sola corda. — Favilli. Ballerini. Fantasia per oboe. — Ballerini. Ketten. Fantasia soli’Elisir d’amore. — Ketten. Favilli. Variazioni burlesche Carnevale di Venezia. — Favilli. Favilli e Ketten eseguirono benissimo il duetto di Thalberg e Wieuxtemps: bene ambedue nei pezzi a solo, ma gli onori della serata furono pel Ballerini, della cui Fantasia si volle il bis. Il pianoforte era un eccellente Erard, gentilmente concesso dal signor Rodolfo Schwartze, quegli stesso che a proprie spese mantiene in Livorno una Scuola di Violino, diretta dal Favilli. Un vero amatore di musica; sempre pronto, quando vi è qualche cosa di buono da fare; e buon per Livorno se molti lo imitassoro! — Reggio (Emilia). Scrive l’Italia Centrale del 6 corrente:» La solerte Direzione della Società Filarmonica, con una alacrità e uno zelo che veramente la onorano, apprestò per ieri a sera, 5 aprile, ai signori soci un genialissimo trattenimento di musica, terzo dell’annata in corso. Ebbe esso principio con la marcia del Tànnhauser per due pianoforti a otto mani, eseguita egregiamente dai signori Marchese Gian Francesco Gherardini, Eugenio Solìani, Enea Liuzzi e Conte G. Cesare Vezzani, e, meritatamente con calore applaudita. L’egregia signora Lucia Ferretti, artista di molto merito, ei fece udir poscia la sua simpatica e robusta voce nella scena ed aria del Faust, C’era un re, un re di Thule, pezzo maestrevolmente interpretato e accolto con singolare applauso; come pure di pronunciatissime acclamazioni venne rimeritata la grande Sonata patetica di Beethoven, magistralmente eseguita dal prefato maestro Enea Liuzzi. Il Coro religioso di Rossini, La Carità, un vero gioiello musicale, eseguito con bella precisione, meritò applausi prolungatissimi alla signora Ferretti, al Liuzzi e alle signore dilettanti che fecero a gara per dargli gradevole spicco, e si dovette replicare. Molto gustata fu la brillante composizione di Francesco Wagner Les Américains, Suite de Valses, a due pianoforti, brillantemente e con grande applauso eseguita dalle valenti signorine Irene Nobili e Clara Gazzoli e dai non meno valenti giovani Alfredo ed Eugenio Soliani. Felicissimo pensiero fu poi quello di farci gustare un bello squarcio della ornai celebre Aida di Verdi, che venne interpretato con la solita sua finezza dalla brava signorina Ferretti più sopra menzionata, e che venne debitamente applaudito. Nè meno festeggiato fu il Divertimento brillante per due pianoforti del Cerimele sopra la Tirolese di Betly di Donizetti, in cui diedero novella prova del loro valore i sullodati Enea Liuzzi ed Eugenio Soliani. Chiuse infine il ben concertato trattenimento il grandioso finale secondo e coro del Guglielmo Teli di Rossini, Giuriam, giuriamo pe’ nostri danni, eseguito dai signori Giovanni Guicciardi, Francesco Luigi Ripa e Clodoveo Bedogni in unione ai bravi dilettanti, i quali tutti furono rimeritati di calorose acclamazioni. NOTIZIE ESTERE — Pesth. Un concerto di Liszt fu un grande avvenimento. Ecco la descrizione che ne fanno i giornali: La folla si pigiava nella gran sala del ridotto due ore prima. Sul palco erano due pianoforti, uno per T accompagnatore di Liszt, il sig. Mihalowich, l’altro, inghirlandato coi colori nazionali ungheresi, per il maestro. Nascosto a mezzo dietro una colonna, l’abate Liszt, in sottana, guarda col binoccolo il pubblico che invade la gran sala. Al momento in cui si prepara a salire sul palco, si ode gridare: largo, largo nel vestibolo del ridotto. Il giovine conte Appony apparisce alla porta della sala. «Eljen!» gridano tosto gli assistenti. L’arciduchessa Gisela entra, seguita dell’arciduchessa Clotilde, dall’imperatore, dal principe Rodolfo, dall’arciduca Giuseppe e da tutte le persone del seguito dell’imperatore. Liszt allora siede al piano, di cui la sedia è coperta di corone di alloro (!) e non tarda a convincere i suoi numerosi ammiratori che venti sei anni non gli hanno fatto perdere nulla della sua foga giovanile. [p. 128 modifica]128 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO — Liverpool. Un’esecuzione ammirabile dell’Elia di Mendelssohn ebbe luogo testé. Le signore Titiens e Bentham ed i signori Bentham e Stockausen cantavano i soli. Benedict dirigeva. — Boston. Le società iscritte per il prossimo festival-monstre, sono già 127; si conta che il numero dei cantori s’eleverà a 20,000. — Pietroburgo. Alfredo Jaëll si è fatto udire nella Sala della Nobiltà, con un successo immenso. L’eminente pianista ebbe più di 20 chiamate; egli doveva dare ancora due concerti, e poi recarsi a Mosca. Il Conservatorio di Piétroburgo gli offrì a splendide condizioni una carica di professore di pianoforte. — Costantinopoli. Ci scrivono: Giorni sono ebbe luogo nel teatro francese un concerto vocale ed istrumentale a beneficio dell’ex-direttore del teatro dell’Opera Italiana, il signor L. Parmeggiani. La serata fu preparata dai maestri Lanza, Pisani e Foscolo, e vi concorsero i pochi dilettanti della città, cioè la signora Della Rocca, che cantò stupendamente il. duetto del Trovatore col signor Romuald, un pezzo dell’area e il duetto del Macbeth col signor Lanzoni. Piacque assai la sinfonia della Semiramide a due pianoforti, eseguita dagli allievi del bravo maestro Lanza, che da 30 anni dà alla nostra città degli ottimi pianisti. La signora Francesconi eseguì stupendamente una fantasia sulla Muta di Portici che fu fatta ripetere. COMITATO PER IL MONUMENTO Libreria DETKEN & ROCHOLL Piazza del Plebiscito ■i: li h ’ Napoli, 9 Aprile 1872. Volendosi onorare la memoria dell’illustre e compianto Sigismondo Thalberg, mancato qui ai vivi addì 27 Aprile dello scorso anno, si è chiesto ed ottenuto dal Municipio di poterglisi innalzare un pubblico monumento in questa Napoli, che egli scelse a sua dimora, dopo aver fatto maravigliare il mondo con l’arte sua. E poiché un tale uomo non apparteneva a questo o a quel paese, ma a tutti, essendo egli apprezzato dovunque e stimato da ogni generazione di uomini, non pur come fondatore di una scuola di Pianoforte, sommo compositore ed esecutore esimio, ma come uomo di scienza, cittadino integerrimo e gentiluomo perfetto per virtù morali, intellettuali, e civili, ei rivolgiamo a’ maestri, compositori, artisti, scienziati e cittadini di qualunque paese, e sopratutto agli amici ed ammiratori dell’estinto per volerci ajutare a tanta opera. Epperò preghiamo Lei di volersi cooperare alla presente sottoscrizione, facendo colmare di firme di oblatori questa scheda consegnando l’ammontare della somma raccolta al signor Ricordi, editore di musica in Milano, e rimandando la presente al Segretario del sottoscritto Comitato con ricevuta della persona, nelle cui mani fu versata la somma. Presidente Nolli Barone Rodrigo, Sindaco di Napoli. Vicepresidente Stolte Federico, Console generale dell’impero Germanico Coop Ernesto, Maestro di Pianoforte nel Conservatorio di Musica Cesi Beniamino, idem — Satriano Raffaele Di Lustro Erasmo — Martucci Giuseppe — Campanile Dionigi Detken Alberto — Rocholl Federico — Tedeschi Francesco Cassiere Stolte Giorgio Il Segr. Emilio Kuntze — Torino. Gaetano Ronchi, valente pittore scenografo al teatro Regio, morì testé a 29 anni colpito da apoplessia fulminante, mentre assisteva allo spettacolo del teatro Balbo. — Londra. Il conte Londslale, uno dei principali fondatori e proprietarii del teatro della Regina. — Giovanna Ferrari, maestra di canto, mori il 27 marzo. — Parigi. Mayer-Marix, l’inventore della fisarmonica, morì testé a 67 anni. POSTA DELLA GAZZETTA Signor Ferd. Gh. — Cesena — N. 140. Vi accordiamo quanto chiedete. Signor S... B... — Sessa Aurunca — N. 486. Era papagallo; perdonate la dimenticanza. MUNICIPIO DI MONTORO AL VOMANO AVVISO DI CONCORSO In esecuzione della Consiliare Deliberazione del dì 7 maggio 1871, divenuta esecutoria col visto Prefettizio addì 27 detto mese ed anno. La sottoscritta Giunta Municipale rende noto: Da oggi a tutto il p. v. maggio è aperto in questo Municipio il concorso all’impiego di Maestro di Musica coll’annuo stipendio di Lire mille (1000) pagabili in rate mensili posticipate, oltre la doppia quota sui proventi della Banda, ripartibili in fine d’anno. Ogni aspirante dovrà far pervenire in quest’Ufficio, oltre la domanda, i seguenti documenti autentici ed in carta da bollo: 1. Atto di nascita. 2. Certificato di buona condotta. 3. Certificato criminale e correzionale. 4. Attestato Medico di sana robusta costituzione. 5. Attestati che valgono a constatare l’abilità al Magistero Musicale. I primi quattro dei suddetti documenti dovranno essere di data recente, e rilasciati dalle autorità del luogo di nascita, o dell’ultimo domicilio del concorrente. Gli oneri inerenti all’impiego risultano dal relativo capitolato speciale, e dal regolamento della Banda, ostensibili a chiunque nella Segreteria Comunale. Il concorrente deve non solo essere abile ad istituire e dirigere una Banda propriamente detta; ma deve altresì sapere istruire e dirigere una Filarmonica con strumenti ad arco ed a fiato. Avendo altresì il requisito dì Pianista sarà preferito a qualunque altro. L’eletto dovrà immettersi nell’esercizio entro giorni 20 dalla partecipazione ufficiale; scorso tale termine si avrà per rinunciante, e si procederà a nuova nomina, eccetto il caso di malattia constatata con documenti legali, e partecipata non più tardi di giorni 5 dalla scadenza del termine soprastabilito. ’ Dal Palazzo Municipale, li 8 aprile 1872. LA GIUNTA MUNICIPALE GIANDOMENICO RICCI, SINDACO FF. Assessori Gaspare Sebastiani - Pasquale Costanzi - Quirino Pacini - Ulisse Trulli ARISTIDE PARTENZA, Segretario Comunale. egh 2 d e d 1 l’a 1 1 2 2 abbonati che spiegheranno il Rebus, estratti Quattro degli a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta. SPIEGAZIONE DEL REBUS DEL NÙMERO 13: Fra gli inerti s9 incontrano i più miserabili SPIEGAZIONE DELLA CHIAVE DIPLOMATICA 1/amore è una buona cosa, ma anche le uova sode Byron. Mandarono le due spiegazioni esatte i signori: Citerio Amo»* (Bergamo), S. Saladini (Cesena), Emilio Donadon (Milano), E. Bonaitìici (Livorno), colonnello conte Paolo d’Oncieu (Verona). Il premio straordinario fu decretato con tutte le formole legali; furono posti i nomi nell’urna, ad uno ad uno, leggendoli prima ad alta ed intelligibile voce, alla presenza di 6 testimoni, maschi e maggiori d’età; l’estrazione fu fatta dal più innocente dèi collaboratori della Gazzetta, e il fortunato fu il signor Saladino Saladini, al quale fu già inviato lo spartito scelto. La Direzione però, commossa fino alle lagrime pelle notti vegliate dagli spiegatori della Chiave diplomatica, ha determinato di concedere loro un pezzo di musica a scelta fra quelli enumerati nel solito elenco. Spiegarono il solo Rebus i signori: Cesare Cavallotti (Vicenza), Cesare A. Picasso (Genova), Alfonso Fantoni (Piacenza), Angelo Vecchio (Pavia), P. Pomé (S. Remo), Talia Bianchi-Giovini (Milano), Tarsis conte Francesco (Milano), M. Antonio Biscaro (Treviso), Giuseppe Onofri (Navelli). Estratti a sorte quattro nomi riuscirono premiati i signori: P. Pomé, Antonio Biscaro, Talia Bianchi-Giovini, Cesare A. Picasso. Editore-Proprietario, TITO DI GIO. RICORDI. Oggioni Giuseppe^ gerente. Tipi Ricordi — Carta Jacob.